Il Crepuscolo degli Dèi

<p>Mentre questo accadeva in un'altra parte lontana,<br>
la saturnia Giunone inviò dal cielo [[Iride]]<br>
all'audace Turno. Allora per caso nel bosco<br>
dell'avo Pilumno, Turno sedeva nella valle sacra.<br>
Così gli parlò la Taumanzia con roseo labbro: <br>
O Turno, ciò che nessuno degli dei oserebbe promettere<br>
al tuo desiderio, il tempo che scorre, ecco, te l'offre.<br>
Enea, lasciata la città e i compagni e la flotta,<br>
ha raggiunto il regno palatino e la sede di Evandro.<br>
Non basta: s'è spinto fino alle estreme città dell'Etruria, <br>
e arma uno stuolo di Lidi, agreste accozzaglia.<br>
Perché esiti? Ora è il momento di radunare i cavalli e i carri.<br>
Rompi gli indugi, scompiglia e conquista il campo.<br>
Dlsse e si levò nel cielo ad ali tese,<br>
e sotto le nubi tracciò nella fuga un arco immenso. <br>
Il giovane la riconobbe, e innalzò entrambe le palme<br>
agli astri, e inseguì la fuggente con queste parole:<br>
«[[Iride]], ornamento del cielo, chi ti spinse a discendere<br>
dalle nubi a me sulla terra? di dove questo improvviso<br>
spazio così luminoso?, vedo dischiudersi il cielo<br>
ed errare nella volta le stelle. Voglio seguire presagi<br>
così solenni, chiunque tu sia che m'inviti alle armi.<br>
Disse, s'avvicinò all'onda, e bevve a fior d'acqua,<br>
molto pregando gli dei, e colmò il cielo di voti.<br>
E già tutto l'esercito andava nell'aperta pianura, <br>
ricco di cavalli,ricco di vesti screziate e d'oro;<br>
Messapo guida la prima schiera, l'ultima<br>
i giovani figli di Tirro; Turno, il condottiero, nel centro<br>
trascorre brandendo le armi e sovrasta di tutto il capo<br>
come, sorgendo in silenzio con sette placidi rami,<br>
il Gange profondo, o quando il Nilo con flutto<br>
fangoso rifluisce dai campi e già si nasconde nell'alveo.<br>
Qui i Teucri scorgono addensarsi un'improvvisa<br>
nuvola di nera polvere, e tenebre levarsi sui campi.<br>
Primo dalla rocca di fronte grida Caico:<br>
Che massa, cittadini, si volge di oscura caligine?<br>
recate rapidi il ferro, date giavellotti, salite sui muri.<br>
E il nemico, avanti!. Con grande clamore<br>
i Teucri rientrano da tutte le porte e riempiono le mura.<br>
Infatti, partendo, Enea, fortissimo in armi,<br>
aveva ordinato così: se frattanto si presentasse la sorte,<br>
non osassero schierarsi in battaglia né scendere allo scope,<br>
solo serbassero il campo e le mura difese dal terrapieno.<br>
Dunque, sebbene la vergogna e l'ira li invitino a combattere,<br>
oppongono le porte e obbediscono agli ordini,<br>
e armati attendono il nemico nelle cave torri.<br>
Turno, come volando innanzi aveva preceduto la lenta<br>
schiera, accompagnato da venti cavalieri scelti, giunge<br>
improvviso alla città; lo porta un cavallo tracio a macchie<br>
bianche, e lo copre un elmo d'oro dal rosso cimiero.<br>
Chi sarà con me, o giovani, primo contro il nemico?.<br>
Ecco, disse. E vibrando un dardo lo scaglia nell'aria,<br>
inizio di lotta, e avanza alto nel piano.<br>
I compagni si associano con grida e lo seguono con un fremito<br>
di terribile suono: si stupiscono della viltà dei Teucri:<br>
dei guerrieri non s'affidano al campo aperto, non muovono<br>
in armi, ma proteggono il campo. Di qua, di là, torbido<br>
Turno esplora a cavallo le mura e cerca passaggi inaccessibili.<br>
E come un lupo, insidiando un ovile pieno,<br>
preme ai recinti, sopportando il vento e la pioggia,<br>
nel cuore della notte; gli agnelli, sicuri sotto le madri,<br>
continuano a belare; quello feroce incrudelisce contro gli assenti; <br>
lo tormenta una lunga rabbia di fame, le fauci secche di sangue:<br>
ugualmente al Rutulo che guarda le mura e il campo<br>
divampa l'ira: ribolle nelle dure ossa una smania,<br>
come forzi l'entrata, con che mezzo stani<br>
i Teucri chiusi nel vallo e li rovesci nel piano?<br>
Assale la flotta che si celava ormeggiata al lato del campo,<br>
protetta intorno dagli argini e dalle onde del fiume, <br>
e chiede ai compagni esultanti le fiaccole,<br>
e fervido riempie la mano con una torcia di pino ardente.<br>
Allora irrompono; la presenza di Turno li sprona;<br>
e tutti i giovani si armano di nere torce.<br>
Consumano i fuochi; la fumosa resina emette<br>
un lume di pece, e Vulcano commiste faville agli astri.<br>
Qual dio, o [[Muse]], allontanò dai Teucri un incendio<br>
tanto crudele? e stornò dalle navi le fiamme?<br>
Dite. Antica è la fede all'evento, ma la fama perenne.<br>
Nel tempo in cui da principio Enea costruiva la flotta<br>
sul frigio Ida, e s'apprestava a correre il profondo mare,<br>
si narra che la berecinzia Madre degli dei si rivolgesse<br>
così al grande Giove: Asseconda, o figlio, ciò che la cara<br>
madre ti chiede, per la quale tu hai domato l'[[Olimpo (1)|Olimpo]].<br>
Avevo, prediletta per molti anni, una selva di pini, <br>
un bosco sull'altissima rocca, dove portavano le offerte,<br>
oscuro di neri pini e di tronchi d'acero;<br>
lo donai volentieri al giovane dardanio bisognoso di navi;<br>
ora un ansioso timore mi tormenta e mi serra.<br>
Dissolvi il timore, e fa' che la madre, pregando,<br>
ottenga che nessun percorso le sfasci, o turbine di vento<br>
le abbatta; giovi che nacquero sui miei monti.<br>
A lei di rimando il figlio, che volge le stelle del cielo:<br>
O madre, dove trascini i fati? che cosa chiedi per esse?<br>
che navi fatte da mano mortale abbiano un destino <br>
immortale? ed Enea affronti certo gli incerti<br>
pericoli? a quale mai dio fu concesso un tale potere?<br>
Ma quando, terminato il viaggio, terranno i porti<br>
ausoni, a ognuna che sarà scampata alle onde,<br>
e avrà trasportato il capo dardanio nei campi laurenti, <br>
toglierò la forma mortale e farò che siano dee<br>
