Modifica di Biblioteca:Tucidide, Le Storie, Libro VII

Attenzione: non hai effettuato l'accesso. Se effettuerai delle modifiche il tuo indirizzo IP sarà visibile pubblicamente. Se accedi o crei un'utenza, le tue modifiche saranno attribuite al tuo nome utente, insieme ad altri benefici.

Questa modifica può essere annullata. Controlla le differenze mostrate sotto fra le due versioni per essere certo che il contenuto corrisponda a quanto desiderato, e quindi salvare le modifiche per completare la procedura di annullamento.
Versione attuale Il tuo testo
Riga 1: Riga 1:
 
<poem>
 
<poem>
 
I
 
I
1. Ma Gilippo e Pitene poiché ebbero racconciate le navi, da Taranto passarono ai Locri Epizefiri; ove inteso più chiaramente che Siracusa non era del tutto cinta di muro, e che anzi recandosi là coll'esercito potrebbero ancora penetrarvi dalla parte d'Epipole, stavano deliberando se dovessero tentare d'entrarvi per mare prendendo la Sicilia in sulla destra, ovvero tenendosi in sulla sinistra andarvi per terra, dopo aver prima navigato ad Imera ed essersi aggiunti gli abitanti di questa città, e le altre milizie di quei popoli che a ciò indurrebbero. Risolvettero alfine di navigare ad Imera, tanto più che non ancora erano arrivate in Reggio le quattro navi attiche, le quali Nicia vi aveva spedite appena seppe della venuta dei [[Lacedemoni]] presso i Locri, quantunque per l'innanzi ne avesse dispregiato il piccolo numero. Prevenendo dunque queste navi che ivi dovevano fermarsi in guardia, Gilippo e Pitene traversano lo gl'Imerei ad unirsi con loro in questa guerra, ed a seguitarli, ed a somministrare le armi a quanti delle loro ciurme non le avevano (giacché le navi vi erano state tratte a terra); e mandarono poi ordinando ai Selinunti che con tutte le loro forze dovessero venire ad incontrarli in un luogo assegnato. I Geloi promisero di mandare loro una mano di soldati, e lo stesso fecero alcuni dei Siculi, che con più ardore di prima si mostravano pronti ad accostarvisi, perché di recente era venuto a morte Arconida principe non debole che regnava sopra alcuni Siculi di quelle vicinanze, ed amico degli [[Ateniesi]]; e perché pareva che baldanzoso venisse da [[Sparta (2)|Sparta]] Gilippo. Il quale tolti seco settecento di grave armatura tra delle proprie ciurme e dei soprassaglienti, e mille Imerei tra soldati gravi e leggeri, e cento cavalli, ed alcuni dei Selinunti armati alla leggera, e pochi cavalli dei Geloi, e mille Siculi in tutti, s'indirizzava alla volta di Siracusa.
+
1. Ma Gilippo e Pitene poiché ebbero racconciate le navi, da Taranto passarono ai Locri Epizefiri; ove inteso più chiaramente che Siracusa non era del tutto cinta di muro, e che anzi recandosi là coll'esercito potrebbero ancora penetrarvi dalla parte d'Epipole, stavano deliberando se dovessero tentare d'entrarvi per mare prendendo la Sicilia in sulla destra, ovvero tenendosi in sulla sinistra andarvi per terra, dopo aver prima navigato ad Imera ed essersi aggiunti gli abitanti di questa città, e le altre milizie di quei popoli che a ciò indurrebbero. Risolvettero alfine di navigare ad Imera, tanto più che non ancora erano arrivate in Reggio le quattro navi attiche, le quali Nicia vi aveva spedite appena seppe della venuta dei [[Lacedemoni]] presso i Locri, quantunque per l'innanzi ne avesse dispregiato il piccolo numero. Prevenendo dunque queste navi che ivi dovevano fermarsi in guardia, Gilippo e Pitene traversano lo gl'Imerei ad unirsi con loro in questa guerra, ed a seguitarli, ed a somministrare le armi a quanti delle loro ciurme non le avevano (giacché le navi vi erano state tratte a terra); e mandarono poi ordinando ai Selinunti che con tutte le loro forze dovessero venire ad incontrarli in un luogo assegnato. I Geloi promisero di mandare loro una mano di soldati, e lo stesso fecero alcuni dei Siculi, che con più ardore di prima si mostravano pronti ad accostarvisi, perché di recente era venuto a morte Arconida principe non debole che regnava sopra alcuni Siculi di quelle vicinanze, ed amico degli [[Ateniesi]]; e perché pareva che baldanzoso venisse da Sparta Gilippo. Il quale tolti seco settecento di grave armatura tra delle proprie ciurme e dei soprassaglienti, e mille Imerei tra soldati gravi e leggeri, e cento cavalli, ed alcuni dei Selinunti armati alla leggera, e pochi cavalli dei Geloi, e mille Siculi in tutti, s'indirizzava alla volta di Siracusa.
 
