Biblioteca:Igino, Fabulae 194

Arione[modifica]

Arione di Metimna, che era il più eccellente tra i suonatori di cetra, fu prediletto dal re Piranto di Corinto. Egli chiese al re di lasciarlo andare di città in città per dimostrare a tutti la sua arte e acquistò un patrimonio immenso. Allora i suoi servi, assieme ai marinai, complottarono di ucciderlo. In sogno gli apparve Apollo che gli disse di cantare con la sua ghirlanda e le sue vesti di scena e di confidarsi a quelli che sarebbero venuti in suo aiuto. Quando i servi e i marinai vollero ucciderlo, egli chiese di poter cantare davanti a loro. Il suono della cetra e il canto si sentiva sul mare tutto attorno, e la nave fu circondata da delfini, vedendo i quali egli si gettò in mare, ed essi lo raccolsero e lo portarono sino a Corinto dal re Piranto; quando toccò terra, desideroso di partire, non risospinse in mare il delfino, che morì in quel luogo. Egli narrò le sue vicende a Piranto e questi ordinò che il delfino fosse sepolto e gli fosse innalzato un monumento funebre. Poco tempo dopo, fu riferito a Piranto che a Corinto era arrivata, spinta da una tempesta, la nave sulla quale Arione era stato trasportato. Egli comandò che i marinai fossero portati al suo cospetto e chiese conto di Arione; essi dissero che era morto ed era stato da loro sepolto. A costoro il re rispose: «Domani giurerete davanti al monumento del delfino!» e ordinò che fossero tenuti in prigione. Poi dispose che Arione si nascondesse il giorno seguente dentro il sepolcro del delfino, abbigliato nello stesso modo con cui si era gettato in mare. Quando il re li fece condurre lì e li fece giurare per i mani del delfino che Arione era morto, Arione uscì dal sepolcro, ed essi, non sapendo grazie a quale Dio si fosse salvato, ammutolirono. Il re decretò che fossero crocifissi presso la tomba del delfino; Apollo poi, a causa della bravura nella citarodia, trasportò fra le stelle sia Arione che il delfino.