Differenze tra le versioni di "Trinacria"

 
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Immaginaria Isola del Sole sulla quale, nell’Odissea, si immagina vivano le vacche del dio [[Elios]].  
 
Immaginaria Isola del Sole sulla quale, nell’Odissea, si immagina vivano le vacche del dio [[Elios]].  
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==LOCALIZZAZIONE==
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L’isola di Trinachia era identificata dagli antichi per lo più con la [[Sicilia]]; già Tucidide<ref>[[Biblioteca:Tucidide, Storie, Libro VI, 2, 2|Tucidide, Storie, Libro VI, 2, 2]]</ref> aveva chiamato Trinacria per la sua forma triangolare; lo stesso nome e la stessa etimologia erano suggeriti da Ovidio: «La terra Trinacria, che ha avuto il nome dalla configurazione del luogo, si protende con tre scogli nel vasto mare»<ref>[[Biblioteca:Ovidio, Fasti, IV|Ovidio, Fasti, IV, 419-420]]</ref>; il nome Trinachia è da collegare invece, forse, a un termine greco che significa «tridente». Se l’Isola del Sole è da identificare con la [[Sicilia]], i pascoli delle sacre mandrie sono da riconoscere in una specifica località della [[Sicilia]], [[Milazzo]] o [[Messina]], non lontano da [[Scilla (1)|Scilla]] e [[Cariddi]]; tale collocazione trova una spiegazione secondo Plinio nel fatto che proprio «nei pressi di Messina e Milazzo vengono ributtate» dalle acque del mare ''«delle sporcizie simili a letame, da cui la leggenda che lì abbiano le stalle i buoi di Elios»''.<ref>[[Biblioteca:Plinio, Storia Naturale, II, 220|Plinio, Storia Naturale, II, 220]]</ref>
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<br>Il toponimo Trinacria ritorna inoltre in Diodoro Siculo per indicare una città antichissima della Sicilia<ref>[[Biblioteca:Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XII, 6|Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XII, 6]]</ref>
  
 
==MITO==
 
==MITO==
 
===Ulisse===
 
===Ulisse===
 
Viene citata per la prima volta da [[Tiresia]] durante il suo incontro con [[Ulisse]], nel mondo dei morti, al quale l'indovino dice che sull’isola troverà ''«le vacche e le solide greggi del Sole, che tutto vede e tutto ascolta dall’alto. Se intatte le lascerai, se penserai al ritorno, in Itaca, pur soffrendo dolori, potrete arrivare: ma se le rapisci allora t’annuncio la fine per la nave e i compagni»''.<ref>[[Biblioteca:Omero, Odissea, Libro XI|Biblioteca: Omero, Odissea, Libro XI, 107-113]]</ref>  
 
Viene citata per la prima volta da [[Tiresia]] durante il suo incontro con [[Ulisse]], nel mondo dei morti, al quale l'indovino dice che sull’isola troverà ''«le vacche e le solide greggi del Sole, che tutto vede e tutto ascolta dall’alto. Se intatte le lascerai, se penserai al ritorno, in Itaca, pur soffrendo dolori, potrete arrivare: ma se le rapisci allora t’annuncio la fine per la nave e i compagni»''.<ref>[[Biblioteca:Omero, Odissea, Libro XI|Biblioteca: Omero, Odissea, Libro XI, 107-113]]</ref>  
<br>Molto simile è la predizione della maga [[Circe]], che si rivolge a [[Ulisse]] con parole quasi identiche aggiungendo qualche ulteriore dettaglio a proposito delle prodigiose mandrie: ''«sette mandrie di vacche, e tante greggi belle di pecore, cinquanta capi ciascuna; parto fra queste non c’è, né mai muoiono: due dee ne sono guardiane, due [[Ninfe]] riccioli belli, [[Fetusa]] e [[Lampezia (1)|Lampezia]]»''.</ref>[[Biblioteca:Omero, Odissea, Libro XI|Biblioteca: Omero, Odissea, Libro XII, 129-132]]</ref> Quando, come vaticinato da [[Tiresia]], [[Ulisse]] e i suoi compagni approdano sull’isola, la tentazione di catturare le vacche divine è forte; riescono a resistervi per un certo tempo, ma il perdurare della sosta forzata a causa della bonaccia e l’esaurirsi delle provviste inducono i marinai a compiere il sacrilegio, e come preannunciato la tempesta si abbatte sulla nave provocando un naufragio dal quale solo [[Ulisse]] si salva, fortunosamente, approdando dopo nove giorni all’isola di [[Calipso (1)|Calipso]], [[Ogigia (2)|Ogigia]].  
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<br>Molto simile è la predizione della maga [[Circe]], che si rivolge a [[Ulisse]] con parole quasi identiche aggiungendo qualche ulteriore dettaglio a proposito delle prodigiose mandrie: ''«sette mandrie di vacche, e tante greggi belle di pecore, cinquanta capi ciascuna; parto fra queste non c’è, né mai muoiono: due dee ne sono guardiane, due [[Ninfe]] riccioli belli, [[Fetusa]] e [[Lampezia (1)|Lampezia]]»''.<ref>[[Biblioteca:Omero, Odissea, Libro XI|Biblioteca: Omero, Odissea, Libro XII, 129-132]]</ref> Quando, come vaticinato da [[Tiresia]], [[Ulisse]] e i suoi compagni approdano sull’isola, la tentazione di catturare le vacche divine è forte; riescono a resistervi per un certo tempo, ma il perdurare della sosta forzata a causa della bonaccia e l’esaurirsi delle provviste inducono i marinai a compiere il sacrilegio, e come preannunciato la tempesta si abbatte sulla nave provocando un naufragio dal quale solo [[Ulisse]] si salva, fortunosamente, approdando dopo nove giorni all’isola di [[Calipso (1)|Calipso]], [[Ogigia (2)|Ogigia]].
  