2. I Corinti poi partiti da Leucade col resto delle navi venivano in soccorso il più prestamente potevano. E Gongilo, uno dei capitani corinzi, che con una sola nave erasi mosso l'ultimo, arriva il primo a Siracusa poco avanti di Gilippo. Trovati egli i Siracusani in sul punto di adunarsi per vedere di liberarsi da quella guerra, li rattenne e li rincorò, dicendo che altre navi erano in corso, e con esse Gilippo di Cleandrida speditovi a capitano dai [[Lacedemoni]], di che i Siracusani presero cuore, e subito uscirono con tutto l'esercito ad incontrare Gilippo che ormai sapevano dovere essere vicino. Il quale preso per strada un forte dei Siculi chiamato lega arriva ad Epipole aringato in battaglia; e salitovi dalla parte d'Eurielo donde erano innanzi saliti gli [[Ateniesi]], marciava coi Siracusani contro le fortificazioni nemiche. E per avventura vi giunse quando appunto gli [[Ateniesi]] avevano per sette o Otto stadi, compito il doppio muro verso il porto grande, stretto, e dopo aver fatto scala in Reggio e Messina giungono ad Imera. Nell'essere quivi persuasero e solo ne restava una piccola porzione verso il mare, ed anche questa si fabbricava. Pel resto del muro circolare da Trogilo all'altro mare stavanvi già per la maggior parte ammassati vicini i sassi, e in alcuni punti il lavoro era mezzo fatto, ed in altri era rimasto interamente fornito. A tanto di pericolo venne Siracusa.
 
2. I Corinti poi partiti da Leucade col resto delle navi venivano in soccorso il più prestamente potevano. E Gongilo, uno dei capitani corinzi, che con una sola nave erasi mosso l'ultimo, arriva il primo a Siracusa poco avanti di Gilippo. Trovati egli i Siracusani in sul punto di adunarsi per vedere di liberarsi da quella guerra, li rattenne e li rincorò, dicendo che altre navi erano in corso, e con esse Gilippo di Cleandrida speditovi a capitano dai [[Lacedemoni]], di che i Siracusani presero cuore, e subito uscirono con tutto l'esercito ad incontrare Gilippo che ormai sapevano dovere essere vicino. Il quale preso per strada un forte dei Siculi chiamato lega arriva ad Epipole aringato in battaglia; e salitovi dalla parte d'Eurielo donde erano innanzi saliti gli [[Ateniesi]], marciava coi Siracusani contro le fortificazioni nemiche. E per avventura vi giunse quando appunto gli [[Ateniesi]] avevano per sette o Otto stadi, compito il doppio muro verso il porto grande, stretto, e dopo aver fatto scala in Reggio e Messina giungono ad Imera. Nell'essere quivi persuasero e solo ne restava una piccola porzione verso il mare, ed anche questa si fabbricava. Pel resto del muro circolare da Trogilo all'altro mare stavanvi già per la maggior parte ammassati vicini i sassi, e in alcuni punti il lavoro era mezzo fatto, ed in altri era rimasto interamente fornito. A tanto di pericolo venne Siracusa.
 
3. Per l'improvvisa venuta di Gilippo e dei Siracusani rimasero da primo perturbati gli [[Ateniesi]], poi si misero in ordinanza. Ed egli fermato il campo d'appresso manda un araldo a dir loro che se dentro cinque giorni volessero pigliare quel che avevano ed uscire di Sicilia, sarebbe pronto a pattuire. Non fecero gli [[Ateniesi]] nessun conto di tal proposizione e rimandarono l'araldo senza risposta; e dopo ciò si apparecchiava l'un campo contro l'altro per la battaglia. Gilippo vedendo del turbamento tra i Siracusani, e della difficoltà per ridurli al buon ordine, ritirò il campo in luogo più aperto; e Nicia stava fermo presso le sue fortificazioni, e non fece muovere gli [[Ateniesi]]. Poiché Gilippo ebbe osservato che non gli venivano incontro, ritirò l'esercito sopra l'altura chiamata Temenite ove passò la notte. Il giorno dopo condusse seco e schierò la maggior parte dell'esercito presso le mura degli [[Ateniesi]], affinché non potessero accorrere altrove; e un'altra parte ne spedì al forte di Labdalo che rimaneva fuori della vista del nemico, e lo espugnò ed uccise quanti trovò in quello. Nel medesimo giorno fu dai Siracusani presa una trireme ateniese mentre che entrava nel porto grande.
 
