Modifica di File:Ulisse e Diomede nella tenda di Reso.jpg

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|descrizione=Il dipinto costituisce uno degli acquisti più prestigiosi effettuati dalla Pina­coteca Provinciale di Bari dopo la ristrutturazione del 1964. Entrato a far parte delle collezioni nel 1979 (BELLI D'ELIA 1988), si è aggiunto al rag­guardevole numero di opere del Giaquinto già presenti nel museo, tutte caratterizzate da uno straordinario livello qualitativo. Esso raffigura il momento culminante dell' assalto notturno - narrato nel X canto dell'Iliade - condotto da Ulisse e Diomede nell'accampamento dei Tro­iani, dove sono attendati i Traci con il loro re, Reso, e con i loro splendidi cavalli bianchi. Introdottisi di nascosto nell'accampamento, i due eroi com­piono un'orrenda carneficina dei Traci e del loro re, che trovano addormen­tati; si impadroniscono poi dei cavalli e tornano rapidamente alle loro navi. Nulla della concitata atmosfera di questo cruento episodio di guerra traspa­re però nel dipinto, di spiccata impostazione teatrale. La luce (si direbbe dei riflettori) colpisce infatti da sinistra Ulisse e Diomede, giovani e avvenenti, privi di armatura per non far rumore, e coperti solo da svolazzanti, leggeri drappi serici dai raffinati accosta menti di colore (blu lapislazzulo e verde acido, viola e corallo). Nonostante i due eroi impugnino le armi con le quali daranno la morte a Reso, raffigurato seminudo e languidamente addormen­tato sotto un sontuoso baldacchino di velluto dorato, quasi un grande sipa­rio sollevato a mostrare il palcoscenico, il loro atteggiamento ispirato è quel­lo di due personaggi di un melodramma metastasiano, meglio di due sopra­nisti che stiano per intonare una cavatina. La scena si svolge nel padiglione dei Traci dove, nella penombra, i soldati a guardia del re, deposte le armi, dormono profondamente. La fitta oscurità che domina all'esterno è rotta solo dalla calda luce delle torce, che rivela in lontananza un'altra tenda dove giacciono altri soldati. La spiccata caratterizzazione teatrale del dipinto rimanda agli attestati inte­ressi musicali dell' artista, amico del sopranista di origine andriese Farinello (ritratto dal Giaquinto in veste di cavaliere di Calatrava nel dipinto del Museo Musicale di Bologna), il cui soggiorno alla corte di Spagna coincide in parte con quello (1753-1762) dello stesso Giaquinto, anche se non è pos­sibile, allo stato attuale, accertare l'esistenza di un melodramma di soggetto eroico che ne sia eventualmente alla base. Circa la datazione, la Belli D'Elia avanza la plausibile ipotesi che esso sia stato realizzato durante il periodo madrileno dell'artista - periodo al quale la studiosa data anche le Scene mitologiche in collezione De Luca a Molfet­ta -, e istituisce confronti stilisti ci con le Scene della Passione dipinte appun­to in Spagna per l'oratorio del re e con altre dello stesso soggetto oggi nella Casita del Prince a L'Escorial (in La Pinacoteca, 1998, pp. 190-192). Per la di Capua il dipinto è databile invece tra il 1735 e il 1739, anni in cui secondo D'Orsi (1958, pp. 45-48) il Giaquinto avrebbe eseguito la serie di sei tele ispirate ad altrettanti episodi dell'Eneide, anch'esse in certo modo legate al mondo musicale, in quanto testimonianza dell' eco suscitata dal melodramma metastasiano Didone abbandonata, rappresentato per la prima volta a Napoli, con musica di Sarro, nel 1724 e più volte musicato lungo tutto l'arco del Settecento. Benché il dipinto ora a Bari sia rimasto sconosciuto alla critica sino al 1978, anno in cui apparve ad un'asta Sotheby's, esso dovette godere al suo tempo di una certa fama: la Belli D'Elia ricorda infatti "un bozzetto, o meglio una copia antica di piccolo formato", passata anni fa sul mercato antiquariale romano senza suscitare soverchi entusiasmi a causa dell'impossibilità di rife­rirlo ad una composizione originale nota. Di recente sono state rese note due repliche autografe: l'una nei Musei Vati­cani (AMATO, 2002, p. 14), documentata nei musei dal 1967 e proveniente dagli ambienti della Segreteria di Stato, l'altra nel Museo di Cesena.
 
