Drago

Un drago

È opinione comune che il drago sia il mostro universalmente più diffuso, presente indistintamente in tutte le culture. Questa opinione, se è sostanzialmente esatta, non lo è però formalmente. Intendo dire che se è vero che esseri che incarnano la medesima costellazione di strutture simboliche si ritrovano presso tutte le popolazioni della terra, l'aspetto iconografico con cui queste creature si presentano è ben lungi dall'essere omogeneo. La nostra idea di "drago" si articola attorno ad uno stereotipo, reso comune da innumerevoli opere d'arte occidentali, che cercheremmo invano di ritrovare in Oceania, in America o anche in Africa. L'immagine che ci viene alla mente dietro questa parola è quella di un essere corpulento, dotato di zampe (due o quattro), con un lungo collo sottile, una coda altrettanto lunga, delle ali membranose, tipo pipistrello, sulle spalle, e delle fauci poderose dalle quali spesso e volentieri escono lingue di fuoco. Considerato sotto questo aspetto standard, il drago in realtà restinge la sua presenza non solo ad un'area strettamente europea, ma addirittura scompare anche da molte civiltà dell'antichità. Per studiare il motivo del drago, è quindi necessario fare piazza pulita di questi stereotipi, e trascurare in un primo tempo gli aspetti formali del mostro, per concentrarsi sui temi simbolici che esso impersona. Identificate queste strutture simboliche sarà facile rendersi conto che su di esse, pur mantenendo una coerenza ed una compattezza di fondo, si sono adattate e modellate le fattezze che meglio si inserivano nelle specifiche culture locali.

La lotta contro il drago[modifica]

File:Raffaello - San Giorgio e il Drago (1505).jpg
Raffaello, San Giorgio uccide il Drago

Tutti i temi simbolici ed allegorici legati al drago si addensano attorno ad un motivo costante: quello della lotta. La lotta del drago contro un dio (Seth contro Apopi in Egitto, Apollo contro Pitone in Grecia, Zeus contro Tifone e così via), o contro un santo (San Giorgio, Santa Marta e moltissimi altri), o contro un eroe (Cadmo, Perseo, Eracle, Sigfrido, Beowulf), racchiude in uno schema unico significati diversi. I ruoli che il drago riveste in questa lotta sono fondamentalmente due: quello del divoratore e quello del guardiano. L'apparente opposizione dei due ruoli, uno che tende alla distruzione ed al disordine, l'altro che, viceversa, garantisce il rispetto di un ordine stabilito, fa in realtà capo ad una radice unica, di cui essi rappresentano fasi successive. Nella fase più antica questi due ruoli riguardano aspetti cosmici (il drago che divora il sole durante le Eclissi e quello che custodisce gli inferi, per esempio); nell'antico Egitto forme diverse del serpente cosmico impersonano i differenti ruoli: abbiamo Sata, custude della terra e del mondo sotterraneo e Apopi, che personifica le tenebre nemiche del sole, e che deve essere respinto ogni giorno. In Grecia Pitone era il guardiano della sorgente e della grotta in cui Apollo fonderà il Santuario di Delfi, dopo avere ucciso il mostro. Nella figura di Pitone si compendiano quindi sia l'aspetto del guardiano che quello dell'antagonista del sole (Apollo); inoltre troviamo in questo mito anche un accenno ai risvolti sapienziali del mito del drago: infatti Pitone, guardiano dell'antro in cui successivamente la sacerdotessa di Apollo, la Pizia, inebriata dalle esalazioni del luogo, avrebbe mostrato capacità divinatorie, era egli stesso dotato di virtù prof etiche. In una fase posteriore il drago, guardiano dei recessi sacri della terra o del mondo dei morti, diviene più prosaicamente guardiano di qualche tesoro. Così ad esempio il drago ucciso da Cadmo era a guardia di una semplice fonte, o Fafnir, ucciso da Sigfrido, custodiva un gruzzolo d'oro. Analogamente il drago cosmico, divoratore del sole, si riduce ad un semplice e concreto divoratore di donzelle: ricordo solo quello ucciso da Perseo, che doveva divorare Andromeda, o quello ucciso da Eracle, che doveva cibarsi di Esione, figlia del re di Troia Laomedonte. Abbiamo visto che il drago è spesso ed in maniera manifesta legato al sole, nel ruolo di implacabile antagonista del dominio della luce, simbolo delle tenebre e tenebra lui stesso. Le divinità solari, come Apollo, sono costantemente in lotta con dei draghi; Eracle, eroe solare per eccellenza, già nella primissima infanzia, come Apollo, si trova a dover lottare contro due serpenti insinuatisi nella culla, e nel corso della sua vita avrà a che fare più volte con draghi e mostri analoghi: oltre all'esempio già fatto di Esione, ricordo la lotta contro il drago guardiano del Giardino delle Esperidi, Ladone, e quella contro l'Idra di Lerna. Il tema del divoratore del sole, inteso in senso generale come simbolo delle tenebre, è presente in tutte le culture (v. Mostro delle Eclissi).
L'inequivocabile presenza di motivi solari nel mito del drago portò, verso la metà del secolo scorso, a sopravvalutare questi aspetti, riducendo ogni lotta col mostro alla rappresentazione allegorica di un'eclisse o delle tenebre notturne che ingoiano il sole. Naturalmente una interpretazione così univoca non riusciva a render conto di tutti gli aspetti del mito; così, fermo restando il legame del drago con gli eventi celesti, si fece del mostro una personificazione degli aspetti superficiali del ciclo (interpretazione che rispecchia l'antica concezione del drago-nuvola); oppure di eventi meteorologici disastrosi (trombe d'aria, uragani), ipotesi questa avanzata già da Alberto Magno, che identificava il drago con le trombe di fuoco che attraversano l'atmosfera durante i cicloni; è curioso che di una simile concezione si trovi eco ancora in tempi recenti in certe tradizioni popolari italiane. Infatti in Sicilia e nelle Marche si ritiene che la tromba marina sia un drago, personificato e denominato rispettivamente, nelle due regioni, Dragunara e Lu Scijo, per fare cessare la quale è necessario l'intervento di un operatore, semistregone, capace di "tagliarla" alla base.

