Canto della schiera di Igor

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E' la più antica e più alta creazione epica del genio russo.
Il canto fu composto da un poeta anonimo, vissuto alla corte di Igor intorno al 1185, anno in cui avvenne la spedizione militare, durata tre giorni e tre notti, di questo principe di Novgorod-Severskij contro la tribù nomade dei Cumani o Polovtsy.
Questo testo fu scoperto - in una trascrizione fatta da un ignoto copista del XVI sec. - solo nel 1795 dal conte Musin-Puskin, studioso di antichità russe, e pubblicato nel 1800.
La suddetta copia manoscritta andò perduta nell'incendio di Mosca del 1812 (durante l'invasione napoleonica), dopodiché lunghe polemiche sorsero tra gli studiosi, molti dei quali pensarono che il testo fosse un falso.
E' un poema della "riconquista", come i due suddetti Cantari, poiché si vuole riprendere al nemico un territorio che apparteneva agli avi dei Variaghi, ma mentre nelle opere occidentali l'ideologia religiosa è al centro delle vicende, qui invece la fede è completamente assente dall'animo di Igor. Il suo è un obiettivo puramente politico-economico.
Il Canto anzi affonda le proprie radici culturali in credenze pagane o addirittura primitive, animistiche, poiché si concepisce ogni essere di natura come "animato", come una forza che contribuisce, insieme ad altre, a salvare o rovinare gli uomini. P. es. Jaroslavna non prega dio, dopo la sconfitta del marito, ma il vento, il Dnieper e il sole. Lo stesso Igor riesce a fuggire con l'aiuto di elementi naturali.
In generale vi è in questo poema un grande interesse per la descrizione della natura: persino il mondo animale viene evocato con incredibile esattezza nell'osservazione zoologica. Il Canto, pervaso da uno spirito patriottico e umanitario (in questo senso è anche una sorta di trattato storico-politico), narra la sconfitta di un principe, ma si conclude con un certo senso dell'ottimismo, con l'esaltazione dell'ardimento umano, anche perché Igor riuscirà a trovare una felice soluzione al problema territoriale.