Modifica di Biblioteca:Seneca, Fedra

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Avanti, circondate quel bosco fitto e quella vetta, [[Ateniesi]]! Perlustrate a passo veloce, sparpagliandovi, le terre sotto il petroso Parnete e quelle investite dal fiume che si affretta alle valli di Tria. Arrampicatevi su quei monti sempre bianchi di neve come le vette della [[Scizia]]. Di là, voi, in quell'alta foresta che s'infoltisce di ontani, di là voialtri, verso quei prati che [[Zefiro (1)|Zefiro]], suscitando morbide erbe, carezza d'un soffio rugiadoso. E voi di là, dove, tra campi sparuti, come fa il [[Meandro]], pigro scorre l'esile [[Ilisso]] che sfiora sterili arene col suo flutto avaro. E Voi per di là, a sinistra, sul sentiero dove [[Maratona]] apre i suoi anfratti: là le femmine sgravate, coi loro piccoli, cercano pascoli notturni. E voi laggiù, dove il duro [[Acarneo]], ai tepidi venti, tempera i suoi rigori. Qualcuno scali l'[[Imetto]] ricco di miele, batta un altro la piccola [[Afidna]]. Ma c'è una terra che non tocchiamo da tempo: il Sunio sovrasta il suo golfo. C'è un cacciatore in cerca di gloria? File lo attende. Là scorrazza, flagello dei contadini, un cinghiale già famoso per le sue ferite. Allentate il guinzaglio, voi, ai cani silenziosi. Teneteli stretti, quei furiosi molossi. Lasciate che tendano il collare quegli ardenti cretesi dal pelo logoro sul collo. Gli spartani (è una razza ardita, sente il sangue) teneteli più forte, e vicini. Quando sarà il momento, faranno risuonare di latrati le cavità delle rocce; adesso buoni, a fiutar l'aria con le narici sagaci, a cercar le tane a muso basso, mentre la luce è ancora incerta e la terra bagnata conserva le impronte. Si affretti, qualcuno, a caricarsi sulle spalle robuste le reti a maglia larga, un altro i lacci ritorti. Lo spauracchio di penne rosse farà cadere in trappola le belve col suo vano terrore. Tu scaglierai il giavellotto, tu punterai a due mani lo spiedo di ferro pesante, tu starai in agguato e metterai in fuga, con le tue grida, le fiere. Tu, vittorioso, strapperai le viscere; alla preda col tuo coltello ricurvo. [[Artemide|Diana]], divina cacciatrice, sii propizia al tuo fedele, tu che regni sui segreti recessi della terra e raggiungi con infallibili colpi, le belve, sì, quelle che si dissetano al gelido Arasse, quelle che giocano sul ghiaccio del Danubio. Leoni di Getulia, cerve di [[Creta (1)|Creta]], l'insegue la tua mano che trafigge, più leggera, le agili gazzelle. Il ventre le tigri striate, il dorso ti offrono i bisonti villosi e gli uri selvaggi dalle lunghe corna. Il tuo arco, [[Artemide|Diana]], lo teme ogni animale che pascola in terre deserte, lo nascondano i gioghi selvaggi di Pirene o le gole selvagge dell'Ircania, lo conosca il povero Africano o l'Arabo ricco dei suoi boschi o il Sarmata nomade per lande sterminate. Non mollano la preda, le reti, non strappa i lacci il piede delle belve se tu, divina, assisti i tuoi devoti, ma geme sotto la preda il carro, drizzano il muso insanguinato i cani ed è un lungo trionfo il ritorno del rustico corteo. Sì, tu sei propizia, divina. Ecco, i cani lanciano il segnale, acutamente. La foresta mi chiama. Presto, di qui, per questa scorciatoia.