Il Drago e la Terra[modifica]

Tutte queste interpretazioni, più o meno convincenti che siano, trascurano tuttavia il fatto che il drago è, senza ombra di dubbio, imparentato più fortemente con la terra e con l'acqua che non con il cielo. Il suo legame con la terra in generale, e con le caverne ed il sottosuolo in particolare, è diffusissimo. Presso i Sumeri uno stesso vocabolo, kwr, designa sia il serpente che la montagna; nei bestiari è frequente il riferimento alle tane sotterranee dei draghi. Ma il vero habitat dei draghi è in realtà l'acqua: in Cina il rapporto draghi-acqua è costante, come vedremo meglio più avanti; in Grecia tutti i draghi sono legati al mare o ad una fonte (qualche esempio ne abbiamo visto poco sopra); per le popolazioni primitive dell'Australia il serpente- drago vive nell'acqua ed inghiotte gli uomini; e così anche per gli Aino, per gli Ama Zulù e per gli indiani Muiska i laghi sono abitati da draghi. Inoltre è molto diffuso il parallelo tra il percorso sinuoso dei fiumi, e le spire serpentine, parallelo che ha lasciato anche molte tracce nella toponomastica. Sulla scorta di questo accostamento drago-acqua, una interpretazione razionalistica del mito fu proposta all'inizio del XIX secolo. La lotta dell'eroe o del santo contro il drago rappresenterebbe la vittoria, ottenuta con opportune opere di arginamento, sulle inondazioni che si verificavano, nell'epoca delle piogge, in tutte le città costruite sulle rive di qualche fiume.
Non c'è bisogno di confutare dettagliatamente le spiegazioni riduttive esposte sopra, che non hanno alcuna possibilità di rendere conto pienamente di un simbolismo così ricco e diffuso come quello del drago. Nessuna di esse spiega infatti tutti gli aspetti del mito. Non è possibile rimontare ad una minacciata inondazione nel caso di Seth o Apopi, così come non si possono invocare spiegazioni meteorologiche nel caso di Cadmo o San Giorgio. Dovremmo quindi arrivare alla conclusione inverosimile che motivazioni fìsiche e concrete, profondamente differenti tra di loro, eventi limitati nello spazio e nel tempo, ricordi di catastrofi locali, ognuno per conto suo, avrebbero portato ad un unico e costante archetipo, identico, nella sua struttura di fondo, in tutto il mondo.
È chiaro che casomai è avvenuto il contrario: un archetipo caricato di certi valori simbolici, si è poi aggregato, nel tempo e nello spazio, caratterizzazioni specifiche, purché sempre congruenti con la sua struttura portante. Sta a noi sbarazzarlo di queste sovrastrutture, per evidenziarne i contenuti di base.

