Il Crepuscolo degli Dèi

<p>Appena vide i Latini cedere affranti dallavversa battaglia,<br>
ed essere ora invocati gli impegni da lui profferti,<br>
e tutti gli occhi fissarlo, tanto più Turno arde implacabile,<br>
ed esalta l'animo. Come nei punici campi<br>
un leone colpito nel petto da grave ferita dei cacciatori,<br>
muove all'attacco, ed esulta scuotendo la folta<br>
criniera sul collo, e impavido infrange linfitta asta<br>
del mercenario cacciatore, e ruggisce con le fauci insanguinate:<br>
ugualmente cresce la violenza nel fervido Turno.<br>
E parla così al re, e torvo comincia:<br>
Nessuna esitazione in Turno; non vi è ragione<br>
che i vili [[Enea]]di ritrattino le parole o ricusino laccordo.<br>
Mi batto. Adempi il rito, o padre, ed esprimi le condizioni.<br>
O sprofonderò con questa destra nel [[Tartaro]] il dardanio<br>
disertore dell'Asia (siedano e assistano i Latini),<br>
e da solo vendicherò con il ferro la comune offesa,<br>
o egli ci tenga in suo dominio, e gli tocchi Lavinia in isposa.<br>
A lui con animo pacato risponde Latino: o magnanimo<br>
giovane, quanto tu sovrabbondi di feroce valore,<br>
con cura tanto maggiore devo trepidamente pensare<br>
e soppesare tutti gli eventi. Tu possiedi il regno<br>
del padre Dauno, le molte città conquistate<br>
con la forza, e Latino possiede ricchezze e valore;<br>
vi sono altre fanciulle nel Lazio e nei campi laurenti,<br>
e di stirpe gloriosa. Lascia che senza inganni chiarisca<br>
cose spiacevoli a dirsi; accogli questo nellanimo:<br>
non potevo unire la figlia a nessuno degli antichi<br>
pretendenti, e ciò vaticinavano tutti, dei e uomini.<br>
Vinto dall'amore per te, vinto dall'affinità di sangue,<br>
e dalle lagrime della mesta consorte, ruppi tutti gli impegni, <br>
strappai la fidanzata al genero, presi empie armi.<br>
Che sventure e che guerre, o Turno, mi derivino da ciò,<br>
lo vedi, e quali grandi affanni soffri per primo.<br>
Vinti due volte in grande battaglia, serbiamo a stento in<br>
città le speranze italiche; le acque del Tevere si scaldano di nuovo <br>
del nostro sangue, e i campi biancheggiano di molte ossa.<br>
Dove mi volgo più volte? Che follia mi turba la mente?<br>
Se sono disposto ad accoglierli alleati, morto Turno,<br>
perché piuttosto non arresto la battaglia, mente ancora vive?<br>
Che diranno i consanguinei Rutuli, e tutta l'Italia,<br>
se abbandonerò alla morte (la Fortuna smentisca le parole!)<br>
te che chiedevi mia figlia e le nostre nozze?<br>
Guarda i mutevoli eventi della guerra; abbi pietà<br>
del vecchio padre, che ora mesto la patria Ardea<br>
divide lontano. Ma la violenza di Turno non si piega <br>
con parole; divampa di più, e a medicarla saggrava.<br>
Appena poté parlare, così persevera a dire:<br>
La cura che ti prendi di me, ti prego, ottimo padre,<br>
deponila, e lascia che pattuisca la morte in cambio della gloria.<br>
Anch'io scaglio, o padre, dardi di rigido ferro,<br>
con il braccio; anche dai miei colpi sorga sangue;<br>
gli sarà lontana la madre dea che lo protegga mentre fugge<br>
in una nube femminea, e si celi nelle ombre leggere.<br>
Ma la regina, atterrita dalla nuova sorte della battaglia,<br>
piangeva, e, destinata a morire, tratteneva il giovane ardente:<br>
Turno, per queste mie lagrime, per il nome di Amata,<br>
se t'importa - tu, ormai unica speranza e ristoro<br>
alla mia sventurata vecchiaia; Lonore e la potenza di Latino<br>
dipendono da te, su di te poggia la casa cadente -,<br>
questo soltanto ti chiedo: desisti dal combattere con i [[Teucri]].<br>
Qualunque destino ti attende nel duello, attende<br>
anche me, o Turno; lascerò con te l'odiosa luce,<br>
e non vedrò, prigioniera, [[Enea]] diventarmi genero.<br>
Lavinia accolse il discorso della madre con lagrime<br>
sparse sulle gote accese, e un intenso rossore<br>
le aggiunse fuoco e corse sul viso bruciante.<br>
Come se alcuno macchiasse avorio indiano con porpora<br>
sanguigna, o come quando candidi gigli rosseggiano, mischiati<br>
a molte rose: tali colori la fanciulla rendeva dal volto.<br>
L'amore turba Turno, e fissa lo sguardo sulla fanciulla; <br>
anela ancor più alle armi, e parla brevemente ad Amata:<br>
Non congedarmi, ti prego, con lagrime e con tale auspicio,<br>
mentre mi avvio ai cimenti del duro [[Ares|Marte]],<br>
o madre: Turno non ha il potere di fermare la morte.<br>
Idmone, riferisci messaggero queste parole non gradite<br>
al tiranno frigio. Appena lAurora di domani<br>
rosseggerà nel cielo trasportata sulle ruote purpuree,<br>
non lanci i [[Teucri]] sui Rutuli; riposino le armi dei [[Teucri]]<br>
e dei Rutuli: decidiamo la guerra col nostro sangue;<br>
su quella pianura si ottenga Lavinia in isposa.<br>
Come ebbe detto così, si ritira rapido nella tenda.<br>
Chiede i cavalli, e gode al vederli fremere<br>
davanti ai suoi occhi; li donò la stessa Orizia, onore a Pilumno,<br>
che superassero le nevi nel candore, i venti nella corsa;<br>
saffaccendano, intorno, solerti staffieri, e percuotono <br>
e accarezzano i petti col palmo delle mani e ravviano le criniere<br>
sul collo. Egli poi si cinge le spalle di una corazza<br>
ruvida doro e di bianco oricalco; e si adatta<br>
la maneggevole spada, lo scudo e le punte del rosso cimiero;<br>
la spada che il dio, signore del fuoco, aveva forgiato <br>
al padre Dauno, e tuffata rovente nellonda stigia.<br>
Poi afferra con forza la valida lancia che stava<br>
appoggiata a una grande colonna in mezzo alla sala,<br>
spoglia dell'aurunco Attore, e la squassa vibrante, gridando:<br>
Ora, o lancia che mai deludesti le mie invocazioni, <br>
ora è il momento. Prima il magnanimo Attore,<br>
ora timpugna Turno. Concedimi di atterrare il corpo,<br>
e di squarciare e dinfrangere con valida mano la corazza<br>
dell'effeminato frigio, e di deturpare nella polvere la chioma<br>
arricciata con caldo ferro e madida di mirra. <br>
Si agita con questa furia, e sprizzano da tutto il volto<br>
ardenti scintille; negli occhi selvaggi balena il fuoco:<br>
come il toro che all'inizio dello scontro solleva<br>
terribili muggiti o tenta di raccogliere lira nelle corna,<br>
avventandosi al tronco d'un albero, e sfida i venti coi colpi, <br>
e si prepara alla battaglia spargendo con gli zoccoli la sabbia.<br>
Frattanto, non meno terribile nelle armi materne,<br>
[[Enea]] inasprisce limpeto di [[Ares|Marte]] e si infiamma dira,<br>
lieto che la guerra si concluda con lofferta del patto.<br>
Allora conforta i compagni e il timore del mesto Iulo, <br>
rammentando i fati, e ordina che alcuni riportino<br>
al re Latino sicuri responsi, ed espongano le leggi dellaccordo.<br>
Il nuovo giorno cospargeva appena di luce la cima<br>
dei monti, quando dal gorgo profondo si levano<br>
i cavalli del Sole, e dalle nari alzate spirano raggi.<br>
Rutuli e [[Troiani]] misurano il campo sotto le mura<br>
