Biblioteca:Senofonte, Anabasi, Libro VI

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1 In séguito, finché rimasero a Cotiora, i Greci trovarono di che sostentarsi o coi viveri comprati al mercato o saccheggiando i campi della Paflagonia. Ma anche i Paflagoni derubavano a più non posso quelli dei nostri che si staccavano dai gruppi; di notte, poi, attaccavano chi aveva piantato le tende lontano dal grosso. Di conseguenza ne derivò un'aspra ostilità reciproca.
2 Corila, che all'epoca era capo della Paflagonia, manda ai Greci degli emissari con cavalli e splendide vesti, per annunciare che era pronto a non sferrare attacchi ai Greci, a patto di non subirne.
3 Gli strateghi risposero che a questo proposito si sarebbero consultati con l'esercito. Intanto accolsero in modo ospitale gli emissari, li invitarono a banchetto e con loro anche chi, tra i soldati, era giudicato più degno.
4 Dopo aver sacrificato buoi catturati al nemico e altre vittime, offrirono un abbondante banchetto, ma furono costretti a mangiar sdraiati su pagliericci e a bere da coppe di corno che avevano trovato nella zona.
5 Quando le libagioni ebbero avuto luogo e il peana fu intonato, per primi si alzarono i Traci, che, armi in pugno, danzarono al suono del flauto, spiccando salti altissimi, con grande leggerezza e mulinando le spade. Alla fine un danzatore colpì un altro e a tutti sembrò che l'avesse ucciso: cadde davvero con grande arte.
6 I Paflagoni lanciarono un urlo. Il primo, dopo aver spogliato delle armi il secondo, si allontanò modulando la canzone di Sitalce. Gli altri Traci raccolsero il caduto e lo portarono via come se fosse morto: invece non si era fatto niente.
7 Poi fu il turno degli Eniani e dei Magneti, che danzarono in armi la cosiddetta carpea.
8 Ha la seguente caratteristica: uno dei danzatori, deposte a terra le armi, semina e ara con una coppia di buoi, voltandosi spesso all'indietro come in preda al timore. Dopo arriva il brigante: appena lo scorge, il contadino impugna le armi, gli si para dinnanzi e lo affronta, a difesa della coppia di buoi. I due danzatori eseguirono ogni gesto a tempo, seguendo il suono del flauto. Alla fine il brigante legò l'altro e condusse via i buoi. Ma, a volte, è il contadino ad aver la meglio sul brigante: allora lo aggioga coi buoi e lo trascina con le mani legate dietro la schiena.
9 Successivamente si esibì un Misio, con due scudi leggeri, uno per mano. Danzava mimando un combattimento: ora fingeva di tener testa a due nemici, ora di usare gli scudi contro un solo avversario, girava vorticosamente su se stesso e piroettava, sempre stringendo gli scudi: uno spettacolo!
10 In ultimo ballò la persica, battendo tra loro gli scudi, si piegava sulle gambe e si rialzava, sempre a tempo di flauto.
11 Dopo di lui [subentrando] i Mantinei e altri arcadi si alzarono e, adorni delle armi più belle, avanzarono a passo cadenzato, al ritmo dell'enoplio scandito dai flauti. Intonarono il peana e danzarono come nelle processioni verso i templi degli dèi. A tale vista i Paflagoni giudicarono singolare che tutte le danze fossero eseguite in armi.
12 Allora il Misio, vedendo che erano rimasti colpiti, porta in scena una danzatrice, col consenso di un Arcade che l'aveva acquistata: la abbiglia con le vesti più splendide e le dà uno scudo leggero. La donna ballò la pirrica con agilità straordinaria.
13 Allora ci fu un applauso scrosciante, e i Paflagoni chiesero se anche le donne combattessero al fianco dei Greci. Risposero che erano state proprio le donne a costringere il re a fuggire dal loro accampamento. La notte si concluse così.
14 Il giorno successivo gli emissari vennero condotti al cospetto dell'esercito. I soldati decisero di non attaccare i Paflagoni, a patto di non essere attaccati. Dopo di che, gli emissari se ne andarono. I Greci, quando giudicarono che il.49 numero delle navi era sufficiente, salirono a bordo e navigarono un giorno e una notte con vento favorevole, tenendo la Paflagonia sulla sinistra.
15 L'indomani giungono a Sinope e ormeggiano ad Armene, il porto di Sinope. I Sinopei abitano in Paflagonia e sono coloni dei Milesi. Gli abitanti inviano ai Greci tremila medimni di farina d'orzo e millecinquecento anfore di vino come doni ospitali. Giunse qui anche Chirisofo con una triremi.
16 I soldati si aspettavano che portasse qualcosa per loro, ma non aveva nulla. In compenso notificò che sia il navarco Anassibio sia tutti gli altri li elogiavano e che Anassibio aveva promesso che, se lasciavano il Ponto, garantiva loro una paga.
17 Qui, in Armene, i soldati rimasero cinque giorni. Man mano che sentivano di avvicinarsi a casa, s'insinuava in loro, più che in passato, il desiderio sì di ritornare in patria, ma non a mani vuote.
18 Pensarono allora che, se avessero nominato un comandante unico, costui avrebbe potuto impiegare l'esercito tanto di giorno come di notte, molto meglio che un gruppo di capi. Se si trattava di una manovra per sfuggire all'attenzione nemica, era più facile mantenere il segreto. Se si doveva agire con tempestività, avrebbero subito meno ritardi, perché non c'era bisogno di consultarsi, bastava eseguire le decisioni di quell'uno. Per il passato invece gli strateghi avevano sempre rispettato il parere della maggioranza.
19 Nel corso di tali considerazioni si rivolsero a Senofonte. I locaghi si recarono da lui per comunicargli come la pensava l'esercito: ciascuno di loro, nel manifestargli il proprio favore, cercava di convincerlo ad assumere l'incarico.
20 Senofonte da un lato era incline ad accettare, perché riteneva che, così, il suo prestigio sarebbe aumentato e la sua notorietà cresciuta agli occhi degli amici e in patria, se gli capitava di procurare all'esercito qualche vantaggio. 21 Riflessioni di tal genere lo spingevano a desiderare il comando con pieni poteri. Ma, d'altro lato, ogni qual volta il pensiero gli correva al fatto che è oscuro il destino che pende sul capo di ogni uomo e che, pertanto, c'era il rischio di perdere anche la fama precedentemente acquisita, non sapeva che fare.
22 Incerto sulla decisione da prendere, pensò bene di interrogare gli dèi. Presentate due vittime, le sacrificò a Zeus re, che era appunto la divinità cui doveva rivolgersi, secondo il vaticinio di Delfi. Era convinto che proprio da Zeus re venisse il sogno apparsogli al tempo in cui, per la prima volta, condivise le responsabilità per la guida dell'esercito.
23 E si ricordava anche dell'aquila che, al momento della sua partenza da Efeso per unirsi alla spedizione di Ciro, aveva emesso uno strido, da destra, posandosi però a terra. L'indovino che lo accompagnava gli aveva detto che era un segno portentoso, non riguardante la sua vita privata, un presagio foriero di gloria, ma anche di sventura, dal momento che, per lo più, gli altri uccelli attaccano l'aquila quando si posa a terra. Comunque, il presagio non riguardava il lato economico, perché l'aquila di solito si procura il cibo in volo.
