Biblioteca:Igino, Fabulae 104

Laodamia[modifica]

Una volta trascorse le tre ore che aveva chiesto agli Dèi, Laodamia, figlia di Acasto, non poté sopportare lo strazio e il dolore per la perdita del marito; fece dunque plasmare una statua di bronzo simile a Protesilao, la pose nella camera nuziale col pretesto dei riti sacri e prese a circondarla di cure. Un giorno un servo, portando di primo mattino dei frutti da offrire alla statua di Protesilao, sbirciò attraverso una fessura e vide che Laodamia teneva la statua tra le braccia e la baciava; pensando che s’intrattenesse con un amante andò a riferirlo al padre di lei, Acasto. Questi si precipitò immediatamente nella camera e vide l’effigie di Protesilao; allora, affinché la figlia cessasse di tormentarsi, ordinò d’innalzare una pira e di bruciarvi la statua, ma Laodamia, non reggendo al dolore, vi si gettò sopra anche lei e fu arsa viva.