dellalta città, e lo preparano per lo scontro;<br>
cataste nel mezzo e are erbose agli dei comuni;<br>
altri portavano fuoco e acqua, coperti dal grembiule<br>
listato di porpora, cinte di verbena le tempie.<br>
Avanza la legione degli Ausonidi, e le schiere serrate<br>
si rovesciano dalle porte ricolme; di qui tutto lesercito<br>
dei [[Troiani]] e dei Tirreni accorre con armi diverse<br>
coperti di ferro, come se chiamasse unaspra<br>
contesa di [[Ares|Marte]]. E in mezzo alle migliaia gli stessi<br>
capi volteggiano superbi d'oro e di porpora,<br>
e Mnesteo, stirpe di [[Assaraco]], e il forte Asila,<br>
e Messapo, domatore di cavalli, nettunia prole.<br>
Dato il segnale, ciascuno si ritirò al suo posto;<br>
infiggono in terra le aste e vi appoggiano gli scudi. <br>
Allora accorsero con ansia le madri, e il popolo inerme<br>
e i vecchi invalidi occuparono le torri e i tetti delle case,<br>
altri si posero ritti sulla sommità delle porte.<br>
Ma Giunone dalla cima d'un colle, che ora si chiama Albano<br>
- allora l'altura non aveva un nome, un culto, una fama -, <br>
scrutando guardava il campo e ambedue le schiere<br>
dei Laurenti e dei [[Teucri]], e la città di Latino.<br>
Subito parlò così alla sorella di Turno,<br>
dea alla dea, che presiede ai laghi e ai fiumi<br>
sonori - Giove, Lalto re dell'etere, le consacrò<br>
quest'onore in cambio della verginità rapita -:<br>
[[ninfa]], gloria dei fiumi, gratissima al nostro animo,<br>
sai come abbia anteposto te sola a tutte le donne latine <br>
che ascesero all'ingrato giaciglio del magnanimo Giove, <br>
e tabbia di buon grado collocato in una parte del cielo. <br>
Apprendi, Giuturna, e non incolparmi, la tua sventura.<br>
Finché la Fortuna sembrò permetterlo e le Parche lasciarono<br>
che gli eventi prosperassero per il Lazio, protessi Turno e le tue mura;<br>
ora vedo che il giovane combatte con impari fati<br>
e savvicina il giorno delle Parche e la forza nemica.<br>
Io non sopporto di assistere allo scontro e al patto<br>
tu, se osi qualcosa di più efficace per il fratello, avanti!,<br>
puoi farlo. Forse un destino migliore attende gli sventurati.<br>
Disse appena, e Giuturna si sciolse in lagrime<br>
e tre e quattro volte percosse con la mano il bel petto.<br>
Non è tempo di lagrime, disse la saturnia Giunone.<br>
Affréttati e, se vi è un modo, strappa il fratello alla morte;<br>
o suscita guerra, e sconvolgi il progetto d'un accordo:<br>
io ti ispiro losare. Esortatala così, la lasciò<br>
inquieta e con lanimo turbato da triste ferita.<br>
Frattanto andavano i re, e su una grande,<br>
massiccia quadriga Latino, al quale dodici<br>
raggi d'oro recingono le fulgide tempie,<br>
emblema dell'avo Sole; Turno va su una bianca biga<br>
vibrando due aste di largo ferro per mano.<br>
Di là il padre [[Enea]], origine della stirpe romana,<br>
balenante dello scudo sidereo e delle armi celesti,<br>
e accanto Ascanio, seconda speranza della grande Roma,<br>
avanzano dal campo, e il sacerdote con pura veste<br>
conduce un neonato di setoloso maiale e un'intonsa bidente,<br>
e spinge le bestie alle are coperte di fiamme.<br>
Essi, volgendo gli occhi al sole nascente<br>
spargono salso frumento, e segnano col ferro<br>
le tempie delle vittime, e libano con le coppe sugli altari.<br>
Allora il pio [[Enea]] prega così con la spada snudata:<br>
Ora sia testimonio alla mia preghiera il Sole,<br>
e la Terra, per cui potei sopportare tanti affanni,<br>
e il Padre onnipotente, e tu, saturnia sposa<br>
(ormai raddolcita, o dea, ti prego); e tu<br>
inclito [[Ares|Marte]], che pieghi, o padre, a un tuo cenno<br>
tutte le guerre; e invoco le fonti e i fiumi<br>
e le divinità dellalma etere, e i numi del ceruleo mare:<br>
se mai la vittoria toccherà all'ausonio Turno,<br>
stabiliamo che i vinti si ritraggano nella città di Evandro;<br>
Iulo abbandonerà i campi; e mai in seguito gli [[Enea]]di<br>
riprenderanno ribelli le armi, o sfideranno il regno col ferro.<br>
Se invece la vittoria assolverà la nostra battaglia<br>
- come prevedo, e gli dei la governino con il loro potere -,<br>
io non vorrò che gli Italici obbediscano ai [[Teucri]],<br>
e non chiedo un regno per me: ambedue le genti<br>
con pari leggi si affidino invitte a un eterno patto.<br>
Darò riti e dei; il suocero Latino abbia le armi<br>
e il sovrano dominio; a me i [[Teucri]] fonderanno<br>
mura, e alla città darà il nome Lavinia.<br>
Così [[Enea]] per primo; segue così Latino,<br>
guardando il cielo, e tende la destra alle stelle:<br>
Le medesime cose, o [[Enea]], giuro sulla terra, sul mare,<br>
sulle stelle, e sul duplice parto di [[Leto]], e su Giano bifronte,<br>
e sulla potenza degli dei inferni e sui sacrari dell'aspro Dite;<br>
ascolti ciò il Padre che sancisce i patti col fulmine.<br>
Tocco le are, e chiamo tra noi a testimoni i fuochi e i numi:<br>
nessun giorno infrangerà la pace e il patto per gli Itali,<br>
dovunque volgano gli eventi; nessuna violenza mi svierà<br>
consenziente, neanche se rovesci la terra nelle onde,<br>
sconvolgendola con un diluvio, e dissolva il cielo nel [[Tartaro]]: <br>
come questo scettro(infatti si trovava a impugnare lo<br>
scettro); mai da lieve fronda getterà virgulti e ombre,<br>
dacché, reciso nelle selve dalla profonda radice, manca<br>
della madre, e depose ai colpi del ferro le chiome e le<br>
braccia;<br>
albero un tempo; ora la mano dell'artefice lo racchiuse<br>
in fulgido [[bronzo]], e lo diede da portare ai re latini.<br>
Con tali parole stringevano patti tra loro<br>
alla vista dei capi; poi sgozzano ritualmente<br>
sulla fiamma le vittime consacrate e ad esse ancor vive<br>
strappano le viscere, e coprono le are di vassoi ricolmi.<br>
Ma già ai Rutuli il duello sembrava ineguale,<br>
e i cuori erano turbati da varie emozioni, e tanto più allora<br>
quando li vedono da vicino di impari forze.<br>
Contribuisce a ciò Turno avanzando con tacito passo<br>
e adorando supplice lara con lo sguardo reclino,<br>
le gote languenti e il pallore sul giovane corpo.<br>
Appena la sorella Giuturna vide infittirsi<br>
i discorsi, e mutare i vacillanti cuori del popolo,<br>
in mezzo alle schiere, simulando l'aspetto di Camerte<br>
- che aveva una gloriosa stirpe dagli avi, e una splendida<br>
fama<br>
del valore paterno, mentre egli stesso era fortissimo in armi -<br>
si getta in mezzo alle schiere, consapevole delle condizioni,<br>
e semina varie voci, e dice così:<br>
Non vi vergognate, o Rutuli, di arrischiare un'unica vita<br>
per quella di tanti valorosi? Non siamo pari di numero <br>
e di forze? Ecco, questi sono tutti, [[Troiani]] e Arcadi,<br>
e la schiera fatale, L'Etruria nemica di Turno: se combattessimo<br>
uno contro uno, a stento ognuno di noi troverebbe un nemico.<br>
E quello giungerà per fama ai celesti, alle are<br>
dei quali si consacra, e vivo andrà per le bocche;<br>
