Il Crepuscolo degli Dèi

<p>Come Turno portò l'insegna della guerra fuori della rocca<br>
di Laurento, e i corni strepitarono con rauco suono,<br>
e aizzò gli ardenti cavalli e protese le armi,<br>
subito si turbarono gli animi, e con agitato tumulto<br>
congiura tutto il Lazio, e fieri imperversano<br>
i giovani. I primi condottieri, Messapo e Ufente<br>
e Mezenzio, spregiatore degli dei, radunano da tutte le parti<br>
alleati, e spopolano di coltivatori i vasti campi.<br>
Si manda Venulo alla città del grande Diomede,<br>
per chiedere aiuto, e informarlo che i [[Teucri]] si stanziano<br>
nel Lazio, che [[Enea]] è giunto con la flotta e v'insedia<br>
i vinti Penati, e dice di essere richiesto re dai fati:<br>
molti popoli si uniscono già al guerriero dardanio,<br>
e il nome si diffonde ampiamente nel Lazio.<br>
Che cosa [[Enea]] cerchi con tali iniziative, e se la Fortuna lo<br>
assista, quale esito speri alla lotta, dovrebbe apparire<br>
più chiaro a Diomede che ai re Turno e Latino.<br>
Questo accadeva nel Lazio. Vedendo tutto ciò, L'eroe<br>
laomedonteo fluttua in una grande tempesta di impulsi,<br>
e divide il veloce pensiero a vicenda qui e lì,<br>
e lo trae in diverse parti e lo volge ad ogni espediente:<br>
come il tremulo lume dell'acqua in un vaso di [[bronzo]]<br>
che riflette il sole o l'immagine della raggiante luna,<br>
volteggia ampiamente per tutti i luoghi, e s'innalza<br>
nell'aria, e colpisce i riquadri dell'alto soffitto.<br>
Era notte, e un sonno profondo teneva per tutte le terre<br>
le stanche creature, gli alati e gli armenti:<br>
quando il padre [[Enea]] sulla riva sotto la gelida volta<br>
dell'etere, con il cuore turbato dalla guerra funesta,<br>
si adagiò lasciando fluire per le membra una tarda quiete.<br>
Gli parve che il dio stesso del luogo, Tiberino<br>
dall'amena corrente, si ergesse vegliardo tra fronde<br>
di pioppo; lo velava un tenue lino con glauco manto,<br>
e gli copriva la chioma un ombroso cespo di canne;<br>
allora parlò così, e con queste parole alleviò i suoi affanni: <br>
O stirpe di dei, che riconduci a noi dai nemici<br>
la città troiana, e serbi Pergamo eterna,<br>
o atteso dal suolo laurente e dai campi latini,<br>
qui è una sicura dimora per te (non desistere), e sicuri<br>
Penati;<br>
non temere le minacce di guerra: tutti i furori e le ire<br>
degli dei dileguarono.<br>
Ed ecco per te giacerà, perché non pensi che il sonno<br>
ti finga immagini vane, trovata sotto gli elci della riva,<br>
una grande scrofa sgravata d'un parto di trenta capi,<br>
bianca, sdraiata al suolo, bianchi intorno alle poppe i nati;<br>
(questo sarà il luogo della città, questo il sicuro riposo al<br>
travaglio), donde, trascorsi trent'anni, Ascanio<br>
fonderà la città dàl glorioso nome di Alba.<br>
Predìco indubbi eventi. Ora come tu compia vittorioso<br>
quello che incombe, attento!, spiegherò in breve.<br>
Gli Arcadi, stirpe discesa da Pallante, i quali seguirono<br>
compagni il re Evandro e le sue insegne, scelsero<br>
un luogo in queste contrade e fondarono sui monti<br>
la città di Pallanteo, dal nome dell'antenato Pallante.<br>
Questi conducono assidua guerra con il popolo latino;<br>
prendili alleati con te, e stringi patti con loro;<br>
io stesso ti guiderò tra le rive e lungo il fiume,<br>
affinché sospinto superi coi remi la corrente contraria.<br>
Alzati, avanti!, figlio della dea, e al tramontare<br>
delle prime stelle, rivolgi le rituali preghiere a Giunone,<br>
e piega con supplici voti l'ira e le minacce. Vittorioso,<br>
mi renderai onore. Io, che vedi con piena<br>
corrente lambire le rive e solcare grasse colture,<br>
sono il ceruleo Tevere, fiume gratissimo al cielo.<br>
Qui la mia grande dimora, la fonte esce tra eccelse città.<br>
Disse, e ii fiume disparve nellacqua alta<br>
spingendosi al fondo; la notte e il sonno lasciarono [[Enea]].<br>
Si alza, e guardando i sorgenti raggi dell'etereo<br>
sole, attinge ritualmente nelle concave palme<br>
acqua del fiume, e al cielo effonde queste parole:<br>
[[Ninfe]], laurenti [[Ninfe]], origine della stirpe dei fiumi,<br>
e tu, o padre Tevere, con il tuo santo fluire,<br>
accogliete [[Enea]], e tenetelo lontano dai pericoli.<br>
Da qualunque fonte si diparta il tuo bacino, tu, pietoso<br>
dei nostri travagli, da qualunque suolo sgorghi bellissimo, <br>
sempre sarai celebrato nei miei sacrifici e nei miei doni,<br>
cornigero fiume, sovrano delle acque esperidi.<br>
Soltanto, assistimi, e conferma più da vicino la tua<br>
divinità.<br>
Prega così, e sceglie dalla flotta due biremi,<br>
e adatta il remeggio, e munisce di armi i compagni.<br>
Ed ecco, prodigio improvviso e agli occhi mirabile,<br>
candida nella selva, dello stesso colore dei bianchi<br>
figli, giace e spicca sulla verde riva una scrofa:<br>
che il pio [[Enea]] a te, o somma Giunone, immola,<br>
facendo sacrifici, e trae con il branco all'ara.<br>
Il Tevere, per tutta la notte, lenì la tumida corrente,<br>
e così rifluendo s'acquietò la tacita onda<br>
perché, a guisa d'un mite stagno o d'una placida palude,<br>
s'appianasse la distesa delle acque, e non vi fosse resistenza<br>
ai remi.<br>
Dunque affrettano il viaggio intrapreso con propizio rumore. <br>
Scivola sull'acque l'unto abete; le onde ammirano,<br>
