Biblioteca:Igino, Fabulae 24

Giasone, che aveva affrontato tanti pericoli per ordine di suo zio Pelia, cominciò a pensare come avrebbe potuto ucciderlo senza destare sospetti. Medea promise di incaricarsene; a questo scopo fece nascondere la nave in un luogo segreto, visto che erano ormai lontani dalla Colchide, si presentò alle figlie di Pelia travestita da sacerdotessa di Artemide e promise loro che avrebbe fatto tornare giovane Pelia, da vecchio che era. La figlia maggiore, Alcesti, non credeva che questo fosse possibile; Medea allora, per piegarla più facilmente al suo volere, suscitò una nebbia che avvolse le fanciulle e, per mezzo dei suoi incantesimi, fece molti prodigi che parvero loro simili al vero. Prese un vecchio ariete e lo gettò in un bacile di bronzo, da cui sembrò che saltasse fuori un bellissimo agnello. E così, allo stesso modo, le figlie di Pelia - cioè Alcesti, Pelopia, Medusa, Pesidice e Ippotoe -, dopo aver ucciso il padre, su istigazione di Medea, lo gettarono in un bacile di bronzo; quando compresero di essere state ingannate, fuggirono dalla patria. A questo punto Giasone, avvertito da Medea con un segnale, si impadronì della reggia e affidò ad Acasto, figlio di Pelia e fratello delle Peliadi, il regno paterno, perché questi era venuto con lui nella Colchide; poi partì per Corinto in compagnia di Medea.