Biblioteca:Igino, Fabulae 125

Odissea[modifica]

Ulisse, mentre stava ritornando da Troia a Itaca, la sua patria, fu spinto da una tempesta presso i Ciconi, conquistò la loro città, Ismaro, e distribuì il bottino fra i compagni. Da là arrivò presso i Lotofagi, uomini di buonissima indole, che usavano mangiare il fiore che cresce dalle foglie del loto; questo genere di cibo era talmente dolce che chi lo gustava si dimenticava di dover tornare a casa. I due uomini che Ulisse aveva mandato da loro, dopo aver assaggiato le piante offerte dai Lotofagi, si dimenticarono che dovevano far ritorno alle navi e Ulisse dovette riportarli indietro legati. Quindi giunsero presso il ciclope Polifemo, figlio di Poseidone, al quale era stato predetto dall’indovino Telemo, figlio di Eurimo, di guardarsi da Ulisse, che l’avrebbe accecato. Polifemo aveva un solo occhio in mezzo alla fronte e si cibava di carne umana; dopo aver ricondotto il suo gregge nella caverna, ne bloccava l’entrata con un macigno enorme. Chiuse nella spelonca anche Ulisse e i suoi compagni e cominciò a mangiarseli. Ulisse, vedendo che non poteva competere con la sua ferocia e con le sue dimensioni gigantesche, lo fece ubriacare con il vino che gli aveva donato Marone egli disse di chiamarsi Nessuno. Sicché, quando poi gli bruciò l’occhio con un tronco ardente e Polifemo fece accorrere gli altri Ciclopi con le sue urla gridando, dalla caverna sbarrata: «Nessuno mi acceca!» quelli pensarono che li stesse prendendo in giro e non gli diedero retta. Ulisse allora legò i suoi compagni alle pecore e se stesso al montone e così riuscirono a scappare61g per andare da Eolo, figlio di Elleno, al quale Zeus aveva conferito il dominio sui venti. Eolo diede spontaneamente ospitalità a Ulisse e gli donò alcuni otri pieni dei venti, ma i suoi compagni li presero, credendo che fossero pieni d’oro e d’argento, e li aprirono di nascosto, con l’intenzione di spartirsi il contenuto; e i venti volarono via. Ulisse venne risospinto da Eolo, che questa volta lo cacciò, perché la potenza divina evidentemente gli era ostile; approdò allora presso i Lestrigoni, su cui regnava Antifate ...... li divorò e distrusse undici delle sue navi tranne una, con la quale Ulisse fuggì dopo aver perso i suoi compagni. Arrivò all’isola Enaria da Circe, figlia di Sole, che con un filtro trasformava gli uomini in bestie selvatiche. Ulisse mandò da lei Euriloco con ventidue uomini, ai quali Circe tolse l’aspetto umano; tuttavia Euriloco, che per paura non era entrato, riuscì a fuggire e informò Ulisse, che si recò da solo dalla maga. Lungo la strada, però, Ermes gli diede un antidoto e gli mostrò come ingannare Circe; quando giunse presso la maga, accettò la coppa che quella gli porgeva, ma vi versò l’antidoto, seguendo il consiglio di Ermes; poi sguainò la spada e minacciò di ucciderla, se non gli avesse restituito i suoi compagni. Circe allora comprese che tutto ciò non sarebbe potuto accadere senza il volere degli Dèi; e quindi, dopo aver promesso che non avrebbe più fatto nulla del genere, restituì ai compagni di Ulisse il loro aspetto originario. La stessa Circe, poi, giacque con lui e gli partorì due figli, Nausitoo e Telegono. Di là Ulisse partì per il lago Averno, discese agli Inferi evi trovò il suo compagno Elpenore, che aveva lasciato da Circe; gli chiese allora come fosse giunto laggiù. Elpenore gli rispose che, ubriaco, era caduto da una scala e si era rotto la testa e pregò Ulisse, quando fosse tornato tra i vivi, di dargli sepoltura e di piantare un timone sulla sua tomba. Mentre era laggiù, Ulisse parlò anche con sua madre Anticlea a proposito della fine delle sue peregrinazioni; in