noi, perduta la patria, dovremo obbedire a superbi<br>
padroni, ed ora sediamo inoperosi nei campi.<br>
Riarse a tali parole lanimo dei giovani,<br>
e sempre di più un mormorio serpeggia tra le file;<br>
gli stessi Laurenti mutano, gli stessi Latini.<br>
E quelli che già si attendevano tregua alla battaglia,<br>
e salvezza per lo stato, ora chiedono armi e vogliono rendere<br>
vano il patto, e commiserano l'iniqua sorte di Turno.<br>
A ciò Giuturna aggiunge qualcosa di più grande, e dà<br>
un segno dallalto cielo, del quale nessuno più efficace<br>
turbò le italiche menti e le ingannò con un portento.<br>
Nel rosso cielo volando la fulva [[aquila]] di Giove<br>
inseguiva gli uccelli della riva, la turba sonora<br>
dell'alato stormo; e piombata sulle onde<br>
afferra feroce con gli artigli un bellissimo cigno.<br>
Gli Italici protesero gli animi, e tutti gli uccelli<br>
con un grido invertono la fuga (mirabile a vedersi),<br>
e oscurano il cielo con le ali, e fatta una nube,<br>
incalzano il nemico nell'aria, finché il rapace<br>
vinto dall'assalto e dal peso cedette, e lasciò cadere<br>
dagli artigli la preda nel fiume e fuggì nelle nubi, lontano.<br>
Allora i Rutuli salutano con un grido l'augurio,<br>
e preparano le mani alla lotta; e per primo l'augure Tolumnio:<br>
«Questo, disse ,è ciò che ho spesso invocato:<br>
accolgo e riconosco gli dei; con me, con me<br>
brandite il ferro, o infelici che il malvagio straniero<br>
atterrisce in guerra, simili a deboli uccelli, e devasta<br>
con violenza le vostre rive. Fuggirà, e lontano<br>
veleggerà sul mare. Ma voi serrate unanimi le file,<br>
e difendete in battaglia il re che vi viene strappato. <br>
Disse, e irrompendo scagliò l'asta contro i nemici;<br>
sibila lo stridulo corniolo, e fende l'aria sicuro.<br>
A ciò si accompagna un grande clamore. si scompigliano<br>
tutte le schiere, e i cuori sinfiammano nel tumulto.<br>
L'asta volando, poiché facevano fronte per caso<br>
i bellissimi corpi dei nove fratelli, che sola la fedele<br>
sposa tirrena aveva generato all'arcadio Gilippo,<br>
trapassò in pieno nel costato uno di essi,<br>
dove il balteo tessuto si logora al ventre, e la fibbia<br>
morde le cinghie dei fianchi: un giovane straordinario<br>
daspetto e darmi fulgenti, e lo rovesciò sulla fulva sabbia.<br>
Ma i fratelli, animosa falange, bruciata dal dolore,<br>
parte impugnano la spada, parte afferrano armi<br>
da lancio e ciechi s'avventano. Contro di loro si scagliano<br>
le schiere dei Laurenti; di qui dilagano di nuovo folti <br>
i [[Troiani]], e gli Agillini, e gli Arcadi con le armi dipinte.<br>
Così un solo desiderio possiede tutti, decidere col ferro.<br>
Spogliarono le are; s'irradia nel cielo una torbida<br>
tempesta di dardi, e cade una pioggia di ferro;<br>
tolgono crateri e fuochi. Fugge lo stesso Latino<br>
riportando gli dei offesi dal patto violato.<br>
Alcuni aggiogano i carri, o salgono d'un balzo<br>
a cavallo, o si mostrano pronti con le spade snudate.<br>
Messapo, avido di rompere il patto, incalza,<br>
lanciandogli contro il cavallo, il tirreno Auleste, re<br>
e munito dell'insegna di re; quello ritraendosi cade,<br>
e, misero, rotola con il capo e le spalle sulle are<br>
che gli si oppongono a tergo. Ardente gli vola addosso con lasta<br>
Messapo, e dall'alto del cavallo, e con l'arma grossa come<br>
una trave,<br>
ferisce gravemente quello che molto pregava, e dice: <br>
Lebbe; questa è una vittima migliore offerta ai grandi dei.<br>
Accorrono gli Italici, e spogliano le calde membra.<br>
Di fronte, Corineo afferra dallara un tizzone<br>
consunto, e a Ebiso che giungeva e vibrava il colpo<br>
riempie il viso di fiamme; la grande [[barba]] rifulse<br>
e bruciando diede un acre odore. Incalzandolo dall'alto,<br>
afferra con la sinistra la chioma del nemico sconvolto,<br>
e scagliandolo con forza con un ginocchio lo inchioda allara,<br>
e con la rigida spada lo colpisce al fianco. [[Podalirio]],<br>
inseguendo Also, un pastore irrompente in prima fila <br>
tra i dardi, lo minaccia con la nuda spada; ma quello,<br>
ritratta la scure. spacca a metà la fronte e il mento<br>
del nemico.<br>
A lui una dura quiete e un ferreo sonno sigilla<br>
gli occhi: le pupille si chiudono in uneterna notte.<br>
Ma il pio [[Enea]] con il capo scoperto tendeva<br>
la destra inerme, e gridando chiamava i suoi:<br>
Dove correte?. Cosè questa discordia che sorge<br>
improvvisa? Frenate l'ira! Il patto è già stabilito,<br>
e le leggi fissate; io solo posso combattere;<br>
permettetelo, e allontanate il timore: sancirò gli accordi<br>
con ferma mano; i riti ml assegnano Turno.<br>
Tra questi accenti, nel mezzo di questo discorso,<br>
ecco una freccia sibilante raggiunse a volo l'eroe;<br>
è incerto da quale mano fosse scagliata, da quale slancio <br>
sospinta, chi diede ai Rutuli un onore così grande,<br>
il caso o un dio; è nascosta la gloria del fatto insigne.<br>
Nessuno si vantò della ferita di [[Enea]].<br>
Turno, appena vide che [[Enea]] sallontanava dalla schiera,<br>
e i capi turbati, fervido avvampa di subitanea speranza; <br>
chiede i cavalli e insieme le armi, e balza<br>
superbo sul carro, e con le mani governa le briglie.<br>
Volteggiando mette a morte numerosi forti corpi<br>
di guerrieri; molti travolge morenti, o calpesta con il carro<br>
le schiere, o strappa e scaglia contro i fuggenti le aste. <br>
Come il sanguigno [[Ares|Marte]], quando presso le acque<br>
del gelido Ebro, sfrenato, percuote lo scudo, e muovendo<br>
guerra, lancia i cavalli furenti, e quelli nell'aperta<br>
pianura volano davanti ai Noti e allo [[Zefiro (1)|Zefiro]], geme<br>
al galoppo l'estrema [[Tracia (2)|Tracia]], e s'agitano intorno<br>
i volti del fosco Terrore, e le Ire, e le Insidie, corteggio<br>
del dio: così Turno impetuoso in mezzo agli scontri<br>
sospinge i cavalli fumanti di sudore, balzando<br>
sui nemici spietatamente uccisi; il rapido zoccolo sparge<br>
rugiade cruente, e calpesta la sabbia mista a sangue.<br>
E già ha ucciso Stenelo e Tamiro e [[Folo]],<br>
i primi in duello, L'altro da lontano; da lontano<br>
entrambi gli Imbrasidi, Glauco e Lade, che Imbraso<br>
aveva allevati in [[Licia]] e forniti di armi pari,<br>
a combattere da presso o a superare a cavallo i venti.<br>
In un'altra parte avanza in mezzo alla mischia<br>
Eumede, figlio dell'antico [[Dolone]], famoso in guerra,<br>
che richiama lavo nel nome, il padre nel valore e nel braccio:<br>
questi, un giorno, entrando a spiare nel campo<br>
dei Danai, osò chiedere in premio i cavalli del [[Pelide]]:<br>
il [[Tidide]] per tale prodezza lo ripagò con un altro premio,<br>
ed egli non aspira più ai destrieri di [[Achille]].<br>
Come Turno lo scorse lontano in campo aperto,<br>
inseguitolo prima per lungo spazio con un lieve<br>
giavellotto, ferma i cavalli aggiogati e balza dalla biga,<br>
