Modifica di Biblioteca:Luciano, Una Storia Vera, Libro I

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E forse tutto il resto potremmo anche tollerarlo, ma i nostri vicini e confinanti costituiscono per noi una spina nel fianco, assolutamente insopportabile, tanto sono asociali e feroci». «Ah», chiedo, «allora ci sono anche altri nella balena?». «E come! Molti, intrattabili e di aspetto stranissimo. Nella zona ovest della selva, verso la coda, abitano i Salamoiati: hanno gli occhi d'anguilla e la testa di granchio, sono battaglieri, temerari e cannibali. Dalla parte del fianco destro stanno i Capronimarini, di sopra uomini, di sotto pesci spada, per la verità meno prepotenti degli altri. A sinistra i Cheledigranchio e i Testeditonno, che si sono alleati e hanno stretto amicizia tra loro; nel mezzo abitano i Granchidi e i Piedisogliole, tribù bellicose e velocissime nella corsa; le zone orientali, invece, a ridosso della bocca, sono in gran parte deserte perché battute dal mare. Io, peraltro, per occupare questo territorio, sono costretto a pagare ai Piedisogliole un tributo annuo di cinquecento ostriche.
 
E forse tutto il resto potremmo anche tollerarlo, ma i nostri vicini e confinanti costituiscono per noi una spina nel fianco, assolutamente insopportabile, tanto sono asociali e feroci». «Ah», chiedo, «allora ci sono anche altri nella balena?». «E come! Molti, intrattabili e di aspetto stranissimo. Nella zona ovest della selva, verso la coda, abitano i Salamoiati: hanno gli occhi d'anguilla e la testa di granchio, sono battaglieri, temerari e cannibali. Dalla parte del fianco destro stanno i Capronimarini, di sopra uomini, di sotto pesci spada, per la verità meno prepotenti degli altri. A sinistra i Cheledigranchio e i Testeditonno, che si sono alleati e hanno stretto amicizia tra loro; nel mezzo abitano i Granchidi e i Piedisogliole, tribù bellicose e velocissime nella corsa; le zone orientali, invece, a ridosso della bocca, sono in gran parte deserte perché battute dal mare. Io, peraltro, per occupare questo territorio, sono costretto a pagare ai Piedisogliole un tributo annuo di cinquecento ostriche.
 
Questa è la situazione nel paese: vedete un po' voi come possiamo lottare contro tanti popoli e riuscire a sopravvivere». «Quanti sono in tutto?», ho domandato. «Più di mille». «Hanno armi?». «No, solo le lische dei pesci». «E allora», ho replicato, «la soluzione migliore sarebbe muovere guerra contro di loro, visto che sono senza armi e noi invece ne siamo ben forniti. Se li vinceremo, potremo abitare qui per il resto della nostra vita in piena libertà e sicurezza». Si optò a favore della mia proposta e così ritornammo alla nave a prepararci. Il casus belli sarebbe stato il mancato pagamento del tributo - ormai era vicino il giorno della scadenza. Come previsto, mandarono gli incaricati a riscuoterlo; ma il vecchio rispose in malo modo e cacciò via i messi. Per primi i Piedisogliole e i Granchidi, furiosi contro Scintaro - così si chiamava il vecchio - partirono all'assalto con urla selvagge di guerra.
 