3. Per l'improvvisa venuta di Gilippo e dei Siracusani rimasero da primo perturbati gli [[Ateniesi]], poi si misero in ordinanza. Ed egli fermato il campo d'appresso manda un araldo a dir loro che se dentro cinque giorni volessero pigliare quel che avevano ed uscire di Sicilia, sarebbe pronto a pattuire. Non fecero gli [[Ateniesi]] nessun conto di tal proposizione e rimandarono l'araldo senza risposta; e dopo ciò si apparecchiava l'un campo contro l'altro per la battaglia. Gilippo vedendo del turbamento tra i Siracusani, e della difficoltà per ridurli al buon ordine, ritirò il campo in luogo più aperto; e Nicia stava fermo presso le sue fortificazioni, e non fece muovere gli [[Ateniesi]]. Poiché Gilippo ebbe osservato che non gli venivano incontro, ritirò l'esercito sopra l'altura chiamata Temenite ove passò la notte. Il giorno dopo condusse seco e schierò la maggior parte dell'esercito presso le mura degli [[Ateniesi]], affinché non potessero accorrere altrove; e un'altra parte ne spedì al forte di Labdalo che rimaneva fuori della vista del nemico, e lo espugnò ed uccise quanti trovò in quello. Nel medesimo giorno fu dai Siracusani presa una trireme ateniese mentre che entrava nel porto grande.
4. Dopo questi fatti i Siracusani e gli alleati, incominciando dalla città, tiravano su per l'Epipole a riscontro del primo obliquo un altro muro scempio, acciocché gli [[Ateniesi]], se non potessero impedirlo, restassero ormai nell' impossibilità di serrare affatto Siracusa. Avevano già gli [[Ateniesi]] riguadagnate le alture e compiuto il muro verso il mare, la debolezza del quale in alcuni punti mosse Gilippo a prendere l'esercito, e ad andare di notte ad assaltarlo. Ma gli [[Ateniesi]], che per avventura pernottavano al sereno, sentita la cosa gli andarono incontro, e lo [[Sparta (2)|Sparta]]no a quella vista ritirò prestamente i suoi. Allora gli [[Ateniesi]] aumentata l'altezza del muro, in quella parte lo guardavano da per sé, e sul rimanente della fortificazione assegnarono agli altri alleati il luogo ove ciascuno doveva stare di guardia. E Nicia stabilì di munire il così detto Plemmirio, che è un rilevato di faccia alla città, e che stendendosi dinanzi al porto grande ne ristrigne l'imboccatura, munito il quale stimava che più agevolmente si potrebbero trasportare i viveri alle sue navi, perché là più da vicino minaccerebbero il porto piccolo, di cui erano padroni i Siracusani, e ad una qualche mossa della flotta nemica non avrebbe dovuto condurvele, siccome allora, dal fondo stesso del porto. Senza di che aveva già maggiormente l'animo alla guerra per mare, vedendo che dopo l'arrivo di Gilippo poca o nessuna speranza rimaneva per essi nelle cose di terra. Pertanto fatto passare colà l'esercito e le navi, vi fabbricò tre bastite ove si riponevano la maggior parte delle bagaglie; e le barche grandi e le navi sparvierate d'ora in avanti avevano ivi stazione. E da ciò ebbero principio 1 gravi malanni delle ciurme, poiché avevano scarsità d'acqua e questa non vicina, e di più quando uscivano a far legna restavano uccisi dalla cavalleria dei Siracusani padroni della campagna, i quali avevano collocato nel castello d'Olimpico la terza parte dei loro cavalli, perché quei nemici che erano in Plemmirio non venissero fuori a fare del guasto. Inoltre Nicia sentiva dire che si avanzavano le altre navi dei Corinzi, e però spedì in osservazione venti delle sue, con ordine di stare alle vedette nelle vicinanze dei Locri e di Reggio, e nei luoghi di facile sbarco in Sicilia.
+
4. Dopo questi fatti i Siracusani e gli alleati, incominciando dalla città, tiravano su per l'Epipole a riscontro del primo obliquo un altro muro scempio, acciocché gli [[Ateniesi]], se non potessero impedirlo, restassero ormai nell' impossibilità di serrare affatto Siracusa. Avevano già gli [[Ateniesi]] riguadagnate le alture e compiuto il muro verso il mare, la debolezza del quale in alcuni punti mosse Gilippo a prendere l'esercito, e ad andare di notte ad assaltarlo. Ma gli [[Ateniesi]], che per avventura pernottavano al sereno, sentita la cosa gli andarono incontro, e lo Spartano a quella vista ritirò prestamente i suoi. Allora gli [[Ateniesi]] aumentata l'altezza del muro, in quella parte lo guardavano da per sé, e sul rimanente della fortificazione assegnarono agli altri alleati il luogo ove ciascuno doveva stare di guardia. E Nicia stabilì di munire il così detto Plemmirio, che è un rilevato di faccia alla città, e che stendendosi dinanzi al porto grande ne ristrigne l'imboccatura, munito il quale stimava che più agevolmente si potrebbero trasportare i viveri alle sue navi, perché là più da vicino minaccerebbero il porto piccolo, di cui erano padroni i Siracusani, e ad una qualche mossa della flotta nemica non avrebbe dovuto condurvele, siccome allora, dal fondo stesso del porto. Senza di che aveva già maggiormente l'animo alla guerra per mare, vedendo che dopo l'arrivo di Gilippo poca o nessuna speranza rimaneva per essi nelle cose di terra. Pertanto fatto passare colà l'esercito e le navi, vi fabbricò tre bastite ove si riponevano la maggior parte delle bagaglie; e le barche grandi e le navi sparvierate d'ora in avanti avevano ivi stazione. E da ciò ebbero principio 1 gravi malanni delle ciurme, poiché avevano scarsità d'acqua e questa non vicina, e di più quando uscivano a far legna restavano uccisi dalla cavalleria dei Siracusani padroni della campagna, i quali avevano collocato nel castello d'Olimpico la terza parte dei loro cavalli, perché quei nemici che erano in Plemmirio non venissero fuori a fare del guasto. Inoltre Nicia sentiva dire che si avanzavano le altre navi dei Corinzi, e però spedì in osservazione venti delle sue, con ordine di stare alle vedette nelle vicinanze dei Locri e di Reggio, e nei luoghi di facile sbarco in Sicilia.
 
