Calendari maya

Versione del 3 nov 2013 alle 20:04 di Ilcrepuscolo (discussione | contributi) (Elenco dei Calendari Maya)


Gli antichi Maya possono essere considerati come una civiltà per certi versi paradossale, secondo il nostro punto di vista. Se nelle attività pratiche erano un “disastro”, nelle materie teoriche erano invece dei veri geni: non seppero mai cos’era una ruota, eppure erano in grado di disegnare una carta astronomica; non erano capaci di pesare un sacco di granoturco, ma riuscirono a calcolare il computo di milioni di anni.

Una ragione plausibile per spiegare questa “aberrazione mentale”, come la definisce J. E. S. Thompson, uno dei più grandi studiosi di questa civiltà, si può trovare nell’interesse principale dei Maya: il tempo. Più che interesse si potrebbe chiamare quasi ossessione. I Maya non solo erano affascinati dal continuo trascorrere delle giornate e dall’eternità del tempo, ma arrivarono a fare del computo dei giorni un perno della vita quotidiana. Ogni giornata aveva un significato religioso, tant’è che i membri della comunità regolavano le proprie mansioni a seconda del tipo di giornata. I giorni, infatti, erano concepiti come vere e proprie divinità, che favorivano oppure ostacolavano determinate attività. Ognuno, quindi, doveva conoscere con precisione i giorni favorevoli e i giorni nefasti per avere il favore degli dèi.

Elenco dei Calendari Maya



calendar round

Per la definizione completa di una data i Maya ricorrevano a entrambi i calendari illustrati. Il nome del giorno si componeva dunque del numerale e della denominazione dello Tzolk’in più il numerale e il mese dell’Haab. Diversi studiosi hanno concepito questi due calendari come due ruote di un ingranaggio, di raggio differente, i cui denti si incastrano tra loro per comporre il nome completo di un giorno.

La differenza di lunghezza tra lo Tzolk’in e l’Haab faceva in modo che ogni anno i giorni avessero sempre un nome diverso rispetto all’anno prima. Tuttavia, dopo un certo periodo di tempo, le combinazioni tra la denominazione dello Tzolk’in e dell’Haab tornavano a ripetersi. E questo periodo di tempo era dato dal minimo comune multiplo tra il numero dei giorni dei due calendari: lo Tzolk’in durava 260 giorni, ovvero 5 x 52, mentre l’Haab copriva un periodo di 365 giorni, cioè 5 x 73. Il minimo comune multiplo è dunque 5 x 52 x 73, pari a 18.980 giorni o, se vogliamo esprimere il conto secondo un’unità di misura più comoda, 52 anni.

Gli storici chiamano questo periodo Calendar round, calendario rotondo, proprio perché dopo 52 anni (quindi dopo 52 Haab o 73 Tzolk’in) gli accoppiamenti tra le date Haab e Tzolk’in tornavano a ripetersi.


conto lungo

Oltre a questi cicli, ve ne era un altro di fondamentale importanza. Si tratta del conto lungo, un tipico prodotto culturale dei Maya che contava il tempo trascorso a partire dalla data mitica dell’origine del mondo, che corrispondeva a 4 Ajaw 8 Kumk’ú. Da questo giorno, che possiamo considerare una sorta di anno zero, i Maya hanno iniziato a contare gli anni del conto lungo basandosi su cinque cicli principali:


- K’in, l’unità base del computo del tempo, corrispondeva a un giorno, inteso come l’insieme di notte e dì. I Maya, infatti, concepivano il cammino del sole sotto un duplice aspetto: da una parte vi era un viaggio celeste, compiuto dall’astro nella volta del cielo durante le ore di luce, ma dall’altra vi era un viaggio nelle viscere del sottosuolo, che costituivano la partenza e il ritorno del disco solare nel suo percorso quotidiano. Questa duplice concezione del sole, corrispondente alla divisione della giornata, rispecchia anche l’opposizione tra la fase di fecondazione-generazione e quella di nascita. La generazione, che può essere quella quotidiana del seme di mais o quella mitica dell’uomo, avviene al buio (come per esempio la sepoltura del seme), atmosfera simbolo di morte, ma anche di fecondazione. La nascita segna invece il passaggio dalle tenebre alla luce. Dunque, la parte luminosa del giorno si collocava sotto la protezione delle tredici divinità del cielo, dette Oxlahutikú, mentre la parte buia era patrocinata dalle nove divinità del sottosuolo, i Bolontikú. Il glifo K’in può essere un ritratto del dio sole, posto di profilo, oppure un segno che somiglia a un fiore con quattro petali, simboli dei quattro punti cardinali o dei quattro punti di levata e tramonto del sole nei solstizi invernale ed estivo. Il numerale dei K’in si azzera a 20.


- Winal, periodo dato dalla successione di 20 K’in, cioè 20 giorni. Come si è potuto notare, il 20 nella cultura maya era il numero fondamentale, poiché anche i calcoli venivano effettuati su base vigesimale, a differenza dei nostri che sfruttano la base decimale. Il glifo rappresentante lo Winal è una rana, ma questo periodo simboleggiava anche la luna, poiché in alcune varianti del glifo viene raffigurato proprio questo corpo celeste. Nel conto lungo, il ciclo degli Winal finisce a 18.


- Tun, periodo che, come già accennato, si compone di 360 giorni, è un ciclo Haab senza il Wayeb, ovvero senza i cinque giorni infausti. Dal punto di vista del conto lungo, un Tun era composto da 18 Winal. Questo era l’unico ciclo calendariale che si discostava dalla base vigesimale per raccordare l’aritmetica all’anno solare. L’etimologia della parola Tun può avere significati diversi, che andavano da “pietra”, a “monumento” a “nocciolo di un frutto”. Quello più diffuso in Yucatan è il primo, poiché per Tun si intende una pietra preziosa, una giada. Il glifo del Tun, invece, contiene un segno che si associa con l’acqua, elemento che si connette anche alla giada, come si è già visto per il giorno di Muluk e per il mese di Mol. Nel conto lungo, il ciclo dei Tun si azzera una volta superato il 20.


- K’atun, ciclo di 7.200 giorni, prende nome dall’unione di Kal, “venti”, e Tun; il significato corrisponderebbe dunque a “venti pietre”. Il K’atun era quindi composto da 20 Tun, un periodo di poco meno di 20 anni. Quando finiva un K’atun si tenevano delle cerimonie pubbliche in cui il reggente si trapassava la lingua o il pene e raccoglieva il sangue che ne sgorgava su una carta, che veniva bruciata in onore degli dèi. A conclusione del rito, veniva eretta una stele commemorativa. Il ciclo dei K’atun finisce a 20.


- Bak’tun, il periodo di 144.000 giorni, corrisponde a 20 K’atun, quindi a circa 400 anni (per la precisione 394,3 anni). Letteralmente, il nome significa “quattrocento pietre”, ma il termine in lingua originale è sconosciuto. La definizione di Bak’tun è stata ricavata, come per i cicli più lunghi, dallo yucateco contemporaneo. Il numerale dei Bak’tun si azzera una volta superato il 13.

Questi sono i cicli principali utilizzati nel conto lungo dei Maya, ma in realtà esisterebbero dei cicli ancora più lunghi, sempre costituiti seguendo la base vigesimale: il Pictun, composto da 20 Bak’tun, il Calabtun, formato da 20 Pictun, il Kinchiltun, che corrisponde a 20 Calabtun e infine l’Alautun, che vale 20 Kinchiltun.

I numeri che designano un giorno nel conto lungo fanno però riferimento principalmente ai cinque cicli menzionati in precedenza. La data dell’origine del mondo può essere dunque scritta in questo modo: 0.0.0.0.0, 4 Ajaw 8 Kumk’ú, dove il primo zero a partire da sinistra corrisponde ai Bak’tun, il secondo ai K’atun, il terzo ai Tun, il quarto ai Winal e l’ultimo ai K’in.