e lo sovrasta semivivo, caduto, e premendogli il piede<br>
sul collo, gli strappa la fulgida spada di mano<br>
e gliela affonda in gola, e dallalto aggiunge così:<br>
Ecco i campi e la terra che in guerra cercavi, o troiano,<br>
L'Esperia misurala giacendo; quelli che osarono provarmi<br>
col ferro, ottengono questi premi, così fondano<br>
le mura. Gli dà per compagno, scagliando una lancia,<br>
Asbite, e Cloreo, e Sibari, e Darete, e Tersiloco,<br>
e Timete caduto dal collo del cavallo imbizzarrito.<br>
E come quando il soffio dell'edonio [[Borea (1)|Borea]]<br>
sibila sul profondo Egeo e accompagna i flutti alle rive,<br>
e dove incombono i venti, fuggono le nubi nel cielo:<br>
così dove Turno fende la via, le schiere cedono,<br>
corrono in rotta le file; L'impeto lo trascina,<br>
e l'aria sul carro che l'attraversa scuote il volante cimiero.<br>
Fegeo non ne sopportò lincalzare e l'ardere in cuore,<br>
ma si oppose al carro, e con la destra distorse i musi,<br>
schiumanti per i freni, dei cavalli lanciati al galoppo.<br>
Mentre è trascinato e pende dal giogo, indifeso,<br>
lo raggiunge una larga lancia, ed infissa gli squarcia<br>
la lorica a doppia maglia, e scalfisce il corpo con una ferita.<br>
Egli tuttavia volgendosi si oppone con lo scudo al nemico,<br>
e cerca di difendersi con la spada snudata, quando<br>
una ruota e l'asse con il giro vorticoso lo urtarono<br>
di schianto e lo rovesciarono al suolo, e Turno, seguendolo,<br>
tra la parte inferiore dellelmo e il sommo della corazza<br>
con la spada gli recise il capo, e lasciò il tronco sulla terra.<br>
Mentre Turno, vittorioso, semina tante uccisioni nei campi,<br>
frattanto Mnesteo e il fido Acate e con loro Ascanio<br>
condussero nell'accampamento [[Enea]] insanguinato,<br>
che appoggiava con sforzo alla lunga lancia gli alterni passi.<br>
Si adira, e tenta di strappare il dardo dalla canna<br>
spezzata, e chiede in aiuto un rimedio più rapido:<br>
che con una larga spada aprano la ferita, e fendano<br>
profondamente il nascondiglio del dardo e lo rimandino in battaglia.<br>
E già veniva, caro fra tutti a [[Febo]], Iapige,<br>
figlio di Iaso, al quale un giorno [[Apollo]],<br>
preso da ardente amore voleva concedere le proprie arti,<br>
i suoi doni, il vaticinio, e la cetra, e le veloci frecce.<br>
Egli, per protrarre la vita al padre morente,<br>
preferì conoscere il potere delle erbe e la pratica<br>
della medicina, ed esercitare oscuro le mute arti.<br>
[[Enea]] fremendo aspramente ristava appoggiato<br>
alla grande asta, tra il largo accorrere dei giovani<br>
e di Iulo angosciato; immobile davanti alle lagrime.<br>
Il vecchio, succinto con veste ritorta, secondo l'uso peonio,<br>
con valida mano di medico e con erbe potenti di [[Febo]],<br>
vanamente si affanna, vanamente sollecita con la mano<br>
la punta del dardo e stringe il ferro con pinza tenace.<br>
Nessuna fortuna asseconda la via, in nulla sovviene<br>
la guida di [[Apollo]]; e nella piana cresce sempre di più<br>
un crudele orrore, e si approssima la rovina. Già vedono<br>
il cielo offuscato dalla polvere; giungono i cavalieri, e i dardi<br>
cadono fitti nel campo; sale al cielo il lugubre clamore<br>
dei giovani che combattono e che soggiacciono al duro<br>
[[Ares|Marte]].<br>
Qui la madre [[Afrodite|Venere]], turbata dallimmeritato dolore<br>
del figlio, colse sull'Ida cretese il dittamo,<br>
stelo dalle rigogliose foglie e chiomato da fiori<br>
purpurei; erba non ignota alle capre selvatiche,<br>
quando alate frecce si conficcano nel loro dorso:<br>
[[Afrodite|Venere]] lo recò, Laspetto avvolto in un oscuro<br>
nembo; con quello intrise le acque versate<br>
in una lucida conca, medicandole in segreto, e sparse<br>
succo di salubre ambrosia e odorosa panacea.<br>
Il vecchio Iapige ignaro curò la ferita con quell'acqua; <br>
subito tutto il dolore fuggì dal corpo, e tutto il sangue<br>
stagnò nella profonda ferita. E già, seguendo la mano,<br>
la freccia cadde, senza che nessuno intervenisse,<br>
e le energie rinnovate tornarono simili a prima.<br>
Portate in fretta le armi all'eroe! Perché indugiate?: <br>
Iapige grida, e per primo infiamma gli animi<br>
contro il nemico. Ciò non proviene da potenza mortale.<br>
o da arte maestra, e non è la mia mano che ti salva, [[Enea]]:<br>
uno più grande di me, un dio ti guida, e ti invia a maggiori imprese.<br>
Egli, avido di battaglia, aveva racchiuso in oro<br>
ambedue i polpacci e spezza gli indugi e vibra lasta.<br>
Dopo che ebbe al fianco il maneggevole scudo e la corazza<br>
addosso, abbraccia Ascanio cingendolo con le sue armi,<br>
e sfiorandone attraverso lelmo i lievi baci gli parla:<br>
Apprendi, o ragazzo, il valore e il vero travaglio da me, <br>
la fortuna da altri: ora la mia destra ti offrirà<br>
difesa in guerra, e ti guiderà tra grandi prede.<br>
Tu, quando la tua età sarà maturata,<br>
ricorda, e quando rievocherai le imprese dei tuoi,<br>
il padre [[Enea]] e lo zio ti inciti, [[Ettore]].<br>
Come disse così, uscì grande dalle porte<br>
squassando limmane lancia; insieme s'avventano in folta<br>
schiera Anteo e Mnesteo, e tutta la turba dilaga,<br>
lasciato il campo; la pianura si offusca di polvere,<br>
e trema la terra scossa dal rombo dei passi.<br>
Dal terrapieno opposto Turno li vide venire,<br>
li videro gli Ausoni, e un gelido tremore corse<br>
nel profondo delle ossa; prima fra tutti i Latini,<br>
Giuturna udì e riconobbe il rimbombo, e fuggì tremante.<br>
Egli vola, e trascina la nera schiera in campo aperto.<br>
Come un nembo, scoppiata la bufera, si dirige a terra.<br>
attraverso il mare, ahi, rabbrividiscono di lontano<br>
i presaghi cuori dei miseri contadini; quello darà rovina<br>
agli alberi, e strage ai seminati; tutto sarà devastato;<br>
i venti volano innanzi e portano lo strepito alle rive:<br>
così il condottiero reteo guida la schiera<br>
contro i nemici, e tutti si addensano in file<br>
serrate. Timbreo ferisce di spada il grande Osiri<br>
Mnesteo uccide Arcezio, Acate Epulone,<br>
e Gìa Ufente; e cade l'augure Tolumnio,<br>
che per primo aveva scagliato l'asta contro i nemici.<br>
Si leva al cielo un clamore, e vòlti a vicenda<br>
i Rutuli mostrano i dorsi polverosi in fuga nei campi.<br>
[[Enea]] non si degna di abbattere a morte i fuggenti,<br>
né insegue quelli che l'affrontano a piede fermo,<br>
o accorrono in armi; aggirandosi cerca nella densa caligine<br>
il solo Turno, e lui solamente chiama al duello.<br>
Sconvolta nella mente da questo terrore, la virago<br>
Giuturna sbalza lauriga di Turno, Metisco,<br>
tra le briglie, e caduto dal timone lo lascia lontano,<br>
e gli subentra, e con le mani governa le redini ondeggianti,<br>
in tutto, nella voce e nel corpo e nelle armi, somigliante a<br>
Metisco.<br>
Come una nera rondine trasvola il grande palazzo<br>
di un ricco signore, e con le ali perlustra gli atrii,<br>