e il bòsco disavvezzo ammira da lontano i fulgenti<br>
scudi dei guerrieri, e le dipinte carene che navigano sul fiume.<br>
Essi si affannano al remo notte e giorno,<br>
e superano lunghi meandri sotto una volta di alberi<br>
diversi, e sulla placida distesa solcano verdi selve.<br>
L'igneo sole ascendeva a metà dell'orbita,<br>
quando vedono lontano mura e una rocca e radi<br>
tetti di case; ora la potenza romana le uguagliò<br>
al cielo; allora Evandro reggeva il povero stato.<br>
Volgono rapidi le prue, e alla città s'avvicinano.<br>
Per caso in quel giorno il sovrano arcade rendeva<br>
solenne onore al grande figlio di [[Anfitrione]] e agli dei<br>
nel bosco davanti alla città. Con lui il figlio Pallante,<br>
con lui tutti i primi dei giovani e il modesto senato<br>
offrivano incenso, e tiepido sangue fumava sulle are.<br>
Come videro le alte navi scorrere tra il bosco<br>
ombroso e poggiare sui remi silenziosi,<br>
si turbano alla vista improvvisa, e si levano tutti,<br>
lasciate le mense. Ad essi l'audace Pallante vieta<br>
d'interrompere i riti, e vola all'incontro, brandita una<br>
lancia, e lontano, da una collina: Giovani, che causa vi spinge<br>
a tentare vie ignote? dove vi dirigete? - disse,<br>
a che stirpe? che patria? portate pace o guerra?.<br>
Allora il padre [[Enea]] risponde dall'alta poppa,<br>
e protende con la mano un ramo d'olivo, insegna di pace:<br>
Vedi figli di [[Troia]] e armi nemiche ai Latini,<br>
che respinsero noi esuli con guerra superba.<br>
Cerchiamo Evandro. Recategli questo, e dite che giunsero<br>
scelti capi della Dardania, chiedendo armi alleate.<br>
Pallante stupì, colpito da tanto nome:<br>
Sbarca, chiunque tu sia - disse, e parla in presenza<br>
del padre, ed entra ospite tra i nostri Penati;<br>
lo accolse con la mano, e gli tenne avvinta la destra.<br>
Procedendo entrano nel bosco e lasciano il fiume.<br>
Allora [[Enea]] si rivolge al re con parole amiche:<br>
Ottimo dei figli di Grecia, a cui la Fortuna<br>
volle che rivolgessi preghiere e protendessi rami adorni<br>
di bende, certo non ti temetti come capo di Danai,<br>
e arcade, e come congiunto di stirpe ai due [[Atridi]];<br>
ma il mio proprio valore e i santi oracoli degli dei,<br>
e gli avi consanguinei, e la tua fama diffusa nel mondo,<br>
mi unirono a te, e mi spinsero volente coi fati.<br>
[[Dardano (1)|Dardano]], primo padre e fondatore della città iliaca,<br>
nato dall'atlantide Elettra, come raccontano i Greci,<br>
sbarca tra i [[Teucri]]; Elettra fu generata dal massimo<br>
[[Atlante (1)|Atlante]], che regge sull'omero le sfere celesti.<br>
Avete per padre Mercurio, concepito e dato alla luce<br>
dalla splendida [[Maia (1)|Maia]] sulla gelida vetta del [[Cillene (1)|Cillene]];<br>
e [[Maia (1)|Maia]], se crediamo alcunché di ciò che si ascolta,<br>
la generò [[Atlante (1)|Atlante]], il medesimo [[Atlante (1)|Atlante]] che sostiene le stelle<br>
del cielo.<br>
Così la famiglia di entrambi si scinde da un unico sangue.<br>
Fidando in ciò non inviai ambasciatori, né ricorsi ad artifici<br>
per i primi sondaggi con te; offrii me in persona,<br>
me e la mia testa, e supplice venni alle tue soglie.<br>
I medesimi Dauni incalzano noi e te con crudele<br>
guerra; se scacciano noi, crederanno che nulla impedisca<br>
di sottoporre completamente al loro giogo tutta l'Esperia,<br>
e di possedere tutto il mare che sopra e sotto la bagna.<br>
Accogli e da' fede. Abbiamo forti cuori in guerra,<br>
abbiamo animo e gioventù provata dagli eventi.<br>
Così disse [[Enea]]. Quello scrutava da tempo con lo sguardo<br>
il volto e gli occhi e tutto il corpo di lui che parlava.<br>
Poi risponde brevemente: con quanta gioia ti accolgo<br>
e ti riconosco, o fortissimo tra i [[Teucri]], e rammento<br>
le parole del padre e la voce e il volto del grande [[Anchise]]!<br>
Ricordo il laomedontiade [[Priamo]], che visitava<br>
il regno della sorella Esione, dirigendosi a [[Salamina (2)|Salamina]],<br>
spingersi a vedere i gelidi territori d'[[Arcadia (1)|Arcadia]].<br>
Allora la giovinezza mi fioriva della prima peluria le gote; <br>
ammiravo i capi teucri, certo ammiravo<br>
lo stesso [[Priamo]]; ma più alto di tutti andava<br>
[[Anchise]]. La mente mi ardeva di giovanile desiderio<br>
di parlare all'eroe e di unire alla destra la destra.<br>
Lo avvicinai, e ansioso lo condussi sotto le mura di Feneo.<br>
Egli partendo mi diede una bellissima faretra<br>
e frecce licie e una clamide intessuta d'oro,<br>
e un paio di briglie d'oro che ora possiede il mio Pallante.<br>
Dunque la destra che chiedi, per me è già congiunta<br>
in un patto, e quando la luce di domani tornerà sulla terra,<br>
vi congederò lieti dell'aiuto e vi gioverò con rinforzi.<br>
Intanto, poiché veniste qui amici, celebrate<br>
propizi con noi i riti annuali, che è illecito<br>
differire; e ora abituatevi alle mense degli alleati.<br>
Poi che disse ciò, ordina di ricollocare le vivande<br>
e i tolti calici, e dispone egli stesso i guerrieri<br>
su erbosi sedili, e a parte accoglie [[Enea]] su un giaciglio,<br>
una pelle di villoso leone, e lo invita su un trono d'acero.<br>
Allora scelti giovani a gara e il sacerdote dell'altare<br>
portano viscere abbrustolite di tori, e raccolgono in canestri<br>