5. Gilippo intanto edificava il muro a traverso l'Epipole, usando dei sassi che gli [[Ateniesi]] avevano ammassati per sé, e al tempo stesso conduceva fuori di quando in quando i Siracusani e gli alleati, e gli attelava dinanzi alle fortificazioni nemiche: e gli [[Ateniesi]] anch'essi si schieravano loro di fronte. Ora Gilippo, quando gli parve opportuno, incominciò l'assalto; e venuti alle mani combattevano nell'intervallo dei muri, ove non era di alcun uso la cavalleria dei Siracusani e degli alleati, che però rimasero vinti e ripresero con salvacondotto i cadaveri; e gli [[Ateniesi]] ersero trofeo. E Gilippo convocato l'esercito disse che la colpa non era stata di loro ma sua, perché coll'ordinare la battaglia troppo dentro ai muri, aveva operato che restassero privati del vantaggio della cavalleria e dei lanciatori; volerli ora ricondurre contro al nemico; pensassero, li confortava, che in apparecchi non sarebbero inferiori; ma che incomportabile cosa sarebbe se essi Peloponnesi e Doriesi non presumessero nei loro animi di dovere vincere un ragunaticcio di Ionii e d'isolani, e cacciarli di quel paese.
 
5. Gilippo intanto edificava il muro a traverso l'Epipole, usando dei sassi che gli [[Ateniesi]] avevano ammassati per sé, e al tempo stesso conduceva fuori di quando in quando i Siracusani e gli alleati, e gli attelava dinanzi alle fortificazioni nemiche: e gli [[Ateniesi]] anch'essi si schieravano loro di fronte. Ora Gilippo, quando gli parve opportuno, incominciò l'assalto; e venuti alle mani combattevano nell'intervallo dei muri, ove non era di alcun uso la cavalleria dei Siracusani e degli alleati, che però rimasero vinti e ripresero con salvacondotto i cadaveri; e gli [[Ateniesi]] ersero trofeo. E Gilippo convocato l'esercito disse che la colpa non era stata di loro ma sua, perché coll'ordinare la battaglia troppo dentro ai muri, aveva operato che restassero privati del vantaggio della cavalleria e dei lanciatori; volerli ora ricondurre contro al nemico; pensassero, li confortava, che in apparecchi non sarebbero inferiori; ma che incomportabile cosa sarebbe se essi Peloponnesi e Doriesi non presumessero nei loro animi di dovere vincere un ragunaticcio di Ionii e d'isolani, e cacciarli di quel paese.
 