del grande mare, quali la nereide Doto<br>
e Galatea solcano con il petto i flutti schiumanti».<br>
Disse, e stabilito ciò assentì per i fiumi<br>
del fratello stigio, per le rive di pece della nera<br>
voragine, e al cenno fece tremare tutto l'[[Olimpo (1)|Olimpo]].<br>
Era il giorno promesso e le Parche avevano compiuto<br>
il tempo dovuto: quando la minaccia di Turno<br>
spinse la Madre a dare le fiamme alle navi.<br>
Qui dapprima rifulse agli occhi una strana luce, <br>
e sembrò che dall'Aurora trascorresse il cielo un immenso<br>
nembo e i cori dell'lda; allora una venerabile voce scende<br>
attraverso l'aria e romba tra le schiere dei Teucri e dei Rutuli:<br>
Non affannatevi, o Teucri, a difendere le mie navi<br>
e non armate la mano: Turno potrà bruciare il mare<br>
prima che i pini sacri. Voi andate libere,<br>
andate come dee dell'[[Oceano]]; lo comanda la madre.<br>
Sùbito tutte le navi strapparono gli ormeggi dalle rive,<br>
e a guisa di delfini coi rostri sommersi nelle acque<br>
si dirigono al fondo. Allora, meraviglioso prodigio,<br>
riemergono altrettante figure virginee e vanno sulle acque,<br>
(quante stavano prima a riva prue di bronzo).<br>
Sbigottirono nellanimo i Rutuli; atterrito lo stesso<br>
Messapo sui cavalli imbizzarriti, s'arresta persino il fiume<br>
risuonando rauco, e il Tevere ritrae il passo dal mare.<br>
Tuttavia non svanì la fiducia all'audace Turno;<br>
anzi solleva gli animi con le sue parole, e grida:<br>
il prodigio colpisce i Troiani, ai quali lo stesso Giove<br>
strappa il consueto rifugio; non aspettano dardi e fuochi<br>
rutuli. Dunque il mare è impraticabile ai Teucri, <br>
e non hanno speranza di fuga, sottratta loro metà del<br>
mondo;<br>
la terra in nostra mano; in molte migliaia<br>
i popoli italici brandiscono armi. Non mi spaventano<br>
i fatali responsi degli dei, seppure i Frigi se ne vantano;<br>
fu dato abbastanza a Venere e ai fati: i Teucri toccarono<br>
i campi della fertile Ausonia. Ho anch'io fati<br>
opposti ai loro: distruggere col ferro la stirpe scellerata<br>
che mi strappa la sposa; questo dolore non punge<br>
soltanto gli [[Atridi]], né solo Micene può prendere le armi.<br>
- Ma basta perire una volta: - doveva bastare<br>
anche la colpa precedente, se poi avessero appreso<br>
a odiare tutte le donne. Li rincuora la fiducia<br>
nel vallo interposto, L'ostacolo dei fossati, brevi<br>
intervalli di morte. Ma non videro le mura di Troia<br>
fabbricate dalle mani di Nettuno crollare tra le fiamme?. <br>
E voi, o eletti, chi è pronto a infrangere il vallo col ferro<br>
e assale insieme con me il campo atterrito?<br>
Non mi servono le armi di Vulcano, né mille navi<br>
contro i Troiani: e si alleino pure tutti gli Etruschi.<br>
Essi non temano le tenebre né il vile furto del Palladio,<br>
uccise per largo spazio le guardie della rocca;<br>
noi non andremo a occultarci nel cieco ventre del cavallo:<br>
alla luce, apertamente, vogliamo recingere le mura di fuoco.<br>
Farò che non pensino di dovere confrontarsi coi Danai<br>
e coi giovani pelasgi che [[Ettore]] trattenne per dieci anni. <br>
Ma ora, poiché è già trascorsa la parte migliore del giorno,<br>
per ciò che rimane, o uomini, lieti della bella impresa,<br>
ristorate i corpi, e attendete pronti la battaglia.<br>
Frattanto affidano a Messapo il compito di presidiare le<br>
porte con corpi di guardia, e di cingere le mura di fiamme.<br>
Scelgono sette e sette Rutuli per sorvegliare<br>
i ripari; ma ognuno di loro seguono cento<br>
giovani coi pennacchi purpurei e scintillanti d'oro.<br>
Trascorrono, mutano i turni, e sparsi per l'erba<br>
indulgono al vino, e vuotano crateri di bronzo.<br>
Risplendono i fuochi; le guardie passano la notte<br>
insonne nel gioco.<br>
Questo i Teucri scorgono dall'alto del vallo,<br>
e occupano in armi le torri, ed esplorano, trepidi d'ansia,<br>
le porte, e congiungono ponti e bastioni,<br>
e portano armi. Li spronano Mnesteo e il fiero Seresto,<br>
che il padre Enea, se mai le avversità lo richiedessero,<br>
aveva deciso fossero capi dei giovani e maestri delle opere.<br>
Tutto l'esercito sui muri, sorteggiato il pericolo,<br>
bivacca ed esercita i turni: ognuno deve vigilare.<br>
Niso custodiva la porta, fortissimo in armi<br>
figlio di Irtaco, che ad Enea aveva mandato compagno<br>
l'Ida folto di cacce, veloce con l'asta e con le lievi frecce;<br>
e vicino, amico, Eurialo del quale nessuno<br>
vi fu più bello tra gli Eneadi né vestì armi troiane,<br>
ragazzo che adornava il volto di imberbe giovinezza.<br>
Avevano un solo amore, e uniti correvano in guerra;<br>
anche allora in guardia comune presidiavano la porta.<br>
Niso dice: gIi dei infondono questo ardore nellanimo,<br>
Eurialo, o a ciascuno diviene un dio la propria smania<br>
crudele ?.<br>
Da tempo il cuore mi sprona a gettarmi nella battaglia<br>
o in qualcosa di grande, e non s'appaga della placida quiete.<br>
Vedi quale fiducia degli eventi possieda i Rutuli.<br>
Guizzano rari fuochi; giacciono snervati<br>
dal sonno e dal vino; tacciono i luoghi d'intorno.<br>
Senti che cosa io progetti, e cosa mi sorga nellanimo.<br>
Tutti, il popolo e i padri, chiedono che si richiami Enea,<br>
e che si mandino uomini a riportare notizie certe.<br>
Se possono promettere ciò che chiedo per te - a me basta<br>
la gloria dell'impresa -, sotto quel colle credo<br>
di poter trovare la via per le mura e la città pallantea.<br>
Eurialo stupì, turbato dal gran desiderio di gloria;<br>
e insieme parla così all'ardente amico:<br>
Non vuoi dunque, o Niso, prendermi per compagno<br>
nelle imprese più nobili? Manderò solo te nei maggiori pericoli. <br>
Non m'insegnò questo il padre Ofelte, avvezzo alle battaglie,<br>
allevandomi tra il terrore argolico e il travaglio<br>