doni d'impastata [[Demetra|Cerere]], e somministrano [[Dioniso|Bacco]].<br>
Si ciba [[Enea]] e insieme la gioventù troiana<br>
delle terga d'un intero bue e delle interiora sacrificali.<br>
Quando fu tolta la fame e placato il desiderio del cibo,<br>
il re Evandro dice: «Non fu una vana superstizione,<br>
ignara degli antichi dei, ad imporci queste cerimonie,<br>
questo banchetto rituale, quest'ara di tanto nume:<br>
salvàti da crudeli pericoli, ospite troiano,<br>
rendiamo e rinnoviamo le dovute onoranze.<br>
Guarda prima la rupe sospesa su massi, guarda<br>
quei macigni lontano spaccati, la deserta casa che si erge<br>
sul fianco del monte, e come quei sassi trascinarono<br>
un'enorme rovina.<br>
Qui vi fu una spelonca, nascosta in un vasto recesso,<br>
che l'orribile aspetto del bestiale Caco occupava,<br>
inaccessibile ai raggi del sole; la terra era sempre<br>
tiepida di strage recente, e confitte alle superbe porte<br>
pendevano teste d'uomo pallide di sinistra putredine.<br>
Padre di questo mostro era Vulcano: eruttando dalla bocca<br>
i suoi neri fuochi, avanzava con vasta mole.<br>
Il tempo apportò a noi imploranti l'aiuto<br>
e l'arrivo del dio. Supremo vendicatore,<br>
superbo della morte e delle spoglie di [[Gerione]] dai tre corpi,<br>
L'Alcide veniva, e di qui vittorioso spingeva<br>
enormi tori; L'armento teneva la valle e il fiume.<br>
Ma il cuore selvaggio e furioso di Caco, affinché non viosse <br>
nessun delitto e inganno inosato o intentato,<br>
rubò dalle stalle quattro tori di splendido<br>
corpo, e altrettante giovenche di straordinaria bellezza;<br>
perché non vi fossero orme diritte di piedi,<br>
li trascinò per la coda nella spelonca, e con tracce<br>
rovesciate li occultò predati nell'oscura roccia:<br>
a chiunque cercasse, nessuna impronta indicava l'antro.<br>
Frattanto, poiché Ercole ormai muoveva<br>
dalle stalle gli armenti saziati e preparava la partenza,<br>
le mucche nell'allontanarsi muggirono, e tutto il bosco <br>
si riempì di lamenti: con clamore lasciavano i colli.<br>
Una delle giovenche rispose al richiamo, e nel vasto antro<br>
muggì e pur custodita ingannò la speranza di Caco.<br>
Allora la collera dell'Alcide riarse di furia<br>
e di nera bile: impugna le armi e la clava nodosa, <br>
e si dirige di corsa alle alture dell'aereo monte.<br>
Allora per la prima volta i nostri occhi videro Caco<br>
atterrito e sconvolto; subito fugge più veloce dell'Euro,<br>
e si dirige alla spelonca; lo spavento aggiunse ali ai piedi.<br>
Appena si rinchiuse, rotte le catene, staccò<br>
l'enorme pietra sospesa col ferro e con l'arte<br>
paterna e fece del masso difesa e puntello alla porta;<br>
ecco furente nellanimo giungeva il Tirinzio<br>
esplorando ogni via d'accesso e volgeva lo sguardo,<br>
in qua e in là digrignando i denti. Tre volte ardente d'ira<br>
percorse l'intero Aventino; tre volte squassò invano<br>
le soglie pietrose, e stanco sedette nella valle.<br>
Vi era una rupe aguzza, erta sul dorso della spelonca,<br>
mozze dovunque le rocce, altissima a vedersi,<br>
opportuna dimora a nidi di sinistri uccelli.<br>
Come inclinata incombeva dal giogo sul fiume<br>
a sinistra, egli verso destra forzandovi contro la scuote,<br>
la sradica, la svelle dalla base; poi all'improvviso<br>
la spinge; all'urto rimbomba l'altissimo etere,<br>
sobbalzano le rive e rifluisce atterrito il fiume.<br>
Appare la grotta e l'immensa reggia scoperchiata<br>
di Caco, e s'aprirono le profonde, tenebrose caverne:<br>
come se una forza spalancasse disserrando le profonde<br>
sedi infernali e schiudesse i pallidi regni<br>
invisi agli dei, e da sopra si vedesse l'immenso<br>
baratro, e le ombre trepidassero per il lume che irrompe.<br>
Dunque, còlto all'improvviso dalla luce inattesa,<br>
e chiuso nella cava roccia e ruggente più del consueto,<br>
dall'alto lo preme l'Alcide con dardi, e ricorre a tutte<br>
le armi, e incalza con tronchi e con vasti macigni. <br>
Quello, poiché non gli resta nessuno scampo al pericolo,<br>
vomita dalle fauci (mirabile a dirsi) un'immensa<br>
fumata e avvolge la casa in una cieca caligine,<br>
togliendo la vista a chi guardi, e agglomera nell'antro<br>
una notte fumosa, con tenebre miste a fuoco.<br>
L'Alcide furioso non sopportò, e si gettò a precipizio<br>
nel fuoco con un balzo, per dove il densissimo fumo<br>
volge un'onda, e l'immensa grotta fluttua di fosca nebbia.<br>
Qui, avvinghiatolo in un nodo, afferra Caco che emette<br>
nelle tenebre vani incendi, e serrando lo soffoca<br>
facendogli uscire gli occhi e seccare la gola di sangue.<br>
Subito si apre la buia casa, rovesciate le porte,<br>
e le vacche rubate e la preda negata con spergiuri<br>
si mostrano al cielo; e l'orrendo cadavere è tratto<br>
fuori per i piedi. I cuori non possono saziarsi<br>
guardando i terribili occhi, il volto e il petto villoso<br>
di setole della mezza belva e le fiamme estinte nelle fauci.<br>
Da allora si celebra il rito, e i posteri lieti<br>
ricordarono il giorno Potizio ne fu promemore<br>
e la casa Pinaria custode del culto di Ercole.<br>
Egli pose nel bosco quest'ara, che Massima sempre<br>
sarà detta da noi. e sarà Massima sempre<br>
Perciò, avanti, o giovani, nel culto di tali glorie<br>