24 Così, quando Senofonte celebrò il sacrificio, il dio manifestò con chiarezza che non doveva né aspirare al comando né accettarlo in caso di elezione. E così fu.
25 L'esercito si radunò e tutti proposero di eleggere un solo capo. Presa la decisione, avanzarono il nome di Senofonte. Quando era ormai chiaro che lo avrebbero eletto, se si fosse passati alla votazione, si alzò e disse:
26 "Soldati, sono un uomo e, come tale, l'onore che mi concedete mi lusinga: vi ringrazio e prego gli dèi che mi permettano di procurarvi qualche beneficio. Quanto al fatto che scegliate me come capo, quando è presente tra noi uno Spartano, non mi pare per voi una mossa vantaggiosa, perché, in caso di bisogno, vi sarà più difficile ottenere l'aiuto di Sparta. Anche per me, poi, credo che la situazione non sarebbe del tutto tranquilla.
27 Ho davanti agli occhi quel che è capitato alla mia patria: gli Spartani non hanno allentato la morsa prima di costringere tutta la città a riconoscere la loro egemonia.
28 È bastato accettarla, e sùbito lo scontro è cessato, hanno tolto l'assedio. Guardando a quegli avvenimenti, se qui dessi l'impressione di far vacillare il prestigio spartano, temo che ben presto sarei ricondotto alla ragione.
29 Per quanto riguarda la vostra considerazione che dovrebbero verificarsi meno sedizioni quando alla guida fosse un unico capo invece di molti, sappiate bene che, eleggendo un altro, non mi sorprenderete a ribellarmi: chi in guerra si rivolta contro il proprio comandante, secondo me non fa che rivoltarsi contro la propria speranza di salvezza. Qualora invece sceglieste me, non mi meraviglierei se trovaste qualcuno pieno di rancore nei confronti vostri e nei miei".
30 Ma dopo le sue parole, furono ancora di più quelli che si levano a dire che doveva accettare il comando. Agasia di Stinfalo dichiarò che la situazione, se stava in quei termini, era ridicola: "Gli Spartani allora monteranno su tutte le furie anche se, a un banchetto, non verrà eletto re della festa uno Spartano? Se le cose stanno così, non possiamo neppure rivestire la carica di locaghi, a quanto pare, perché siamo Arcadi". Allora tutti presero a vociare, dando ragione ad Agasia.
31 Senofonte, poiché si rendeva conto che le sue precedenti parole non erano bastate, si fece avanti: "Bene, o uomini, non voglio tenervi all'oscuro di niente: vi giuro su tutti gli dèi e le dee che non appena mi sono reso conto delle vostre intenzioni ho celebrato un sacrificio per sapere se fosse nel vostro interesse affidarmi questa carica e nel mio accettarla. Gli dèi, attraverso le vittime, in modo così chiaro che anche un profano non avrebbe nutrito dubbi, mi hanno indicato che dovevo rifiutare il comando assoluto". 32 Così scelgono Chirisofo, che, appena eletto, prese la parola: "Uomini, tenete per certo che neppure io mi sarei ribellato, se aveste scelto un altro. A Senofonte comunque, non eleggendolo, avete fatto un favore. Fino a poco fa Dessippo non perdeva occasione per calunniarlo agli occhi di Anassibio con ogni mezzo, nonostante i miei tentativi per zittirlo. Dessippo voleva sostenere che Senofonte avrebbe preferito dividere il comando dell'esercito di Clearco con Timasione, nativo di Dardano, piuttosto che con me, che sono lacone.
33 Ma siccome avete eletto me", proseguì Chirisofo, "cercherò io pure, per quanto mi sarà possibile, di procurarvi vantaggi. Preparatevi alla partenza per domani, se c'è tempo buono. La rotta sarà per Eraclea: dobbiamo tutti quanti cercare di gettar là le ancore. Quanto al resto, una volta che saremo sul posto, decideremo"..50

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1 Da qui il giorno successivo salparono col favore del vento e proseguirono lungo il litorale per due giorni. Navigando sotto costa, [ebbero modo di vedere il promontorio di Giasone, dove si narra che sia stata ormeggiata la nave Argo, nonché le foci di vari fiumi, prima il Termodonte, poi l'Iride, l'Alis e quindi il Partenio; una volta superato quest'ultimo,] giunsero a Eraclea, città greca, colonia dei Megaresi nel territorio dei Mariandini.
2 Gettarono le ancore nei pressi del Chersoneso Acherusiade, dove si racconta che Eracle sia sceso agli Inferi per catturare il cane Cerbero, proprio nel punto in cui ancor oggi, come prova della sua discesa, additano una voragine profonda più di due stadi.
3 Qui gli abitanti di Eraclea inviano ai Greci i doni ospitali: tremila medimni di farina d'orzo, duemila anfore di vino, venti buoi e cento pecore. Attraverso la pianura scorre un fiume di nome Lico, largo circa due pletri.
4 I soldati si riunirono e cominciarono a discutere sul resto del viaggio, se fosse meglio uscire dal Ponto per terra o per mare. Si levò in piedi l'acheo Licone e disse: "Uomini, mi meraviglio dei nostri strateghi, non tentano nemmeno di procurarci i viveri: i doni ospitali non basteranno all'esercito nemmeno per tre giorni. E non c'è modo di trovare viveri durante il viaggio.
5 Perciò propongo di chiedere alla gente di Eraclea non meno di tremila ciziceni". "Non meno di diecimila", fece eco un altro. "Dobbiamo scegliere degli emissari", proseguì Licone, "e mandarli sùbito in città, mentre rimaniamo qui. Aspettiamo la risposta degli abitanti di Eraclea e poi ci regoleremo di conseguenza".
6 Allora come emissario proposero prima di tutto Chirisofo, perché lo avevano eletto comandante in capo. Ci fu anche chi avanzò il nome di Senofonte. Ma sia Chirisofo sia Senofonte rifiutarono con decisione: erano entrambi dell'avviso che non si dovesse costringere una città greca, e per di più alleata, a consegnare qualcosa contro la propria volontà.
7 Poiché i due si erano mostrati riluttanti, inviano Licone l'acheo, Callimaco di Parrasia e Agasia di Stinfalo, che, giunti là, esposero le decisioni dell'esercito. Licone però, almeno a detta loro, aggiunse anche delle minacce, nel caso che non li avessero accontentati.
8 Allora gli abitanti di Eraclea dissero che ci avrebbero pensato. Raccolsero sùbito i beni dalle campagne, allestirono un mercato entro le mura e, quando apparvero uomini armati sulla cinta di mura, avevano già chiuso le porte.
9 A quel punto i responsabili di questa situazione accusarono gli strateghi di voler mandare a monte la faccenda. Gli Arcadi e gli Achei si riunirono: li capeggiavano in particolare Callimaco di Parrasia e Licone l'acheo.
10 Secondo loro era vergognoso che sui Peloponnesiaci comandassero uno Spartano e un Ateniese che si era unito all'esercito senza truppe al suo séguito; a loro toccavano le fatiche, agli altri i guadagni, senza contare che la salvezza era frutto del loro sudore; tutto stava sulle spalle degli Arcadi e degli Achei, il resto dell'esercito non contava niente - e, a onor del vero, Arcadi e Achei rappresentavano più della metà delle truppe.
11 Perciò, se avevano ancora un briciolo di buon senso, dovevano far gruppo a sé ed eleggere strateghi, proseguire il viaggio per conto proprio e cercare di trarre qualche vantaggio.