di Troia; né con te mi comportai così<br>
seguendo gli estremi fati del magnanimo Enea;<br>
vi è qui un animo che non si cura della luce, e crede <br>
si paghi equamente con la vita l'onore cui tendi.<br>
E Niso: Certo non temevo questo di te,<br>
sarebbe ingiusto: così il grande Giove a te mi renda<br>
in trionfo, o chiunque guarda l'impresa con giusti occhi.<br>
Ma se alcuno (tante sono le alternative che vedi in questo frangente)<br>
se il caso o un dio mi travolgesse nella rovina,<br>
vorrei che tu sopravvivessi; la tua età è più degna di vita.<br>
Se io fossi ucciso in battaglia o riscattato a prezzo, vi sarebbe<br>
chi maffidi alla terra, o se la consueta Fortuna lo vieta,<br>
chi mi renda, da lontano, le esequie ed onori il mio sepolcro.<br>
Non vorrei essere la causa di tanto dolore a tua madre<br>
sventurata, che sola osò seguirti fra tante madri,<br>
ragazzo, e non si curò della città del grande Aceste.<br>
Ma quello: Intessi inutilmente vane ragioni,<br>
ormai la mia decisione non muta ed è irremovibile.<br>
Affrettiamoci, disse. E subito desta le sentinelle.<br>
Quelli subentrano e osservano i turni; lasciata la guardia,<br>
egli s'incammina in compagnia di Niso e cercano il re.<br>
Per tutte le terre gli altri viventi nel sonno<br>
scioglievano le ansie e i cuori dimentichi degli affanni, <br>
i primi capi dei Teucri, scelti guerrieri,<br>
tenevano consiglio sulle cose essenziali del regno:<br>
che debbano fare, chi mandi il messaggero ad Enea.<br>
Si ergono appoggiati alle lunghe aste, imbracciando gli scudi<br>
nel mezzo del campo e dal piano. Allora Niso<br>
ed Eurialo chiedono eccitati di essere subito ammessi:<br>
la cosa era grande e valeva l'indugio. Iulo per primo<br>
li accolse trepidanti, e comandò a Niso di parlare.<br>
Allora così l'Irtacide: Ascoltate con animo benevolo,<br>
o Eneadi, e non giudicate le proposte dai nostri anni.<br>
I Rutuli, snervati dal sonno e dal vino, tacciono;<br>
noi abbiamo esplorato un luogo adatto alle insidie,<br>
che s'apre al bivio della porta prossima al mare;<br>
là s'interrompono i fuochi, e un nero fumo si leva<br>
alle stelle; se ci permettete di approfittare della fortuna,<br>
cercando Enea e le mura pallantee, presto<br>
ci vedrete tornare carichi di spoglie, e compiuta<br>
una grande strage. La via non c'ingannerà nell'andare:<br>
durante le nostre cacce continue vedemmo in un'ombrosa<br>
valle affacciarsi la città e perlustrammo tutto il fiume.<br>
Allora grave di anni e maturo d'animo Alete:<br>
O dei patrii, sotto il cui presidio permane Troia,<br>
non avete deciso di distruggere completamente i Teucri,<br>
se producete simili animi di giovani e cuori<br>
tanto sicuri(parlando, stringeva le spalle e le destre<br>
di entrambi, e rigava di lagrime il volto e le guance).<br>
Quali degni premi, o valorosi, per questa gloria<br>
io penso che vi si possano rendere? prima i più belli<br>
ve li daranno gli dei e la vostra indole; poi gli altri<br>
ve li consegnerà presto il pio Enea, e Ascanio<br>
non toccato dagli anni, che mai sarà immemore di tanto<br>
merito <br>
Sì, io, la cui sola salvezza è il ritorno del padre,<br>
continua Ascanio, per i grandi Penati, o Niso,<br>
e il Lare di Assaraco e il sacrario della candida Vesta,<br>
io giuro; qualunque sia la mia fortuna e fiducia,<br>
la pongo nel vostro grembo: richiamate il padre,<br>
restituite la sua presenza; riavutolo, nulla sarà triste.<br>
Vi darò due coppe forbite d'argento e sbalzate<br>
di fregi, che il padre prese nella vinta Arisba,<br>
e una coppia di tripodi, due grandi talenti d'oro,<br>
un cratere antico che offrì la sidonia Didone.<br>
Ma se ci toccherà in sorte di prendere vittoriosi l'Italia,<br>
di conquistarne lo scettro, hai visto il cavallo su cui Turno andava<br>
aureo nell`armi? quello, e lo scudo e il rosso cimiero,<br>
escluderò dal sorteggio, fin d'ora tuoi premi, o Niso.<br>
Inoltre il padre ti darà dodici bellissimi corpi di donna,<br>
e dodici prigionieri, ognuno con le sue armi;<br>
e quanto di terra possiede il re Latino.<br>
Ma te, ammirevole ragazzo, che la mia età segue<br>
più da vicino, io già accolgo con tutto il cuore<br>
e abbraccio come compagno in ogni vicenda:<br>
non cercherò nessuna gloria senza di te nelle imprese;<br>
pace o guerra ch'io faccia, avrò massima fiducia in te,<br>
di fatti e di parole. Eurialo gli risponde così:<br>
Nessuna giornata mi accusi impari ai forti ardimenti;<br>
mi basta: poi, sopravvenga la sorte favorevole o avversa.<br>
Ma sopra tutti i premi, di uno solo ti prego:<br>
ho con me la madre, dell'antica stirpe di [[Priamo]],<br>
a cui, sventurata, la terra d'[[Ilio]] e la città<br>
del re Aceste non impedirono di partire con me.<br>
Ora la lascio ignara di questo pericolo, qualunque sia,<br>
e insalutata (mi siano testimoni la notte e la tua destra),<br>
poiché non potrei sopportare le sue lagrime.<br>
Ma tu, prego, consola la misera e soccorri l'abbandonata.<br>
Lascia che porti questa speranza di te.<br>
Andrò più audace incontro a tutte le sorti. Turbati<br>
i Dardanidi piansero; e più di tutti il leggiadro iulo,<br>
e gli strinse il cuore l'immagine dell'amore paterno.<br>
Allora parla così:<br>
Ripromettiti quanto sia degno della tua grande impresa.<br>
Lei mi sarà madre, e solo le mancherà il nome di Creusa,<br>
né una piccola riconoscenza attende l'aver avuto<br>
un simile figlio. Qualunque sarà l'esito dell'impresa,<br>
giuro sul mio capo, sul quale il padre soleva giurare:<br>
ciò che prometto a te nel ritorno e nella fortuna propizia,<br>
lo stesso attenderà tua madre e la stirpe.<br>
Così dice in lagrime; e insieme sfila dall'omero la spada<br>
d'oro che Licaone di Cnosso fece con arte mirabile,<br>
e l'aveva adattata maneggevole alla guaina d'avorio.<br>
