Differenze tra le versioni di "Biblioteca:Pindaro, Olimpiche, IX"
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e Febo piombava, scoccando saette dall’arco d’argento, | e Febo piombava, scoccando saette dall’arco d’argento, | ||
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Mio labbro, respingi, | Mio labbro, respingi, | ||
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Deh, possa, trovando bei cantici, | Deh, possa, trovando bei cantici, | ||
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ed altre nei grembi Nemei; | ed altre nei grembi Nemei; | ||
− | ed in Argo tra gli uomini vinse, fanciullo in Atene; e che gare | + | ed in Argo tra gli uomini vinse, fanciullo in [[Atene]]; e che gare |
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e quando portò da Pellène | e quando portò da Pellène | ||
le lane, che calde riparano da rigide brezze; ed attestano | le lane, che calde riparano da rigide brezze; ed attestano | ||
− | per lui di Iolào la tomba, ed Eleusi marina. | + | per lui di Iolào la tomba, ed [[Eleusi (2)|Eleusi]] marina. |
È ottimo quanto natura formò; ma troppi uomini anelano | È ottimo quanto natura formò; ma troppi uomini anelano | ||
lucrar con apprese | lucrar con apprese | ||
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è nato, ch’è forte di mani e di membra, | è nato, ch’è forte di mani e di membra, | ||
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− | figliuoi | + | figliuoi d’[[Oileo (1)|Oileo]], nel banchetto, recinse l’altare. |
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+ | [[Categoria:Bibliografia]] | ||
+ | [[Categoria:Fonti Antiche]] |
Versione attuale delle 11:11, 13 dic 2023
PER EFARMOSTO DI OPUNTE VINCITORE NEL PUGILATO
I
Strofe
La canzone d’Archiloco, l’inno
che, fregio a chi vinse la gara, tre volte risuona in Olimpia,
bastò per guidare Efarmosto
insiem con gli amici festante ai piedi del clivo di Crono.
Ma or delle Muse che lunge saettan dagli archi
dirigi le cuspidi a Giove, Signor venerando
dal folgor purpureo,
e d’Elide al poggio,
cui Pelope, eroe della Lidia,
ottenne, e fu dote bellissima d’Ippodamia.
Antistrofe
Scaglia pure un dolcissimo strale
a Pito: di certo non lanci canzoni che cadano al suolo,
se tu su la cétera esalti
le gesta dell’uomo d’Opunte famosa, e lui lodi e suo figlio:
d’Opunte che a Temi e a Salute, che al giusto Governo
è sacra, e fiorisce per inclite prove, nei pressi
del fonte Castalio,
dei gorghi d’Alfeo,
che or lei, genitrice di Locri
famosa’ per gli alberi, esalta col fiore dei serti.
Epodo
Or io la città prediletta
con la furia dei cantici ardendo,
più veloce di nobil corsiero,
di alato naviglio, tal nuova
per tutta la terra vo’ spargere,
se pure con mano fatale
edùco l’eletto verzier delle Grazie:
dànno esse ai mortali il piacere:
ché forza e saggezza degli uomini sono opra dei Numi.
II
Strofe
E chi mai diede ad Eracle possa
che contro il tridente vibrasse la clava, quel giorno che in Pito
piombava su lui Poseidone,
e Febo piombava, scoccando saette dall’arco d’argento,
né Ade oziosa la verga teneva con cui
i corpi degli uomini pel tramite adduce dei morti?
Mio labbro, respingi,
respingi l’istoria:
ché ai Numi lanciar contumelie
è infesta saggezza, è vanto che suona importuno.
Antistrofe
è canzon che s’accorda a follia.
Non dire più a lungo: tralascia dei Numi ogni guerra, ogni
lite;
e volgi il tuo canto alle mura.
di Protogenia, dove Pirra, con Deucalione, discesi
per fato di Zeus, dal Parnasso, fondava la casa
primiera; e da pietre produssero, senza imenei,
lapideo popolo
che detti fur Lai.
Per essi il suon desta degli inni ,
e loda il vin vecchio, e il fiore dei carmi novelli.
Epodo
Raccontan che un giorno la terra
fu sommersa da un impeto d’acque;
e che poi, per decreto di Zeus,
d’un tratto, un rigurgito bevve
la morta palude. Discesero
da quelli i vostri avi, che scudi
reggevan di bronzo: dal ceppo remoto
venian di [[Giapeto]], figliuoli
di floride figlie di Crono, re indigeni sempre,
III
Strofe
pria del giorno che il re degli Olimpi,
rapita la figlia d’Opunte dal suol degli Epei, di nascosto
con lei si mesceva sui gioghi
dei Menalo; e a Locro l’addusse, perché non cogliesse
vecchiaia
lui prino di figli. Concetto fu il germe divino;
e piolto l’eroe fu lieto del figlio supposto;
e il nome gli pose
dell’ avo materno.
E fu per aspetto e per opere
mirabile; e popolo e regno gli diede in retaggio.
Antistrofe
E da lungi venivano estranei,
e d’Argo, e di Tebe, e d’Arcadia, e alcuni da Pisa. E fra
tutti
a lui fu diletto il figliuolo
d’Attore e d’Egina, Menezio; di cui fu rampollo l’eroe
che insiem con gli Atridi venuto a Teutrante, stie’ saldo
a fianco d’Achille, solo ei, quando Tèlefo contro
le navi incalzava
i Danai fuggiaschi.
Chi bene intendeva, allor vide
di Patroclo l’indole guerriera; onde il figlio di Teli
Epodo
gl’impose che mai nella zutfluttuosa, pugnasse lontano
dalla sterminatrice sua lancia.
Deh, possa, trovando bei cantici,
il cocchio io salir delle Muse,
e ardire e possanza mi seguano!
Ma qui son venuto per dire dell’ospite
Lamproraco gl’istmici serti,
e quelli che insieme con lui riscosse Efarmosto:
IV
Strofe
ché un sol di trionfarono entrambi.
Altre due di Corinto alle soglie vittorie otteneva Efarmosto:
ed altre nei grembi Nemei;
ed in Argo tra gli uomini vinse, fanciullo in Atene; e che gare
lo vide affrontar Maratona pei calici argentei
con gli uomini adulti, e appena lasciava gl’impuberi!
Prostrò con precipite
astuzia infallibile
quei forti: e che grido suonò,
ch’ei giovine e bello, s( valido fosse ne l’opera
Antistrofe
Pur mirabile apparve nei giuochi
solenni di Zeus Liceo, fra il denso convegno parrasio;
e quando portò da Pellène
le lane, che calde riparano da rigide brezze; ed attestano
per lui di Iolào la tomba, ed Eleusi marina.
È ottimo quanto natura formò; ma troppi uomini anelano
lucrar con apprese
virtù rinomanza.
Ogni opra che senza l’aiuto
del Nume si compia, non scapita ad esser taciuta.
Epodo
Qual più, quale meno lontano
i sentieri conducon; né tutti
una sola passione nutriamo.
Cosa ardua, saggezza. Porgendo
tal premio, fa’ cuore, e ruggi alto
che in prospera sorte quest’uomo
è nato, ch’è forte di mani e di membra,
che spira valore, e d’Aiace
figliuoi d’Oileo, nel banchetto, recinse l’altare.