12 Le proposte furono approvate. Tutti gli Arcadi e gli Achei al séguito di Chirisofo e Senofonte abbandonarono i loro comandanti, costituirono gruppo autonomo ed elessero dieci strateghi. Votarono che costoro avrebbero rispettato il volere della maggioranza. Il comando assoluto di Chirisofo dunque si dissolse a sei o sette giorni di distanza dalla sua elezione.
13 Senofonte comunque voleva proseguire insieme a loro: il viaggio, ne era convinto, sarebbe stato più sicuro così, che non andando ciascuno per la propria strada. Neone però lo persuase a unirsi a lui, perché aveva sentito dalla bocca di Chirisofo che Cleandro, l'armosta di Bisanzio, aveva assicurato che li avrebbe raggiunti al porto di Calpe con delle triremi.
14 Così non avrebbero dovuto dividere con nessuno le triremi, ma solo loro e i rispettivi soldati si sarebbero imbarcati: questo suggeriva Chirisofo, vuoi perché amareggiato dagli eventi, vuoi per il rancore maturato nei confronti dell'esercito, gli concede di agire a suo piacimento.
15 Senofonte si preparò comunque ad abbandonare l'esercito e a levar le ancore; ma nel celebrare un sacrificio a Eracle perché gli fosse di guida, quando chiese se fosse preferibile e più conveniente per lui seguire i soldati rimasti al suo fianco oppure staccarsene, il dio, attraverso le vittime, gli indicò di restare unito alla spedizione.
16 Così l'esercito si divise in tre tronconi: gli Arcadi e gli Achei con più di quattromila uomini, tutti opliti; al séguito di Chirisofo circa millequattrocento opliti e più o meno settecento peltasti, cioè i Traci di Clearco; agli ordini di Senofonte circa millesettecento opliti e grosso modo trecento peltasti. L'unico ad avere un contingente di cavalleria era Senofonte, con una quarantina di unità.
17 Gli Arcadi riuscirono a procurarsi delle imbarcazioni dagli abitanti di Eraclea e furono i primi a sciogliere gli ormeggi, per piombare all'improvviso sui Bitini e far man bassa. Sbarcano al porto di Calpe, che è all'incirca al centro della costa della Tracia.
18 Chirisofo, lasciata la città di Eraclea, s'incamminò sùbito nell'interno, ma non appena penetrò in Tracia, proseguì la marcia lungo la costa: era già malato.
19 Senofonte viaggiò per mare e sbarcò ai confini tra la Tracia e la regione di Eraclea, per proseguire la marcia nell'entroterra.

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1 [In che modo dunque il comando assoluto di Chirisofo si dissolse e l'esercito greco si spezzò, è detto nelle parti sopra riportate.]
2 Ecco cosa fece ciascun gruppo. Gli Arcadi, non appena scendono al porto di Calpe, di notte, si dirigono verso i primi villaggi, a circa trenta stadi dal mare. Quando spuntò la luce, ogni stratego condusse il proprio loco contro un villaggio: se il villaggio pareva piuttosto grande, due strateghi accorpavano i loro contingenti e muovevano all'assalto.
3 Stabilirono anche un colle sul quale poi avrebbero dovuto ritrovarsi tutti. Piombando sui.51 nemici all'improvviso, riuscirono a rendere schiava molta gente e a catturare parecchio bestiame.
4 Ma i Traci fuggiti
andavano raccogliendosi: armati alla leggera com'erano, sgusciavano addirittura via dalle mani degli opliti greci, che avevano armi troppo pesanti per rincorrerli. Una volta che si furono radunati, attaccarono prima il loco di Smicrete, uno stratego arcade, che si stava ormai ritirando verso il luogo convenuto, con ingente bottino.
5 Per un tratto i Greci
continuarono la marcia combattendo, ma al momento di superare un burrone fuggirono di qua e di là. I nemici uccisero lo stesso Smicrete e tutti gli altri. Di un altro loco, quello di Egesandro, uno dei dieci strateghi, non rimasero che otto uomini, tra i quali Egesandro stesso.
6 Gli altri lochi si riunirono, alcuni con difficoltà, altri senza. I Traci, dopo la buona sorte dei primi assalti, cominciarono a chiamarsi reciprocamente a raccolta e circondarono in forze i Greci durante la notte. Allo spuntar del giorno avevano accerchiato il colle su cui i Greci si erano accampati. C'erano parecchi cavalieri e peltasti, e continuavano a confluire nemici: si sentivano tanto sicuri da poter assalire perfino gli opliti.
7 I Greci infatti non avevano né arcieri né lanciatori di giavellotto né cavalieri; i nemici invece si facevano sotto, di corsa o al galoppo, scagliando i loro proiettili. E a ogni assalto dei Greci ripiegavano con facilità, mentre altri dei loro, su diversi fronti, contrattaccavano.
8 Perciò, in un campo c'erano molti feriti, nell'altro nemmeno uno. Insomma i Greci non poterono spostarsi da lì, anzi, alla fine i Traci riuscirono anche a tagliarli fuori dai rifornimenti d'acqua.
9 Quando la situazione era ormai disperata, cominciarono a trattare per una tregua. C'era accordo su ogni punto, ma non sugli ostaggi, che i Traci si rifiutarono di consegnare, nonostante le richieste dei Greci: fu questo l'ostacolo che mandò all'aria tutto. Tale era la situazione degli Arcadi.
10 Chirisofo, con una marcia tranquilla lungo la costa giunge al porto di Calpe. Quanto al contingente di Senofonte, che proseguiva il cammino nell'entroterra, i suoi cavalieri mandati in avanscoperta s'imbatterono in alcuni vecchi che camminavano verso di loro. Quando furono condotti al suo cospetto, Senofonte domandò loro se avessero per caso notizie di un altro esercito, greco per la precisione.
11 I vecchi illustrarono tutto l'accaduto, dicendo che attualmente i Greci erano stretti d'assedio su un colle, mentre i Traci, in gran numero, li avevano circondati. Allora Senofonte diede disposizione di tenere sotto stretta sorveglianza quegli uomini, che potevano servire da guide in caso di necessità. Predispose le sentinelle, convocò le truppe e tenne un discorso: 12 "Soldati, molti degli Arcadi sono caduti e i superstiti sono stretti d'assedio su un colle. Sono convinto che, se anch'essi moriranno, neppure per noi ci sarà salvezza, perché i nemici sono tanti e sicuri di sé.
13 La cosa migliore per noi è di correre in loro aiuto al più presto: se sono ancora vivi, combatteremo al loro fianco e non rimarremo soli, ad affrontare soli anche i pericoli.
14 Adesso avanzeremo finché non ci sembrerà giunto il momento del pranzo. Ma nel corso della marcia, Timasione rimarrà in avanscoperta con i cavalieri, senza perderci di vista ed esplorando la zona antistante l'esercito: dobbiamo evitare ogni sorpresa".
15 Scelse, tra i gimneti, i soldati più agili e li inviò sulle pendici e le cime dei monti, con l'incarico di segnalare se avessero avvistato qualcosa. Diede loro l'ordine di incendiare tutto il materiale combustibile che avessero trovato sulla loro strada.
16 Da qui siamo tagliati fuori da ogni ritirata. La via del ritorno verso Eraclea, infatti, è lunga, come pure lunga è la strada per Crisopoli. E poi il nemico ci sta addosso. Brevissimo è invece il tratto per il porto di Calpe, dove, secondo i nostri calcoli, dovrebbe trovarsi Chirisofo, se si è salvato. Là però non avremo imbarcazioni con cui partire e, se rimarremo sul posto, i viveri non ci basteranno neppure per un giorno.