Mnesteo dà a Niso una pelle, spoglia<br>
d'un irsuto leone; scambia l'elmo il fido Alete.<br>
Subito si mettono in marcia armati; tutta la schiera<br>
dei capi, giovani e vecchi, presso le porte<br>
li segue con voti. Il leggiadro iulo,<br>
mostrando anzitempo un animo e un pensiero virile<br>
affidava molti messaggi da portare al padre: ma tutti<br>
li disperdono i venti e li donano vani alle nubi.<br>
Usciti, superano i fossi, e nell'ombra della notte<br>
si dirigono al campo nemico, ma prima sarebbero stati <br>
di eccidio a molti. Sull'erba vedono corpi rovesciati<br>
dal sonno e dal vino, carri con il timone alzato sulla riva,<br>
uomini tra briglie e ruote, e giacere insieme<br>
armi e otri. Per primo l'Irtacide parlò così:<br>
Eurialo, osiamo col braccio; la situazione c'invita. <br>
La via è per di qua. Affinché nessuna schiera<br>
possa coglierci da tergo, provvedi e vigila da lontano;<br>
io seminerò strage, e ti guiderò in un vasto solco.<br>
Così dice, e frena la voce; ed assale con la spada<br>
il superbo Ramnete, che su spessi tappeti<br>
ammucchiati spirava sonno dal profondo del petto:<br>
era re e augure, gratissimo al re Turno,<br>
ma con l'augurio non poté allontanare da sé la rovina.<br>
Vicino uccide tre servi che giacevano a caso<br>
tra le armi, e lo scudiero di Remo; all'auriga trovato <br>
sotto i cavalli col ferro squarcia il collo riverso;<br>
poi decapita il loro padrone, e lascia il tronco<br>
rantolante nel sangue; la terra e i giacigli s'intridono<br>
caldi di nero umore. E anche Lamiro e Lamo,<br>
e il giovane Serrano, che aveva giocato fino alla notte <br>
più tarda, bellissimo d'aspetto; giaceva con le membra vinte<br>
dall'eccesso del dio.<br>
Come un leone digiuno che sconvolge un gremito ovile<br>
(lo spinge una fame furiosa) e addenta e trascina le tenere <br>
pecore mute di terrore; ruggisce con le fauci insanguinate.<br>
Non minore la strage di Eurialo; ardente anch'egli<br>
imperversa, e nel folto assale una grande anonima<br>
folla, Fado, e Erbeso, e Reto e Abari<br>
inconsapevoli; Reto si era svegliato e tutto vedeva, <br>
celandosi atterrito dietro un grande cratere:<br>
mentre si alzava Eurialo gli immerse da presso la spada<br>
in pieno petto, e la estrasse con molta morte.<br>
Quegli emette l'anima purpurea, e morendo rigetta<br>
vino misto a sangue; questi, fervido incalza nell'agguato. <br>
Si appressava ai compagni di Messapo; lì vedeva<br>
morire l'ultimo fuoco e legati secondo l'usanza<br>
i cavalli a brucare l'erba, quando brevemente Niso:<br>
- Siamo trasportati da troppa foga di strage -<br>
smettiamo, disse, poiché s'avvicina la luce nemica; <br>
ci siamo vendicati abbastanza; e s'apre la via tra i nemici.<br>
Lasciano numerose armi di guerrieri, forgiate<br>
in argento massiccio, e crateri e bei tappeti.<br>
Eurialo afferra, adattandole alle spalle inutilmente forti,<br>
le borchie di Ramnete e la tracolla a placche d'oro, <br>
che un tempo il ricchissimo Cedico mandò in dono<br>
a Remulo tiburte, stringendo amicizia da lontano;<br>
quegli morendo la dà in possesso al nipote; dopo la morte<br>
i Rutuli se ne impadroniscono guerreggiando in battaglia.<br>
Poi indossa l'elmo di Messapo, agevole e adorno <br>
di creste. Escono dal campo, e prendono vie sicure.<br>
Frattanto cavalieri mandati in avanscoperta dalla città latina,<br>
mentre il grosso dell'esercito indugia schierato nella pianura,<br>
andavano e portavano a Turno risposte del re:<br>
trecento, tutti armati di scudi, guidati da Volcente. <br>
E già s'avvicinavano al campo, e arrivavano al muro,<br>
quando li scorgono lontano piegare in un sentiero a sinistra;<br>
L'elmo tradì l'immemore Eurialo nell'ombra<br>
luminescente della notte, e rifulse percosso dai raggi.<br>
Non passò inosservato. Grida dalla schiera Volcente: <br>
«Fermatevi, uomini; che ragione all'andare? che soldati<br>
siete? dove vi dirigete?. Essi non si fecero incontro,<br>
ma fuggirono veloci nel bosco e s'affidarono alla notte.<br>
Da tutte le parti i cavalieri si slanciano nei noti<br>
bivii e circondano di guardie tutti gli sbocchi.<br>
Era una vasta selva irta di cespugli e di nere<br>
elci, e dovunque la riempivano fitti rovi;<br>
lucevano radi sentieri tra piste occulte.<br>
Ostacolano Eurialo le tenebre dei rami e la pesante preda,<br>
e il timore lo trae in inganno con la direzione delle vie.<br>
Niso s'allontana. Incauto, oltrepassa il nemico,<br>
e i luoghi che dal nome di Alba si chiamarono Albani<br>
- allora alte pasture deteneva il re Latino -<br>
quando si ferma e si volge inutilmente all'amico scomparso:<br>
«Eurialo, infelice, dove mai ti ho lasciato?<br>
E per dove seguirti?. Ripercorrendo tutto l'incerto cammino<br>
della selva ingannevole, e insieme scrutando le orme,<br>
le percorre a ritroso ed erra tra i cespugli silemi.<br>
Ode i cavalli,ode lo strèpito e il richiamo degli inseguitori:<br>
non passa lungo tempo quando gli giunge agli orecchi <br>
un clamore e vede Eurialo; già tutta la turba,<br>
con improvviso tumulto impetuoso, trascina lui oppresso<br>
dall'inganno della notte e del luogo, lui che tenta invano ogni difesa.<br>
Che fare? con quali forze ed armi oserà salvare<br>
il giovane? o si getterà per morire sulle spade<br>
nemiche, e affretterà con le ferite la bella morte?<br>
Rapidamente ritratto il braccio vibrando l'asta,<br>
e guardando l'alta Luna, prega così:<br>
Tu, o dea, favorevole soccorri la nostra sventura,<br>
bellezza degli astri, latonia custode dei boschi.<br>
Se mai per me il padre Irtaco portò doni<br>
alle tue are, e io li accrebbi con le mie cacce,<br>
o li appesi alla volta del tempio, o li affissi al santo fastigio,<br>
fa' che sconvolga quella schiera, e guida l'arma nell'aria».<br>
