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io giungo, nei canti onorarvi. Ché innumeri tramiti
 
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di vostre magnanime gesta si schiudon di séguito, e larghi
 
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son ben cento piedi.
 
son ben cento piedi.
per mezzo a le genti Iperbòree ed oltre le foci del Nilo.
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Non trovi sf barbara lingua, si strana città, che non sappia
 
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su navi, con schiere tirinzie, a [[Troia]], travaglio d’eroi,
 
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le frodi a punire di Laomedonte.
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e prese la rocca di [[Priamo]], con lui, sterminò la progenie
 
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dei Meropi. E Alcide, trovato nel piano di Flegra
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Alcionio bifolco, gigante come alpe,
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Or, quando a chiamare Telamone ei giunse,
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Avvolto nel vello leonino s’ergeva il figliuol d’Anfitrione
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possente; e Telamone gii porse una coppa
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di vino, di guizzi tutti aurei
 
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corrusca; e gli chiese che desse principio ai nettarei libami.
 
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con fervida prece ti supplico adesso,
 
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audace; e sia questo per lui mio dono ospitale.
 
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E indomita sia la sua tempra, com’è questo vello di fiera
 
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che i fianchi mi cinge  
 
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In Neme lo vinsi; e fu questa la prima di tutte mie gesta ;
 
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e pari sia l’anima». Disse. E l’aquila, il re degli aligeri
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e pari sia l’anima». Disse. E l’[[aquila]], il re degli aligeri
 
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E, amato dagli ospiti pei suoi benefizi.
 
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misura con l’animo cerca, misura mantiene;
 
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né il labbro favella diverso da quello ch ei pensa. Diresti
 
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ch’egli è fra gli atleti
 
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ciò ch’è fra le pietre la cote di Nasso, che tempera il bronzo.
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Lo disseterò con le linfe di Dirce, che attinser le figlie
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dell’aureo precinta [[Mnemosine]], vicino ai bei valli di [[Cadmo]].
 
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Versione attuale delle 18:38, 14 gen 2024

A FILACCIA D’EGINA. VINCITORE NEL PANCRAZIO SULL’ISTMO

I
Strofe
Or, come in simposio d’amici giocondo ,
pel valido atleta figliuol di Lampone
libiamo la coppa seconda. Vuotammo la prima a te, Zeus
pel fiore dei serti spiccato a Nemea;
è questa pel Sire dell’Istmo,
e per le cinquanta Nereidi: che vinse Filacide, il figlio
più giovine: al Nume benigno che regge l’Olimpo
offrire la terza concesso ne sia.
Egina aspergendo di canti soavi.

Antistrofe
Se un uomo che allegrasi di lauto dispendio
travaglia, ed esercita divine virtù,
e a lui germogliare fa un Demone gradevole fama, egli
l’àncora
all’ultime plaghe gittò di Fortuna.
Tai sensi albergare nel seno
dimanda il figliuol di Cleonico insino alla bianca vecchiaia
e al passo de l’Ade: ond’io Cloto dal trono sublime
imploro e le Parche sorelle, che il voto
de l’uomo a me caro non rendano vano.

Epodo
Or, d’Eaco figli dall’aureo carro,
è legge chiarissima per me, se a quest’isola
io giungo, nei canti onorarvi. Ché innumeri tramiti
di vostre magnanime gesta si schiudon di séguito, e larghi
son ben cento piedi.
per mezzo a le genti Iperbòree ed oltre le foci del Nilo.
Non trovi sf barbara lingua, si strana città, che non sappia
la gloria di Peleo, l’eroe felice cognato dei Numi,

II
Strofe
che Aiace non sappia, non sappia Telamone
suo padre, che a guerra correva alleato,
su navi, con schiere tirinzie, a Troia, travaglio d’eroi,
le frodi a punire di Laomedonte.
Lo addusse il figliuolo d’AIcmena;
e prese la rocca di Priamo, con lui, sterminò la progenie
dei Meropi. E Alcide, trovato nel piano di Flegra
Alcionio bifolco, gigante come alpe,
la man non astenne dal nervo mugliante.

Antistrofe
Or, quando a chiamare Telamone ei giunse,
per gir su le navi, lo colse a banchetto.
Avvolto nel vello leonino s’ergeva il figliuol d’Anfitrione
possente; e Telamone gii porse una coppa
di vino, di guizzi tutti aurei
corrusca; e gli chiese che desse principio ai nettarei libami.
Cosi favellò: «Padre Zeus, se mai
con alma benevola udisti i miei voti.

Epodo
con fervida prece ti supplico adesso,
che nasca a quest’uomo da Eribia un figliuolo
audace; e sia questo per lui mio dono ospitale.
E indomita sia la sua tempra, com’è questo vello di fiera
che i fianchi mi cinge
In Neme lo vinsi; e fu questa la prima di tutte mie gesta ;
e pari sia l’anima». Disse. E l’aquila, il re degli aligeri
il Nume del cielo spedi. Soave piacere lo punse;

III
Strofe
e disse, parlando si come profeta:
 Il figlio che brami, Telamone, avrai:
e prendi il suo nome dall’aquila compàrsati: chiamalo Aiace:
sarà re possente, tremendo nel cozzo
di guerra». Ciò disse, e sedette.
Ma tutte narrar ie tue gesta per me troppo lungo sarebbe,
che io per Pitea, per Filacida, o Musa, qui giunsi
ministro di cantici. E tutto con poche
parole, fome usano gli Argivi, dirò.

Antistrofe
Tre volte il pancrazio già vinser su l’Istmo
e in Neme, fra gli alberi fronzuti, gli splendidi
figliuoli, e il german de la madre: e quanti inni trassero a luce!
E aspergon la patria dei figli di Psalico
col rorido umor de le Cariti:
e onor di Temistio alla casa recando, dimorano in questa
città cara ai Superi. E pregia Lampone quel detto
d’Esiodo: che all’opere attender bisogna
con cura; e ai suoi figli io insegna; e li esorta,

Epodo
Egina adornando d’un pubblico fregio.
E, amato dagli ospiti pei suoi benefizi.
misura con l’animo cerca, misura mantiene;
né il labbro favella diverso da quello ch ei pensa. Diresti
ch’egli è fra gli atleti
ciò ch’è fra le pietre la cote di Nasso, che tempera il bronzo.
Lo disseterò con le linfe di Dirce, che attinser le figlie
dell’aureo precinta Mnemosine, vicino ai bei valli di Cadmo.