cingete la chioma di fronde e porgete i calici con la destra<br>
e invocate il comune dio e date vini col cuore.<br>
Disse, e con ombra erculea il pioppo bicolore<br>
velò le chiome e pendette intrecciato di foglie,<br>
e la sacra coppa empì le destre. Subito tutti<br>
libano lieti sulla mensa e pregano gli dei.<br>
Intanto, declinando il lume del cielo, Vespero s'avvicina, <br>
e già andavano i sacerdoti e per primo Potizio,<br>
cinti di pelli, secondo l'usanza, e portavano fiaccole.<br>
Rinnovano il banchetto, portano i doni graditi<br>
della seconda mensa, e coprono le are di colmi vassoi.<br>
Allora i Salii intorno agli altari accesi<br>
giungono al canto con le tempie avvinte di fronde di pioppo;<br>
questo il coro dei giovani, quello dei vecchi; narrano<br>
nel carme le glorie e le imprese di Ercole: come, serrando<br>
la mano, strozzò per primi i mostri della matrigna,<br>
i due serpenti; e in guerra distrusse famose città, <br>
e [[Troia]] ed [[Ecalia (2)|Ecalia]], e sopportò mille dure fatiche<br>
sotto il re [[Euristeo]], per volere dell'iniqua<br>
Giunone. Tu, o invitto, immoli di tua mano i figli<br>
della nube dalle duplici membra, Ileo e [[Folo]],<br>
e il mostro cretese e il grande leone sotto la rupe nemea. <br>
Per te tremarono i laghi stigii, e il guardiano dell'Orco<br>
disteso su ossa semidivorate nell'antro sanguinoso.<br>
Non ti atterrì nessun mostro, neanche [[Tifone]]<br>
che alto levava le armi; né l'[[Idra di Lerna]]<br>
ti privò del senno circondandoti con la turba di teste.<br>
Salve, vera progenie di Giove, nuova gloria degli dei,<br>
visita noi e il tuo sacrificio con passo propizio.<br>
Questo celebrano nei carmi; e soprattutto aggiungono<br>
la spelonca di Caco, e lui che spira fiamme.<br>
Teneva [[Enea]] vicino a sé per compagno,<br>
e il figlio, e alleviava la via con varii discorsi.<br>
[[Enea]] ammira e muove gli agili occhi<br>
su tutte le cose all'intorno, ed è conquistato dai luoghi,<br>
e lieto chiede ed ascolta i ricordi degli antichi.<br>
Allora il re Evandro, fondatore della rocca romana.<br>
Abitavano questi luoghi Fauni indigeni e [[Ninfe]],<br>
forti creature nate da tronchi di duro rovere;<br>
non avevano civiltà di costumi, né sapevano aggiogare<br>
tori, o raccogliere provviste, o serbare il raccolto,<br>
ma gli alberi e la dura caccia li sostentavano di nutrimento.<br>
Primo venne Saturno dall'etereo [[Olimpo (1)|Olimpo]],<br>
fuggendo le armi di Giove ed esule dal regno usurpato.<br>
Raccolse la stirpe indocile e dispersa per gli alti monti,<br>
e diede leggi e volle che si chiamassero Lazio<br>
le terre nella cui custodia era vissuto nascosto.<br>
Sotto quel re vi fu il secolo d'oro, che narrano;<br>
così reggeva i popoli in placida pace;<br>
finché a poco a poco seguì un'età peggiore, che mutava<br>
in peggio il colore, e la furia della guerra e il desiderio di<br>
possesso.<br>
Allora vennero la schiera ausonia e le genti sicane,<br>
e spesso la terra saturnia cambiò nome;<br>
e sorsero re, e l'aspro Tibri dal corpo immane,<br>
dal quale poi noi Italici chiamammo il fiume<br>
Tevere; L'antica Albula perdette il vero nome.<br>
La Fortuna onnipotente e l'ineluttabile fato mi condussero<br>
in questa regione, scacciato dalla patria e sulle estreme<br>
rotte del mare, e mi spinsero i tremendi moniti<br>
della madre, la ninfa Carmenta, e il dio ispiratore [[Apollo]].<br>
Aveva appena parlato, e avanzando mostra l'ara<br>
e la porta che i Romani chiamano Carmentale<br>
per nome, antico onore della ninfa Carmenta,<br>
indovina fatidica, che per prima predisse i futuri<br>
grandi [[Enea]]di e la nobile città di Pallanteo.<br>
Di qui mostra un ampio bosco che l'aspro Romolo<br>
rese Asilo, e il Lupercale sotto la gelida rupe,<br>
detto secondo il costume parrasio di [[Pan]] Liceo.<br>
E mostra il bosco dell'esecrabile Argileto,<br>
e attesta il luogo, e narra la morte dell'ospite Argo.<br>
Poi lo guida alla sede Tarpea e al Campidoglio,<br>
aureo oggi, irto un tempo di silvestri cespugli.<br>
Già allora la paurosa santità del luogo atterriva<br>
gli agresti tremanti; rabbrividivano della selva e della rupe. <br>
Un dio, è incerto qual dio, abita il bosco<br>
e il colle dalla vetta frondosa - disse. Gli Arcadi<br>
credono di vedervi lo stesso Giove, che spesso<br>
scuote con la destra l'egida nera e suscita i nembi.<br>
Inoltre vedi queste due fortezze dalle mura <br>
diroccate, reliquie e ricordi degli antichi.<br>
Il padre Giano fondò una rocca, L'altra Saturno;<br>
una si chiamava Gianicolo, L'altra Saturnia.<br>
Con tali discorsi tra loro s'avvicinavano alle case<br>
dell'umile Evandro e vedevano sparsi armenti<br>
muggire nel Foro romano e nelle ora ricche Carine.<br>
Quando raggiunsero la casa: queste soglie lAlcide<br>
varcò vittorioso e la reggia che vedi lo accolse.<br>
Osa spregiare le ricchezze, ospite, e renditi degno<br>
del dio, e vieni con animo incline alle povere cose.<br>
Disse, e al riparo del tetto dell'angusta dimora<br>
condusse il grande [[Enea]] e lo fece adagiare<br>
su un letto di foglie e su una pelle di libica orsa.<br>
La notte prescelta e avvolge La madre [[Afrodite|Venere]], <br>
con lanimo non vanamente angosciato, <br>
turbata dalle minacce dei Laurenti e dall'aspro tumulto,<br>