Il Drago inghiottitore[modifica]

Dietro al drago, accanto a quello della lotta, si intuisce la continuità di un altro motivo: quello del divoramento e dell'inghiottimento. Se questa funzione è esplicita e preminente nel caso del mostro delle tenebre che inghiotte il sole, non è difficile percepirla anche in altri casi. Nel classico tema della lotta col drago c'è sempre, accanto al mostro e all'eroe, una fanciulla, vittima designata, il cui ruolo esula da qualunque delle spiegazioni razionalistiche proposte. La fanciulla è ciò che resta del motivo del divoramento, che nel caso specifico non ha luogo, grazie all'intervento dell'eroe, ma che è tuttavia la ragione che innesca la lotta, ed è presumibilmente la traccia di uno stadio precedente, in cui il divoramento aveva luogo senza impedimenti. In alcuni casi, ad esempio a proposito della Tarasque, una traccia del motivo del divoramento è rimasta costante nell'iconografia, in cui vediamo il mostro con un essere umano tra le fauci, inghiottito a metà.

Il Drago e l'Oltretomba[modifica]

Ma anche quando, apparentemente, è scomparsa ogni traccia di questo motivo, se ne può ipotizzare la presenza, in qualche fase più antica, con sufficiente certezza. Per esempio, nel caso del drago guardiano dei tesori, è possibile risalire ad una fase anteriore in cui esso non è solo il "portiere" di un passaggio o di una grotta, ma è "grotta" lui stesso. Caso tipico è quello del drago guardiano del mondo dei morti: in molte miniature medievali è la bocca stessa del drago che costituisce l'ingresso agli inferi; in greco l'entrata del [Tartaro] è detta khasma, dal verbo khaino che significa "spalanco", ma anche "sbadiglio", e che quindi assimila l'ingresso agli inferi ad una bocca spalancata. Dallo stesso verbo derivano l'antico tedesco ginan ed il moderno gdhnen, come anche l'inglese yawn, tutti col significato di sbadigliare.
C'è di più. Abbiamo visto che la localizzazione più frequente del drago, forse quella più antica, è nei bacini d'acqua, nei mari, nei fiumi. Ora la via d'acqua è anche il più frequente confine tra il nostro e il mondo dei morti:all'aldilà si arriva sempre su di una barca o su un ponte che attraversa un fiume. Lo stesso termine "ponte", dal sanscrito pàntàh, sentiero pericoloso, si apparenta al greco pontos, il mare minaccioso, contrapposto a thàlassa, mare calmo. Il drago risulta quindi in stretto contatto col mondo dell'aldilà; e questo ci porta ad un significato iniziatico e sapienziale, cui peraltro ci rimanda anche l'etimologia: drago infatti deriva da un radicale indo-europeo deru, da cui il greco derkomai, vedere, e drakos, occhio. Va notato che questo rapporto che esiste tra il drago e lo sguardo, ci rimanda sia ad una simile connessione simbolica presente nel Basilisco, a suo modo un drago in miniatura, che ad una analoga parentela etimologica tra ophis, serpente, ed ophtalmos, occhio. Ci conferma in questa ipotesi il fatto che la capanna in cui vengono isolati, in moltissime culture, i giovani iniziandi, ha spesso la forma delle fauci aperte di un mostro. L'ingresso nella capanna, sostitutivo dell'inghiottimento del drago, ha il valore di un regresso ad uterum che prepara una seconda nascita. L'inghiottimento del drago, simbolo di un itinerario iniziatico, rappresenta quindi il nucleo centrale del mito, di cui è anche la fase più antica. Nel tempo questo significato si offusca passando attraverso quattro tappe successive, la cui traccia rimane intatta soprattutto nelle favole, come ha chiarito in maniera convincente l'analisi di Propp.

BIBLIOGRAFIA[modifica]

Fonti moderne[modifica]

MUSEO[modifica]