Differenze tra le versioni di "Tarquito"
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Il suo animo bellicoso e intrepido lo spinse a osare il duello contro [[Enea]] in persona; che però lo atterrò facilmente, dopo avergli inchiodato lo scudo. Paventando la fine, Tarquito prese disperatamente a supplicare; ma [[Enea]], già in preda all'ira per la morte del diletto amico [[Pallante]], ucciso da [[Turno]], venne meno alla consueta pietà e con la spada decapitò il semidio italico facendo infine rotolarne testa e busto nella foce del Tevere. La mancata sepoltura precluse all'anima dell'eroe l'ingresso nell'[[Ade]], unica vittima della parte di [[Turno]] a subire questa terribile sorte. | Il suo animo bellicoso e intrepido lo spinse a osare il duello contro [[Enea]] in persona; che però lo atterrò facilmente, dopo avergli inchiodato lo scudo. Paventando la fine, Tarquito prese disperatamente a supplicare; ma [[Enea]], già in preda all'ira per la morte del diletto amico [[Pallante]], ucciso da [[Turno]], venne meno alla consueta pietà e con la spada decapitò il semidio italico facendo infine rotolarne testa e busto nella foce del Tevere. La mancata sepoltura precluse all'anima dell'eroe l'ingresso nell'[[Ade]], unica vittima della parte di [[Turno]] a subire questa terribile sorte. | ||
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''a la sua furia, e pinse l'asta in guisa'' | ''a la sua furia, e pinse l'asta in guisa'' |
Versione delle 22:35, 3 dic 2018
Giovane italico, quasi sicuramente di origine etrusca come suggerisce il nome, era un semidio, in quanto figlio della ninfa Driope; il padre, chiamato Fauno, doveva essere un mortale omonimo della divinità agreste. Tarquito si schierò con Turno e Mezenzio, del quale era probabilmente un fedelissimo, nella guerra contro i troiani di Enea approdati nel Lazio.
Poscia Tàrquito ardente, e d'armi cinto
fulgenti e ricche, incontro gli si fece.
Era costui di Fauno montanaro
e de la ninfa Drïope creato,
giovine fiero.
(Virgilio, Eneide, X)
La morte
Il suo animo bellicoso e intrepido lo spinse a osare il duello contro Enea in persona; che però lo atterrò facilmente, dopo avergli inchiodato lo scudo. Paventando la fine, Tarquito prese disperatamente a supplicare; ma Enea, già in preda all'ira per la morte del diletto amico Pallante, ucciso da Turno, venne meno alla consueta pietà e con la spada decapitò il semidio italico facendo infine rotolarne testa e busto nella foce del Tevere. La mancata sepoltura precluse all'anima dell'eroe l'ingresso nell'Ade, unica vittima della parte di Turno a subire questa terribile sorte.
Enea parossi avanti
a la sua furia, e pinse l'asta in guisa
che lo scudo impedigli e la corazza.
Allora indarno il misero a pregarlo
si diede. E mentre a dir molto s'affanna
per lo suo scampo, ei con un colpo a terra
gittogli il capo; e travolgendo il tronco
tiepido ancor, sopra gli stette e disse:
- Qui con la tua bravura te ne stai,
tremendo e formidabile guerriero:
né di terra tua madre ti ricuopra,
né di tomba t'onori. Ai lupi, ai corvi
ti lascio, o che la piena in alcun fosso
ti tragga, o che nel fiume, o che nel mare
ai famelici pesci esca ti mandi -.
(Virgilio, Eneide)
Interpretazione
Episodio celebre nell'Eneide, in quanto per una volta Enea non si comporta da pius: Tarquito condivide l'infelice sorte di vari guerrieri omerici lasciati insepolti (le vittime di Achille sulle rive dello Scamandro nel canto XXI dell'Iliade e Ippoloco massacrato da Agamennone nel canto XI; e quest'ultimo al pari di Tarquito muore decapitato, con testa e busto mandati poi a ruzzolare).