parla a Vulcano, e nell'aureo talamo dello sposo<br>
comincia, e ispira nelle parole un amore divino:<br>
Mentre i re d'Argo devastavano in guerra Pergamo, a loro<br>
dovuta,<br>
e le rocche destinate a cadere per le fiamme nemiche, <br>
non chiesi nessun aiuto per gli sventurati, non armi<br>
dell'arte e della capacità tue; né volli, o diletto sposo,<br>
che tu esercitassi invano le tue fatiche,<br>
sebbene io dovessi moltissimo ai figli di [[Priamo]],<br>
e avessi pianto spesso il duro affanno di [[Enea]].<br>
Ora per i comandi di Giove egli si stanzia nelle terre dei<br>
Rutuli:<br>
dunque supplice vengo, nume a me venerabile,<br>
e armi ti chiedo, madre per il figlio. La figlia di [[Nereo]],<br>
la sposa di [[Titone]] poterono piegarti con le lagrime.<br>
Guarda che popoli s'uniscono, che città serrano le porte <br>
e aguzzano il ferro contro di me e per l'eccidio dei miei».<br>
Disse, e avvincendolo con le nivee braccia, la dea<br>
lo strinse ancora esitante in un molle amplesso. Subito<br>
il dio accolse la fiamma consueta, e il noto ardore<br>
gli entrò nelle midolla e gli corse per le ossa vacillanti,<br>
come talvolta, rotto da un tuono corrusco,<br>
un igneo squarcio splendente percorre con la luna i nembi.<br>
Lieta della seduzione e conscia della sua bellezza, se ne<br>
accorse la sposa. Allora Vulcano parla avvinto da eterno amore:<br>
Che cause cerchi di lontano? Dov'è fuggita, o dea, <br>
la tua fiducia in me? Se avevi un tale pensiero,<br>
anche allora mi era consentito armare i [[Teucri]]:<br>
il Padre onnipotente e i fati non vietavano che [[Troia]] durasse,<br>
e che [[Priamo]] sopravvivesse per altri dieci anni.<br>
E ora, se ti appresti a combattere e nutri questo proposito, <br>
tutta la solerzia che posso promettere nell'arte,<br>
ciò che si può fare col ferro o col liquido elettro,<br>
per quanto valgano i fuochi e il soffio dei mantici, cessa di<br>
dubitare delle tue forze pregandomi di adoperarla. Detto questo,<br>
L'abbracciò come lei desiderava, e s'abbandonò in grembo<br>
alla sposa, accogliendo attraverso le membra un placido sopore.<br>
Quindi, appena il primo riposo, a metà del cammino della notte<br>
avanzata, aveva scacciato il sonno, nell'ora in cui la donna,<br>
che deve sostentare la vita con il fuso e la tela sottile,<br>
ridesta la cenere e le braci sopite, aggiungendo<br>
la notte al lavoro, e affatica le ancelle con lungo<br>
penso al lume della lucerna, per serbare casto<br>
il letto dello sposo e allevare i piccoli figli;<br>
così il dio del fuoco, non più tardi di quell'ora,<br>
si leva dal morbido giaciglio ai lavori di fabbro.<br>
Si erge, vicino alla costa sicula, di fianco all'Eolia,<br>
Lipari, un'isola ardua di rocce fumanti;<br>
sotto v'è una spelonca, e tuonano gli antri etnei<br>
corrosi dalle fucine dei [[Ciclopi]], e s'odono i validi colpi<br>
sulle incudini e rifrangono un gemito; stridono nelle caverne <br>
le masse incandescenti dei Calibi, spira e ruggisce il fuoco<br>
nelle fornaci; dimora di Vulcano, Vulcania di nome è la terra.<br>
Qui allora il dio del fuoco discese dall'alto cielo.<br>
Lavoravano il ferro nel vasto antro i [[Ciclopi]],<br>
[[Bronte]] e Sterope e con le membra nude Piracmone. <br>
Con le mani foggiavano e già in parte polivano<br>
un fulmine, di quelli che il Padre scaglia numerosi<br>
da tutto il cielo sulla terra; una parte restava imperfetta.<br>
Avevano aggiunto tre raggi di pioggia addensata,<br>
tre di nuvola acquosa, tre di rosso fuoco e di alato Austro:<br>
ora mischiavano all`opera terribili bagliori,<br>
e strepito e terrore e ire con fiamme incalzanti.<br>
Altrove attendevano al carro e alle volanti ruote<br>
di [[Ares|Marte]], con cui egli eccita gli uomini e le città;<br>
e levigavano a gara nelle squame d'oro di [[serpente]]<br>
l'egida orrenda, arma di [[Pallade (2)|Pallade]] irata,<br>
e le serpi intrecciate, e nel petto della dea<br>
la [[Medusa (1)|Gorgone]], che ruota gli occhi sul collo mozzo.<br>
Togliete tutto - disse, e tralasciate i lavori cominciati,<br>
[[Ciclopi]] etnei, e rivolgete qui la mente:<br>
si devono forgiare armi per un uomo gagliardo.<br>
Ora abbisognano forze, rapide mani, e tutta<br>
l'arte maestra. Rompete gli indugi. Non disse altro;<br>
ma quelli s'applicarono subito tutti e divisero la fatica.<br>
Fluisce il [[bronzo]] a rivi e il metallo dell'oro,<br>
e il micidiale acciaio si liquefa nella vasta fornace.<br>
Foggiano un enorme scudo, unico contro tutti<br>
i dardi dei Latini, e connettono sette cerchi<br>
con altri sette. Alcuni coi mantici ventosi<br>
aspirano ed emettono l'aria, altri tuffano nell'acqua<br>
il [[bronzo]] che stride: geme sotto il peso delle incudini<br>
l'antro.<br>
Quelli in cadenza tra loro sollevano le braccia<br>
con grande forza e rivoltano con salde tenaglie la massa.<br>
Mentre il dio di [[Lemno]] affretta queste fatiche sulle rive<br>
eolie, destano Evandro nell'umile casa la luce vitale<br>
e i mattutini canti degli uccelli sotto il tetto.<br>
Si leva il vegliardo, e indossa la tunica sulle membra,<br>
e avvince alla pianta dei piedi i calzari tirreni;<br>
poi assicura al fianco e alle spalle la spada tegea,<br>
spostando dal lato sinistro la pelle di pantera<br>