seguito, una volta tornato tra i mortali, seppellì Elpenore e piantò sulla sua tomba un timone, come egli aveva chiesto. Poi arrivò presso le Sirene, figlie della illusa Melpomene e di Acheloo, che erano donne nella parte superiore del corpo e uccelli in quella inferiore; il loro Destino era di vivere finché qualche mortale, udendole cantare, fosse riuscito a proseguire il suo cammino. Ulisse, per consiglio di Circe, figlia di Sole, turò le orecchie ai compagni con tappi di cera, ordinò che lo legassero all’albero maestro e così passò indenne. In seguito giunse da Scilla, figlia di Tifone, che era donna nella parte superiore del corpo e pesce dall’inguine in giù e aveva sei cani, nati da lei; questo mostro strappò dalla nave sei dei compagni di Ulisse e li divorò. Nell’isola di Sicilia Ulisse aveva trovato i sacri buoi di Sole, la cui carne prese a muggire, quando i suoi compagni vollero cucinarla in una pentola di bronzo; Ulisse era stato avvertito sia da Tiresia che da Circe di non toccare quelle bestie; e per questo motivo colà perse molti uomini. Giunto presso Cariddi, che tre volte al giorno inghiottiva acqua e tre volte la eruttava, riuscì a passare grazie ai consigli di Tiresia. Ma per placare l’ira di Sole, il cui bestiame era stato profanato (quando Ulisse era giunto nella sua isola, aveva proibito di attaccare i buoi, seguendo gli ammonimenti di Tiresia, ma i suoi compagni li portarono via mentre dormiva; mentre però ne cocevano le carni, queste, nella pentola, emettevano muggiti) , Zeus colpì con uno dei suoi fulmini la nave, che si incendiò. Vagando per quei luoghi dopo il naufragio, Ulisse - che aveva ormai perso, così, tutti i suoi compagni - arrivò a nuoto all’isola di Eea, dove viveva la ninfa Calipso, figlia di Atlante. Costei si innamorò del bel sembiante di Ulisse e lo trattenne con sé per un anno intero, e non voleva lasciarlo partire; finché Ermes, per ordine di Zeus, non le ingiunse di lasciarlo andare. E finalmente, quando Ulisse ebbe costruito una zattera, gli consentì la partenza, dopo averlo rifornito con ogni genere di provviste; ma Poseidone distrusse la zattera tra i flutti, poiché Ulisse aveva accecato suo figlio, il Ciclope. Mentre le onde stavano sballottando Ulisse di qua e di là, Leucotoe - noi la chiamiamo Madre Matuta -, che vive nel mare, gli diede la sua cintura perché se la legasse intorno al petto, affinché non fosse sommerso. In questo modo Ulisse riuscì a nuotare e arrivò all’isola dei Feaci; e poiché era nudo, si nascose tra le foglie di un albero. In quel mentre arrivò Nausicaa, figlia del re Alcinoo, per lavare delle vesti nell’acqua del torrente. Ulisse uscì dal fogliame e le chiese aiuto; la fanciulla, presa da pietà, gli diede un mantello perché si coprisse e lo condusse dal padre suo. Alcinoo lo accolse generosamente, lo ricoprì di doni e lo rimandò alla sua terra, Itaca, ma per la collera di Ermes Ulisse fece nuovamente naufragio. Allo scoccare del ventesimo anno, dopo aver perso tutti i suoi compagni, Ulisse ritornò in patria da solo. Quando arrivò a casa sua, senza che nessuno lo riconoscesse, trovò la reggia invasa dai Proci che volevano sposare Penelope e si finse straniero; ma la sua nutrice Euriclea, mentre gli lavava i piedi, lo riconobbe da una cicatrice. In seguito, con l’aiuto di Atena, Ulisse, con suo figlio Telemaco e due servi, uccise i Proci a colpi di freccia. Deioneo generò Cefalo, Cefalo generò Arcesio, Arcesio generò Laerte e Laerte Ulisse; Ulisse generò Telegono da Circe e Telemaco da Penelope; Telegono ebbe da Penelope, moglie di Ulisse, Italo, dal cui nome viene il nome Italia; e da Telemaco nacque Latino, che diede il suo nome alla gente latina.