Disse, e con lo sforzo di tutte le membra scagliò il ferro: <br>
L'asta volando flagella le ombre della notte,<br>
e di fronte colpisce lo scudo di Sulmone, e ivi<br>
s'infrange, e attraversa i precordi col legno spezzato.<br>
Quello rotola gelido vomitando dal petto<br>
un caldo fiotto, e batte i fianchi in lunghi singulti. <br>
Scrutano intorno. Imbaldanzito, ecco Niso<br>
scagliare una lancia dalla sommità dell'orecchio.<br>
E mentre s'affannano, L'asta attraversa le tempie di Tago,<br>
stridendo, e tiepida rimase nel cervello trafitto.<br>
Infuria atroce Volcente. e non scorge in nessun luogo <br>
lautore del colpo, né dove possa scagliarsi rabbioso.<br>
Ma tu intanto mi pagherai con caldo sangue<br>
la pena di entrambi,disse; e snudata la spada,<br>
si gettò su Eurialo. Allora sconvolto, impazzito<br>
Niso grida - non seppe celarsi più a lungo <br>
nelle tenebre, o sopportare un tale dolore -:<br>
«Io, io, sono io che ho colpito, rivolgete contro di me il ferro,<br>
Rutuli! L'insidia è mia; costui non osò e non poté<br>
nulla (lo attestino il cielo e le consapevoli stelle);<br>
soltanto amò troppo lo sventurato amico.<br>
Così diceva; ma la spada vibrata con violenza<br>
trafisse il costato e ruppe il candido petto.<br>
Eurialo cade riverso nella morte, il sangue scorre<br>
per le belle membra, e il capo si adagia reclino sulla spalla:<br>
come un fiore purpureo quando, reciso dall'aratro,<br>
languisce morendo,o come i papaveri che chinano il capo<br>
sul collo stanco quando la pioggia li opprime.<br>
Ma Niso s'avventa sul folto e cerca fra tutti<br>
il solo Volcente, contro il solo Volcente si ostina.<br>
I nemici, addensatisi intorno a lui da tutte le parti,<br>
lo stringono da presso; egli incalza ugualmente<br>
e ruota la spada fulminea, finché non la immerse<br>
nella bocca del rutulo urlante, e morendo tolse la vita<br>
al nemico. Allora, trafitto, si gettò sull'amico<br>
esanime, e alfine riposò in una placida morte.<br>
Fortunati entrambi! Se possono qualcosa i miei versi,<br>
mai nessun giorno vi sottrarrà alla memoria del tempo,<br>
finché la casa di Enea abiti l'immobile rupe<br>
del Campidoglio, e il padre romano abbia l'impero.<br>
I Rutuli vincitori, impadronitisi della preda e delle<br>
spoglie, piangendo portavano nel campo l'esanime Volcente.<br>
Nel campo c'era un uguale cordoglio per il ritrovamento<br>
di Ramnete esangue, e di tanti capi uccisi da un'unica spada<br>
e Serrano e Numa. Un immenso accorrere intorno<br>
ai corpi, e agli uomini agonizzanti, sul luogo recente<br>
di tiepida strage, ai ruscelli pieni di sangue schiumoso.<br>
Riconoscono tra loro le spoglie e l'elmo splendente<br>
di Messapo, e le falere riconquistate con molto sudore.<br>
E già la prima Aurora, lasciando il croceo letto<br>
di Titone, cospargeva di nuova luce la terra:<br>
e irradiatosi il sole, e svelate le cose dalla luce,<br>
Turno suscita gli uomini alle armi, anch'egli cinto<br>
di armi; ogni capo guida le bronzee schiere<br>
alla lotta, e inasprisce con grida diverse le ire.<br>
Infiggono sulle aste innalzate (miserevole vista)<br>
le teste di Eurialo e di Niso e le seguono<br>
con grande clamore.<br>
I duri Eneadi opposero la schiera nella parte sinistra<br>
del muro (la destra è cinta dal fiume), e occupano<br>
i profondi fossati e stanno mesti sulle alte torri;<br>
mentre avanzavano le teste confitte dei giovani,<br>
anche troppo note agli infelici, e fluenti di nero sangue.<br>
Frattanto volando la Fama, messaggera alata, corre<br>
per la città impaurita e giunge agli orecchi della madre<br>
di Eurialo: sùbito il calore abbandona le ossa della<br>
sventurata.<br>
La spola le balza di mano e il gomitolo si svolge.<br>
L'infelice si precipita fuori, e con urla femminee<br>
strappandosi i capelli, corre forsennata alle mura<br>
e alle prime schiere, non dei guerrieri, non del pericolo<br>
memore o dei dardi; e riempie il cielo di lamenti:<br>
Così ti rivedo, Eurialo? Tu, tardo riposo<br>
della mia vecchiaia, hai potuto lasciarmi sola,<br>
o crudele? e non permisero alla madre infelice di parlarti<br>
per l'ultima volta, prima di mandarti in tali pericoli?<br>
Ahi, giaci in una terra ignota, abbandonato in preda<br>
alle cagne latine e agli uccelli; né, madre, io guidai<br>
le tue esequie, o ti chiusi gli occhi, o ti lavai le ferite,<br>
coprendoti della veste che in fretta tessevo di notte<br>
e di giorno, e con la tela consolavo le pene senili.<br>
Dove cercarti? che suolo ora possiede le membra <br>
e il corpo mutilato e la lacera salma? questo mi riporti<br>
di te, o figlio? questo seguii per terra e per mare?<br>
Trafiggetemi, o Rutuli, se vi è pietà, scagliatemi<br>
tutti i dardi, sopprimete me per prima col ferro;<br>
oppure commisera tu, grande padre degli dei, e sprofonda <br>
nel [[Tartaro]] con un fulmine questo mio capo odioso;<br>
poiché non posso spezzare altrimenti la crudele vita.<br>
Gli animi si turbarono a questo pianto, e andò fra tutti<br>
un mesto gemito; le forze s'infrangono torpide alla lotta.<br>
Lei che infiammava il pianto, Ideo e Attore<br>
prendono tra le braccia, per ordine di [[Ilio]]neo e di iulo<br>
che versava molte lagrime, e la riportano nella casa.<br>
Ma la tromba strepitò lontano con bronzo canoro<br>
un terribile suono; segue un clamore, e il cielo rimbomba.<br>
I Volsci, disposti a testuggine, s'avventano insieme,<br>
e s'apprestano a riempire i fossati e a schiantare gli spalti.<br>
Parte cercano un varco, e salgono con scale sulle mura,<br>
dove la schiera è rada e il cerchio di pochi guerrieri<br>
traluce. Di contro i Teucri saettano dardi<br>
d'ogni genere, e respingono con duri pali,<br>
avvezzi per lunga guerra a difendere le mura.<br>
Rotolavano pietre di peso rovinoso, se mai potessero<br>