ghermendo piccole prede, alimento ai garruli nidi;<br>
e stride ora nei vuoti portici, ora intorno agli umidi<br>
stagni: così Giuturna va sui cavalli in mezzo ai nemici,<br>
e volando sul rapido carro trascorre dovunque le piaccia,<br>
mostrando di quà e di là il fratello trionfante:<br>
ma non lo lascia combattere, e vola via fuori strada.<br>
[[Enea]] per incontrarlo descrive giri non meno contorti,<br>
e lo cerca con lo sguardo e lo chiama ad alta voce<br>
per le schiere disperse. Quante volte scorse il nemico,<br>
e tentò correndo di competere con la fuga degli alati cavalli,<br>
tante volte Giuturna rivolse il carro nella direzione opposta. <br>
Ahi, che fare? Inutilmente fluttua in un vario ondeggiare,<br>
e diversi pensieri chiamano lanimo in parti contrarie.<br>
Messapo, leggero nella corsa, poiché nella sinistra portava<br>
due aste pesanti con la punta di ferro, di esse<br>
scagliandone una, la indirizza con slancio preciso. <br>
[[Enea]] si arrestò, e piegandosi sul ginocchio si raccolse<br>
nellarmi; tuttavia l'asta vibrata divelse<br>
il sommo dell'elmo, e abbatté dalla cima i pennacchi.<br>
Allora crescono le ire; spinto dall'insidia, appena<br>
capì che i cavalli e il carro tornavano indietro,<br>
molto invocando Giove e le are del patto violato,<br>
infine balza sui nemici che stanno nel mezzo e, col favore<br>
di [[Ares|Marte]], terribile suscita un'atroce strage<br>
senza distinzioni, e allenta tutte le briglie dellira.<br>
Ora quale nume mai mi esporrà con i versi<br>
tante sventure e stragi crudeli e uccisioni di capi,<br>
e quanti per tutta la pianura ora ne incalza Turno,<br>
ora l'eroe troiano? O Giove, volesti che lottassero<br>
con tale tumulto genti che sarebbero vissute in eterna pace?<br>
[[Enea]] colpì nel fianco il rutulo Sucrone - il primo<br>
scontro che riordinò i [[Teucri]] fuggenti - senza che molto<br>
resistesse, e, dove la morte è più rapida, vibrò<br>
la spada crudele attraverso le costole, gabbia del petto.<br>
Turno fa cadere da cavallo Amico e il fratello [[Diore]]<br>
poi li affronta a piedi, e luno che accorre colpisce<br>
con la lunga lancia, Laltro con la spada, e appende al carro<br>
le teste recise di entrambi, e le porta grondanti di sangue.<br>
[[Enea]] mette a morte Talo e Tanai e il forte Cerego.<br>
Ire in un solo scontro, e il mesto Onite,<br>
nome echionio, e figlio della madre Peridia; <br>
Turno uccide i fratelli venuti dalla [[Licia]] e dai campi di [[Apollo]],<br>
e il giovane arcade Menete, che invano odiava la guerra,<br>
e aveva il lavoro intorno alle acque della pescosa [[Lerna]],<br>
e una povera casa, e non conosceva le soglie dei potenti,<br>
mentre il padre seminava in una terra presa in affitto.<br>
Come incendi appiccati in parti diverse<br>
a una arida selva e a crepitanti virgulti di alloro;<br>
o come, con rapido deflusso dallalto dei monti,<br>
risuonano schiumosi torrenti, e corrono al mare,<br>
ognuno devastando il proprio percorso: così impetuosi,<br>
entrambi [[Enea]] e Turno trascorrono per le battaglie;<br>
ora lira ribolle dentro, e scoppiano i petti incapaci<br>
di domarsi; ora si corre a ferire con tutte le forze.<br>
Luno con un masso e col turbine di un enorme macigno<br>
sbalza a precipizio e stende al suolo Murrano,<br>
orgoglioso degli antenati e degli antichi nomi degli avi<br>
e di tutta la stirpe discesa dai re latini; le ruote lo travolsero<br>
sotto le briglie e il giogo; gli zoccoli dei suoi cavalli,<br>
immemori del padrone, lo calpestano con galoppo sfrenato.<br>
Laltro assale l'irrompente Illo che freme feroce<br>
nellanimo, e gli scaglia un dardo contro le tempie dorate:<br>
L'asta, attraverso lelmo, ristette nel cervello trafitto.<br>
Né la tua destra, o fortissimo dei Greci, o Creteo,<br>
ti strappò a Turno; e neanche i suoi dei protessero<br>
Cupenco dall'arrivo di [[Enea]]; oppose il petto al ferro, <br>
e non gli giovò, sventurato, il riparo del [[bronzo]] dello scudo.<br>
Anche te, Eolo, videro i campi laurenti<br>
affrontare la morte e col dorso coprire vastamente la terra;<br>
cadi, o tu che non poterono abbattere le falangi argive,<br>
né [[Achille]] eversore del regno di [[Priamo]]; qui<br>
era la meta della tua morte: L'alta casa alle falde dellIda,<br>
L'alta casa a Lirneso, ma il sepolcro nel suolo laurente.<br>
Tutte le schiere fecero fronte, e tutti i Latini,<br>
tutti i Dardanidi, Mnesteo e il fiero Seresto,<br>
Messapo domatore di cavalli, e il forte Asila,<br>
e la falange degli Etruschi, e le arcadi torme di Evandro,<br>
gli uomini, ciascuno per quanto può, si adoprano con sforzo supremo;<br>
senza indugiare o placarsi, s'impegnano in vasta battaglia.<br>
La bellissima madre ispirò ad [[Enea]] il pensiero<br>
di andare alle mura, dirigere in fretta la schiera<br>
alla città e sconvolgere con strage improvvisa i Latini.<br>
Egli, come girò lo sguardo di quà e di là<br>
cercando Turno tra le schiere diverse, scorge<br>
la città immune da tanta guerra e impunemente quieta.<br>
Subito laccende limmagine di una maggiore battaglia; <br>
chiama i capi Mnesteo e Sergesto e il forte Seresto,<br>
e occupa un colle, dove si raduna correndo<br>
tutto l'esercito dei [[Teucri]], benché folti, senza deporre<br>
gli scudi e le lance. In mezzo, eretto sull'alto ciglio, dice:<br>
Non si indugi a quanto dirò; Giove ci asseconda;<br>
nessuno marci più lento per l'azione improvvisa.<br>
Oggi, se non accetteranno di ricevere il giogo<br>
e di piegarsi vinti, distruggerò la città, causa della guerra,<br>
il regno stesso di Latino, e spianerò al suolo i tetti fumanti.<br>
O aspetterò che Turno si decida a sostenere il duello con me,<br>
e, pur essendo ormai vinto, voglia continuare a combattere?<br>
Questo, o cittadini, il nodo e la somma d'una guerra nefanda.<br>
Portate in fretta le torce, e rivendicate il patto con le fiamme.<br>
Aveva parlato, e tutti, con animi ugualmente pugnaci,<br>
formano un cuneo, e muovono ai muri in turba serrata. <br>
Dun tratto apparvero scale e fuoco improvviso.<br>
Alcuni corrono alle porte e uccidono i primi,<br>
altri scagliano il ferro e oscurano il cielo di dardi.<br>
[[Enea]] stesso tra i primi protende la mano sotto le mura,<br>
e accusa a gran voce Latino, e chiama <br>
a testimoni gli dei che egli è costretto di nuovo a battaglia,<br>
due volte nemici gli Italici e due volte violati i patti.<br>
Sorge discordia fra i trepidi cittadini:<br>
alcuni vogliono che si apra la città e si spalanchino<br>
le porte ai Dardanidi, e vogliono trarre il re sui bastioni, <br>
altri impugnano le armi e s'affrettano a difendere le mura:<br>
come quando un pastore trova nascoste nel tufo<br>
traforato le api, e le riempie di acre fumo;<br>
quelle dentro spaurite dalla loro sorte trascorrono<br>
per i cerei rifugi, e con alto ronzio acuiscono le ire; <br>