17 Se gli Arcadi ora assediati verranno distrutti e ci toccherà affrontare i rischi delle battaglie con il solo contingente di Chirisofo, per noi sarà durissima. È più semplice salvare gli Arcadi, concentrare le nostre forze e raggiungere la salvezza, tutti insieme. Ma bisogna mettersi in marcia preparati all'idea che, adesso, o si muore gloriosamente o si compie una fulgida impresa, salvando tanti Greci.
18 Forse a dirigere così gli eventi è la divinità, che vuole umiliare i vanagloriosi perché troppo superbi e concedere più alti onori a noi, che ci regoliamo in base al volere divino. Su, seguite i vostri capi e rimanete ben attenti, per poter eseguire ogni ordine.
19 Detto ciò, prese la testa dell'esercito.I cavalieri, alla spicciolata, ma sempre entro i limiti di sicurezza, cominciarono ad appiccare il fuoco. Allo stesso modo i peltasti, che procedevano di pari passo sulle alture, bruciavano tutto ciò che vedevano d'infiammabile, e pure l'esercito, se s'imbatteva in qualcosa che era stato tralasciato. Pertanto tutta la regione sembrava avvampare e l'impressione era che l'esercito fosse numeroso.
20 Quando venne il momento, i Greci si mossero e posero le tende su un colle. Vedevano i fuochi dei nemici, da cui distavano circa quaranta stadi. Dal canto loro, accendevano quanti più falò potevano.
21 Sùbito dopo aver cenato, velocemente fu trasmesso l'ordine di spegnere tutti i fuochi. Per la notte dislocarono sentinelle e dormirono: sul far del giorno rivolsero una preghiera agli dèi e, schierati a battaglia, ripresero a marciare più in fretta che potevano.
22 Timasione e i cavalieri, in avanscoperta con le guide, senza neppure accorgersene, si trovarono in cima al colle dove i Greci erano stati stretti d'assedio. Qui non vedono nessun esercito né amico né nemico, [e avvisano Senofonte e le truppe], ma solo delle vecchie e dei vecchi, pochi capi di bestiame e buoi abbandonati.
23 Dopo il primo momento di stupore per quanto era accaduto, vennero a sapere dalla gente rimasta lì che i Traci si erano allontanati al calar della sera e poi anche i Greci, dicevano, erano andati via: dove, però, non lo sapevano.
24 Sapute queste cose Senofonte e i suoi, dopo il rancio, prepararono i bagagli e si incamminarono, con l'intenzione di raggiungere al più presto gli altri al porto di Calpe. Ma mentre erano in marcia, videro le orme degli Arcadi e degli Achei lungo la via [che portava a Calpe]. Quando si ricongiunsero, i due gruppi si scorsero reciprocamente con grande gioia e si salutarono come fratelli.
25 Gli Arcadi chiesero ai soldati di Senofonte perché avessero spento i fuochi: "In un primo tempo", spiegarono gli Arcadi, "non vedendo più i fuochi, credevamo che avreste attaccato i nemici nel corso della notte. La stessa convinzione devono averla avuta i nemici, che, per paura di un attacco, se ne sono andati. Sono partiti, infatti, sùbito dopo.
26 Ma siccome non arrivavate e il tempo passava, abbiamo.52 pensato che vi avessero messi al corrente della nostra situazione e che, spaventati, aveste battuto in ritirata verso il mare. E la cosa migliore ci era sembrata di non perdere il contatto con voi. Ecco come siamo arrivati qui".

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1 Per quel giorno si stabilirono lì, sulla spiaggia presso il porto. La zona che prende il nome di porto di Calpe è nella Tracia asiatica, regione che si estende dall'imboccatura del Ponto fino ad Eraclea, sulla destra per chi naviga verso il Ponto.
2 Con una triremi, da Bisanzio a Eraclea si impiega una giornata intera di navigazione. In questo tratto di costa non sorge nessuna città né alleata dei Greci né di fondazione greca, ma vi abitano i Traci Bitini. Si racconta che i Bitini infliggano torture terribili ai Greci catturati, che capitano lì o per naufragio o per qualsiasi altra ragione.
3 Il porto di Calpe sorge proprio a pari distanza, navigando sia da Eraclea sia da Bisanzio: un promontorio si protende nel mare, formato nella parte terminale da una scogliera a precipizio, alta non meno di venti orgie nel punto meno elevato. L'istmo che lo congiunge alla terraferma è largo all'incirca quattro pletri: la sua area è capace di ospitare diecimila uomini.
4 Il porto, proprio ai piedi della scogliera, ha una spiaggia che guarda verso tramonto. Nella zona del promontorio, proprio a un passo dal mare, sgorga una fonte ricca d'acqua dolce. C'è una vegetazione rigogliosa con piante d'ogni specie e, sulla riva, moltissimi begli alberi che forniscono legname per navi.
5 La cresta montuosa che collega il promontorio con l'interno, si estende per circa venti stadi ed è ricca di terra e senza pietre. La zona costiera, per più di venti stadi, è folta di piante d'ogni genere e di alberi d'alto fusto.
6 La parte restante della regione è bella e ampia, vi sorgono molti villaggi abitati. La terra produce orzo, grano, legumi d'ogni sorta, miglio, sesamo e fichi in quantità, molte viti che danno vino dolce e ogni altro genere di pianta, tranne l'olivo.
7 Ecco com'era il paese. Si attendarono dunque sulla spiaggia nei pressi del mare. Non vollero porre il campo nella zona in cui avrebbe potuto sorgere una città, perché sembrava che stabilirvisi potesse corrispondere a un deliberato piano, dato che alcuni volevano fondare una colonia.
8 La maggior parte dei soldati si erano uniti con la spedizione non per mancanza di mezzi e alla ricerca di una paga, ma perché avevano sentito parlare del valore di Ciro: c'era chi aveva portato con sé truppe, chi aveva speso le proprie ricchezze, chi abbandonato padre e madre o lasciato i figli per ritornare a casa ricchi, sentendo che anche gli altri al séguito di Ciro se la passavano davvero bene. Gente del genere desiderava solo ritornare in Grecia sana e salva.
9 Il giorno successivo al ricongiungimento dell'esercito, Senofonte celebrò un sacrificio per sapere se uscire dal campo: era necessaria infatti una sortita in cerca di viveri, ma aveva anche in mente di seppellire i morti. Poiché le vittime diedero segni favorevoli, uscirono, seguiti anche dagli Arcadi. Seppellirono la maggior parte dei cadaveri sul posto, proprio dove ciascuno era caduto. Erano già passati cinque giorni e ormai non era più possibile sollevarli da terra. Alcuni corpi raccolti sulla strada furono sepolti con le esequie più solenni, per quanto lo permettessero le condizioni. A tutti i soldati non rinvenuti, innalzarono un grande cenotafio, su cui depositarono delle corone.
10 Poi rientrarono all'accampamento. Dopo il rancio dormirono. L'indomani vi fu l'adunata dei soldati al completo: l'iniziativa partì soprattutto dai locaghi Agasia di Stinfalo, Ieronimo dell'Elide e da altri Arcadi, i più anziani.