Questa è la situazione nel paese: vedete un po' voi come possiamo lottare contro tanti popoli e riuscire a sopravvivere». «Quanti sono in tutto?», ho domandato. «Più di mille». «Hanno armi?». «No, solo le lische dei pesci». «E allora», ho replicato, «la soluzione migliore sarebbe muovere guerra contro di loro, visto che sono senza armi e noi invece ne siamo ben forniti. Se li vinceremo, potremo abitare qui per il resto della nostra vita in piena libertà e sicurezza». Si optò a favore della mia proposta e così ritornammo alla nave a prepararci. Il casus belli sarebbe stato il mancato pagamento del tributo - ormai era vicino il giorno della scadenza. Come previsto, mandarono gli incaricati a riscuoterlo; ma il vecchio rispose in malo modo e cacciò via i messi. Per primi i Piedisogliole e i Granchidi, furiosi contro Scintaro - così si chiamava il vecchio - partirono all'assalto con urla selvagge di guerra.
Noi però, armati di tutto punto in previsione dell'attacco, li attendevamo a piè fermo dopo aver predisposto un'imboscata utilizzando venticinque uomini, a cui avevamo comandato di piombar addosso ai nemici non appena li avessero avvistati: e gli ordini furono eseguiti puntualmente. Saltati su alle loro spalle li fecero a pezzi, mentre noi dall'altra parte, pure in venticinque - Scintaro e suo figlio combattevano al nostro fianco - muovevamo contro di loro e, azzuffatici, sostenevamo la lotta con coraggio e decisione. Alla fine li costringemmo alla fuga, inseguendoli fino quasi alle loro caverne. Dei nemici ne morirono centosettanta, noi invece perdemmo un solo uomo, il timoniere, che aveva avuto la schiena trapassata da una lisca di triglia. Quel giorno e quella notte bi[[vacca]]mmo sul campo di battaglia e innalzammo un trofeo impalando la carcassa scarnificata di un delfino. Il giorno successivo, venuti a conoscenza dell'accaduto, sopraggiunsero anche gli altri: occupavano l'ala destra i Salamoiati, al comando di Fangoso; l'ala sinistra i Testeditonno, il centro i Cheledigranchio; i Capronimarini, invece, se ne stettero tranquilli perché avevano deciso di rimanere neutrali. Stavolta partimmo all'attacco per primi e li affrontammo nelle vicinanze del santuario di [[Poseidone]], lottando con urla selvagge: il ventre del mostro ne rimbombava come una caverna. Dopo averli obbligati a ripiegare - erano armati alla leggera - e braccati fino alla selva, da quel momento diventammo padroni del paese.
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Noi però, armati di tutto punto in previsione dell'attacco, li attendevamo a piè fermo dopo aver predisposto un'imboscata utilizzando venticinque uomini, a cui avevamo comandato di piombar addosso ai nemici non appena li avessero avvistati: e gli ordini furono eseguiti puntualmente. Saltati su alle loro spalle li fecero a pezzi, mentre noi dall'altra parte, pure in venticinque - Scintaro e suo figlio combattevano al nostro fianco - muovevamo contro di loro e, azzuffatici, sostenevamo la lotta con coraggio e decisione. Alla fine li costringemmo alla fuga, inseguendoli fino quasi alle loro caverne. Dei nemici ne morirono centosettanta, noi invece perdemmo un solo uomo, il timoniere, che aveva avuto la schiena trapassata da una lisca di triglia. Quel giorno e quella notte bivaccammo sul campo di battaglia e innalzammo un trofeo impalando la carcassa scarnificata di un delfino. Il giorno successivo, venuti a conoscenza dell'accaduto, sopraggiunsero anche gli altri: occupavano l'ala destra i Salamoiati, al comando di Fangoso; l'ala sinistra i Testeditonno, il centro i Cheledigranchio; i Capronimarini, invece, se ne stettero tranquilli perché avevano deciso di rimanere neutrali. Stavolta partimmo all'attacco per primi e li affrontammo nelle vicinanze del santuario di [[Poseidone]], lottando con urla selvagge: il ventre del mostro ne rimbombava come una caverna. Dopo averli obbligati a ripiegare - erano armati alla leggera - e braccati fino alla selva, da quel momento diventammo padroni del paese.
 
Non molto dopo c'inviarono degli araldi per chieder di portar via i morti e discutere un eventuale accordo; a noi, però non sembrava opportuno trattare: il giorno dopo, invece, compimmo un'incursione nei loro territori, sterminandoli tutti quanti, salvo i Capronimarini, i quali del resto, preso atto della situazione, se ne fuggirono attraverso le branchie e si tuffarono in mare. Noi allora, liberi di muoverci in lungo e in largo per il paese, ormai sgombrato da ogni presenza nemica, nel periodo successivo vi abitavamo in tutta tranquillità, impiegando il nostro tempo prevalentemente in esercizi ginnici e battute di caccia, coltivando le viti e raccogliendo i frutti degli alberi: insomma, eravamo come dei prigionieri che vivono in un carcere spazioso ma da cui non si può fuggire, provvisti di ogni comodità e senza ceppi ai piedi. Trascorremmo in questo modo un anno e otto mesi.
 