che gli scende sulla schiena. Una coppia di cani da guardia<br>
dall'alta soglia precede e accompagna il padrone.<br>
Si dirigeva alla sede appartata dell'ospite [[Enea]],<br>
memore dei discorsi e del dono promesso, L'eroe.<br>
Ugualmente [[Enea]] s'incamminava di primo mattino. <br>
All'uno il figlio Pallante, all'altro s'accompagnava Acate.<br>
S'incontrano e stringono le destre e si assidono in mezzo<br>
alla casa, e infine godono d'un libero discorso.<br>
Il re parla per primo:<br>
Eccelso capo dei [[Teucri]] te vivo, giammai <br>
dirò certamente domate le forze e il regno di [[Troia]],<br>
noi, per tanto nome, abbiamo esigue forze<br>
come aiuto di guerra: da una parte ci delimita il fiume etrusco,<br>
dall'altra premono i Rutuli, e attorniano le mura<br>
col fragore delle armi. Ma mi accingo ad unirti grandi<br>
popoli ed eserciti di regni possenti; una sorte inattesa<br>
mostra questa salvezza. Giungi richiesto dai fati.<br>
Non lontano di qui, fondata su un'antica rupe,<br>
risiede la città di Agilla, dove un tempo il popolo<br>
lidio, glorioso in guerra, si stabilì sui monti etruschi. <br>
Poi, fiorente per molti anni, la tenne<br>
con superbo dominio e crudeli armi il re Mezenzio.<br>
Perché ricordare le indicibili stragi e le gesta efferate<br>
del tiranno? Gli dei le riservino alla sua vita e alla stirpe!<br>
Avvinceva persino corpi morti ai vivi,<br>
unendo le mani alle mani e le bocche alle bocche<br>
(spaventosa tortura), e nel misero abbraccio li uccideva così,<br>
fluenti di putrido sangue corrotto, con una lunga morte.<br>
Ma stanchi infine i cittadini circondano armati<br>
quel folle che delirava nefandezze, lui e la casa,<br>
uccidono i suoi compagni, e appiccano il fuoco ai tetti.<br>
Quello, scampato alla strage, si rifugia nelle terre<br>
dei Rutuli, difeso dalle armi dell'ospite Turno.<br>
Dunque tutta l'Etruria insorse con giusto furore;<br>
richiedono il re per giustiziarlo con guerra immediata.<br>
Io ti darò condottiero, [[Enea]], a queste migliaia.<br>
Fremono infatti le navi addensate su tutta la riva,<br>
e vogliono muovere le insegne; li frena un aruspice annoso<br>
predicendo i fati: o eletta gioventù meonia,<br>
fiore e virtù degli antichi, che un giusto dolore<br>
spinge contro il nemico, e Mezenzio accende di un'ira<br>
meritata, a nessun italico è concesso esercitare il comando<br>
su un popolo tanto glorioso. Scegliete capi stranieri.<br>
Allora l'esercito etrusco si fermò in questa pianura,<br>
sgomento per i moniti degli dei. Tarconte m'invia ambasciatori<br>
e la [[corona]] del regno con lo scettro, e mi affida le insegne,<br>
affinché scenda in campo e assuma il regno tirreno.<br>
Ma la torpida e fredda vecchiaia stremata dagli anni<br>
e le energie tarde alle forti imprese m'impediscono<br>
il comando. Esorterei il figlio, se nato da una madre sabina <br>
non traesse di qui una parte del sangue. Tu, agli anni<br>
e alla stirpe del quale indulgono i fati, tu che i numi<br>
richiedono, avanza, fortissimo condottiero dei [[Teucri]] e degli Italici.<br>
Inoltre ti darò come compagno Pallante, nostra speranza<br>
e nostro conforto; sotto i tuoi insegnamenti si avvezzi<br>
a sopportare la milizia e la grave fatica di [[Ares|Marte]],<br>
a vedere le tue gesta, e ti imiti fin dai giovani anni.<br>
Gli darò duecento cavalieri arcadi, scelto nerbo<br>
di giovani, e altrettanti ne darà a te in suo nome Pallante.<br>
Aveva appena finito di parlare: [[Enea]] figlio di [[Anchise]]<br>
e il fido Acate tenevano fisso lo sguardo,<br>
e pensavano con triste animo alle molte dure vicende,<br>
se [[Citerea]] non avesse dato un segno nel cielo sereno.<br>
Infatti venne all'improvviso vibrata dall'etere una folgore<br>
con un tuono, e tutto sembrò precipitare di colpo,<br>
e un clangore di trombe tirrene strepitare nel cielo.<br>
Sollevano lo sguardo; ancora ed ancora il fragore enorme<br>
rimbomba. Tra le nubi, in uno spazio sereno del cielo,<br>
vedono armi risplendere nell'azzurro e percosse tuonare.<br>
Gli altri sbigottirono in cuore; ma l'eroe teucro<br>
riconobbe il suono e le promesse della dea madre.<br>
Allora dice :davvero non chiedere, ospite,<br>
che evento arrechi il prodigio: mi chiama l'[[Olimpo (1)|Olimpo]].<br>
Genitrice predisse che avrebbe mandato<br>
questo segnale se guerra incombesse, e portato in aiuto <br>
le armi di Vulcano per l'aria.<br>
Ahi quali stragi sovrastano gli sventurati Laurenti!<br>
Che pene mi pagherai, o Turno!; quanti scudi di guerrieri<br>
e elmi e forti corpi volgerai sotto le onde,<br>
o Tevere padre!; Cerchino la battaglia e rompano i patti!. <br>
Appena detto così, si leva dall'alto seggio,<br>
e prima suscita le are sopite dei fuochi di Ercole,<br>
e lieto visita il Lare del giorno innanzi e i modesti Penati;<br>
Evandro ugualmente, e ugualmente i giovani troiani<br>
sacrificano secondo il costume scelte pecore bidenti.<br>
Poi di qui si dirige alle navi e rivede i compagni;<br>
tra di loro sceglie i migliori per valore che lo seguano<br>
in guerra; tutta la restante parte naviga<br>
secondo la corrente e fluisce lentamente sul fiume:<br>
giungerà ad Ascanio messaggèra degli eventi e del padre.<br>
Si dànno cavalli ai [[Teucri]] che muovono ai campi tirreni;<br>
