Gandharva

Sono i musici celesti, che dimorano nel paradiso di Indra, compagni e amanti delle Apsaras. Come queste ultime sono esclusivamente di sesso femminile, così i Gandharva sono soltanto maschi. Geni dell'aria e dei boschi, in epoca vedica sono considerati degli spiriti maligni; più tardi il loro atteggiamento diviene più benevolo. In quanto spiriti intermedi tra gli dei e gli uomini, hanno una certa facilità di rapporti con questi ultimi, di cui propiziano e stimolano soprattutto i legami amorosi, il matrimonio e la procreazione; questo perché il sesso e l'amore per le donne sembrano essere uno dei pallini fissi dei Gandharva. Uno dei cinque tipi di matrimonio descritti nelle Leggi di Manu, si chiama proprio il "matrimonio del Gandharva", ed è basato soltanto sul reciproco consenso dell'uomo e della donna, con l'esclusione di ogni altra cerimonia religiosa o civile. Sotto il nome generico di Gandharva sembrano essersi fuse almeno tre tradizioni con caratteri ben distinti. In primo luogo una divinità personale, atmosferica, custode della pioggia, ma di carattere anche solare, poiché si tratta di colui che illumina i mondi. Il nome di questa divinità era Visvavasu, ed è passato in seguito a designare una specie di re o capo di tutti i Gandharva. In secondo luogo una razza di uomini selvaggi, pelosi e dal forte sentore animalesco e di terra, dei quali l'Atkarva Veda sottolinea lo stretto rapporto con l'elemento acqua. Questi esseri sono descritti a volte con la parte superiore del corpo di forma umana, e quella inferiore di uccello, con un paio di ali sulle spalle: altre volte invece come uomini di portamento effeminato. In terzo luogo degli esseri fortemente imparentati con i cavalli, tanto da essere stati a volte descritti di forma analoga ai Centauri cui, secondo una interpretazione oggi non più accettata, sarebbero stati collegati anche etimologicamente (Kentarvos-Gandharva). Secondo la mitologia indiana, i cavalli discendono da uno dei capi dei Gandharva; ed inoltre Varuna, divinità che presiede ai cavalli, è anche il loro diretto referente divino.
Secondo una tradizione tarda, la madre di tutti i cavalli fu una Gandharvi, cioè un Gandharva di sesso femminile, concezione che contrasta però col carattere totalmente mascolino di questi esseri. Questi tre aspetti primitivi si fondono infine in una figura che conserva l'ambiguità e l'incertezza dovute a così divergenti origini. Da un lato quindi i Gandharva vengono considerati esseri radiosi e benevoli, legati soprattutto alla musica, al sesso, e dotati di poteri taumaturgici (anche iCentauri erano legati a tali "specialità" e, secondo De Gubernatis, il loro nome deriverebbe da ganha- arvas = colui che va tra i profumi, con riferimento alla loro conoscenza delle tecniche erboristiche); dall'altro essi sono ritenuti in grado di causare pazzia e sono creduti pericolosi soprattutto al calar del sole: esistono infatti amuleti e formule per avere la protezione contro le loro insidie.

Origine e numero dei Gandharva[modifica]

Come per le Apsaras, si raccontano varie e contraddittorie storie sulla loro origine e sul loro numero che, secondo alcune fonti, sarebbe addirittura di 60 milioni. La leggenda più nota che coinvolge i Gandharva, forse ricordo di antiche lotte tra popolazioni nemiche, li oppone ai Naga. Questi ultimi, per ottenere aiuto nella lotta, si rivolsero al dio Vishnu che, preso l'aspetto del re Purukutsa, si introdusse nel campo dei Gandharva, facendone strage. Re dei Gandharva, ed insieme delle Apsaras, era Citra Ratha, che promise ad Arjuna cento cavalli di razza gandharva, capaci di assumere qualsiasi forma, e di esaudire i desideri.