Modifica di Chanson de Roland

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==TRAMA==
 
==TRAMA==
 
Dopo che i Saraceni erano stati sconfitti per la prima dal famoso “Carlo Martello” nella battaglia di Poitiers, [[Carlo Magno]] allontanò definitivamente dall’Europa il pericolo rappresentato dagli Arabi con continue spedizioni in Spagna. Di ritorno da una di queste spedizioni, la sua retroguardia fu assalita e sterminata dai baschi, alleati degli arabi, a Roncisvalle (nel 778). In questa imboscata cadde anche il più forte dei paladini, il famoso [[Rolando]] (o Orlando), nipote del Re, a cui era stato affidato il compito di proteggere il grosso dell’esercito da eventuali attacchi nemici alle spalle. Avuta notizia dell’attacco, Carlo Magno ritornò indietro e sconfisse facilmente gli avversari, ma non fece in tempo a salvare il nipote. Come si può facilmente vedere, l’episodio non era di per sé molto rilevante nell’economia delle vicende di cui trattasi. Però queste imprese, benché inserite in un contesto di conflitti di potere e di conquiste, assunsero il carattere di una guerra religiosa tra cristiani e musulmani e per questo motivo, dato anche il particolare periodo, intorno ad esse fiorirono una quantità di leggende. Chiaramente gli episodi furono ingigantiti dalla fantasia popolare fino a diventare il poema che conosciamo, impermeato di nobili sentimenti quale l’amore verso, la fedeltà al sovrano, la purezza degli ideali  e la fede in Dio. Così un episodio diventa epopea.
 
Dopo che i Saraceni erano stati sconfitti per la prima dal famoso “Carlo Martello” nella battaglia di Poitiers, [[Carlo Magno]] allontanò definitivamente dall’Europa il pericolo rappresentato dagli Arabi con continue spedizioni in Spagna. Di ritorno da una di queste spedizioni, la sua retroguardia fu assalita e sterminata dai baschi, alleati degli arabi, a Roncisvalle (nel 778). In questa imboscata cadde anche il più forte dei paladini, il famoso [[Rolando]] (o Orlando), nipote del Re, a cui era stato affidato il compito di proteggere il grosso dell’esercito da eventuali attacchi nemici alle spalle. Avuta notizia dell’attacco, Carlo Magno ritornò indietro e sconfisse facilmente gli avversari, ma non fece in tempo a salvare il nipote. Come si può facilmente vedere, l’episodio non era di per sé molto rilevante nell’economia delle vicende di cui trattasi. Però queste imprese, benché inserite in un contesto di conflitti di potere e di conquiste, assunsero il carattere di una guerra religiosa tra cristiani e musulmani e per questo motivo, dato anche il particolare periodo, intorno ad esse fiorirono una quantità di leggende. Chiaramente gli episodi furono ingigantiti dalla fantasia popolare fino a diventare il poema che conosciamo, impermeato di nobili sentimenti quale l’amore verso, la fedeltà al sovrano, la purezza degli ideali  e la fede in Dio. Così un episodio diventa epopea.
<br>Rolando, il nobile nipote di Carlo Magno, combatte contro i mori che sono in numero sovrastante e fa strage di nemici. Il suo valore non ha pari e neppure lo sfiora l’idea di suonare il suo corno (l’Olifante) che di sicuro sarebbe stato sentito dallo zio e gli avrebbe salvato la vita. E così l’eroe si batte fino all’ultimo respiro; la sua [[spada]], [[Durlindana]], che racchiude nel suo manico le reliquie dei santi, fa il vuoto intorno a se; i nemici cadono falcidiati dall’eroe. Solo quando  si accorge che la morte si sta avvicinando in quanto è stato gravemente ferito, Rolando suona il suo fido corno: ma ormai è troppo tardi, la vita gli sta sfuggendo via. Cade svenuto. La sua [[spada]] sta per diventare preda di un saraceno che la porterà come trofeo in Arabia. Ma questo non deve accadere: il paladino raccoglie le sue ultime forze e con il suo fido [[Olifante]] percuote pesantemente l’infedele fino a spaccargli l’elmo e le ossa del capo. Poi si trascina ai piedi di un albero, copre con il suo corpo la Durlindana ed il corno, volge la testa verso la Spagna in modo che si sappia che egli non è stato sconfitto in battaglia e le sue armi non rappresenteranno motivo di gloria per i nemici. Poi raccomanda l’anima a Dio.
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<br>Rolando, il nobile nipote di Carlo Magno, combatte contro i mori che sono in numero sovrastante e fa strage di nemici. Il suo valore non ha pari e neppure lo sfiora l’idea di suonare il suo corno (l’Olifante) che di sicuro sarebbe stato sentito dallo zio e gli avrebbe salvato la vita. E così l’eroe si batte fino all’ultimo respiro; la sua spada, [[Durlindana]], che racchiude nel suo manico le reliquie dei santi, fa il vuoto intorno a se; i nemici cadono falcidiati dall’eroe. Solo quando  si accorge che la morte si sta avvicinando in quanto è stato gravemente ferito, Rolando suona il suo fido corno: ma ormai è troppo tardi, la vita gli sta sfuggendo via. Cade svenuto. La sua spada sta per diventare preda di un saraceno che la porterà come trofeo in Arabia. Ma questo non deve accadere: il paladino raccoglie le sue ultime forze e con il suo fido [[Olifante]] percuote pesantemente l’infedele fino a spaccargli l’elmo e le ossa del capo. Poi si trascina ai piedi di un albero, copre con il suo corpo la Durlindana ed il corno, volge la testa verso la Spagna in modo che si sappia che egli non è stato sconfitto in battaglia e le sue armi non rappresenteranno motivo di gloria per i nemici. Poi raccomanda l’anima a Dio.
 
La vita ormai lo sta lasciando: il Signore lo chiama a sé e manda gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele per accompagnarlo verso la Sua gloria.
 
La vita ormai lo sta lasciando: il Signore lo chiama a sé e manda gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele per accompagnarlo verso la Sua gloria.
 
Re Carlo, appena sentito il suono dell’Olifante, torna repentinamente sui suoi passi e vendicherà l’eroico paladino sconfiggendo i mori e uccidendo il perfido traditore Gano.
 
Re Carlo, appena sentito il suono dell’Olifante, torna repentinamente sui suoi passi e vendicherà l’eroico paladino sconfiggendo i mori e uccidendo il perfido traditore Gano.

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