si volge un tetro odore nel chiuso, e all'interno le pietre<br>
risuonano d'un cieco murmure; sale il fumo nella libera aria.<br>
Ma quest'altra sventura accadde agli affranti Latini,<br>
e scosse dal fondo l'intera città con il pianto.<br>
La regina, appena scorse dalle case il nemico avvicinarsi, <br>
le mura assalite, i fuochi volare ai tetti,<br>
e l'esercito rutulo non opporsi in nessun luogo, e nessuna<br>
schiera di Turno, credette infelice che il giovane fosse caduto<br>
in battaglia, e sconvolta la mente da improvviso dolore,<br>
si proclama causa, colpa e origine dei mali,<br>
e molto parlando delirante nell'angoscioso furore,<br>
decisa a morire straccia il manto purpureo<br>
e lega ad un'alta trave il laccio di un'orribile morte.<br>
Dopo che le sventurate Latine riseppero lo scempio,<br>
la figlia Lavinia per prima dilaniò con le unghie <br>
i fluenti capelli e le rosee guance, e tutta la folla<br>
intorno si dispera; la casa vastamente risuona di pianti.<br>
Di qui la funesta notizia si divulga per tutta la città.<br>
Cadono i cuori; Latino va con la veste stracciata,<br>
sgomento per la morte della sposa e la rovina della città, <br>
deturpando la canizie sparsa di polvere immonda;<br>
ne molto si rimprovera, perché non accolse prima<br>
il dardanio [[Enea]], né lo chiamò spontaneamente come genero.<br>
Frattanto all'estremità della pianura il combattivo Turno<br>
insegue pochi nemici dispersi sempre più sfiduciato, <br>
e sempre meno gioioso del trascorrere dei cavalli.<br>
L'aria gli portò quel clamore misto ad oscuri<br>
terrori e il rombo della città sconvolta; e il sinistro<br>
fragore percosse e fece protendere l'udito.<br>
Ahimè, perché le mura si turbano di tale pianto?<br>
Quale così grande clamore erompe dalla città lontana?<br>
Così dice, e si arresta, fuori di sé, tirate le briglie;<br>
a lui la sorella, mutata com'era d'aspetto nellauriga<br>
Metisco e che reggeva il carro e i cavalli e le redini,<br>
replica con tali parole: Inseguiamo i [[Troiani]],<br>
o Turno, per dove prima la vittoria apre la via;<br>
vi sono altri che possono difendere la città.<br>
[[Enea]] assale gli Italici e ingaggia battaglie;<br>
e noi seminiamo crudeli uccisioni fra i [[Teucri]].<br>
Uscirai dalla lotta non minore di vittime e di gloria.<br>
Turno rispose:<br>
Sorella, da tempo uriconobbi quando per prima turbasti<br>
il patto con un artificio, e ti gettasti nella mischia,<br>
ed ora cerchi invano, tu dea, d'ingannarmi. Chi mai ti ha ordinato<br>
di scendere dall'[[Olimpo (1)|Olimpo]] e di sopportare tanti travagli?<br>
Forse per vedere la crudele morte dello sventurato fratello<br>
Cos'altro mi resta? o quale fortuna ormai<br>
mi promette salvezza? Vidi davanti ai miei occhi<br>
Murrano invocarmi, più caro del quale nessuno<br>
mi resta, e, grande perire vinto da grande ferita. <br>
Cadde, infelice, per non assistere alla nostra vergogna,<br>
Ufente, e i [[Teucri]] s'impadroniscono del corpo e delle armi.<br>
Sopporterò che si distruggano le case - questo soltanto mancava<br>
alla sorte - E non smentirò con la destra le parole di Drance ?.<br>
Volgerò le spalle, e questa mia terra vedrà<br>
Turno che fugge? A tal punto dispiace morire?<br>
Voi, o Mani, siatemi benigni, poiché i celesti<br>
mi avversano. Anima pura, ignara di simile colpa,<br>
io discenderò a voi, mai indegno dei grandi avi.<br>
Aveva appena parlato, ed ecco Sace vola<br>
tra i nemici sul cavallo schiumante, ferito in pieno<br>
da un dardo, e cade invocando il nome di Turno:<br>
Turno, in te l'estrema salvezza; abbi pietà dei tuoi,<br>
[[Enea]] fulmina in armi e minaccia di abbattere<br>
le alte rocche degli Italici e di seminare sterminio; <br>
già le fiaccole volano ai tetti. I Latini rivolgono<br>
a te il volto e lo sguardo; lo stesso re Latino<br>
esita sul genero da accogliere, sul patto a cui piegarsi<br>
e la regina, a te fedelissima, cadde<br>
di sua stessa mano, e sconvolta fuggì la luce.<br>
Soli davanti alle porte, Messapo e il fiero Atina<br>
sostengono l'assalto. Di qua, di là li circondano<br>
dense falangi, una ferrea messe irta di spade<br>
snudate: tu volteggi col carro su un prato deserto.<br>
Turno sbigottì, confuso dalla varia immagine<br>
degli eventi, e ristette, con lo sguardo immobile, in silenzio:<br>
grande ribolle in un solo cuore la vergogna,<br>
e follia mista a cordoglio e amore agitato dalla furia,<br>
e consapevole valore. Come scomparvero le ombre,<br>
e tornò la luce alla mente, rivolse annuvolato gli occhi <br>
ardenti alle mura e guardò dal carro la grande città.<br>
Ecco un vortice di fiamme, volgendosi tra i palchi<br>
ondeggiava alto nel cielo e avvolgeva la torre<br>
che egli stesso aveva eretto con travi compatte<br>
e munita sotto di ruote, e impiantata con alti ponti. <br>
Sorella i fati ci sovrastano. Smetti gli indugi,<br>
andiamo dove mi chiamano il dio e la dura Fortuna.<br>
Devo affrontare [[Enea]] e soffrire la morte<br>
Non più mi vedrai inglorioso sorella. Ti prego, <br>
lascia che prima divampi di questo furore. <br>
Disse, e subito balza dal carro nei campi,<br>
e si slancia tra i nemici, tra i dardi, e lascia la sorella<br>
angosciata, e fende a metà le schiere con rapida corsa.<br>
Come quando un macigno cade a precipizio dalla vetta<br>
d'un monte, staccato dal vento, sia che un torbido scroscio <br>
lo trascini, o vecchiezza strisciando con gli anni ne dissolva<br>
la base;il masso con grande impeto piomba rovinoso<br>
nei dirupi, e rimbalza sul suolo, travolgendo con sé<br>
selve, armenti, uomini: così, tra le schiere disperse,<br>
Turno s'avventa alle mura, dove copiosa la terra<br>
s'intride di sangue versato, e sibila l'aria di frecce;<br>
fa segnali con la mano, e comincia a gran voce:<br>
frenate i dardi o Latini:<br>
qualunque sia la Fortuna, mi appartiene; è più giusto<br>
che io solamente paghi il patto per voi, e decida col ferro. <br>
Nel mezzo tutti si allontanarono, e diedero spazio.<br>
Il padre [[Enea]], udito il nome di Turno,<br>
lascia i muri e lascia le altissime rocche,<br>
tronca tutti gli indugi, interrompe tutte le imprese,<br>
esultando di gioia, e terribile rimbomba nell'armi:<br>
quale l'[[Athos]], o l'Erice, o lo stesso padre<br>
Appennino possente quando freme di elci ondeggianti,<br>
e gode levandosi con la vetta nevosa al cielo.<br>
E già i Rutuli a gara e i [[Teucri]] e tutti gli Italici<br>
rivolsero lo sguardo, quelli che stavano sugli alti bastioni,<br>
e quelli che percuotevano con l'ariete la base delle mura,<br>
e deposero le armi dalle spalle. Stupisce lo stesso Latino<br>
che quei gloriosi guerrieri, generati in parti diverse<br>
del mondo, si scontrino tra loro e decidano la sorte col ferro.<br>
Quelli, appena il terreno si liberò in un'ampia distesa,<br>
con rapido assalto, scagliate da lontano le aste,<br>
cominciano il duello con gli scudi di [[bronzo]] sonoro.<br>