 
===Argonauti===
 
===Argonauti===
Un’eco dell’avventura di [[Ulisse]] sull’isola si legge nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, dove gli eroi che hanno seguito Giasone alla conquista del vello d’oro, durante il viaggio di ritorno, dopo aver superato il pericolosissimo passaggio di [[Scilla (1)|Scilla]] e [[Cariddi]], ''«costeggiarono i prati della Trinacria dove sono allevate le vacche del Sole»''.<ref>[[Biblioteca:Apollonio Rodio, Argonautiche, Libro IV|Biblioteca:Apollonio Rodio, Argonautiche, Libro IV, 964-965]]</ref>
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Un’eco dell’avventura di [[Ulisse]] sull’isola si legge nelle [[Argonautiche]] di Apollonio Rodio, dove gli eroi che hanno seguito [[Giasone]] alla conquista del [[vello d’oro]], durante il viaggio di ritorno, dopo aver superato il pericolosissimo passaggio di [[Scilla (1)|Scilla]] e [[Cariddi]], ''«costeggiarono i prati della Trinacria dove sono allevate le vacche del Sole»''.<ref>[[Biblioteca:Apollonio Rodio, Argonautiche, Libro IV|Biblioteca:Apollonio Rodio, Argonautiche, Libro IV, 964-965]]</ref>
  
 
===Enea===
 
===Enea===
Secondo Virgilio<ref>[[Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro I|Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro I, 195-196]]</ref> vi abitava Aceste, che aveva donato a Enea e ai suoi compagni, giunti da lui, delle anfore di ottimo vino (Eneide, I, 195-196); nella profezia che pronuncia a [[Enea]] stesso l’indovino Eleno essa è indicata come uno dei luoghi nei quali l’eroe troiano dovrà passare prima di approdare, finalmente, in Italia per fondare una nuova patria<ref>[[Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro III|Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro III, 384]]</ref>).
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Secondo Virgilio<ref>[[Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro I|Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro I, 195-196]]</ref> vi abitava [[Aceste]], che aveva donato a [[Enea]] e ai suoi compagni, giunti da lui, delle anfore di ottimo vino<ref>[[Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro I|Virgilio, Eneide, Libro I, 195-196]]</ref>; nella profezia che pronuncia a [[Enea]] stesso l’indovino [[Eleno (1)|Eleno]] essa è indicata come uno dei luoghi nei quali l’eroe troiano dovrà passare prima di approdare, finalmente, in Italia per fondare una nuova patria.<ref>[[Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro III|Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro III, 384]]</ref>
 
 
==Encelado==
 
Quinto Smirneo</ref>[[Biblioteca:Quinto Smirneo, Posthomerica, Libro V|Quinto Smirneo, Posthomerica, Libro V, 643]]</ref> afferma che sotto l’isola viene seppellito il corpo di uno dei Giganti, Encelado, che aveva mosso guerra agli dèi ed era stato sconfitto da [[Zeus]] (il mito era già raccontato nella Batracomiomachia, 280-284 ed era stato variamente ripreso da diverse fonti letterarie di età imperiale romana).
 