a [[Enea]] ne portano uno straordinario; lo avvolge<br>
la fulva pelle d'un leone, splendente d'unghie dorate.<br>
La Fama vola, subito diffusa nella piccola città,<br>
che i cavalieri muovono veloci alle spiagge del re tirreno. <br>
Le madri atterrite raddoppiano i voti, e il pericolo vicino<br>
accresce il timore e appare più grande lo spettro di [[Ares|Marte]].<br>
Allora il padre Evandro tiene avvinta la destra<br>
del figlio che parte, e, insaziato di lagrime, dice:<br>
Oh, se Giove mi rendesse gli anni trascorsi,<br>
quale ero quando sotto Preneste atterrai<br>
la prima schiera e vittorioso arsi mucchi di scudi,<br>
e sprofondai nel [[Tartaro]] con questa destra il re Erulo,<br>
al quale nascendo la madre Feronia (terribile a dirsi)<br>
aveva dato tre anime: tre volte doveva brandire le armi<br>
tre volte doveva abbattersi a morte; ma questa<br>
mano gli tolse tutte le vite, e lo spogliò delle armi:<br>
ora non sarei mai strappato al tuo dolce abbraccio,<br>
o figlio; e mai Mezenzio, insultando me, suo vicino,<br>
avrebbe dato col ferro tante crudeli morti,<br>
e privato la nostra città d'innumerevoli abitanti.<br>
Ma voi, celesti, e tu, supremo reggitore degli dei,<br>
Giove, ti prego, abbiate pietà del re arcade,<br>
e ascoltate le preghiere d'un padre. Se i vostri numi,<br>
se i fati mi riserbano incolume Pallante, se vivo<br>
destinato a rivederlo e a riunirmi a lui, chiedo la vita;<br>
accetto di sopportare qualunque affanno. Se invece,<br>
o Fortuna, minacci qualche indicibile sventura,<br>
fin d'ora, fin d'ora io possa troncare la crudele vita,<br>
mentre l'angoscia è dubbiosa, e incerta la speranza del<br>
futuro, mentre, diletto fanciullo, mia unica e ultima gioia,<br>
ti stringo tra le braccia; un annuncio troppo grave<br>
non mi colpisca gli orecchi». Il padre parlava così<br>
nell'estremo distacco; i seni lo portarono svenuto nella casa.<br>
E già la schiera a cavallo usciva dalle porte<br>
aperte, [[Enea]] tra i primi e il fido Acate,<br>
poi gli altri capi troiani, e <br>
Pallante, mirabile per la clamide e per le armi adorne;<br>
simile a Lucifero, che [[Afrodite|Venere]] predilige tra gli astri<br>
di fuoco, quando asperso dell'onda dell'[[Oceano]]<br>
solleva il sacro volto nel cielo e dissolve le tenebre.<br>
Le madri stanno trepidanti sulle mura, e seguono con lo<br>
sguardo la nuvola di polvere e le squadre fulgenti di [[bronzo]].<br>
Quelli procedono armati nella boscaglia dove è più breve<br>
la via; il grido sale e in schiera serrata gli zoccoli<br>
scuotono con un suono quadruplice il molle suolo.<br>
Vi è un grande bosco sul gelido fiume di Cere,<br>
ampiamente venerato dalla devozione dei padri; da tutte le parti<br>
lo racchiudono colli declivi e una selva di neri abeti.<br>
Si tramanda che gli antichi [[Pelasgi]] consacrarono a Silvano, <br>
dio dei campi e dei greggi, il bosco e un giorno festivo,<br>
essi che un tempo abitarono per primi le terre latine.<br>
Non lontano di qui Tarconte e i Tirreni tenevano il campo<br>
protetto dalla posizione dei luoghi; già dalla cima del colle<br>
si poteva vedere tutta la legione attendarsi nella vasta<br>
campagna.<br>
Qui entrano il padre [[Enea]] e i giovani scelti<br>
per la guerra, e ristorano i corpi stanchi e i cavalli.<br>
Ma la dea [[Afrodite|Venere]], splendente tra gli eterei nembi,<br>
veniva recando i doni; come vide lontano<br>
in una valle appartata il figlio solitario sul tiepido fiume,<br>
gli rivolse queste parole e gli si mostrò spontanea:<br>
Ecco, compiuti dall'arte del mio sposo, i doni<br>
promessi affinché, o creatura da me generata, non esiti<br>
a sfidare in battaglia i superbi Laurenti e l'aspro Turno.<br>
Disse, e [[Citerea]] cercò l'abbraccio del figlio;<br>
depose le armi raggianti sotto una quercia di fronte.<br>
Egli, lieto dei doni della dea e di tanto onore,<br>
non riesce a saziarsi e percorre tutto con gli occhi,<br>
e guarda ammirato e rigira tra le mani e le braccia<br>
l'elmo terribile per le creste, che emette fiamme, <br>
la spada mortifera e la rigida corazza di [[bronzo]]<br>
sanguigna, enorme, quale una livida nube<br>
arde ai raggi del sole e rifulge lontano<br>
poi i levigati schinieri di elettro e d'oro raffinato,<br>
e l'asta, e l'indescrivibile compagine dello scudo.<br>
Qui il dio del fuoco, esperto dei vaticini e consapevole<br>
del tempo a venire, aveva effigiato le gesta italiche<br>
e i trionfi dei Romani e tutta la discendenza futura<br>
dal sangue di Ascanio, e in ordine le guerre combattute.<br>
Aveva anche effigiato nel verde antro di [[Ares|Marte]]<br>
la lupa sgravata e distesa; appesi ai suoi uberi,<br>
i gemelli scherzavano e impavidi succiavano la nutrice;<br>
quella, girata con il collo, lambiva<br>
l'uno e l'altro a vicenda e lisciava i corpi con la lingua.<br>
Vicino aggiunse Roma e le Sabine rapite<br>
brutalmente tra la folla del teatro durante lo svolgersi<br>
dei grandi [[Circe]]nsi; subito ne sorgeva una nuova guerra<br>
tra i Romulidi e il vecchio Tazio e i severi abitanti di Curi.<br>
Poi gli stessi re, cessata la battaglia, si ergevano<br>
armati davanti all'ara di Giove reggendo<br>
le coppe e stringevano patti col sacrificio d'una scrofa.<br>
A fianco, quadrighe lanciate in diverse direzioni squartavano<br>