Geme la terra, e con le spade raddoppiano i colpi<br>
frequenti; il caso e il valore si mischiano insieme.<br>
E come quando, sull'immensa Sila o in vetta al Taburno,<br>
due tori cozzano a testa bassa in aspra battaglia;<br>
arretrano atterriti i pastori: tutto l'armento<br>
ammutolisce per il timore, e le giovenche non intendono<br>
a chi obbedisca la selva o tutta si accodi la mandria;<br>
quelli si scambiano colpi con grande violenza<br>
e forzando infiggono le corna, e bagnano il collo e le spalle<br>
di fiotti di sangue; tutta la selva risuona d'un mugghìo:<br>
così il troiano [[Enea]] e l'eroe daunio cozzano<br>
con gli scudi, e un grande fragore riempie il cielo.<br>
Giove, equilibrato l'ago, sostiene i due piatti<br>
della bilancia, e vi pone i diversi destini dei due,<br>
chi lo scontro condanni, dove col peso inclini la morte.<br>
Balza, senza pensare al pericolo, Turno, e alto<br>
si leva su tutto il corpo sorgendo con la spada,<br>
e colpisce: urlano i [[Teucri]] e i trepidi Latini,<br>
tese le schiere di entrambi. Ma la perfida spada<br>
s'infrange e abbandona l'ardente a metà del colpo,<br>
se non lo aiutasse la fuga. Fugge più veloce dell'Euro,<br>
[[Atena]] vede l'elsa ignota e la destra inerme.<br>
E fama che quando all'inizio della battaglia salì precipitoso <br>
sui cavalli aggiogati, lasciata la spada del padre,<br>
afferrò trepidante il ferro dell'auriga Metisco;<br>
questo, mentre i [[Teucri]] volgevano le spalle dispersi,<br>
bastò a lungo; ma poi che si venne alle armi divine<br>
di Vulcano, la lama mortale, al pari di fragile ghiaccio, <br>
si spezzò al colpo; i frammenti risplendono sul fulvo suolo.<br>
Turno, fuori di sé, fugge in diverse parti del campo,<br>
e intreccia di quà, di là incerti giri;<br>
dovunque infatti i [[Teucri]] si stringono in folta [[corona]],<br>
e di qui lo cinge una vasta palude, di lì le erte mura.<br>
[[Enea]], sebbene a momenti lo ostacoli il ginocchio<br>
attardato dal colpo di freccia, e gli ricusi la corsa,<br>
lo insegue e fervido preme col piede il piede<br>
di lui trepidante: come a volte il segugio, imbattutosi<br>
in un cervo serrato da un fiume o irretito dal timore<br>
delle penne purpuree, lo incalza con la corsa e il latrato;<br>
e quello, atterrito dalle insidie e dalla riva scoscesa,<br>
fugge e rifugge per mille vie; ma l'umbro focoso<br>
lo tallona con le fauci spalancate, e quasi lo tiene, e come<br>
lo tenesse, sbatte le mascelle, deluso dal morso a vuoto.<br>
Allora si leva un grido, e la palude e le rive<br>
echeggiano intorno, e tutto il cielo rimbomba del tumulto.<br>
Turno fuggendo apostrofa tutti i Rutuli,<br>
chiamando ciascuno per nome, e reclama la nota spada;<br>
mentre [[Enea]] minaccia morte e strage immediata,<br>
se alcuno intervenga, e atterrisce i tremanti, giurando<br>
la distruzione della città, e, sebbene ferito, incalza.<br>
Compiono cinque giri di corsa, e ne ripetono altrettanti,<br>
di qua, di là; non inseguono premi lievi o scherzosi,<br>
combattono per la vita ed il sangue di Turno.<br>
Lì vi era stato un oleastro dalle amare foglie,<br>
sacro a Fauno, un tempo legno venerabile ai marinai,<br>
dove, scampati alle onde, solevano affiggere doni<br>
e sospendere vesti votive al dio laurente;<br>
ma i [[Teucri]], senza alcun riguardo, avevano reciso<br>
il tronco sacro per poter combattere in libero campo.<br>
Qui ristava confitta l'asta di [[Enea]], qui l'aveva<br>
portata lo slancio e la imprigionava nel ceppo tenace.<br>
Il Dardanide si curvò e volle strapparne il ferro,<br>
e colpire con l'asta chi non aveva potuto raggiungere<br>
con la corsa. Allora Turno, folle di terrore:<br>
o Fauno, ti prego, abbi pietà, disse, e tu, ottima Terra,<br>
trattieni il ferro, se sempre osservai il vostro culto,<br>
che invece gli [[Enea]]di profanarono in guerra.<br>
Disse, e invocò la potenza del dio con voti non vani; <br>
infatti lottando a lungo, fermo sul ceppo tenace,<br>
con nessuna forza [[Enea]] poté dischiudere il morso<br>
del legno. Mentre s'adopra accanito e persiste,<br>
la dea daunia, di nuovo mutata nell'aspetto<br>
dell'auriga Metisco, accorre e rende la spada al fratello.<br>
[[Afrodite|Venere]], indignata che tanto l'audace [[ninfa]] potesse,<br>
s'appressò, e divelse l'asta dalla radice profonda.<br>
Essi, superbi, recuperate le armi e il coraggio,<br>
L'uno fidando nella spada, laltro fiero ed eretto con l'asta,<br>
cominciano l'uno contro l'altro anelanti la contesa di [[Ares|Marte]]. <br>
Frattanto il re dell'onnipotente [[Olimpo (1)|Olimpo]] parla<br>
a Giunone, guardando la battaglia da una fulva nube:<br>
Quale sarà la fine, mia sposa? Che resta?<br>
Sai, e devi sapere, che [[Enea]] è dovuto al cielo,<br>
dio tutelare della patria, e sollevato alle stelle dai fati. <br>
Che cosa prepari? Con quale speranza rimani tra le gelide nubi?.<br>
Fu giusto violare un dio con ferita mortale?<br>
O rendere a Turno la spada smarrita (che potrebbe infatti<br>
Giuturna senza di te?), e accrescere le forze ai vinti?<br>
Desisti, infine, e piègati alle mie preghiere.<br>
Un tale dolore non ti strugga in silenzio.<br>
Siamo alla fine. Hai potuto inseguire i [[Troiani]]<br>
per terra e per mare, accendere una guerra nefanda,<br>
sfigurare una casa, mischiare imenei con il pianto:<br>
osare di più, proibisco. Così parlò Giove;<br>
così la dea saturnia di rimando con il volto reclino:<br>
Poiché la tua volontà mi è nota, o grande Giove<br>
ho lasciato, sebbene a malincuore, Turno e la terra;<br>
ora non mi vedresti solitaria nella sede celeste<br>
tollerare il giusto e l'ingiusto, ma cinta di fiamme<br>
combatterei anch'io, e trascinerei i [[Teucri]] in aspre battaglie.<br>
Ho indotto Giuturna, lo confesso, ad aiutare l'infelice fratello,<br>
e approvato che per la sua vita osasse maggiori espedienti;<br>
ma non tuttavia che tendesse i dardi e l'arco;<br>
lo giuro sulla fonte implacabile del fiume stigio,<br>
unico timore religioso assegnato agli dei celesti.<br>
Ora mi allontano e lascio le odiate battaglie.<br>
Questo, che non è vincolato da alcuna legge del destino,<br>
ti chiedo per il Lazio e per il prestigio dei tuoi:<br>
quando con nozze felici, sia!, comporranno la pace,<br>
quando già stringeranno vincoli di leggi e di patti,<br>
non volere che i nativi Latini mutino l'antico<br>
nome, o diventino [[Troiani]], o siano chiamati [[Teucri]],<br>
o che gli uomini mutino lingua, o cambino vesti.<br>
Sia Lazio, siano re albani nei secoli,<br>
sia la romana progenie potente del valore italico;<br>
cadde, e lascia che sia caduta, [[Troia]] col suo nome.<br>
Le rispose il creatore degli uomini:<br>
Sei la sorella di Giove e la seconda figlia di Saturno: <br>
come puoi volgere nel cuore tali flutti d'ira!<br>
Ma placa l'inutile furore che t'ha preso: concedo<br>
ciò che desideri, vinto e volente mi arrendo.<br>
