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andaron d’Iràsa alla rocca, a gara chiedendo la nobile figlia
 
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eletto consorte alla figlia cercò. Tutta adorna la pose
 
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al limite presso del corso, mèta ultima: e via l’adducesse
 
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Versione attuale delle 14:24, 28 ott 2023

A TELESICRATE DI CIRENE’ VINCITORE DELLA CORSA IN ARME A PITO

I
Strofe
Telesicrate io voglio cantare
dal clipeo di bronzo: giungendo
con le Grazie dai pepli fluenti, vi annunzio che a Pito
ei vinse, e, felice, d’un serto recinse l’equestre Cirene.
Cirene, cui Febo chiomato, dai gioghi del Pelio rombanti di
vento
un giorno rapiva; e l’addusse, sovra aureo cocchio, selvaggia
fanciulla,
là dove la fece signora d’un suolo ferace di greggi, ferace
di biade,
che il terzo pollone del mondo le fosse gradita dimora.

Antistrofe
Afrodite dal socco d’argento
accolse qui l’ospite delio,
su la biga divina poggiando la palma leggera.
E infuse per essi nel dolce giaciglio pudore ed amore,
in nozze concordi stringendo col Nume la figlia del valido
Isseo,
eroe che dei fieri Lapiti reggeva in quegli evi lo scettro:
disceso
egli era secondo da Ocèano: nei celebri anfratti del Pindo,
la figlia di Gea,
Creusa, la ninfa che il talamo godè di Peneo, gli die’ vita.

Epodo
Ed ei generò la fanciulla
Cirene dall’omero bianco, che mai non amò del telaio
le vie ricorrenti, né in casa restare e danzar con le amiche;
ma si con zagaglie di bronzo,
col ferro affilato, le fiere selvagge cacciar, procacciando
ai greggi del padre diurni sereni riposi;
e il sonno, compagno a chi giace soave, ben poco accoglieva,
sol quando ai lucori dell’alba
repéale sovresse le ciglia.

II
Strofe
Il Signor dall’immane farètra.
Apollo, la colse mentr’ella
combatteva un orrendo leone, soletta, senz’arme.
E tosto, levando la voce, chiamò dai suoi tetti Chirone:
 O figlio di Filira, lascia la sacra spelonca, stupisci l’ardire,
l’immane vigor d’ una donna. Che lotta sostiene l’impavido
cuore
Fanciulla: ma l’anima supera la gesta che affronta; né il
seno terrore le ingombra:
Qual uomo la dice sua figlia? Da quale radice divelta.

Antistrofe
tra gli ombrosi recessi dei monti
cimenta l’immensa prodezza?
È concesso ad un Nume distendere sovr’essa la frano?
Il miele dell erbe falciare dai floridi prati è concesso? » —
E a lui l'animoso Centauro, raggiando la mite serena pupilla
d’un placido riso, rispose: «Oh Febo, Suada saggissima tiene
nascoste le chiavi dei sacri sponsali; ed i Numi e i mortali
s’adontan del pari
con brama palese il di primo ascendere il talamo dolce.

Epodo
Te pur, cui Menzogna non tange,
sospinse ad infinte parole la brama d’amore. La stirpe
qual sia della vergine chiedi, Signor, tu che l’esito certo,
che i tramiti sai d’ogni evento,
e quante vermene germogliano pei campi alla nuova stagione,
e quante nel mare e nei fiumi si volgono sabbie
agli urti dei flutti e dei venti, che quanto sarà ben prevedi.
e donde sarà? Pur, se debbo
oracoli esporre al profeta,

III
Strofe
parlerò. Queste balze cercasti
per esser suo sposo. E fra poco
oltre il mare con te l’avrai tratta, di Zeus al verziere;
e qui di città la (arai signora, una gente isolana
insieme adunando su clivo recinto di piani. Qui Libia, l’augusta
dai pascoli grandi, benevola nell’aurea sede la sposa accorrà;
e sùbito a lei della terra darà, che rimanga legittimo suo
bene, una parte
ove alberi dànno ogni sorta di frutti, e dimorano fiere.