Metto - ma tu, o albano, dovevi mantenere la parola! -,<br>
e Tullo straziava le viscere dell'uomo mendace<br>
nella selva, e gli sparsi roveti grondavano sangue.<br>
Inoltre Porsenna ingiungeva di riaccogliere lo scacciato<br>
Tarquinio, e serrava la città d'un vasto assedio;<br>
gli [[Enea]]di irrompevano contro il ferro in difesa della libertà.<br>
Quello appariva sdegnato e minaccioso d'aspetto,<br>
a causa di Coclite che osava divellere il ponte,<br>
e di Clelia che, spezzati i legami, nuotava nel fiume.<br>
In cima Manlio, custode della rocca Tarpea,<br>
stava davanti al tempio e teneva l'alto Campidoglio,<br>
irta la reggia recente della paglia di Romolo.<br>
E qui, svolazzando per i portici dorati, L'argentea <br>
oca avvertiva che i Galli stavano giungendo alle porte;<br>
i Galli giungevano per la boscaglia, e tenevano la rocca,<br>
difesi dalle tenebre e dal dono d'una notte oscura;<br>
hanno chiome dorate e dorata la veste; risplendono<br>
nei mantelli listati, e cingono i candidi colli<br>
di aurei monili; ognuno vibra con la mano<br>
due giavellotti alpini, protetti i corpi da lunghi scudi.<br>
Qui Vulcano aveva effigiato in rilievo i Salii danzanti<br>
e i nudi Luperci, i lanosi berretti e gli ancili<br>
caduti dal cielo; per la città le caste madri sfilavano<br>
in sacro corteo su morbidi cocchi. Lontano<br>
aggiunge le sedi tartaree, le alte porte di Dite,<br>
e le pene dei delitti, e te, Catilina, che pendi<br>
da una rupe minacciosa e temi il volto delle Furie;<br>
e i pii in disparte; Catone che ad essi dà leggi.<br>
Tra queste figure andava ampiamente l'immagine aurea<br>
del tumido mare, ma l'azzurro spumeggiava di bianchi flutti<br>
e intorno lucenti argentei delfini in cerchio<br>
battevano le acque con la coda e solcavano le onde.<br>
In mezzo si potevano vedere le flotte armate di [[bronzo]],<br>
la battaglia d'Azio e per [[Ares|Marte]] schierato scorgevi<br>
ribollire tutto il Leucate, e d'oro rifulgere i flutti.<br>
Di qui Cesare Augusto che guida in battaglia gli Italici,<br>
coi padri e il popolo, i Penati e i grandi dei,<br>
ritto sull'alta poppa; a lui le tempie emettono<br>
due floride fiamme, sul capo si mostra la stella del padre.<br>
In un'altra parte, coi venti e gli dei favorevoli, Agrippa<br>
che guida in piedi la flotta; a lui, superba insegna di guerra,<br>
le tempie risplendono della [[corona]] navale rostrata.<br>
Di là con esercito barbarico e con armi diverse Antonio,<br>
vittorioso sui popoli dell'Aurora e sul Mar Rosso,<br>
trascina con sé l'[[Egitto (4)|Egitto]]  e le forze d'Oriente e la remota<br>
Battra; e lo segue, infamia!, la sposa egizia.<br>
S'avventano tutti insieme e il mare intero spumeggia,<br>
sconvolto dal ritrarsi dei remi e dai rostri tricuspidi. <br>
Si dirigono al largo; crederesti che navighino divelte tra<br>
i flutti le Cicladi, o con monti si scontrino alti monti;<br>
su navi turrite di tale mole s'incalzano gli uomini.<br>
Scagliano a mano stoppa ardente, e con archi fulminee<br>
saette; le distese di Nettuno rosseggiano di nuovi eccidi. <br>
La regina nel mezzo chiama le schiere col patrio sistro:<br>
e ancora non si volge a guardare alle spalle la coppia<br>
di serpenti. E mostruose divinità d'ogni forma,<br>
e Anubi che latra, impugnano le armi contro Nettuno,<br>
contro [[Afrodite|Venere]] e [[Atena|Minerva]]. Infuria in mezzo alla lotta<br>
[[Ares|Marte]] cesellato in ferro e le sinistre Furie dall'etere;<br>
avanza esultante la Discordia col mantello stracciato,<br>
e la segue Bellona col sanguigno flagello.<br>
Dall'alto guardando gli eventi [[Apollo]] Aziaco tendeva<br>
l'arco: tutti, a tale terrore, gli Egizi e gli Indi,<br>
tutti gli Arabi, tutti volgevano le spalle i Sabei.<br>
La stessa regina appariva nell'atto di dare<br>
le vele ai venti invocati, e già di allentare le funi.<br>
Il dio del fuoco l'aveva effigiata tra gli eccidi, pallida<br>
della morte futura, mentre veniva sospinta dalle onde<br>
e dallo lapige; di faccia, dolente, il [[Nilo]] dal grande corpo<br>
apriva le pieghe e con tutta la veste chiamava i vinti<br>
nel grembo ceruleo e nel profondo dei suoi gorghi.<br>
Ma Cesare, portato alle mura romane in triplice trionfo,<br>
consacrava agli dèi italici in modo immortale<br>
trecento massimi templi in tutta la città.<br>
Le vie fremevano di lefiziadi giochi di applausi;<br>
in ogni sanmario un coro di madri ed are in ognuno;<br>
davanti alle are gli immolati giovenchi coprivano la terra.<br>
Egli, assiso sulla nivea soglia di [[Apollo]] splendente, <br>
esamina i doni dei popoli e li appende alle porte<br>
superbe; avanzano in lunga fila le nazioni vinte,<br>
quanto diverse di lingue, tanto di foggia di vesti e d'armi.<br>
Qui l'artefice aveva effigiato la stirpe dei Nomadi<br>
e i nudi Africani, qui i Lelegi e i Cari, e i saettanti<br>
Geloni; L'Eufrate scorreva con onde più miti,<br>
e i Morini, estremi degli uomini, e il Reno bicorne,<br>
e gli indomiti Dai, e, sdegnato del ponte, L'Arasse.<br>
[[Enea]] ammira simili cose nello scudo di Vulcano, dono<br>
della madre, e ignaro degli eventi, pure si diletta della loro<br>
immagine, sollevando sull'omero la gloria e i fati della stirpe.</p>

[[Categoria:Bibliografia]]
[[Categoria:Fonti Antiche]]