Non molto dopo c'inviarono degli araldi per chieder di portar via i morti e discutere un eventuale accordo; a noi, però non sembrava opportuno trattare: il giorno dopo, invece, compimmo un'incursione nei loro territori, sterminandoli tutti quanti, salvo i Capronimarini, i quali del resto, preso atto della situazione, se ne fuggirono attraverso le branchie e si tuffarono in mare. Noi allora, liberi di muoverci in lungo e in largo per il paese, ormai sgombrato da ogni presenza nemica, nel periodo successivo vi abitavamo in tutta tranquillità, impiegando il nostro tempo prevalentemente in esercizi ginnici e battute di caccia, coltivando le viti e raccogliendo i frutti degli alberi: insomma, eravamo come dei prigionieri che vivono in un carcere spazioso ma da cui non si può fuggire, provvisti di ogni comodità e senza ceppi ai piedi. Trascorremmo in questo modo un anno e otto mesi.
 
Al quinto giorno del nono mese, più o meno alla seconda apertura della bocca - la balena compiva questa operazione una volta ogni ora e così, in relazione alle aperture di fauci, potevamo calcolare il trascorrere del tempo - verso la seconda apertura dunque, come stavo dicendo, all'improvviso si sono udite urla altissime, un gran baccano, e come degli ordini secchi e uno sciacquio di remi. In preda a una viva agitazione, ci arrampichiamo su fino alla bocca del mostro, e standocene un po' dietro i denti, ci troviamo davanti agli occhi lo spettacolo più assurdo di quanti ne abbia visti mai: dei giganti alti circa mezzo stadio che navigavano su grandi isole come fossero delle triremi. Naturalmente, mi rendo conto che sto per raccontare cose che hanno più l'aria di fantasie che di verità, ma parlerò ugualmente. Le isole erano di forma allungata, non molto alte, circa cento stadi ognuna di perimetro; a bordo - diciamo così - di ciascuna si trovavano circa centoventi di quegli uomini. Di questi, parte stavano seduti in fila ai due lati dell'isola e vogavano servendosi come remi di poderosi cipressi con tanto di rami e foglie; nella parte posteriore - a poppa, per così dire - su un rilievo collinoso stava il pilota, che reggeva un timone di [[bronzo]] di cinque stadi di lunghezza; a prua combattevano una cinquantina di individui ben armati, in tutto e per tutto identici ad esseri umani salvo nella capigliatura, che era una massa di fuoco accesa, per cui non avevano nemmeno bisogno di elmi. Invece che nelle vele, il vento soffiava dentro la selva, vasta e fitta in ciascuna isola, piegava i rami e portava l'isola nella direzione voluta dal timoniere; alla ciurma era preposto un capo rematore, e le isole si muovevano veloci al battito dei remi, come le navi da guerra.
 