  
==Fetonte==
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===Encelado===
<br>Il mito omerico della Trinachia come isola del Sole è ripreso molti secoli dopo da Nonno di Panopoli, che nelle Dionisiache presenta Fetonte, figlio del Sole, che «talvolta si recava in una prateria nel cuore della Trinachia, dove soggiornava presso Lampezia e faceva pascolare i buoi e i montoni».<ref>[[Biblioteca:Nonno di Panopoli, Dionisiache, XXXVIII|Biblioteca:Nonno di Panopoli, Dionisiache, XXXVIII, 167-170]]</ref>
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Quinto Smirneo<ref>[[Biblioteca:Quinto Smirneo, Posthomerica, Libro V|Quinto Smirneo, Posthomerica, Libro V, 643]]</ref> afferma che sotto l’isola viene seppellito il corpo di uno dei [[Giganti]], [[Encelado (1)|Encelado]], che aveva mosso guerra agli dèi ed era stato sconfitto da [[Zeus]]. Il mito era già raccontato nella [[Batracomiomachia]] ed era stato variamente ripreso da diverse fonti letterarie di età imperiale romana.
  
==LOCALIZZAZIONE==
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===Fetonte===
L’isola di Trinachia era identificata dagli antichi per lo più con la [[Sicilia]]; già Tucidide<ref>[[Biblioteca:Tucidide, Storie, Libro VI, 2, 2|Tucidide, Storie, Libro VI, 2, 2]]</ref> aveva chiamato Trinacria per la sua forma triangolare; lo stesso nome e la stessa etimologia erano suggeriti da Ovidio: «La terra Trinacria, che ha avuto il nome dalla configurazione del luogo, si protende con tre scogli nel vasto mare»<ref>[[Biblioteca:Ovidio, Fasti, IV|Ovidio, Fasti, IV, 419-420]]</ref>; il nome Trinachia è da collegare invece, forse, a un termine greco che significa «tridente». Se l’Isola del Sole è da identificare con la [[Sicilia]], i pascoli delle sacre mandrie sono da riconoscere in una specifica località della Sicilia, Milazzo o Messina, non lontano da Scilla e Cariddi; tale collocazione trova una spiegazione secondo Plinio nel fatto che proprio «nei pressi di Messina e Milazzo vengono ributtate» dalle acque del mare «delle sporcizie simili a letame, da cui la leggenda che lì abbiano le stalle i buoi del Sole».<ref>[[Biblioteca:Plinio, Storia Naturale, II, 220|Plinio, Storia Naturale, II, 220]]</ref>
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Il mito omerico della Trinacria come isola del Sole è ripreso molti secoli dopo da Nonno di Panopoli, che nelle [[Dionisiache]] presenta [[Fetonte]], figlio di [[Elios]], che ''«talvolta si recava in una prateria nel cuore della Trinacria, dove soggiornava presso Lampezia e faceva pascolare i buoi e i montoni»''.<ref>[[Biblioteca:Nonno di Panopoli, Dionisiache, XXXVIII|Biblioteca:Nonno di Panopoli, Dionisiache, XXXVIII, 167-170]]</ref>
<br>Il toponimo «Trinacria» ritorna inoltre in Diodoro Siculo per indicare una città antichissima della Sicilia<ref>[[Biblioteca:Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XII, 6|Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XII, 6]]</ref>  
 
  
 
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Versione attuale delle 11:52, 5 ago 2023

SCHEDA
Noimage.jpg
IDENTITÀ
Nome orig.: -
Altri nomi: -
Etimologia: -
Sesso: Neutro
Genitori: [[]] e [[]]
oppure [[{{{padre2}}}]] e [[{{{madre2}}}]]
oppure [[{{{padre3}}}]] e [[{{{madre3}}}]]
oppure [[{{{padre4}}}]] e [[{{{madre4}}}]]
Fratelli/Sorelle:
Fratellastri e/o
Sorellastre:
'
[[]]
[[]]
[[{{{consorte3}}}]]
[[{{{consorte4}}}]]
[[{{{consorte5}}}]]
LOCALIZZAZIONE
Sezione: Mitologia Classica
Continente: Europa
Area: Mediterraneo
Paese: Grecia
Regione: [[{{{regione}}}]]
Provincia: [[{{{provincia}}}]]
Città: [[{{{citta}}}]]
Origine: Greci
CLASSIFICAZIONE
Tipologia: Luoghi
Sottotipologia: Luoghi Naturali
Specificità: Regioni
Subspecifica: -
CARATTERI
Aspetto:
Indole: -
Elemento:
Habitat:
ATTRIBUTI
Fisici
Animali
Vegetali
Minerali
Alimenti
Colori
Numeri
Armi
Abbigliamento
Altri
Personaggi
TEMATICHE

Immaginaria Isola del Sole sulla quale, nell’Odissea, si immagina vivano le vacche del dio Elios.