11 Presero una decisione: se qualcuno, in futuro, avesse solo accennato a dividere in due l'esercito, doveva essere condannato a morte; poi, bisognava proseguire sulla terraferma, con lo stesso assetto di marcia che l'esercito aveva in precedenza e dovevano comandare gli stessi capi di prima. Ma Chirisofo era già morto, perché, febbricitante, aveva bevuto un farmaco. Prese il suo posto Neone di Asine.
12 Dopo di che, si alzò Senofonte e disse: "Soldati, a quanto pare dobbiamo proseguire - è chiaro - il nostro viaggio a piedi, perché ci mancano le imbarcazioni. Ma siamo costretti a metterci immediatamente in cammino, perché, se rimaniamo qui, ci mancheranno i viveri. Per parte nostra", proseguì, "celebreremo i sacrifici; ma sta a voi prepararvi allo scontro, ora più che mai, perché i nemici hanno ripreso coraggio".
13 Quindi gli strateghi sacrificarono, alla presenza dell'indovino Aressione, arcade. Silano di Ambracia, infatti, aveva disertato da un pezzo, salpando da Eraclea su un battello preso a nolo. Gli strateghi, che immolavano vittime per sapere se gli dèi consentivano la partenza, ricevettero responso sfavorevole. Per quel giorno si fermarono.
14 Ci fu gente che ebbe l'impudenza di dire che era tutto un piano di Senofonte, che voleva fondare una città nella zona e aveva corrotto l'indovino, facendogli dire che i segni non erano favorevoli alla partenza.
15 Allora Senofonte ordinò all'araldo di annunciare che l'indomani tutti potevano, volendo, presenziare alla cerimonia e, se c'erano degli indovini, li sollecitava ad assistere per ispezionare le viscere tutti insieme. E poi procedette al sacrificio: in quell'occasione molti furono i presenti.
16 Immolò vittime per la partenza, ripetendo le operazioni per ben tre volte, ma il responso restò sfavorevole. Allora i soldati rimasero contrariati. Stavano terminando le scorte di viveri che avevano al momento del loro arrivo e non c'era nessun mercato dove trovarne altri.
17 Quindi si riunirono e Senofonte prese di nuovo la parola: "Uomini, riguardo al viaggio, come vedete, le vittime non danno ancora responso favorevole. Quanto ai viveri invece, so che vi mancano, per cui mi pare che non ci resti altra soluzione che offrire un sacrificio per saperne di più in proposito".
18 Un soldato si levò in piedi e disse: "Ed è naturale che i presagi siano sfavorevoli: ieri, da un equipaggio sbarcato qui casualmente, ho sentito dire che Cleandro, l'armosta di Bisanzio, arriverà con navi e triremi".
19 Allora tutti decisero di restare. Comunque era necessario uscire dal campo per il vettovagliamento. A tale scopo celebrarono ancora sacrifici, per tre volte, ma il responso fu negativo. Ben presto davanti alla tenda di Senofonte si formò un assembramento di soldati, che gli dicevano di essere senza viveri. Senofonte ribadì che non si sarebbero mossi, se le vittime risultavano sfavorevoli..53
20 L'indomani venne ripetuto il sacrificio: quasi al completo, l'esercito assisteva al rito, tutt'attorno alle vittime, perché era una questione che riguardava tutti quanti. Ma erano venute a mancare le vittime da immolare. Gli strateghi tuttavia non presero la decisione di uscire dal campo, ma convocarono l'assemblea.
21 Senofonte allora tenne un discorso: "Forse i nemici si sono radunati e non ci resta che combattere. Se lasciassimo i bagagli in un posto sicuro e ci muovessimo preparati come a battaglia, forse i responsi sarebbero propizi a noi".
22 Appena lo udirono, i soldati rumoreggiarono: non c'era nessun bisogno di portare i bagagli al sicuro, ma si doveva sacrificare al più presto. Pecore non ce n'erano più, per cui comprarono buoi da tiro per immolarli. Senofonte pregò Cleanore l'arcade di compiere il rito al posto suo, caso mai dipendesse dalla sua presenza. Ma neppure così l'esito fu positivo.
23 Neone, che era stratego al posto di Chirisofo, quando vide che gli uomini erano disperati per la carestia di viveri, cercò di ingraziarseli; aveva trovato un tale di Eraclea che asseriva di conoscere dei villaggi vicini dove avrebbero potuto rifornirsi. Neone dunque proclamò che, chi lo volesse, aveva il permesso di andare in cerca di viveri, sotto la sua guida. Escono dal campo circa duemila persone, con bastoni, otri, borse e altri recipienti.
24 Quando sono
nei villaggi e si disperdono per arraffare, ecco che piombano su di loro i cavalieri di Farnabazo per primi. Erano giunti in appoggio ai Bitini, perché insieme a quest'ultimi volevano, se possibile, sbarrare ai Greci il passaggio in Frigia. I cavalieri uccidono non meno di cinquecento uomini, mentre gli altri si rifugiano sul monte.
25 Dopo di che, qualche fuggiasco porta la notizia all'accampamento. Senofonte, poiché quel giorno le vittime non avevano dato segni favorevoli, prese un bue da tiro - non c'erano altri animali da sacrificio - e lo immolò. Poi corse in aiuto insieme a tutti i soldati che, di età, non avevano superato la trentina.
26 Dopo aver recuperato i superstiti, rientrano al campo. Si era ormai al calar del sole e i Greci, molto depressi, stavano cenando, quand'ecco che, all'improvviso, un gruppo di Bitini balza dalla macchia e assale gli avamposti greci, massacra alcune sentinelle e insegue le altre fino all'accampamento. 27 Le grida che si levarono fecero correre tutti i Greci alle armi: inseguire il nemico o spostare il campo non sembravano, di notte, operazioni senza rischi, perché la zona era coperta da una fitta vegetazione. Trascorsero la notte in armi, rafforzando la sorveglianza con adeguati posti di guardia.

5

1 Trascorsero così la notte. Allo spuntar del giorno gli strateghi guidarono l'esercito in un posto ben munito, i soldati li seguirono con armi e bagagli. Prima dell'ora del rancio fortificarono la zona scavando un fossato nel punto di accesso, la circondarono completamente con una palizzata, lasciando tre porte. Da Eraclea intanto giunse un battello carico di farina, animali da sacrificio e vino.
2 Senofonte si levò di buon'ora e sacrificò per la partenza: il responso è favorevole fin dalla prima vittima. Quando ormai la cerimonia volge al suo termine, l'indovino, Aressione di Parrasia, vede un'aquila - segno propizio - ed esorta Senofonte a prendere la testa dell'esercito. 3 Oltrepassarono il fossato e deposero le armi; poi dall'araldo fecero ordinare ai soldati di riprendere le armi e di rimettersi in marcia, dopo il rancio: il grosso delle truppe e gli schiavi sarebbero rimasti sul posto.
4 Gli altri dunque si mossero, tutti meno Neone. Si pensò infatti che fosse meglio lasciarlo a sorvegliare le truppe rimaste al campo. Eppure i suoi locaghi e i suoi soldati lo lasciarono solo, perché provavano un senso di vergogna nel non seguire la sortita degli altri: restarono sul posto gli uomini al di sopra dei quarantacinque anni. Quindi gli uni rimasero, gli altri si incamminarono.
5 Non avevano ancora
coperto quindici stadi, e già s'imbatterono nei cadaveri. Quelli della retroguardia, visti i primi morti, cominciarono a seppellire tutti quanti giacevano nello spazio occupato dalla loro schiera.