|descrizione=Il dipinto costituisce uno degli acquisti più prestigiosi effettuati dalla Pina­coteca Provinciale di Bari dopo la ristrutturazione del 1964. Entrato a far parte delle collezioni nel 1979 (BELLI D'ELIA 1988), si è aggiunto al rag­guardevole numero di opere del Giaquinto già presenti nel museo, tutte caratterizzate da uno straordinario livello qualitativo. Esso raffigura il momento culminante dell' assalto notturno - narrato nel X canto dell'Iliade - condotto da Ulisse e Diomede nell'accampamento dei Tro­iani, dove sono attendati i Traci con il loro re, Reso, e con i loro splendidi cavalli bianchi. Introdottisi di nascosto nell'accampamento, i due eroi com­piono un'orrenda carneficina dei Traci e del loro re, che trovano addormen­tati; si impadroniscono poi dei cavalli e tornano rapidamente alle loro navi. Nulla della concitata atmosfera di questo cruento episodio di guerra traspa­re però nel dipinto, di spiccata impostazione teatrale. La luce (si direbbe dei riflettori) colpisce infatti da sinistra Ulisse e Diomede, giovani e avvenenti, privi di armatura per non far rumore, e coperti solo da svolazzanti, leggeri drappi serici dai raffinati accosta menti di colore (blu lapislazzulo e verde acido, viola e corallo). Nonostante i due eroi impugnino le armi con le quali daranno la morte a Reso, raffigurato seminudo e languidamente addormen­tato sotto un sontuoso baldacchino di velluto dorato, quasi un grande sipa­rio sollevato a mostrare il palcoscenico, il loro atteggiamento ispirato è quel­lo di due personaggi di un melodramma metastasiano, meglio di due sopra­nisti che stiano per intonare una cavatina. La scena si svolge nel padiglione dei Traci dove, nella penombra, i soldati a guardia del re, deposte le armi, dormono profondamente. La fitta oscurità che domina all'esterno è rotta solo dalla calda luce delle torce, che rivela in lontananza un'altra tenda dove giacciono altri soldati. La spiccata caratterizzazione teatrale del dipinto rimanda agli attestati inte­ressi musicali dell' artista, amico del sopranista di origine andriese Farinello (ritratto dal Giaquinto in veste di cavaliere di Calatrava nel dipinto del Museo Musicale di Bologna), il cui soggiorno alla corte di Spagna coincide in parte con quello (1753-1762) dello stesso Giaquinto, anche se non è pos­sibile, allo stato attuale, accertare l'esistenza di un melodramma di soggetto eroico che ne sia eventualmente alla base. Circa la datazione, la Belli D'Elia avanza la plausibile ipotesi che esso sia stato realizzato durante il periodo madrileno dell'artista - periodo al quale la studiosa data anche le Scene mitologiche in collezione De Luca a Molfet­ta -, e istituisce confronti stilisti ci con le Scene della Passione dipinte appun­to in Spagna per l'oratorio del re e con altre dello stesso soggetto oggi nella Casita del Prince a L'Escorial (in La Pinacoteca, 1998, pp. 190-192). Per la di Capua il dipinto è databile invece tra il 1735 e il 1739, anni in cui secondo D'Orsi (1958, pp. 45-48) il Giaquinto avrebbe eseguito la serie di sei tele ispirate ad altrettanti episodi dell'Eneide, anch'esse in certo modo legate al mondo musicale, in quanto testimonianza dell' eco suscitata dal melodramma metastasiano Didone abbandonata, rappresentato per la prima volta a Napoli, con musica di Sarro, nel 1724 e più volte musicato lungo tutto l'arco del Settecento. Benché il dipinto ora a Bari sia rimasto sconosciuto alla critica sino al 1978, anno in cui apparve ad un'asta Sotheby's, esso dovette godere al suo tempo di una certa fama: la Belli D'Elia ricorda infatti "un bozzetto, o meglio una copia antica di piccolo formato", passata anni fa sul mercato antiquariale romano senza suscitare soverchi entusiasmi a causa dell'impossibilità di rife­rirlo ad una composizione originale nota. Di recente sono state rese note due repliche autografe: l'una nei Musei Vati­cani (AMATO, 2002, p. 14), documentata nei musei dal 1967 e proveniente dagli ambienti della Segreteria di Stato, l'altra nel Museo di Cesena.
 
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