Al quinto giorno del nono mese, più o meno alla seconda apertura della bocca - la balena compiva questa operazione una volta ogni ora e così, in relazione alle aperture di fauci, potevamo calcolare il trascorrere del tempo - verso la seconda apertura dunque, come stavo dicendo, all'improvviso si sono udite urla altissime, un gran baccano, e come degli ordini secchi e uno sciacquio di remi. In preda a una viva agitazione, ci arrampichiamo su fino alla bocca del mostro, e standocene un po' dietro i denti, ci troviamo davanti agli occhi lo spettacolo più assurdo di quanti ne abbia visti mai: dei giganti alti circa mezzo stadio che navigavano su grandi isole come fossero delle triremi. Naturalmente, mi rendo conto che sto per raccontare cose che hanno più l'aria di fantasie che di verità, ma parlerò ugualmente. Le isole erano di forma allungata, non molto alte, circa cento stadi ognuna di perimetro; a bordo - diciamo così - di ciascuna si trovavano circa centoventi di quegli uomini. Di questi, parte stavano seduti in fila ai due lati dell'isola e vogavano servendosi come remi di poderosi cipressi con tanto di rami e foglie; nella parte posteriore - a poppa, per così dire - su un rilievo collinoso stava il pilota, che reggeva un timone di [[bronzo]] di cinque stadi di lunghezza; a prua combattevano una cinquantina di individui ben armati, in tutto e per tutto identici ad esseri umani salvo nella capigliatura, che era una massa di fuoco accesa, per cui non avevano nemmeno bisogno di elmi. Invece che nelle vele, il vento soffiava dentro la selva, vasta e fitta in ciascuna isola, piegava i rami e portava l'isola nella direzione voluta dal timoniere; alla ciurma era preposto un capo rematore, e le isole si muovevano veloci al battito dei remi, come le navi da guerra.
Prima ne avvistammo due o tre, poi ne comparvero almeno seicento: le parti avverse si attestarono su posizioni contrapposte e iniziarono a combattere, più precisamente a combattere una battaglia navale. Molte, urtandosi di prua, si schiantavano le une contro le altre; molte dopo la collisione, colavano a picco; altre restavano incastrate, lottavano furiosamente e difficilmente riuscivano a separarsi. I guerrieri schierati a prora mostravano tutto il loro ardore nell'andare all'arrembaggio e massacrare: non si facevano prigionieri. Invece di arpioni di ferro, lanciavano giganteschi polipi intrecciati gli uni agli altri, che si abbarbicavano alla vegetazione e trattenevano l'isola. Si ferivano scagliandosi ostriche grandi tanto da riempire un carro, e spugne colossali. A capo degli uni c'era Centauroveloce, degli altri Bevimare. Il conflitto era scoppiato tra loro, pare, per colpa di una razzia: dicevano che Bevimare si era portato via molte mandrie di delfini di Centauroveloce, almeno a quanto abbiamo potuto capire dalle accuse reciproche che si lanciavano, urlando i nomi dei loro re. Alla fine ebbero la meglio gli uomini di Centauroveloce: affondarono circa centocinquanta isole nemiche, e ne presero altre tre con tutto l'equipaggio; le altre, muovendosi a ritroso, batterono in ritirata. I vincitori le inseguirono per un certo tratto, poi, siccome era ormai sera, tornarono indietro verso la zona dei relitti, s'impadronirono della maggior parte di questi e raccolsero i propri: erano colate a picco anche non meno di ottanta loro isole. Infine innalzarono un trofeo in ricordo della battaglia delle isole, impalando sulla testa della balena una delle isole nemiche. Quella notte bi[[vacca]]rono intorno al mostro, legandovi le gomene e gettando nelle acque circostanti le ancore, enormi, di vetro, robustissime. Il giorno dopo offrirono un sacrificio sulla balena e, seppelliti i loro morti su di lei, presero il mare tutti contenti, intonando canti che suonavano come inni di vittoria. Questo avvenne durante la battaglia delle isole.
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Prima ne avvistammo due o tre, poi ne comparvero almeno seicento: le parti avverse si attestarono su posizioni contrapposte e iniziarono a combattere, più precisamente a combattere una battaglia navale. Molte, urtandosi di prua, si schiantavano le une contro le altre; molte dopo la collisione, colavano a picco; altre restavano incastrate, lottavano furiosamente e difficilmente riuscivano a separarsi. I guerrieri schierati a prora mostravano tutto il loro ardore nell'andare all'arrembaggio e massacrare: non si facevano prigionieri. Invece di arpioni di ferro, lanciavano giganteschi polipi intrecciati gli uni agli altri, che si abbarbicavano alla vegetazione e trattenevano l'isola. Si ferivano scagliandosi ostriche grandi tanto da riempire un carro, e spugne colossali. A capo degli uni c'era Centauroveloce, degli altri Bevimare. Il conflitto era scoppiato tra loro, pare, per colpa di una razzia: dicevano che Bevimare si era portato via molte mandrie di delfini di Centauroveloce, almeno a quanto abbiamo potuto capire dalle accuse reciproche che si lanciavano, urlando i nomi dei loro re. Alla fine ebbero la meglio gli uomini di Centauroveloce: affondarono circa centocinquanta isole nemiche, e ne presero altre tre con tutto l'equipaggio; le altre, muovendosi a ritroso, batterono in ritirata. I vincitori le inseguirono per un certo tratto, poi, siccome era ormai sera, tornarono indietro verso la zona dei relitti, s'impadronirono della maggior parte di questi e raccolsero i propri: erano colate a picco anche non meno di ottanta loro isole. Infine innalzarono un trofeo in ricordo della battaglia delle isole, impalando sulla testa della balena una delle isole nemiche. Quella notte bivaccarono intorno al mostro, legandovi le gomene e gettando nelle acque circostanti le ancore, enormi, di vetro, robustissime. Il giorno dopo offrirono un sacrificio sulla balena e, seppelliti i loro morti su di lei, presero il mare tutti contenti, intonando canti che suonavano come inni di vittoria. Questo avvenne durante la battaglia delle isole.
 
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