Differenze tra le versioni di "Ganesha"

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La cavalcatura di Ganesha è un topo; ciò significa che il dio offre la possibilità di superare ogni ostacolo, penetrando ovunque come un topo. Questo animale rappresenta in India, un po' come da noi la volpe, l'astuzia, l'abilità e la capacità di rivolgere le cose a proprio favore. Questo simbolismo fa di Ganesha un dio estremamente popolare, perché vicino alle necessità della gente. Grazie alla sua intelligenza è anche divenuto il protettore degli scrittori, che spesso iniziano i loro libri con una invocazione a Ganesha. Si racconta che il [[Mahabharata]] fu scritto dal dio e dettato al mitico [[Vyasa]].
 
La cavalcatura di Ganesha è un topo; ciò significa che il dio offre la possibilità di superare ogni ostacolo, penetrando ovunque come un topo. Questo animale rappresenta in India, un po' come da noi la volpe, l'astuzia, l'abilità e la capacità di rivolgere le cose a proprio favore. Questo simbolismo fa di Ganesha un dio estremamente popolare, perché vicino alle necessità della gente. Grazie alla sua intelligenza è anche divenuto il protettore degli scrittori, che spesso iniziano i loro libri con una invocazione a Ganesha. Si racconta che il [[Mahabharata]] fu scritto dal dio e dettato al mitico [[Vyasa]].
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Versione delle 17:20, 14 apr 2011

Ganesha

È uno degli dei più tardi del pantheon indù: è infatti assente nel Ramayana e nelle prime redazioni del Mahabharata. Tuttavia deve trattarsi di una divinità o di un genio a carattere locale, preesistente all'invasione ariana. Molti altri esseri intermediari (Yaksha, Asura, Gana) sono caratterizzati a volte dal medesimo inverosimile aspetto ibrido di uomo ed elefante. Ganesha ha un corpo umano di color rosso, il colore che la pratica intensa della meditazione fa assumere agli yogin; una testa d'elefante bianca, simbolo di intelligenza e di saggezza, che il colore bianco estende alla globalità dell'essere; un ventre molto prominente, quattro o più braccia, e tre occhi, segno di una potenza superiore e della visione totale.

La nascita

Vi sono varie leggende relative alla sua nascita ed al suo strano aspetto. Secondo alcuni è uno dei due figli di Shiva e Parvati: Ganesha, il primo, riflessivo, legato ai valori spirituali; Skanda il secondo, irruento, violento e guerriero. Secondo un altro mito sarebbe invece nato dal sudore che la dea Parvati si era asciugata: strana spiegazione, invero, perché gli dei indù, anche quando sono sotto forma umana, non sudano, non proiettano ombra e non battono mai le palpebre. Una ulteriore versione racconta che, mentre Parvati stava facendo le sue abluzioni, l'acqua che aveva usato, gettata nel Gange, era stata inghiottita dall'Apsaras Malini (che secondo alcuni avrebbe avuto lei stessa la testa d'elefante), che avrebbe generato in seguito un figlio con quattro braccia e cinque teste d'elefante, ridotte poi ad una da Shiva. Questo ultimo mito, che si trova in un testo tardo del XIII secolo è sospetto, sia perché ipotizza la nascita del dio già affetto dal suo aspetto mostruoso, fatto che contrasta con un'altra serie di miti che esamineremo tra poco; sia perché non si conoscono altri casi di Apsaras a forma ibrida. A fare da contraltare alle versioni che vedono la sola Parvati, madre del dio, senza l'intervento maschile, ne abbiamo una in cui è il solo Shiva a metterlo al mondo. Infatti si racconta come Ganesha emergesse all'improvviso durante una concentrazione del dio, e fosse così bello da attrarre l'attenzione di tutte le dee e da far ingelosire Urna (una denominazione di Parvati), che lo condannò alla sua deformità.

Aspetto fisico

Nella maggior parte delle versioni la testa di elefante non è congenita, ma è dovuta a qualche incidente. Esaminiamo alcune varianti del racconto. Parvati aveva affidato al figlio Ganesha il compito di sorvegliare le sue stanze e di non far passare nessuno. Ganesha esegue questo compito con tale solerzia da impedire l'accesso allo stesso Shiva che, adirato, lo decapita. Più tardi però, pentito della sua irruenza, gli fa innestare la testa del primo animale incontrato, che è un elefante. Secondo un altro mito fu invece il dio Shani, l'equivalente del nostro Saturno, simbolo delle difficoltà e degli ostacoli, che distrusse senza volere la testa di Ganesha con uno sguardo, e che poi la sostituì prontamente con quella di un elefante.
Un'altra caratteristica fisica del dio è quella di avere una sola zanna. Ciò avvenne, secondo un mito, perché Krishna, venuto a portare a Shiva una arma miracolosa, si era visto sbarrare la strada dal nostro Ganesha e, irato, gli aveva tirato addosso l'arma, che lo aveva colpito su una zanna, asportandogliela. Secondo una versione più movimentata, invece, un giorno Ganesha, dopo essersi rimpinzato di dolci (ma non si tratta di golosità, sono i dolci delle offerte, simbolo del nutrimento spirituale), era caduto, ed il suo ventre era esploso, spargendo intorno tutti i dolci. In quell'occasione la luna e le costellazioni erano scoppiate a ridere e il dio, stizzito, si era strappato una zanna, scagliandola contro la luna.

Attributi

La cavalcatura di Ganesha è un topo; ciò significa che il dio offre la possibilità di superare ogni ostacolo, penetrando ovunque come un topo. Questo animale rappresenta in India, un po' come da noi la volpe, l'astuzia, l'abilità e la capacità di rivolgere le cose a proprio favore. Questo simbolismo fa di Ganesha un dio estremamente popolare, perché vicino alle necessità della gente. Grazie alla sua intelligenza è anche divenuto il protettore degli scrittori, che spesso iniziano i loro libri con una invocazione a Ganesha. Si racconta che il Mahabharata fu scritto dal dio e dettato al mitico Vyasa.

Epiteti