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Avanti, circondate quel bosco fitto e quella vetta, [[Ateniesi]]! Perlustrate a passo veloce, sparpagliandovi, le terre sotto il petroso Parnete e quelle investite dal fiume che si affretta alle valli di Tria. Arrampicatevi su quei monti sempre bianchi di neve come le vette della [[Scizia]]. Di là, voi, in quell'alta foresta che s'infoltisce di ontani, di là voialtri, verso quei prati che [[Zefiro (1)|Zefiro]], suscitando morbide erbe, carezza d'un soffio rugiadoso. E voi di là, dove, tra campi sparuti, come fa il [[Meandro]], pigro scorre l'esile [[Ilisso]] che sfiora sterili arene col suo flutto avaro. E Voi per di là, a sinistra, sul sentiero dove [[Maratona]] apre i suoi anfratti: là le femmine sgravate, coi loro piccoli, cercano pascoli notturni. E voi laggiù, dove il duro Acarneo, ai tepidi venti, tempera i suoi rigori. Qualcuno scali l'Imetto ricco di miele, batta un altro la piccola [[Afidna]]. Ma c'è una terra che non tocchiamo da tempo: il Sunio sovrasta il suo golfo. C'è un cacciatore in cerca di gloria? File lo attende. Là scorrazza, flagello dei contadini, un cinghiale già famoso per le sue ferite. Allentate il guinzaglio, voi, ai cani silenziosi. Teneteli stretti, quei furiosi molossi. Lasciate che tendano il collare quegli ardenti cretesi dal pelo logoro sul collo. Gli spartani (è una razza ardita, sente il sangue) teneteli più forte, e vicini. Quando sarà il momento, faranno risuonare di latrati le cavità delle rocce; adesso buoni, a fiutar l'aria con le narici sagaci, a cercar le tane a muso basso, mentre la luce è ancora incerta e la terra bagnata conserva le impronte. Si affretti, qualcuno, a caricarsi sulle spalle robuste le reti a maglia larga, un altro i lacci ritorti. Lo spauracchio di penne rosse farà cadere in trappola le belve col suo vano terrore. Tu scaglierai il giavellotto, tu punterai a due mani lo spiedo di ferro pesante, tu starai in agguato e metterai in fuga, con le tue grida, le fiere. Tu, vittorioso, strapperai le viscere; alla preda col tuo coltello ricurvo. [[Artemide|Diana]], divina cacciatrice, sii propizia al tuo fedele, tu che regni sui segreti recessi della terra e raggiungi con infallibili colpi, le belve, sì, quelle che si dissetano al gelido Arasse, quelle che giocano sul ghiaccio del Danubio. Leoni di Getulia, cerve di [[Creta (1)|Creta]], l'insegue la tua mano che trafigge, più leggera, le agili gazzelle. Il ventre le tigri striate, il dorso ti offrono i bisonti villosi e gli uri selvaggi dalle lunghe corna. Il tuo arco, [[Artemide|Diana]], lo teme ogni animale che pascola in terre deserte, lo nascondano i gioghi selvaggi di Pirene o le gole selvagge dell'Ircania, lo conosca il povero Africano o l'Arabo ricco dei suoi boschi o il Sarmata nomade per lande sterminate. Non mollano la preda, le reti, non strappa i lacci il piede delle belve se tu, divina, assisti i tuoi devoti, ma geme sotto la preda il carro, drizzano il muso insanguinato i cani ed è un lungo trionfo il ritorno del rustico corteo. Sì, tu sei propizia, divina. Ecco, i cani lanciano il segnale, acutamente. La foresta mi chiama. Presto, di qui, per questa scorciatoia.
  