6. Dopo di che, venuta l'opportunità, li condusse nuovamente alla battaglia. Nicia poi e gli [[Ateniesi]] uscirono incontro ai Siracusani, perché giudicavano che quand'anche il nemico non volesse essere il primo ad attaccare il combattimento, era per loro necessario il non permettere la continuazione del muro opposto. Conciossiaché il muro dei Siracusani era vicino ad oltrepassare l'estremità di quello degli [[Ateniesi]], e se fosse andato innanzi procurava fin d'allora ai primi questo doppio vantaggio, di vincere sempre combattendo, e d'esser padroni di non combattere. Gilippo dunque condotti i soldati gravi fuori dei muri molto più della prima volta, si azzuffò con gli [[Ateniesi]], sul fianco dei quali aveva schierato i cavalli e i lanciatori in luogo aperto, ove andava a finire la fabbrica dei due muri. Nel calore della pugna i cavalli dettero dentro al corno sinistro ateniese che avevano di contro e lo volsero in fuga, per lo che anche il resto dell'esercito vinto dai Siracusani dovette ripararsi precipitosamente nelle fortificazioni. E nella seguente notte i Siracusani furono in tempo a continuare il loro muro, ed a condurlo oltre quello edificato dagli [[Ateniesi]], dai quali non potevano esser più impediti; laddove essi avevano loro tolto affatto il modo di cingerli con muraglia, anche nel caso che riportassero vittoria.
 
6. Dopo di che, venuta l'opportunità, li condusse nuovamente alla battaglia. Nicia poi e gli [[Ateniesi]] uscirono incontro ai Siracusani, perché giudicavano che quand'anche il nemico non volesse essere il primo ad attaccare il combattimento, era per loro necessario il non permettere la continuazione del muro opposto. Conciossiaché il muro dei Siracusani era vicino ad oltrepassare l'estremità di quello degli [[Ateniesi]], e se fosse andato innanzi procurava fin d'allora ai primi questo doppio vantaggio, di vincere sempre combattendo, e d'esser padroni di non combattere. Gilippo dunque condotti i soldati gravi fuori dei muri molto più della prima volta, si azzuffò con gli [[Ateniesi]], sul fianco dei quali aveva schierato i cavalli e i lanciatori in luogo aperto, ove andava a finire la fabbrica dei due muri. Nel calore della pugna i cavalli dettero dentro al corno sinistro ateniese che avevano di contro e lo volsero in fuga, per lo che anche il resto dell'esercito vinto dai Siracusani dovette ripararsi precipitosamente nelle fortificazioni. E nella seguente notte i Siracusani furono in tempo a continuare il loro muro, ed a condurlo oltre quello edificato dagli [[Ateniesi]], dai quali non potevano esser più impediti; laddove essi avevano loro tolto affatto il modo di cingerli con muraglia, anche nel caso che riportassero vittoria.
7. Appresso le altre navi dei Corinzi, degli Ambracioti e dei Leucadi in numero di dodici, capitanate da Erasinide corinzio, approdarono a Siracusa senza essere state scoperte da quelli [[Ateniesi]] che erano in osservazione, ed aiutavano i Siracusani a condurre il resto della fabbrica sino al muro trasversale. E Gilippo andava agli altri luoghi di Sicilia raccogliendo genti da mare e da terra, e recando a sé quelle città che non si mostravano disposte, e quelle ancora che del tutto si erano tratte indietro da questa guerra. Furono parimente spediti nuovi ambasciatori siracusani e corinzi a [[Sparta (2)|Sparta]] e [[Corinto (1)|Corinto]], acciò tragittasse in Sicilia un altro esercito in quel modo che più convenisse, o sulle navi da carico, o sulle barche, o altrimenti, poiché anche gli [[Ateniesi]] avevano da capo mandato per soccorso. E i Siracusani armavano la flotta e si andavano esercitando, risoluti di assaggiare il nemico anco con questa; e con gran calore si applicavano alle altre cose.
+
7. Appresso le altre navi dei Corinzi, degli Ambracioti e dei Leucadi in numero di dodici, capitanate da Erasinide corinzio, approdarono a Siracusa senza essere state scoperte da quelli [[Ateniesi]] che erano in osservazione, ed aiutavano i Siracusani a condurre il resto della fabbrica sino al muro trasversale. E Gilippo andava agli altri luoghi di Sicilia raccogliendo genti da mare e da terra, e recando a sé quelle città che non si mostravano disposte, e quelle ancora che del tutto si erano tratte indietro da questa guerra. Furono parimente spediti nuovi ambasciatori siracusani e corinzi a Sparta e [[Corinto (1)|Corinto]], acciò tragittasse in Sicilia un altro esercito in quel modo che più convenisse, o sulle navi da carico, o sulle barche, o altrimenti, poiché anche gli [[Ateniesi]] avevano da capo mandato per soccorso. E i Siracusani armavano la flotta e si andavano esercitando, risoluti di assaggiare il nemico anco con questa; e con gran calore si applicavano alle altre cose.
 
