Biblioteca:Igino, Fabulae 67

Edipo[modifica]

Edipo, figlio di Laio e di Giocasta, giunto alla pubertà era il più forte di tutti i coetanei, sicché per invidia essi gli rinfacciavano che non poteva essere veramente figlio di Polibo, dato che era sfrontato, mentre Polibo era mite. Edipo si rese conto che l’accusa non era infondata, per cui partì alla volta di Delfi per chiedere all’oracolo chi erano i suoi veri genitori. Nel frattempo, per mezzo di prodigi fu rivelato a Laio che presto sarebbe morto per mano di suo figlio. E mentre si stava recando a Delfi, Edipo lo incontrò; quando le guardie gli intimarono di lasciare il passo al re, non se ne curò. Il re allora sferzò i cavalli e una ruota del carro schiacciò il piede di Edipo, che, in preda all’ira, trascinò suo padre fuori dal carro senza sapere chi fosse e lo uccise. Dopo la morte di Laio, Creonte, figlio di Meneceo, si impadronì del suo regno; nel frattempo la Sfinge, figlia di Tifone, fu mandata in Beozia, dove prese a devastare i campi dei Tebani. La Sfinge propose una gara al re Creonte: se qualcuno avesse interpretato correttamente un enigma da essa enunciato, se ne sarebbe andata, però avrebbe divorato tutti coloro che non fossero riusciti a risolverlo; in nessun altro caso avrebbe lasciato la regione. Udito ciò, il re fece diffondere un proclama in tutta la Grecia, promettendo il regno e la mano di sua sorella Giocasta a chi fosse stato in grado di risolvere l’indovinello della Sfinge. Molti tentarono la sorte perché avidi del regno e furono divorati dalla Sfinge; infine arrivò Edipo, figlio di Laio, e diede all’enigma la giusta interpretazione, al che la Sfinge si uccise precipitandosi nel vuoto. L’ignaro Edipo ricevette il regno paterno e la madre in sposa, e generò da lei Eteocle e Polinice, Antigone e Ismene. Frattanto su Tebe si abbatterono la miseria e la carestia, a causa dell’empietà commessa da Edipo. Tiresia, a cui fu chiesto perché Tebe fosse travagliata in quel modo, rispose che se fosse esistito un superstite della stirpe del drago e questi fosse morto per la patria, le disgrazie di Tebe avrebbero avuto fine; al che Meneceo, padre di Giocasta, si gettò dalle mura. Mentre a Tebe si svolgevano questi eventi, a Corinto morì Polibo; Edipo, quando lo seppe, prese male la notizia, credendo che fosse morto il padre suo. Peribea, allora, gli svelò il segreto della sua sostituzione e il vecchio Menete, che lo aveva esposto, lo riconobbe come figlio di Laio dalle cicatrici che aveva sui piedi e sulle caviglie. Quando Edipo udì tutto ciò e si rese conto di aver commesso delitti così empi, strappò le fibbie dalle vesti di sua madre e le usò per accecarsi; poi affidò il regno ai suoi figli ad anni alterni e se ne andò ramingo da Tebe, guidato da sua figlia Antigone.