 
([[Fedra]], nutrice)
 
([[Fedra]], nutrice)
  
 
FEDRA
 
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O grande [[Creta (1)|Creta]], dominatrice del mare, che tieni di riva in riva con le tue navi innumeri, che solchi ovunque si apra ai rostri, sino all'[[Assiria]], perché mi hai data in ostaggio a un focolare odioso? Perché mi hai sposata ad un nemico? Perché mi costringi ad una vita di dolori e lacrime? Ecco, il mio sposo è lontano. Sì, [[Teseo]] offre alla moglie la sua consueta fedeltà. Lui, il grande soldato, s'inoltra nelle tenebre profonde della palude da cui non si ritorna, in aiuto di quel temerario che vuol rapire la sposa del re degli Inferi. Complice di una passione sfrenata, va [[Teseo]], va sempre avanti, non lo ferma timore o vergogna. Stupri e adulteri, il padre di [[Ippolito (2)|Ippolito]] li cerca sin laggiù nell'[[Acheronte]]. Povera me! Un altro dolore, più grande, mi perseguita. Né pace notturna né sonno pesante mi liberano dall'angoscia. Cresce il mio male, si nutre, mi brucia dentro come il vapore che erompe dal cratere dell'Etna. Trascuro le mie tele, il fuso mi scivola di mano. Non ho più desiderio, io, di onorare i templi con offerte, di unirmi al coro delle donne agitando, intorno agli altari, le torce iniziatiche dei riti segreti. No, e neanche di rivolgermi, con caste preghiere e atti devoti, alla dea che protegge questa terra, che a lei è consacrata. Vorrei, invece, stanare bestie selvagge, e inseguirle, e scagliare il giavellotto di ferro con questa debole mano. Dove vuoi arrivare, anima mia? Povera madre mia, riconosco il tuo male fatale. È nelle foreste che il nostro amore impara la colpa. Madre, ho pietà di te. Per la passione abietta che ti prese, tu amasti, temeraria, il bestiale re di un branco selvaggio. Era feroce, ribelle al giogo, quel tuo amante che guidava un'indomita mandria... Però amava. C'è un dio, c'è un [[Dedalo]] che possa aiutarla, nel suo delirio, la sventurata che sono? No, soccorso alle mie disgrazie non lo potrebbe dare, se tornasse, nemmeno quel maestro di stratagemmi che rinchiuse nel labirinto il [[Minotauro]]. [[Afrodite|Venere]] odia la stirpe del [[Elios|Sole]]. Si vendica su di noi delle catene che strinsero lei e il suo [[Ares|Marte]]. Ci copre tutti d'infamia, noi figli di [[Apollo|Febo]]. Amore casto, a donna nata da [[Minosse]] non fu mai concesso. C'è sempre entrato qualcosa di mostruoso.
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O grande [[Creta (1)|Creta]], dominatrice del mare, che tieni di riva in riva con le tue navi innumeri, che solchi ovunque si apra ai rostri, sino all'Assiria, perché mi hai data in ostaggio a un focolare odioso? Perché mi hai sposata ad un nemico? Perché mi costringi ad una vita di dolori e lacrime? Ecco, il mio sposo è lontano. Sì, [[Teseo]] offre alla moglie la sua consueta fedeltà. Lui, il grande soldato, s'inoltra nelle tenebre profonde della palude da cui non si ritorna, in aiuto di quel temerario che vuol rapire la sposa del re degli Inferi. Complice di una passione sfrenata, va [[Teseo]], va sempre avanti, non lo ferma timore o vergogna. Stupri e adulteri, il padre di [[Ippolito (2)|Ippolito]] li cerca sin laggiù nell'Acheronte. Povera me! Un altro dolore, più grande, mi perseguita. Né pace notturna né sonno pesante mi liberano dall'angoscia. Cresce il mio male, si nutre, mi brucia dentro come il vapore che erompe dal cratere dell'Etna. Trascuro le mie tele, il fuso mi scivola di mano. Non ho più desiderio, io, di onorare i templi con offerte, di unirmi al coro delle donne agitando, intorno agli altari, le torce iniziatiche dei riti segreti. No, e neanche di rivolgermi, con caste preghiere e atti devoti, alla dea che protegge questa terra, che a lei è consacrata. Vorrei, invece, stanare bestie selvagge, e inseguirle, e scagliare il giavellotto di ferro con questa debole mano. Dove vuoi arrivare, anima mia? Povera madre mia, riconosco il tuo male fatale. È nelle foreste che il nostro amore impara la colpa. Madre, ho pietà di te. Per la passione abietta che ti prese, tu amasti, temeraria, il bestiale re di un branco selvaggio. Era feroce, ribelle al giogo, quel tuo amante che guidava un'indomita mandria... Però amava. C'è un dio, c'è un [[Dedalo]] che possa aiutarla, nel suo delirio, la sventurata che sono? No, soccorso alle mie disgrazie non lo potrebbe dare, se tornasse, nemmeno quel maestro di stratagemmi che rinchiuse nel labirinto il [[Minotauro]]. [[Afrodite|Venere]] odia la stirpe del Sole. Si vendica su di noi delle catene che strinsero lei e il suo [[Ares|Marte]]. Ci copre tutti d'infamia, noi figli di Febo. Amore casto, a donna nata da [[Minosse]] non fu mai concesso. C'è sempre entrato qualcosa di mostruoso.
  