8. Nicia sentendo ciò, e vedendo giornalmente crescere la forza del nemico ed il proprio intrigamento, benché spesso anche per l'innanzi spedisse ad [[Atene]] per dare ragguaglio d'ogni fatto in particolare, tanto più il fece allora, essendo ché credevasi ridotto in grave fortuna, e se nol richiamassero senza aspetto colle sue genti, o non ne mandassero dell'altre in buon numero, non ci vedeva scampo veruno. E perché temeva che i mandatari, o per insufficienza nel parlare, o per mancanza di spirito, od anche per dir qualche cosa a grado della moltitudine, non riferissero il vero, scrisse una lettera, stimando che così gli [[Ateniesi]], informati con esattezza della mente sua non travisata dal relatore, delibererebbero intorno al vero. Pertanto gli spediti da lui partirono colla lettera e colle commissioni che dovevano esporre a bocca; ed egli, tenendo ormai il campo sotto guardia, vegliava contro i non cerchi pericoli.
 
8. Nicia sentendo ciò, e vedendo giornalmente crescere la forza del nemico ed il proprio intrigamento, benché spesso anche per l'innanzi spedisse ad [[Atene]] per dare ragguaglio d'ogni fatto in particolare, tanto più il fece allora, essendo ché credevasi ridotto in grave fortuna, e se nol richiamassero senza aspetto colle sue genti, o non ne mandassero dell'altre in buon numero, non ci vedeva scampo veruno. E perché temeva che i mandatari, o per insufficienza nel parlare, o per mancanza di spirito, od anche per dir qualche cosa a grado della moltitudine, non riferissero il vero, scrisse una lettera, stimando che così gli [[Ateniesi]], informati con esattezza della mente sua non travisata dal relatore, delibererebbero intorno al vero. Pertanto gli spediti da lui partirono colla lettera e colle commissioni che dovevano esporre a bocca; ed egli, tenendo ormai il campo sotto guardia, vegliava contro i non cerchi pericoli.
 
9. All'uscita di questa medesima estate Euzione generale ateniese unito a Perdicca andò ad oste con molti Traci sopra la città d'Amfipoli, e non poté espugnarla. Per lo che, partito da Imereo e fatte girare le triremi nello [[Strimone]], l'assediava di sul fiume: e così compievasi questa estate.
 
9. All'uscita di questa medesima estate Euzione generale ateniese unito a Perdicca andò ad oste con molti Traci sopra la città d'Amfipoli, e non poté espugnarla. Per lo che, partito da Imereo e fatte girare le triremi nello [[Strimone]], l'assediava di sul fiume: e così compievasi questa estate.
Riga 18: Riga 18:
 
16. Di tanta importanza erano le cose dichiarate nella lettera di Nicia; udita la quale gli [[Ateniesi]] non lo disposero del comando, ma finché non vi arrivassero altri che volevano eleggere per suoi colleghi, gli aggiunsero due di là, Menandro ed Eutidemo, acciocché malato com'era non fosse solo nelle fatiche. Decretarono ancora di spedire un nuovo esercito marittimo e terrestre, composto di [[Ateniesi]] tolti dal ruolo della città, e di confederati; ed elessero a comandanti con Nicia, Demostene di Alcistene ed Eurimedonte di Teucle, e subito circa il solstizio d'inverno spediscono quest'ultimo in Sicilia con dieci navi e con venti talenti di argento, e con la nuova all'armata di là che verrebbe il soccorso, e che in [[Atene]] si avrà pensiero di loro.
 
16. Di tanta importanza erano le cose dichiarate nella lettera di Nicia; udita la quale gli [[Ateniesi]] non lo disposero del comando, ma finché non vi arrivassero altri che volevano eleggere per suoi colleghi, gli aggiunsero due di là, Menandro ed Eutidemo, acciocché malato com'era non fosse solo nelle fatiche. Decretarono ancora di spedire un nuovo esercito marittimo e terrestre, composto di [[Ateniesi]] tolti dal ruolo della città, e di confederati; ed elessero a comandanti con Nicia, Demostene di Alcistene ed Eurimedonte di Teucle, e subito circa il solstizio d'inverno spediscono quest'ultimo in Sicilia con dieci navi e con venti talenti di argento, e con la nuova all'armata di là che verrebbe il soccorso, e che in [[Atene]] si avrà pensiero di loro.
 
17. Demostene poi rimase ad allestire la flotta che doveva partire a primavera, e mandava gli ordini ai confederati, per aver pronti anche da quei luoghi denari e soldatesca grave. Gli [[Ateniesi]] spediscono venti navi intorno al [[Peloponneso]], perché badassero che di là e da [[Corinto (1)|Corinto]] nessuno tragittasse in Sicilia; avvegnaché i Corintii, dopo il ritorno dei delegati che recavano migliori novelle delle cose siciliane, persuasi non essere stata inopportuna quella prima spedizione del loro naviglio, si erano viemaggiormente inanimiti, e però si allestivano a mandare soldati gravi in Sicilia su navi da carico, e lo stesso facevano i [[Lacedemoni]] cavando genti dal restante del [[Peloponneso]]. Di più i Corintii armavano venticinque navi, disposti di provarsi a battaglia navale colla guarnigione di [[Naupatto]], affinché gli [[Ateniesi]] da quel luogo avessero manco modo d' impedire la partenza delle loro navi da carico; dovendo stare in guardia ad un tempo e sulle difese contro queste triremi che loro si opporrebbero.
 