Gli Ausoni conserveranno il patrio linguaggio e i costumi,<br>
Il nome sarà com'è; misti soltanto di sangue, <br>
i [[Teucri]] s'aggregheranno; attribuirò costumi<br>
e riti sacri; e farò tutti con unica lingua Latini.<br>
La stirpe che ne sorgerà, mista di sangue ausonio,<br>
la vedrai superare in devozione gli uomini e gli dei,<br>
e nessuna progenie celebrerà ugualmente le tue lodi. <br>
Annuì a questo Giunone, e allietata distrasse la mente<br>
intanto arretrò dal cielo, e lasciò la nube.<br>
Compiuto ciò, il Padre medita altro fra sé,<br>
e si prepara ad allontanare Giuturna dalle armi del fratello.<br>
Vi sono due pesti gemelle, che chiamano Dire: <br>
la fosca [[Nyx]] le generò insieme alla tartarea<br>
[[Megera]] in un unico parto; e le cinse di uguali<br>
spire di serpi, e aggiunse ali ventose.<br>
Esse compaiono accanto al trono di Giove, sulla soglia del re<br>
implacabile, e acuiscono il terrore agli affranti mortali, <br>
se il re degli dei ordisce atroce morte<br>
e morbi, o atterrisce le città colpevoli con la guerra.<br>
Giove fece discendere una di esse veloce dal sommo<br>
del cielo, e le ordinò di mostrarsi in presagio a Giuturna.<br>
Quella vola, e si dirige sulla terra con rapido turbine. <br>
Come, scoccata dall'arco attraverso una nube, la freccia<br>
che un Parto o un Cidone scagliò, armata del fiele<br>
di feroce veleno, immedicabile colpo, stridendo<br>
attraversa senza che alcuno la veda le ombre veloci:<br>
così la figlia della [[Nyx]] viaggiò e raggiunse la terra.<br>
Dopo che vide l'esercito iliaco e le schiere di Turno,<br>
subito si raccolse nella figura del piccolo uccello<br>
che talvolta, posato di notte sulle tombe e sui tetti deserti,<br>
canta lugubre a lungo attraverso le ombre;<br>
mutatasi in questa forma, la peste vola e rivola<br>
gemendo sul volto di Turno e percuote lo scudo con le ali.<br>
A lui uno strano torpore infiacchì di spavento le membra,<br>
i capelli si drizzarono per l'orrore, e la voce s'arrestò nella gola<br>
Come da lontano riconobbe le strida e le ali della Dira,<br>
L'infelice Giuturna si scioglie e si strappa i capelli,<br>
colpendosi il volto con le unghie e il petto coi pugni:<br>
Come adesso, o Turno, la sorella potrà aiutarti?<br>
che resta a me, crudele? con quali espedienti<br>
protrarti la vita? e posso oppormi a simile mostro?<br>
Sì, abbandono il campo. Non m'atterrite, sgomenta, <br>
infausti uccelli: conosco il battito delle ali<br>
e il mortifero suono; non mi sfuggono i duri comandi<br>
del magnanimo Giove. Così per la verginità mi ripaga?<br>
Perché mi diede un'eterna vita, e mi tolse la condizione<br>
della morte? ora potrei terminare questi tormenti.<br>
e accompagnare lo sventurato fratello tra le ombre,<br>
Io immortale? Vi sarà qualcosa di dolce per me,<br>
senza di te, o fratello? Quale profondo abisso<br>
si aprirà precipitando me dea tra i profondi Mani?.<br>
Detto ciò, si avvolse il capo nel glauco manto delle acque<br>
con alti gemiti, e scomparve nelle profondità del fiume.<br>
[[Enea]] di contro incalza e vibra la lancia,<br>
enorme, simile a un tronco, e parla con animo feroce:<br>
ora cos'è quest'indugio? Perché ti attardi, o Turno?<br>
Non con la corsa, con l'armi crudeli si deve combattere<br>
da presso. Trasfórmati in tutti gli aspetti, raduna quanto<br>
vali con lanimo e con l'astuzia; desidera di volare<br>
sulle alte stelle, e di racchiuderti nel cavo della terra.<br>
Quello, scuotendo il capo: Non le tue superbe parole<br>
mi atterriscono,<br>
o arrogante; gli dei mi atterriscono e Giove nemico.<br>
E senza dire nullaltro, rivolge lo sguardo a un grande<br>
macigno, a un grande, antico macigno che giaceva sul campo,<br>
posto come confine al terreno, per dirimere le agresti contese.<br>
Lo porterebbero a stento sul collo dodici uomini scelti,<br>
quali di membra attualmente produce la terra;<br>
L'eroe, afferratolo con mano ansiosa, cercò di scagliarlo<br>
sul nemico, ergendosi in alto e preso di corsa l'abbrivio.<br>
Ma non si riconobbe nel correre, nel muoversi,<br>
nell'alzare con la mano e nel librare il possente macigno;<br>
le ginocchia vacillano, si rapprende gelido il sangue.<br>
Allora la pietra, lanciata dal guerriero nel vuoto,<br>
non percorse tutto lo spazio, né portò a termine il colpo.<br>
E come in sogno, di notte, quando una languida quiete<br>
grava sugli occhi, ci sembra di voler inutilmente<br>
intraprendere avide corse, e durante il tentativo cadiamo sfiniti;<br>
la lingua impotente, le forze consuete del corpo<br>
svaniscono, e non escono voce o parole:<br>
così a Turno, con qualunque sforzo tenti la via,<br>
L'orribile dea nega il successo. Allora volge<br>
nel cuore sentimenti diversi: guarda i Rutuli e la città,<br>
e indugia nel timore, e trema all'arrivo del colpo;<br>
non sa dove scampare, come assalire il nemico,<br>
e non vede in nessun luogo il carro e la sorella auriga.<br>
Mentre esitava, [[Enea]] brandisce l'asta fatale,<br>
calcolando la sorte con gli occhi, e la vibra da lontano<br>
con lo slancio di tutto il corpo. Non rombano mai<br>
così le pietre scagliate da una macchina murale,<br>
o col fulmine scoppiano simili tuoni. L'asta vola a guisa<br>
di nero turbine, portando sinistra rovina, e squarcia<br>
l'orlo della corazza, e l'ultimo cerchio del settemplice scudo e<br>
trapassa, stridendo, la coscia. Il grande Turno<br>
cadde in terra, colpito con le ginocchia piegate.<br>
Balzano con un grido i Rutuli, e tutto rimbomba<br>
il monte d'intorno, e ampiamente i profondi boschi<br>
riecheggiano.<br>
Egli da terra, supplice, protendendo lo sguardo e la destra<br>
implorante: L'ho meritato,disse, e non me ne dolgo;<br>
profitta della tua fortuna; tuttavia, se il pensiero d'un padre<br>
infelice ti tocchi, prego - anche tu avesti un padre,<br>
[[Anchise]] -, pietà della vecchiaia di Dauno,<br>
e rendi me, o se vuoi le membra prive di vita,<br>
ai miei. Hai vinto e gli Ausoni mi videro sconfitto<br>
tendere le mani; ora Lavinia è tua sposa;<br>
non procedere oltre con gli odii. Ristette fiero nell'armi<br>
[[Enea]], volgendo gli occhi, e trattenne la destra;<br>
sempre di più il discorso cominciava a piegarlo<br>
e a farlo esitare: quando al sommo della spalla apparve<br>
l'infausto balteo e rifulsero le cinghie delle note borchie<br>
del giovane Pallante, che Turno aveva vinto e abbattuto<br>
con una ferita, e portava sulle spalle il trofeo nemico.<br>
Egli, fissato con gli occhi il ricordo del crudele dolore,<br>
e la preda, arso dalla furia, e terribile<br>
nell'ira: Tu, vestito delle spoglie dei miei,<br>
vorresti sfuggirmi? Pallante con questa ferita,<br>
Pallante t'immola, e si vendica sul sangue scellerato.<br>
Dicendo così, gli affonda furioso il ferro in pieno petto;<br>
a quello le membra si sciolgono nel gelo,<br>
e la vita con un gemito fugge sdegnosa tra le ombre.</p>