rompere la schiera coperta, mentre quelli al riparo<br>
della folta testuggine vogliono sostenere ogni colpo.<br>
Ma non reggono più: dove incalza una grande turba<br>
i Teucri rotolano e precipitano un enorme macigno<br>
che atterra vastamente i Rutuli, e spezza la copertura<br>
dell'armi. Gli audaci Rutuli non vogliono più combattere<br>
con cieca lotta, ma cercano di ricacciarli dagli spalti.<br>
In un'altra parte, orrendo a vedersi, Mezenzio<br>
squassa una torcia etrusca e appicca fuochi fumosi;<br>
e Messapo, domatore di cavalli, nettunia prole,<br>
squarcia gli spalti e chiede scale per le mura.<br>
Voi, o [[Calliope]], prego, ispirate al cantore<br>
che stragi ivi col ferro, che eccidi allora produsse<br>
Turno, e chi ciascuno dei guerrieri sprofondò nell'Orco;<br>
e svolgete con me i grandi orli della guerra<br>
(infatti ricordate, o dee, e potete narrare).<br>
Vi era una torre, erta allo sguardo, e con alti ponti, <br>
in un luogo opportuno, che tutti gli Italici cercavano di<br>
espugnare con sforzo supremo, e di abbattere con somma potenza<br>
di mezzi; i Troiani la difendevano con macigni<br>
e folti saettavano dardi attraverso il varco delle feritoie.<br>
Per primo Turno scagliò una fiaccola ardente,<br>
e appiccò il fuoco al fianco; divampato per il vento,<br>
il fuoco afferrò i tavolati e si apprese alle porte e le consunse.<br>
All'interno trepidano confusi, e cercano invano<br>
uno scampo al pericolo: mentre si addensano e si ritraggono<br>
in una parte immune dalla rovina, la torre crollò<br>
con uno schianto improvviso, e tutto il cielo rimbomba dal fragore.<br>
Morenti precipitano in terra, inseguiti dalla mole smisurata,<br>
trafitti dai loro stessi dardi e coi petti trapassati<br>
dal duro legno. A stento il solo Elenore<br>
e Lico sfuggirono; fra essi il giovanissimo Elenore,<br>
che la schiava Licimnia aveva allevato di nascosto<br>
al re della Meonia e mandato con armi vietate a Troia,<br>
leggero con la nuda spada e ancora privo di gloria col bianco scudo.<br>
Quando vide di essere in mezzo alle migliaia di Turno,<br>
e da tutte le parti schiere e schiere latine,<br>
al pari d'una fiera, che circondata da un fitto cerchio<br>
di cacciatori infuria contro le armi e si getta consapevole<br>
incontro alla morte e balza sugli spiedi da caccia,<br>
così il giovane irrompe in mezzo ai nemici<br>
per morire, e si lancia dove scorge più fitte le armi.<br>
Molto migliore nella corsa, Lico fugge rasente alle mura<br>
tra I nemici e le armi, e cerca di aggrapparsi<br>
alle tettoie e di toccare le mani dei compagni.<br>
Inseguendolo con la corsa e con larme,<br>
Turno vittorioso grida così: Sperasti, o folle,<br>
di potermi sfuggire di mano?, e insieme lo afferra<br>
a mezz'aria, e lo svelle con una grande parte del muro:<br>
come larmigero uccello di Giove alzandosi nel cielo<br>
solleva con gli artigli una lepre o un candido cigno,<br>
o un lupo sacro a Marte rapisce dalle stalle un agnello<br>
cercato dalla madre con molti belati. Dovunque<br>
si leva un clamore; balzano e riempiono di terriccio i fossati;<br>
altri scagliano torce ardenti alla sommità delle mura.<br>
[[Ilio]]neo con un masso, immane scheggia di monte,<br>
abbatte Lucezio che s'affrettava alla porta recando fuoco,<br>
Ligeri atterra Emazione, Asila abbatte Corineo,<br>
Luno valido col giavellotto, L'altro da lontano con frecce<br>
insidiose; Ceneo abbatte Ortigio, Turno il vittorioso Ceneo,<br>
e Turno ancora Iti e Clonio e Dioxippo e Promolo<br>
e Sagari e Ida che difende le altissime torri.<br>
Capi abbatte Priverno. Prima lo aveva sfiorato la leggera<br>
asta di Temilla; egli insensato portò la mano<br>
alla ferita, gettato lo scudo; volò alata una freccia<br>
e gli infisse la mano al fianco sinistro, e profonda<br>
gli ruppe con una letale ferita le vie del respiro.<br>
Si ergeva in armi straordinarie il figlio di Arcente,<br>
con una clamide ricamata e splendente di porpora iberica,<br>
bello d'aspetto, che il padre Arcente mandava,<br>
cresciuto nel bosco della Madre intorno al fiume Simeto,<br>
dovè la grassa e benigna ara di Palico;<br>
deposte le lance, Mezenzio rotea intorno al capo<br>
tre volte la fionda fischiante, impugnata la cinghia,<br>
e a lui che gli s'opponeva spacca nel mezzo le tempie<br>
con piombo fuso, e lo abbatte disteso sulla sabbia.<br>
Si dice che allora per la prima volta Ascanio scagliasse<br>
in guerra le rapide frecce, lui che era avvezzo a cacciare<br>
le fiere fuggitive e che rovesciasse il forte Numano,<br>
detto anche Remulo, che aveva da pòco congiunta<br>
a sé nel talamo la sorella minore di Turno.<br>
Davanti alla prima schiera, costui andava strepitando<br>
cose degne e indegne di essere riferite, orgoglioso<br>
in cuore del nuovo regno, e avanzava imponente con grida:<br>
Non vi vergognate di essere di nuovo assediati in un vallo,<br>
o Frigi presi due volte, e di frapporre muri alla morte?<br>
Ecco chi in guerra richiede i nostri connubii!<br>
Qual dio, quale follia vi spinse in Italia?<br>
Qui non sono gli [[Atridi]], o il mentitore Ulisse.<br>
Gente dura per stirpe, portiamo sùbito i figli<br>
al fiume, e li induriamo nel crudele gelo e nelle onde;<br>
i fanciulli vegliano nella caccia e battono le selve;<br>
un gioco è guidare i cavalli e scagliare frecce con l'arco.<br>
I giovani, avvezzi alle fatiche e contenti del poco,<br>
affaticano la terra coi rastrelli o abbattono fortezze in guerra.<br>
Ogni età si consuma maneggiando il ferro: pungoliamo<br>
le terga dei giovenchi con la lancia rovesciata; né la tarda<br>
vecchiaia debilita le forze dellanimo e muta il vigore;<br>
serriamo la canizie nell'elmo; e ci piace raccogliere<br>
prede sempre recenti e vivere di razzie.<br>