17. Demostene poi rimase ad allestire la flotta che doveva partire a primavera, e mandava gli ordini ai confederati, per aver pronti anche da quei luoghi denari e soldatesca grave. Gli [[Ateniesi]] spediscono venti navi intorno al [[Peloponneso]], perché badassero che di là e da [[Corinto (1)|Corinto]] nessuno tragittasse in Sicilia; avvegnaché i Corintii, dopo il ritorno dei delegati che recavano migliori novelle delle cose siciliane, persuasi non essere stata inopportuna quella prima spedizione del loro naviglio, si erano viemaggiormente inanimiti, e però si allestivano a mandare soldati gravi in Sicilia su navi da carico, e lo stesso facevano i [[Lacedemoni]] cavando genti dal restante del [[Peloponneso]]. Di più i Corintii armavano venticinque navi, disposti di provarsi a battaglia navale colla guarnigione di [[Naupatto]], affinché gli [[Ateniesi]] da quel luogo avessero manco modo d' impedire la partenza delle loro navi da carico; dovendo stare in guardia ad un tempo e sulle difese contro queste triremi che loro si opporrebbero.
18. Ed i [[Lacedemoni]], siccome innanzi avevano risoluto, si preparavano ad invadere l'[[Attica]], confortati a ciò dai Siracusani e dai Corintii fin da quando ebbero nuova del soccorso ateniese per la Sicilia, perché appunto venisse frastornato da quella invasione. Medesimamente Alcibiade anch'egli insisteva e gli avvertiva che munissero Decelia, e non rallentassero la guerra. Ma principalmente si rinvigorirono i [[Lacedemoni]] riflettendo che gli [[Ateniesi]] inquietati da doppia guerra contro loro e contro i Siciliani, più facilmente potrebbero opprimersi, e stimando che fossero essi stati i primi a rompere la tregua. Laddove nella precedente guerra la trasgressione era stata piuttosto di [[Sparta (2)|Sparta]], essendo ché i Tebani erano andati contro Platea stante la tregua: e sebbene nelle prime convenzioni fosse detto che non si portassero le armi contro chi volesse starsene al giudizio, essi non avevano dato retta agli [[Ateniesi]] che a quell'articolo li richiamavano. E per questo pensavano che meritamente avessero avuta contraria la fortuna, e si recavano a coscienza la disgrazia di Pilo e tutte le altre che erano loro incontrate. Da che però gli [[Ateniesi]] fatto vela con trenta navi avevano dato il guasto ad alcune terre di [[Epidauro (1)|Epidauro]] e di Prasia e ad altri luoghi, ed uscendo da Pilo praticavano il ladroneccio; e da che, ogni qual volta sorgevano delle differenze sopra alcuni articoli controversi nelle tregue, non avevano voluto rimettersi nel giudizio a che i [[Lacedemoni]] li invitavano, allora questi stimando essere al contrario ricaduta negli [[Ateniesi]] la trasgressione onde prima erano essi rei, si inanimirono per la guerra. E in quest'inverno richiedevano ferramenti a tutti gli alleati, ed apparecchiavano gli altri strumenti per munire Decelia, ed insieme procacciavano da sé stessi soccorsi da mandarsi in Sicilia sulle navi da carico, ed astringevano gli altri Peloponnesi a fare altrettanto. Così finiva l'inverno e l'anno diciottesimo di questa guerra descritta da Tucidide.
+
18. Ed i [[Lacedemoni]], siccome innanzi avevano risoluto, si preparavano ad invadere l'[[Attica]], confortati a ciò dai Siracusani e dai Corintii fin da quando ebbero nuova del soccorso ateniese per la Sicilia, perché appunto venisse frastornato da quella invasione. Medesimamente Alcibiade anch'egli insisteva e gli avvertiva che munissero Decelia, e non rallentassero la guerra. Ma principalmente si rinvigorirono i [[Lacedemoni]] riflettendo che gli [[Ateniesi]] inquietati da doppia guerra contro loro e contro i Siciliani, più facilmente potrebbero opprimersi, e stimando che fossero essi stati i primi a rompere la tregua. Laddove nella precedente guerra la trasgressione era stata piuttosto di Sparta, essendo ché i Tebani erano andati contro Platea stante la tregua: e sebbene nelle prime convenzioni fosse detto che non si portassero le armi contro chi volesse starsene al giudizio, essi non avevano dato retta agli [[Ateniesi]] che a quell'articolo li richiamavano. E per questo pensavano che meritamente avessero avuta contraria la fortuna, e si recavano a coscienza la disgrazia di Pilo e tutte le altre che erano loro incontrate. Da che però gli [[Ateniesi]] fatto vela con trenta navi avevano dato il guasto ad alcune terre di [[Epidauro (1)|Epidauro]] e di Prasia e ad altri luoghi, ed uscendo da Pilo praticavano il ladroneccio; e da che, ogni qual volta sorgevano delle differenze sopra alcuni articoli controversi nelle tregue, non avevano voluto rimettersi nel giudizio a che i [[Lacedemoni]] li invitavano, allora questi stimando essere al contrario ricaduta negli [[Ateniesi]] la trasgressione onde prima erano essi rei, si inanimirono per la guerra. E in quest'inverno richiedevano ferramenti a tutti gli alleati, ed apparecchiavano gli altri strumenti per munire Decelia, ed insieme procacciavano da sé stessi soccorsi da mandarsi in Sicilia sulle navi da carico, ed astringevano gli altri Peloponnesi a fare altrettanto. Così finiva l'inverno e l'anno diciottesimo di questa guerra descritta da Tucidide.
 