6 Una volta sotterrati i primi, procedettero ancora finché la retroguardia non raggiunse altri corpi insepolti, e poi, con lo stesso procedimento, seppellirono tutti i cadaveri che l'esercito trovava. Poi giunsero alla strada che proveniva dai villaggi: lì i cadaveri giacevano a mucchi. Li raccolsero tutti e li sotterrarono in una fossa comune.
7 Si era già oltre la metà della giornata e l'esercito continuava ad avanzare fuori dai villaggi, raccogliendo qualsiasi tipo di viveri ciascuno vedesse, ma sempre senza uscire dai ranghi. Ma ecco che, all'improvviso, scorgono i
nemici - una massa di cavalieri e fanti schierati in formazione da combattimento - valicare i colli di fronte e riversarsi giù per la china: erano Spitridate e Ratine inviati da Farnabazo con un contingente.
8 Quando i nemici avvistarono i Greci, si fermarono a circa quindici stadi di distanza. Immediatamente Aressione [l'indovino dei Greci] immolò vittime, che diedero sùbito responso positivo.
9 Allora Senofonte dice: "Mi pare, o strateghi, che sia bene disporre in coda allo schieramento alcuni lochi di riserva, così, in caso di bisogno, daranno manforte alla falange e i nemici, sbandati, cozzeranno contro forze fresche e ordinate". Il parere venne condiviso da tutti.
10 "Voi dunque", proseguì, "procedete frontalmente contro il nemico, per non rimanere fermi, dato che ci hanno visti come noi abbiamo visto loro. Io vi raggiungerò dopo, quando avrò disposto i lochi della retroguardia nella formazione da voi decisa".
11 Allora gli strateghi avanzarono con l'esercito pian piano, mentre Senofonte distaccò tre lochi della retroguardia, ciascuno di duecento uomini. Collocò il primo sulla destra, col compito di tener dietro al grosso alla distanza di circa un pletro. Il comando di questo distaccamento venne affidato all'acheo Samola. Il secondo loco lo separò perché seguisse al centro sotto la guida dell'arcade Pirria. Il terzo, sulla sinistra, sottostava agli ordini dell'ateniese Frasia.
12 Proseguirono la marcia finché la testa della colonna non si trovò dinnanzi a un canalone ampio e di difficile transito. Allora si fermarono, non sapendo se lo si potesse attraversare. Trasmettono agli strateghi e ai locaghi l'ordine di recarsi in testa.
13 Senofonte, mentre ancora si domandava, meravigliato, che cosa bloccasse la marcia, ricevette sùbito l'avviso di raggiungere la testa e partì a briglia sciolta. Una volta riunitisi, prende la parola Sofeneto, il più.54 anziano degli strateghi, sostenendo che, fosse o non fosse il canalone transitabile, non se ne parlava nemmeno di oltrepassarlo.
14 Senofonte gli tolse prontamente la parola e replicò: "Sapete bene, o uomini, che di mia volontà non vi ho mai cacciato nei guai. So infatti che chiedete non tanto una gloria che aumenti il vostro valore, quanto la salvezza.
15 Ora le cose stanno in questi termini: non possiamo allontanarci senza colpo ferire. Se non saremo noi a puntare contro i nemici, saranno loro a seguirci e a piombarci addosso, non appena ci metteremo in marcia.
16 Pensateci bene: è meglio muovere all'assalto con gli scudi protesi in avanti oppure gettarceli dietro la schiena e vedere i nemici piombarci alle spalle?
17 Sapete certamente che la ritirata davanti al nemico è un gesto vile e che, invece, l'inseguimento rende coraggiosi anche i più codardi. Per quanto riguarda me, preferirei trovarmi ad attaccare con metà dell'esercito piuttosto che ritirarmi con il doppio. E nemmeno voi, ne sono certo, vi aspettate che questa gente qui, di fronte a un nostro assalto, ci affronti a piè fermo. Ma se ci ritiriamo, troveranno il coraggio di inseguirci, ognuno di noi lo sa bene.
18 Superare un canalone così impervio e lasciarlo alle nostre spalle, nell'imminenza dello scontro, vi pare un vantaggio da lasciarsi scappare? Vorrei che al nemico tutte le strade sembrassero comode, tanto comode da indurli alla ritirata. La natura di questa zona deve insegnarci che non c'è salvezza, se non per i vincitori.
19 Come potremmo attraversare la pianura, se non batteremo i cavalieri? Come oltrepassare di nuovo le montagne già valicate, se ci inseguirà una massa così grande di truppe leggere? Personalmente mi pare strano che qualcuno consideri questo vallone più spaventoso rispetto a tutti gli altri ostacoli da noi superati.
20 E facciamo conto di arrivare sani e salvi al mare: ci troveremo davanti il Ponto, altro che canalone! Là non avremo navi per andarcene né cibo con cui sfamarci, se rimarremo sul posto. Quanto prima arriveremo là, tanto prima dovremo uscire di nuovo in cerca di viveri.
21 È meglio combattere oggi che ci siamo rifocillati piuttosto che domani a stomaco vuoto. Soldati, i responsi delle vittime sacrificali sono propizi, gli uccelli di buon auspicio, le viscere sono favorevolissime: marciamo contro il nemico. Non dobbiamo, ora che ci hanno visti, lasciarli mangiare comodamente né piantare le tende dove loro pare e piace".
22 Allora i locaghi lo pregarono di porsi alla loro testa e nessuno ebbe di che obiettare. Senofonte si mise alla guida, trasmettendo l'ordine che ciascuno superasse il vallone nel punto in cui si trovava. Pensava che così, con l'esercito compatto, il passaggio del canalone sarebbe stato più rapido che se lo avessero attraversato in fila, sul ponte sovrastante.
23 Una volta sull'altro versante, muovendosi lungo la linea dello schieramento, Senofonte parlò ai soldati: "Uomini, richiamate alla mente quante battaglie, grazie agli dèi, avete vinto andando avanti uniti e quante sofferenze hanno patito coloro che hanno voltato le spalle ai nemici. Tenete anche presente che siamo a un passo dalla Grecia.
24 Su, seguite Eracle come guida e incitatevi l'un l'altro, chiamandovi per nome. È senz'altro bello narrare un nobile gesto di valore compiuto oggi e lasciare un ricordo agli uomini di cui vogliamo la stima".
25 Così parlava, sfilando a cavallo davanti alle truppe. Nello stesso tempo continuava a condurre la falange, che marciava contro il nemico protetta sui fianchi dai peltasti. Venne diramato l'ordine di tenere le lance sulla spalla destra finché la tromba non avesse dato il segnale: poi dovevano spianarle e procedere al passo, senza che nessuno si lanciasse all'inseguimento di corsa. A questo punto si diffuse di bocca in bocca la parola d'ordine: Zeus salvatore ed Eracle guida. I nemici non si mossero, convinti che la loro posizione fosse favorevole.
26 Quando furono più vicini, i peltasti greci lanciarono il grido di battaglia e si misero a correre contro il nemico prima di riceverne l'ordine. I nemici
partirono al contrattacco con i cavalieri e la schiera dei Bitini: i peltasti vennero respinti.
27 Ma quando era ormai vicina la falange degli opliti, che procedeva spedita, tutto si susseguì in pochi attimi: la tromba suonò, i soldati intonarono il peana, levarono l'urlo di guerra, puntarono le armi. Allora i nemici non ressero all'assalto e fuggirono.