Anastrofe
Un fanciullo qui genera. Ermes
lo toglie alla madre diletta.
e lo reca alla Terra ed all’Ore dai fulgidi troni,
che il pargolo bello depongono sui loro ginocchi, stupite
Io ammirano, e nettare e ambrosia gli stillan sui labbri, lo
fanno immortale;
e Zeus lo chiamano, e Apollo, diletto degli uomini puro,
custode
dei greggi, signore dei campi, dei pascoli; ed anche Aristeo
nomato sarà. »
Cosi favellando, lo accese a compier le nozze soavi.

Epodo
Or quando lo affrettano i Numi.
veloce è l’evento, le vie son brevi. Compiuto quel giorno
fu quello: si strinser d’amore nel talamo d’oro di Libia.
Or Febo la insigne nei giuochi
città luminosa tutela: e lei di Cameade il figlio
partecipe fe’ di sua gloria coi serti di Pito.
Qui giunse, coprendo Cirene d’onore; e le donne sue belle
l’accolgon, che toma da Delfo
recando l’amabile gloria.

IV
Strofe
Sono fonte di molte parole
le insigni virtù; ma l’uom saggio
presta orecchio a chi poco fra il molto sa eleggere ed orna;
e nulla vai meglio che cogliere l’istante opportuno. Ben Tebe
conobbe che non lo spregiava lolào; con la tempra del
brando recise
il capo d’Euriste; e i Tebani sotterra lo ascosero, nel tumulo
fondo
dell’avo Anfitrione: quivi giaceva il signor che di Sparta
fu ospite un giorno,
e poscia abitò le contrade cadmèe dalle bianche puledre.

Antistrofe
Fu sua sposa e fu sposa di Zeus
Alcmena animosa, che a un parto
generò la possanza guerriera dei gemini figli.
Ben muto è quell’uomo che tace la gloria d’Alcide, né sempre
rammemora Tacque di Dirce che lui con Ifiele nutrirono.
Ad essi,
che un bene invocato concessero a me, debbo un canto di
grazia levare. —
Deh, mai delle Cariti il puro fulgor non mi lasci! Vi affermo
che vinse in Egina
tre volte, e sul clivo di Nisa, di gloria cingendo Cirene,

Epodo
sfuggendo al Silenzio, retaggio
d’inetti, con l’opera. Onde ora gli amici, e, se n’ha, gli
avversari,
la gesta a comune vantaggio compiuta, non tacciano, e onorino
del Vecchio del mar la sentenza.
Ei disse che pure al nemico, quand’operi bene, equa lode
largire convien di gran cuore. Nei giuochi di Pàllade
te videro vincer sovente le vergini — e senza parola
o sposo o figliuolo ciascuna
bramava d’aver Telesicrate

V
Strofe
e in Olimpia, e nei giuochi di Gea
dal seno profondo, ed in quanti
la sua terra ne celebra. — Or mentre la sete di canto
che m’arde io lenisco, qualcuno mi spinge che pure la gloria
lo desti degli avoli tuoi remoti, che per la donzella di Libia
andaron d’Iràsa alla rocca, a gara chiedendo la nobile figlia
d’Antèo, dalla fulgida chioma. Lei molti cercavano sposa
signor’ di sua patria,
lei molti stranieri: ché troppo lucea la persona sua bella.

Antistrofe
E a lei d’Ebe dall’aureo serto
il florido pomo rapire
desiavan. Ma il padre, apprestando più illustri sponsali,
pensò come in Argo già Dànao le sue quarantotto figliuole
in nozze sollecite strinse avanti che il giorno toccasse il
suo mezzo.
Schierato lo stuolo di tutte le vergini presso la mèta del circo,
stimò che la gara del corso decider dovesse tra tjitti gli eroi
convenuti
suoi generi, quale ognun d’essi tenere sua sposa dovrebbe.

Epodo
Cosi pure il sire di Libia
eletto consorte alla figlia cercò. Tutta adorna la pose
al limite presso del corso, mèta ultima: e via l’adducesse
chi primo sfiorava il suo peplo.
Or quivi Alessidamo, il corso rapace compiuto, per mano
prendendo la vergine pura, fra i Nomadi accolti
l’addusse. Su lui molte frondi gittarono, molte ghirlande.
E già pria, col serto dell’ali
Cavea redimito Nike.