LOCALIZZAZIONE[modifica]

L’isola di Trinachia era identificata dagli antichi per lo più con la Sicilia; già Tucidide[1] aveva chiamato Trinacria per la sua forma triangolare; lo stesso nome e la stessa etimologia erano suggeriti da Ovidio: «La terra Trinacria, che ha avuto il nome dalla configurazione del luogo, si protende con tre scogli nel vasto mare»[2]; il nome Trinachia è da collegare invece, forse, a un termine greco che significa «tridente». Se l’Isola del Sole è da identificare con la Sicilia, i pascoli delle sacre mandrie sono da riconoscere in una specifica località della Sicilia, Milazzo o Messina, non lontano da Scilla e Cariddi; tale collocazione trova una spiegazione secondo Plinio nel fatto che proprio «nei pressi di Messina e Milazzo vengono ributtate» dalle acque del mare «delle sporcizie simili a letame, da cui la leggenda che lì abbiano le stalle i buoi di Elios».[3]
Il toponimo Trinacria ritorna inoltre in Diodoro Siculo per indicare una città antichissima della Sicilia[4]

MITO[modifica]

Ulisse[modifica]

Viene citata per la prima volta da Tiresia durante il suo incontro con Ulisse, nel mondo dei morti, al quale l'indovino dice che sull’isola troverà «le vacche e le solide greggi del Sole, che tutto vede e tutto ascolta dall’alto. Se intatte le lascerai, se penserai al ritorno, in Itaca, pur soffrendo dolori, potrete arrivare: ma se le rapisci allora t’annuncio la fine per la nave e i compagni».[5]
Molto simile è la predizione della maga Circe, che si rivolge a Ulisse con parole quasi identiche aggiungendo qualche ulteriore dettaglio a proposito delle prodigiose mandrie: «sette mandrie di vacche, e tante greggi belle di pecore, cinquanta capi ciascuna; parto fra queste non c’è, né mai muoiono: due dee ne sono guardiane, due Ninfe riccioli belli, Fetusa e Lampezia».[6] Quando, come vaticinato da Tiresia, Ulisse e i suoi compagni approdano sull’isola, la tentazione di catturare le vacche divine è forte; riescono a resistervi per un certo tempo, ma il perdurare della sosta forzata a causa della bonaccia e l’esaurirsi delle provviste inducono i marinai a compiere il sacrilegio, e come preannunciato la tempesta si abbatte sulla nave provocando un naufragio dal quale solo Ulisse si salva, fortunosamente, approdando dopo nove giorni all’isola di Calipso, Ogigia.

Argonauti[modifica]

Un’eco dell’avventura di Ulisse sull’isola si legge nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, dove gli eroi che hanno seguito Giasone alla conquista del vello d’oro, durante il viaggio di ritorno, dopo aver superato il pericolosissimo passaggio di Scilla e Cariddi, «costeggiarono i prati della Trinacria dove sono allevate le vacche del Sole».[7]

Enea[modifica]

Secondo Virgilio[8] vi abitava Aceste, che aveva donato a Enea e ai suoi compagni, giunti da lui, delle anfore di ottimo vino[9]; nella profezia che pronuncia a Enea stesso l’indovino Eleno essa è indicata come uno dei luoghi nei quali l’eroe troiano dovrà passare prima di approdare, finalmente, in Italia per fondare una nuova patria.[10]

Encelado[modifica]

Quinto Smirneo[11] afferma che sotto l’isola viene seppellito il corpo di uno dei Giganti, Encelado, che aveva mosso guerra agli dèi ed era stato sconfitto da Zeus. Il mito era già raccontato nella Batracomiomachia ed era stato variamente ripreso da diverse fonti letterarie di età imperiale romana.

Fetonte[modifica]

Il mito omerico della Trinacria come isola del Sole è ripreso molti secoli dopo da Nonno di Panopoli, che nelle Dionisiache presenta Fetonte, figlio di Elios, che «talvolta si recava in una prateria nel cuore della Trinacria, dove soggiornava presso Lampezia e faceva pascolare i buoi e i montoni».[12]

CORRELAZIONI[modifica]

Voci[modifica]

Nome Tipologia Origine Sesso
Aceste
Elios Divinità Greci Maschio
Giasone Umani Greci Maschio
Ulisse Umani Greci Maschio
Zeus Divinità Greci Maschio

Pagine[modifica]

BIBLIOGRAFIA[modifica]

Fonti Antiche[modifica]

Fonti Moderne[modifica]


ATTENZIONE: Nessun risultato.

NOTE[modifica]