28 Timasione li inseguì insieme ai cavalieri: erano pochi, sì, ma massacrarono il nemico a più non posso. L'ala sinistra avversaria, che era schierata di fronte ai cavalieri greci, si sfaldò sùbito, mentre la destra, non incalzata con vigore, si attestò su un colle.
29 Quando i Greci li videro fermarsi, valutarono che un attacco fosse cosa di tutta facilità e che non potesse più comportare rischi. Intonarono il peana e sùbito li incalzarono: il nemico non ebbe la forza di resistere. Allora i peltasti protrassero l'inseguimento finché l'ala destra avversaria non si scompaginò. Poche però furono le vittime: la cavalleria nemica, molto numerosa, incusse timore agli inseguitori.
30 I Greci poi videro che la cavalleria di Farnabazo era ancora a ranghi compatti, che i cavalieri bitini si andavano riorganizzando attorno a questa e che dall'alto di un colle osservavano l'evolversi della situazione. Allora, per quanto stremati, decisero di lanciarsi anche contro queste truppe, per non dar loro il tempo di riprender fiato e coraggio.
31 Formate le linee, dunque, avanzano. Allora i cavalieri avversari fuggono giù per il pendio, né più né meno come se fossero inseguiti da altri cavalieri. Alle loro spalle li attendeva un avvallamento: i Greci non lo sapevano, ma comunque desistettero dall'inseguimento perché si era fatto tardi.
32 Ritornati al punto in cui aveva avuto inizio la battaglia, innalzarono un trofeo e, al calar del sole, ripresero la via del ritorno verso il mare: c'erano circa sessanta stadi fino all'accampamento.

6

1 Da quell'istante i nemici si preoccuparono delle loro cose e condussero il più lontano possibile i familiari e i beni. I Greci si fermarono ad aspettare l'arrivo di Cleandro con triremi e navi da carico. Nel frattempo, uscivano dal campo ogni giorno con bestie da soma e schiavi, portando indietro frumento e orzo senza correre rischi, nonché vino, legumi, miglio, fichi. La regione dava ogni sorta di prodotti, tranne l'olivo.
2 Ogni volta che l'esercito rimaneva al campo per riprendere fiato, ai singoli era concesso di uscire per razzie, e ciascuno teneva per sé il bottino; ma si stabilì che, quando si muoveva invece l'esercito al completo, ogni preda appartenesse al bottino comune, anche se catturata per.55 conto proprio da chi si era staccato dal grosso.
3 Ormai c'è abbondanza di ogni cosa. Da città greche d'ogni parte venivano a commerciare e anche chi si trovava a navigare lungo la costa era ben lieto di sbarcare a terra, sentendo che veniva fondata una città e che c'era un porto.
4 Anche i nemici che abitavano nelle vicinanze mandavano ormai emissari a Senofonte, perché girava voce che volesse costruire una nuova città nella zona, e gli chiedevano che cosa dovessero fare per garantirsi la loro alleanza. E lui li presentava ai soldati.
5 Frattanto giunge Cleandro con due triremi, ma senza navi da carico. Il caso volle che al momento del suo arrivo l'esercito fosse uscito dal campo e che alcuni, spintisi sulla montagna a depredare, avessero catturato parecchie pecore. Costoro, nel timore che il bottino venisse loro sottratto, si rivolgono a Dessippo, quello che era fuggito da Trapezunte con la pentecontere, pregandolo di mettere al sicuro le pecore: una parte sarebbe spettata a lui, l'altra l'avrebbe restituita.
6 Sùbito Dessippo scaccia i soldati che lo avevano attorniato e sostenevano che le pecore erano bottino comune. Poi si reca da Cleandro e gli comunica che stavano cercando di depredarlo. Cleandro gli ordina di
portargli il colpevole.
7 Allora Dessippo prende il primo che gli capita e lo trascina davanti a Cleandro. Ma proprio in quel momento sopraggiunge Agasia e libera il malcapitato, che apparteneva al suo loco. Gli altri soldati presenti cominciano a bersagliare di pietre Dessippo, urlando che è un traditore. Molti dei marinai delle triremi, impauriti, ripararono verso il mare e anche Cleandro fuggì.
8 Senofonte e gli altri strateghi cercarono di calmare le acque e di dire a Cleandro che era una cosa da nulla, ma che la colpa dell'accaduto dipendeva solo da una decisione dell'esercito.
9 Ma Cleandro, vuoi perché sobillato da Dessippo, vuoi per la rabbia conseguente allo spavento, disse che avrebbe levato le ancore e promulgato a tutte le città l'ordine di non accoglierli, in quanto nemici. Ed era il tempo in cui gli Spartani comandavano su tutti i Greci.
10 A quel punto le cose sembravano mettersi male per l'esercito, perciò cominciarono a scongiurarlo. Ma Cleandro disse che non c'era altra soluzione, a meno che non gli consegnassero l'uomo che aveva dato il via alla sassaiola e l'altro che lo aveva poi strappato a Dessippo.
11 Insomma, quest'ultimo, richiesto da Cleandro,
altri non era che Agasia, da sempre amico di Senofonte: ecco il motivo per cui Dessippo lo calunniava. Allora, in quella situazione d'incertezza, i capi radunarono l'esercito. C'era chi non dava gran peso a Cleandro, ma non Senofonte, secondo cui la cosa non era di poco conto.
12 Si alzò in piedi e disse: "Soldati, mi pare che la situazione non sia affatto semplice, se Cleandro, come dice, se ne va, mantenendo nei nostri confronti una tale disposizione d'animo. Nelle nostre vicinanze sorgono città greche, e a capo della Grecia ci sono gli Spartani. Sono capaci, anzi ciascuno di loro è capace di ottenere, in ogni città, ciò che gli pare e piace.
13 Se Cleandro per prima cosa ci farà sbarrare le porte di Bisanzio e se poi darà ordine ai governatori delle varie città di non accoglierci entro le mura, perché disobbediamo agli Spartani e siamo dei senza legge e, ancora, se le voci che circolano sul nostro conto arriveranno al navarco Anassibio, per noi sarà duro tanto restare, quanto andarcene: in questo momento per terra e per mare comandano gli Spartani.
14 A causa di uno o due non dobbiamo vederci sbattere in faccia le porte della Grecia. Su, obbediamo ai loro ordini. Del resto anche le città in cui siamo nati sottostanno agli Spartani.
15 Tra l'altro è giunto alle mie orecchie che Dessippo insiste con Cleandro che Agasia non avrebbe agito così, se non glielo avessi suggerito io. Perciò scagiono da ogni colpa voi e Agasia, se Agasia stesso ammette che il responsabile dell'accaduto sono io. E se risulterà che sempre io ho dato vita alla sassaiola o a qualsiasi altro atto di violenza, mi dichiaro pronto a giudicarmi degno della pena capitale e a renderne ragione.
16 Affermo però che, se anche qualcun altro è accusato, deve consegnarsi a Cleandro in vista del giudizio: così potrete rimaner liberi da ogni imputazione. Per come stanno adesso le cose, sarebbe davvero amaro se, mentre ci aspettiamo di ottenere in Grecia elogi e onori, ci trovassimo al contrario su un piano di inferiorità rispetto agli altri, vedendoci addirittura scacciati dalle città elleniche".
