Ciclopi

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Figli di Gea e di Urano. Sono solitamente tre: Bronte, Sterope ed Arge; alcuni autori ne citano un quarto, Piragmone. Erano giganti con un occhio solo, fabbricavano i fulmini per Zeus. Essi si rivoltarono contro il padre Urano, il quale li rinchiuse nel Tartaro. Quando Crono detronizza Urano, su invito di Gea, libera i Ciclopi ma col tempo sentendosi minacciato dalla presenza di questi giganti, li rinchiude nuovamente nel Tartaro. Saranno liberati definitivamente da Zeus, quando parte alla conquista dell'Olimpo, con l'aiuto di Ade e Poseidone, allora i Ciclopi per sdebitarsi donarono il fulmine a Zeus, ad Ade l'elmo dell'invisibilità e il tridente a Poseidone. Grazie a queste armi, Zeus riesce nel suo intento e apprezzando le arti dei Ciclopi, se li tenne per essere sempre rifornito di fulmini. Li uccise Apollo per vendicare Asclepio, saettato da Zeus coi fulmini da essi fabbricati. Omero sembra collocare altri Ciclopi sulla costa napoletana da Baia al Vesuvio, mentre Virgilio li pone sulla costa orientale della Sicilia presso l'Etna. Il pastore antropofago Polifemo, figlio di Poseidone, personaggio dell'Odissea, è senz'altro il ciclope più noto.

Interpretazioni

È evidentissima in Omero la volontà di descrivere in maniera accentuata lo stato primitivo di questi esseri e la loro condizione subumana. Ciò ha portato a varie interpretazioni razionalistiche del mito. C'è chi ha pensato che i ciclopi siciliani fossero una popolazione di scimmie antropomorfe, per la precisione gorilla; chi ha pensato che l'idea del ciclope monocolo dovesse attribuirsi ai ritrovamenti, avvenuti più volte in Sicilia, di crani di elefanti fossili, nei quali il grosso foro centrale, che corrisponde all'attacco della proboscide, veniva scambiato per un occhio; chi, come Roger Dion, ha visto nel mito dei ciclopi siciliani una satira del popolo dei corinzi e della città di Corinto in particolare; infine, ed è l'interpretazione più famosa, c'è chi ha visto nei ciclopi dell'Odissea delle figurazioni allegoriche delle zone vulcaniche e nell'unico occhio le bocche degli stessi vulcani. In questa stessa chiave si possono interpretare tutte le fasi del racconto omerico: i sonni del mostro, alternati a risvegli collerici, sono i "parossismi" o le eruzioni alternate a periodi di pausa: le urla del ciclope, le esplosioni; le materie rigurgitate, le eruzioni laviche; i massi scagliati contro la nave di Ulisse, l'esplosione delle pareti interne del cratere, lanciate a distanza dal vulcano.


Riferimenti artistici

  • Odilon Redon, Il Ciclope, dipinto.

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