La vostra veste è colorata di croco e di fulgida porpora;<br>
voi amate l'accidia; vi piace abbandonarvi alle danze;<br>
avete tuniche con le maniche, mitre con nastri.<br>
O Frigie davvero, non Frigi, andate per l'alto Dindimo,<br>
dove il flauto suona agli iniziati con duplice canna!<br>
I cembali e i legni berecinzi della Madre Idèa vi chiamano;<br>
lasciate le armi agli uomini, rinunziate al ferro».<br>
Ascanio non sopportò che quello si vantasse così<br>
e ripetesse ingiurie feroci; facendogli fronte protese<br>
un dardo sulla corda equina, e divaricando le braccia<br>
si appostò, pregando supplice Giove con voti:<br>
«Giove onnipotente, asseconda l'audace impresa.<br>
Io stesso porterò ai tuoi templi doni solenni,<br>
e davanti alle are porrò un giovenco con la fronte dorata,<br>
candido, che già sollevi il capo all'altezza della madre,<br>
e assalga con le corna.<br>
Il padre udì, e dalla parte serena del cielo<br>
tuonò a sinistra; mentre vibra l'arco fatale,<br>
scattò la freccia tirata con un sibilo orrendo, e s'infigge<br>
nel capo di Remulo e trapassa col ferro le cave tempie.<br>
Và, deridi il valore con superbe parole!<br>
Questo rispondono ai Rutuli i Frigi presi due volte.»<br>
Ascanio disse soltanto così. I Teucri lo seguono con un<br>
grido, e fremono di gioia e sollevano gli animi alle stelle.<br>
Allora per caso nelle regioni eteree [[Apollo]] crino<br>
vedeva dall'alto le schiere ausonie e la città,<br>
seduto su una nube, e parla così al vittorioso iulo:<br>
«Viva il tuo nuovo valore, fanciullo; così si giunge<br>
agli astri, o generato da dei e destinato a generare dei.<br>
Giustamente tutte le guerre future si placheranno per fato<br>
sotto la stirpe di Assaraco. Troia non ti basta.<br>
Detto questo, discende dall'alto etere, solca<br>
le brezze spiranti, e raggiunge Ascanio. Muta l'aspetto<br>
del volto nel vecchio Bute (il quale era stato prima<br>
scudiero del dardanio Anchise e fedele custode alle soglie;<br>
allora il padre lo diede per compagno ad Ascanio). Andava<br>
[[Apollo]] in tutto simile al vegliardo, e la voce e il colore<br>
e i bianchi capelli e le armi dal terribile suono,<br>
e si rivolge con queste parole all'ardente iulo:<br>
Basti, figlio di Enea, avere colpito senza pericolo<br>
Numano coi tuoi dardi; il grande [[Apollo]] ti accorda<br>
codesta prima gloria, e non tinvidia le armi<br>
pari alle sue. Ma ora, fanciullo, desisti dalla guerra.<br>
Cominciando così, [[Apollo]] a metà del discorso<br>
lasciò l'aspetto mortale e svanì alla vista lontano<br>
nell'aria sottile. I capi dardanidi riconobbero il dio<br>
e le armi divine, e sentirono la faretra risuonante nella fuga. <br>
Con le parole e con il nume di [[Apollo]] impediscono<br>
di combattere al bramoso Ascanio; subentrano di nuovo<br>
nella lotta; e gettano l'anima negli aperti pericoli.<br>
Và il grido per i bastioni su tutte le mura; tendono<br>
l'arco e torcono la cinghia dell'asta scagliandola. <br>
Il suolo è tutto ricoperto di dardi; e gli scudi e i cavi<br>
elmi risuonano ai colpi; sorge un'aspra battaglia:<br>
come, venendo dall'occidente coi piovosi Capretti,<br>
uno scroscio flagella la terra; come i nembi densi di grandine<br>
precipitano nei flutti, quando Giove, orrido d'austri, <br>
scatena una tempesta d'acqua e in cielo squarcia le cave<br>
nubi.<br>
Pandaro e Bizia, nati da Alcànore idèo,<br>
che la silvestre Iera allevò nel bosco di Giove<br>
giovani simili ai patrii abeti ed ai monti,<br>
aprono la porta, affidata loro per ordine di Enea, <br>
fidando nellarmi, e provocano il nemico alle mura.<br>
All'interno, simili a torri, a destra e a sinistra,<br>
si ergono armati di ferro, e ondeggianti<br>
di pennacchi le alte teste: come due aeree querce<br>
che sollevano al cielo il capo fronzuto e oscillano<br>
con altissima cima intorno alle limpide correnti,<br>
sulle rive del Po o lungo l'Adige ameno.<br>
I Rutuli irrompono, appena vedono il varco aperto:<br>
subito Quercente e Aquicolo bello nell'armi<br>
e Tmaro impetuoso d'animo e il marzio Emone<br>
con tutte le squadre volsero le spalle fuggendo,<br>
o lasciarono la vita sullo stesso limitare della porta.<br>
Allora divampano di più nei cuori discordi le ire;<br>
e già i Troiani si raccolgono e s'addensano nel medesimo<br>
luogo, e osano venire allo scontro e slanciarsi avanti.<br>
Mentre il condottiero Turno infuria in una parte diversa<br>
e travolge guerrieri, gli giunge notizia che il nemico<br>
ferve di nuova strage e offre le porte aperte.<br>
Abbandona l'impresa, e spinto da un'ira tremenda<br>
corre alla porta dardania e contro i due fratelli superbi.<br>
Prima lanciando un giavellotto abbatte Antifate<br>
(egli avanzava per primo), figlio bastardo di madre tebana<br>
e del grande Sarpedone; vola l'italico corniolo<br>
per la tenera aria, e infisso nello stomaco affonda<br>
nel profondo del petto; dalla cavità della nera ferita<br>
sgorga un fiotto schiumoso, e il ferro intiepidisce nel<br>
polmone trafitto. Poi abbatte Merope e Erimanto, e Afidno,<br>
poi Bizia ardente negli occhi e fremente nellanimo,<br>
ma non con un dardo (per un dardo egli non avrebbe<br>
perduto la vita). Avventata con sibilo orrendo, venne<br>
una falarica, a guisa di fulmine; né le due terga taurine,<br>
né la lorica, servizievole per la duplice squama d'oro,<br>
poterono sostenerla: crollano di schianto le enormi membra,<br>
geme la terra; e sopra l'enorme scudo rimbomba.<br>
Così sulla riva euboica di Baia cade talvolta<br>
un pilone di pietre; lo fabbricano con grandi macigni<br>
e poi lo gettano nel mare: inclinato,<br>
esso precipita e giace inserito sul fondo dei flutti;<br>
si rimescolano le acque e si solleva la nera sabbia;<br>
allora l'alta Procida trema per il rombo, e Ischia,<br>