17 Dopo di che, si alzò Agasia e disse: "Uomini, vi giuro sugli dèi e le dee che Senofonte non mi ha istigato a sottrarre quell'uomo, come pure nessuno di voi. Avevo visto un mio valoroso soldato trascinato via da Dessippo, un traditore, lo conoscete bene. Mi è sembrato un fatto inaudito, e gliel'ho strappato dalle mani, lo ammetto.
18 Ma non consegnatemi voi: sarò io stesso, come suggerisce Senofonte, a sottopormi spontaneamente al giudizio di Cleandro e ad accettare ogni sua decisione. Per un motivo del genere non dovete certo scendere in guerra con gli Spartani, ma piuttosto trarvi in salvo in tutta sicurezza dove ciascuno di voi preferisce. Vi chiedo solo di scegliere alcuni dei vostri e di inviarli con me da Cleandro: nel caso che, nel mio discorso, trascurassi qualche dettaglio, saranno loro a dire o a fare quanto possono in mio aiuto".
19 Allora l'esercito gli concesse di scegliere personalmente chi volesse. Scelse gli strateghi. Dopo di che, si recarono da Cleandro Agasia, gli strateghi e il soldato che Agasia aveva sottratto a Dessippo.
20 Presero la parola gli strateghi: "Sono le truppe a inviarci a te, Cleandro, pregandoti di giudicarle e di far di loro ciò che vuoi, se accusi tutti. Nel caso che le imputazioni ricadano invece su un soldato solo o due o più, ritengono giusto rimetterli al tuo giudizio. Se accusi uno di noi, eccoci qui. Se invece incolpi qualcun altro, indicalo. Di tutti quelli che ci obbediscono, nessuno si
tirerà indietro".
21 Dopo si fece avanti Agasia: "Sono stato io, o Cleandro, a sottrarre quest'uomo dalle mani di Dessippo che lo stava trascinando a te, sono stato io a istigare gli altri a malmenarlo.
22 Conosco quest'uomo, un soldato valoroso. Di Dessippo invece so che era stato scelto dall'esercito per comandare una pentecontere concessaci dai Trapezuntini per raccogliere altre navi e raggiungere la salvezza; ma [Dessippo] se n'è andato, ha tradito proprio i compagni con i quali si era salvato.
23 Insomma, abbiamo derubato di una pentecontere i Trapezuntini e, a causa sua, siamo passati per sleali, anzi, se era per lui, eravamo già tutti morti. Aveva sentito infatti - come pure l'avevamo sentito noi - che, marciando via terra, era impossibile superare i fiumi che ci stavano davanti e arrivare sani e salvi in Grecia. Ecco perché, di fronte a un codardo del genere, ho liberato il mio soldato.
24 Se l'avessi arrestato tu o qualcuno dei tuoi, e non un disertore, sta' sicuro che non mi sarei comportato così. Tieni perciò presente che, se ora mi mandi a morte, uccidi un uomo perbene per colpa di un vigliacco, di un infame"..56
25 Dopo aver ascoltato le sue parole, Cleandro rispose che non lodava certo Dessippo, se aveva agito così. "Non per questo", soggiunse, "neppure se Dessippo fosse l'essere più spregevole della terra, bisognava far ricorso alla forza e maltrattarlo: solo dopo un processo doveva pagare la pena, come adesso ammettete anche voi.
26 Ora andate, ma lasciate qui Agasia. Quando ve lo ordinerò, assisterete al processo. Non getto la colpa né sull'esercito né su nessun altro, dal momento che quest'uomo confessa di aver sottratto all'arresto il soldato". 27 A quel punto prese la parola il soldato strappato dalle mani di Dessippo: "Cleandro, tu puoi credere che io sia stato arrestato per colpe da me commesse, ma non ho colpito nessuno né scagliato sassi; mi sono limitato a dire che le pecore appartenevano al bottino comune. Era in vigore, infatti, una delibera dell'esercito per cui, ogni qual volta l'esercito fosse uscito al completo, erano considerate bottino comune anche le prede raccolte individualmente.
28 Ho solo detto questo, e sùbito Dessippo mi ha preso e trascinato a giudizio, perché nessuno fiatasse e lui, contro l'ordinanza dell'esercito, potesse tenersi la sua parte, restituendo il resto del bottino a chi l'aveva catturato". Allora Cleandro disse: "Siccome sei colpevole anche tu, rimani qui, prenderemo una decisione anche sul tuo conto".
29 Dopo di che, Cleandro e i suoi pranzarono. Senofonte radunò l'esercito e consigliò di inviare a Cleandro una delegazione per intercedere a favore dei due trattenuti.
30 Decisero di mandare strateghi e locaghi, e inoltre Dracontio lo Spartiate e alcuni altri che sembravano indicati per chiedere a Cleandro in ogni maniera di liberare i due uomini.
31 Una volta lì, Senofonte dice: "Hai in tuo potere, Cleandro, i nostri due soldati. L'esercito si piega al tuo volere, per quanto riguarda sia i due accusati sia tutti quanti loro. Adesso però ti pregano, ti supplicano di restituire i due e di non metterli a morte: in passato hanno sofferto molto per l'esercito.
32 Nel caso ottenessero da te questo beneficio, in cambio ti promettono che, se vorrai metterti alla loro testa e se gli dèi saranno benigni, sapranno dimostrarti che sono disciplinati, che sanno obbedire al capo e, grazie agli dèi, non hanno paura di fronte al nemico.
33 Ti pregano ancora di un favore: quando li raggiungerai e prenderai il comando, metti alla prova Dessippo e tutti gli altri, soppesa la natura di ciascuno e poi da' a ognuno ciò che merita".
34 Allora, dopo aver ascoltato, Cleandro disse: "Per i Dioscuri, è presto detto. Vi restituisco i due soldati e sarò con voi. E se gli dèi lo concederanno, vi riporterò in Grecia. I vostri discorsi non corrispondono affatto alle voci che mi erano giunte sul conto di alcuni di voi, e cioè che volevate staccarvi dagli Spartani".
35 Allora la delegazione, profondendosi in lodi con Cleandro, se ne andò insieme ai due. Cleandro celebrò un sacrificio per il viaggio e si intrattenne amichevolmente con Senofonte, tanto che tra loro si instaurarono stabili legami d'ospitalità. Quando Cleandro vide i soldati eseguire gli ordini con senso del dovere, ancor più vivamente desiderò di prenderne il comando.
36 Ma poi, per tre giorni consecutivi, le vittime sacrificali non diedero responsi favorevoli, per cui convocò gli strateghi e disse: "Le vittime mi prescrivono di non guidare il vostro esercito. Non per questo dovete scoraggiarvi. Sta a voi, a quanto pare, ricondurre in patria i soldati. Quando arriverete, saremo là ad accogliervi, con tutti gli onori possibili".
37 A quel punto i soldati decisero di donare a Cleandro le pecore del bottino comune. Le accettò, ma poi le restituì. Quindi sciolse gli ormeggi. I soldati, dopo aver venduto il grano raccolto e gli altri prodotti razziati, si misero in
marcia attraverso le terre dei Bitini.
38 Poiché durante la loro marcia in linea retta non trovarono nulla da depredare, per non arrivare a mani vuote in terra amica decisero di tornare indietro e di proseguire il cammino per un giorno e una notte. Così catturarono molti schiavi e parecchio bestiame. Nel sesto giorno di marcia giunsero a Crisopoli di Calcedonia, dove rimasero sette giorni per vendere il bottino.