 
NUTRICE
 
NUTRICE
Via dal tuo animo casto ogni pensiero impuro. Spegnilo, questo fuoco, sposa di [[Teseo]], nobile discendente di Giove. Non abbandonarti a una speranza sinistra. L'amore, chi si ribella e lo respinge subito è sicuro di vincerlo. Se invece lo nutri di blandizie, questo dolce male, è tardi per sottrarsi a un giogo che hai accettato. Sì, lo so che l'orgoglio regale è ostinato, che non sopporta la verità, che non vuole piegarsi alla ragione, ma io sono pronta a subire tutto ciò che la sorte mi riserva. O vecchiaia la libertà vicina ti fa forte. È onesto, anzitutto, seguire il bene senza deviare dalla retta via, e, poi, riconoscere la gravità della nostra colpa. Dove vuoi finire, sventurata? Vuoi rendere più infame la tua casa? Superare tua madre? L'amore incestuoso è peggio di quello mostruoso. Sì, il mostruoso è colpa del destino, l'incesto della coscienza. Ti sbagli se credi che resti celata, la tua colpa, e senza pericolo, perché tuo marito, adesso, non vede il mondo di quassù. Mettiamo che [[Teseo]] sia sepolto nell'abisso del [[Lete]] e condannato a restarci per sempre: forse che il signore del grande regno del mare, colui che dà legge a cento popoli, tuo padre [[Minosse]], lo lascerebbe nascosto un delitto così? È occhiuta l'attenzione dei genitori. Ma mettiamo che noi, con frode e raggiro, si riesca a coprirlo. E il padre di tua madre, il [[Elios|Sole]] che dà la sua luce a tutte le cose? E il padre degli dèi che scuote l'universo vibrando con la sua mano corrusca la folgore etnea? Credi di poter fuggire a parenti che vedono tutto? E poi, anche se il capriccio degli dèi li nascondesse, i vergognosi abbracci, anche se toccasse, all'incesto, quel favore che mai è concesso ai delitti, non ci sarebbe lo stesso, e subito, il castigo? Nel cuore il rimorso, nell'animo un senso di colpa, e paura di sé... Per qualcuna rimane nascosta, la colpa, per nessuna impunita. Soffoca dunque, ti prego, la fiamma di questo desiderio infame, di questo delitto che mai neppure un barbaro ha compiuto, vagante Geta o inospitale Tauro o nomade Scita. Via dal tuo animo casto quest'orribile pensiero! Ricordati di tua madre. Devi aver paura, tu, di un amplesso proibito. Vuoi mischiare il seme del padre con quello del figlio? Vuoi concepire una promiscua prole in un sacrilego grembo? Avanti, allora, sovverti la natura con questa abietta passione... Mostri, non ne nascono più? Il labirinto di tuo fratello è deserto? Dovrà vedere prodigi mai veduti, il mondo, cadranno infrante le tue leggi, natura, ogni volta che una cretese sarà presa d'amore?
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Via dal tuo animo casto ogni pensiero impuro. Spegnilo, questo fuoco, sposa di [[Teseo]], nobile discendente di Giove. Non abbandonarti a una speranza sinistra. L'amore, chi si ribella e lo respinge subito è sicuro di vincerlo. Se invece lo nutri di blandizie, questo dolce male, è tardi per sottrarsi a un giogo che hai accettato. Sì, lo so che l'orgoglio regale è ostinato, che non sopporta la verità, che non vuole piegarsi alla ragione, ma io sono pronta a subire tutto ciò che la sorte mi riserva. O vecchiaia la libertà vicina ti fa forte. È onesto, anzitutto, seguire il bene senza deviare dalla retta via, e, poi, riconoscere la gravità della nostra colpa. Dove vuoi finire, sventurata? Vuoi rendere più infame la tua casa? Superare tua madre? L'amore incestuoso è peggio di quello mostruoso. Sì, il mostruoso è colpa del destino, l'incesto della coscienza. Ti sbagli se credi che resti celata, la tua colpa, e senza pericolo, perché tuo marito, adesso, non vede il mondo di quassù. Mettiamo che [[Teseo]] sia sepolto nell'abisso del [[Lete]] e condannato a restarci per sempre: forse che il signore del grande regno del mare, colui che dà legge a cento popoli, tuo padre [[Minosse]], lo lascerebbe nascosto un delitto così? È occhiuta l'attenzione dei genitori. Ma mettiamo che noi, con frode e raggiro, si riesca a coprirlo. E il padre di tua madre, il Sole che dà la sua luce a tutte le cose? E il padre degli dèi che scuote l'universo vibrando con la sua mano corrusca la folgore etnea? Credi di poter fuggire a parenti che vedono tutto? E poi, anche se il capriccio degli dèi li nascondesse, i vergognosi abbracci, anche se toccasse, all'incesto, quel favore che mai è concesso ai delitti, non ci sarebbe lo stesso, e subito, il castigo? Nel cuore il rimorso, nell'animo un senso di colpa, e paura di sé... Per qualcuna rimane nascosta, la colpa, per nessuna impunita. Soffoca dunque, ti prego, la fiamma di questo desiderio infame, di questo delitto che mai neppure un barbaro ha compiuto, vagante Geta o inospitale Tauro o nomade Scita. Via dal tuo animo casto quest'orribile pensiero! Ricordati di tua madre. Devi aver paura, tu, di un amplesso proibito. Vuoi mischiare il seme del padre con quello del figlio? Vuoi concepire una promiscua prole in un sacrilego grembo? Avanti, allora, sovverti la natura con questa abietta passione... Mostri, non ne nascono più? Il labirinto di tuo fratello è deserto? Dovrà vedere prodigi mai veduti, il mondo, cadranno infrante le tue leggi, natura, ogni volta che una cretese sarà presa d'amore?
  
 
FEDRA
 
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