duro giaciglio imposto a Tifeo per ordine di Giove.<br>
Qui Marte, signore della guerra, aggiunse coraggio<br>
e forze ai Latini, e volse loro nel petto aspri stimoli.<br>
Mandò la Fuga tra i Teucri e il fosco timore.<br>
Si radunano da tutte le parti: ora che è offerta battaglia, <br>
e il dio guerriero invade gli animi.<br>
Quando Pandaro vede il fratello col corpo abbattuto,<br>
e scorge dove sia la fortuna, qual sorte governi gli eventi,<br>
sospinge e chiude la porta con grande forza, girando<br>
il cardine e premendo con le larghe spalle, e lascia molti <br>
dei suoi esclusi dalle mura nella dura battaglia;<br>
ma rinchiude altri con sé e li riceve mentre corrono dentro,<br>
folle!, che non vide in mezzo alla schiera il rutulo<br>
re che irrompeva, e lo rinchiuse nella città,<br>
come una tigre feroce tra pecore imbelli.<br>
Subito un nuovo bagliore gli rifulse negli occhi, e le armi<br>
strepitarono orrende; tremano sul capo i pennacchi<br>
sanguigni, e irradia dallo scudo fulmini guizzanti.<br>
Riconoscono l'odiato aspetto e le membra immani,<br>
subito sconvolti gli Eneadi. Allora Pandaro enorme<br>
balza, e ardente d'ira per la morte del fratello<br>
parla: questa non è la reggia dotale di Amata;<br>
né Ardea protegge Turno con le patrie mura.<br>
Vedi il campo nemico; non puoi uscirne.<br>
A lui sorridendo con calmo petto Turno:<br>
Comincia, se hai valore nellanimo, e incrocia la destra;<br>
narrerai a [[Priamo]] che anche qui hai trovato un [[Achille]]».<br>
Così disse. Quegli scaglia con somma violenza<br>
l'asta rozza di nodi e di ruvida corteccia;<br>
la accolsero i venti; la saturnia Giunone sviò<br>
il colpo in arrivo, e l'asta s'infisse nella porta.<br>
Ma non sfuggirai a quest'arma che la mia destra maneggia<br>
con forza; infatti non è come te lautore del colpo.<br>
Così dice Turno, e balza in alto levando la spada,<br>
e gli fende a metà la fronte tra le tempie,<br>
e le imberbi mascelle con una vasta ferita.<br>
Si leva un rombo; la terra è percossa dal peso enorme;<br>
morendo Pandaro distese a terra in un crollo le membra<br>
e le armi insanguinate di cervello; in parti uguali<br>
la testa ricadde di qua e di là dall'una e dall'altra spalla. <br>
I Troiani si voltano e fuggono con tremante terrore:<br>
e se subito nel vincitore fosse penetrato il pensiero<br>
d'infrangere le sbarre e d'introdurre i compagni nelle porte,<br>
quello sarebbe stato l'ultimo giorno della guerra e del<br>
popolo.<br>
Ma il furore e un folle desiderio di strage lo spinsero<br>
ardente contro i nemici.<br>
Prima colse Faleri, e Gige, al quale recide il garretto;<br>
poi, afferrate le aste, le vibra nella schiena<br>
dei fuggenti; Giunone gli dispensa animo e forze.<br>
Aggiunge Ali alla schiera e, trafitto lo scudo, Fegeo;<br>
e Alcandro, e Alio, e Noemone, e Pritani,<br>
che ancora suscitavano, ignari, battaglie sulle mura.<br>
E previene sulla destra dell'argine, violento con la spada<br>
che vibra, Linceo che gli si lanciava contro e chiamava<br>
i compagni; il capo, troncato da un solo colpo da presso,<br>
giacque lontano con l'elmo. Poi Amico<br>
sterminatore di fiere, del quale nessuno era più esperto<br>
nell'intridere i dardi e armare il ferro col veleno;<br>
e l'eolide Clizio, e Creteo, amico delle [[Muse]],<br>
Creteo, delle [[Muse]] compagno, che sempre si dilettava<br>
di carmi e della cetra, e di esprimere ritmi sulle corde;<br>
cantava sempre cavalli e battaglie e armi di eroi.<br>
Infine i capi teucri, udita la strage dei loro,<br>
si radunano, Mnesteo e il fiero Seresto;<br>
vedono i compagni dispersi e il nemico nel campo.<br>
E Mnesteo: a dove la fuga? dove andrete?,disse.<br>
Che altre difese avete, e, oltre, che mura?<br>
Un uomo, o cittadini, circondato dappertutto dai vostri<br>
bastioni, avrà impunemente prodotto una tale strage nella<br>
città, e inviati nell'Orco i più forti fra i nostri giovani guerrieri?<br>
Non avete pietà e pudore, o imbelli, della patria<br>
infelice, e degli antichi dei, e del grande Enea?.<br>
Accesi da tali parole s'arrestano, e si dispongono<br>
in fitta schiera. A poco a poco Turno si ritrae dalla lotta,<br>
e cerca il fiume e la parte circondata dall'onda;<br>
e più ardentemente i Teucri incombono con grande clamor<br>
e serrano le file. Come una turba incalza<br>
con armi ostili un feroce leone; quello, sgomento,<br>
furioso, guardando torvo, arretra; L'ira e il valore<br>
non tollerano di volgere le spalle, ma non può,<br>
benché lo desideri scagliarsi tra le armi<br>
e gli uomini: così dubbioso Turno arretra<br>
con lenti passi, e lanimo ribolle d'ira.<br>
Si slancia due volte in mezzo ai nemici, e due volte<br>
li respinge lungo i muri in fuga disordinata;<br>
dal campo si stringe insieme veloce tutta la gente,<br>
e la saturnia Giunone non osa infondergli forze<br>
per resistere; infatti Giove mandò dal cielo l'aerea<br>
[[Iride]], a portare alla sorella duri ordini,<br>
se Turno non si allontani dalle alte mura dei Teucri. <br>
Ormai il giovane non riesce a far fronte né con lo scudo<br>
né col braccio; ed è avvolto dai dardi lanciati da tutte<br>
le parti. Strepita l'elmo con assiduo tinnire intorno<br>
alle cave tempie, s'incrina il solido bronzo sotto le pietre;<br>
i pennacchi sono sbalzati dal capo; lo scudo non regge <br>
ai colpi; i Troiani raddoppiano con le aste, e sopra tutti<br>
per veloce impeto Mnesteo. Allora per tutto il corpo<br>
gronda il sudore e scorre (gli manca il respiro)<br>
come un fiume di pece; un doloroso ansito scuote<br>
le membra stanche. Infine, balzando a precipizio, si tuffò <br>
con tutte le armi nel fiume, che col biondo gorgo<br>
lo accolse e lo sorresse con molli onde,<br>
e lieto lo rese ai compagni, purificandolo di ogni strage.</p>