19. Al cominciamento della seguente primavera i [[Lacedemoni]] e gli alleati guidati da Agide di Archidamo, re dei [[Lacedemoni]], prestissimo invasero l'Altica. E primiera mente guastarono il territorio per la pianura; dopo spartendo il lavoro città per città, presero a munire Decelia che è distante da [[Atene]] circa centoventi stadi, e non molto più che altrettanto dalla [[Beozia]]. Questa munizione visibile sino dalla città d'[[Atene]] si costruiva nel piano, e nei luoghi più acconci di quel paese per farvi guasto. I Peloponnesi dunque e gli alleati che erano nell'[[Attica]] lavoravano alle fortificazioni, e gli altri rimasti nel [[Peloponneso]] spedivano circa il medesimo tempo le soldatesche gravi in Sicilia sulle navi da carico. Le quali, fatto vela da Tenaro della Laconia, presero l'alto con a bordo seicento di grave armatura, parte Iloti dei migliori scelti dai [[Lacedemoni]], parte ascritti di recente alla cittadinanza, sotto il comando di Eccrito spartano; e con trecento Beozi pur di grave armatura capitanati da Xenone e Nicone tebani, e da Egesandro tespiese. E dietro ad essi non molto dopo i Corintii ne mandarono cinquecento di grave milizia parte proprio di [[Corinto (1)|Corinto]], parte presi a soldo dagli Arcadi, sotto la condotta di Alessarco corintio; e insieme con essi duecento soldati gravi inviarono i Sicionii, dei quali era duce Sargeo di [[Sicione (1)|Sicione]]. Le venticinque navi poi dei Corintii armate già nell'inverno stavano in osservazione contro le venti ateniesi che erano in [[Naupatto]]; fino a che non fossero partite dal [[Peloponneso]] (ciò che loro premeva) le milizie gravi sulle navi da carico; ed appunto a quest'oggetto le avevano da prima equipaggiate, affinché gli [[Ateniesi]] non tanto avessero l'animo alle navi da carico, quanto alle triremi.
 
19. Al cominciamento della seguente primavera i [[Lacedemoni]] e gli alleati guidati da Agide di Archidamo, re dei [[Lacedemoni]], prestissimo invasero l'Altica. E primiera mente guastarono il territorio per la pianura; dopo spartendo il lavoro città per città, presero a munire Decelia che è distante da [[Atene]] circa centoventi stadi, e non molto più che altrettanto dalla [[Beozia]]. Questa munizione visibile sino dalla città d'[[Atene]] si costruiva nel piano, e nei luoghi più acconci di quel paese per farvi guasto. I Peloponnesi dunque e gli alleati che erano nell'[[Attica]] lavoravano alle fortificazioni, e gli altri rimasti nel [[Peloponneso]] spedivano circa il medesimo tempo le soldatesche gravi in Sicilia sulle navi da carico. Le quali, fatto vela da Tenaro della Laconia, presero l'alto con a bordo seicento di grave armatura, parte Iloti dei migliori scelti dai [[Lacedemoni]], parte ascritti di recente alla cittadinanza, sotto il comando di Eccrito spartano; e con trecento Beozi pur di grave armatura capitanati da Xenone e Nicone tebani, e da Egesandro tespiese. E dietro ad essi non molto dopo i Corintii ne mandarono cinquecento di grave milizia parte proprio di [[Corinto (1)|Corinto]], parte presi a soldo dagli Arcadi, sotto la condotta di Alessarco corintio; e insieme con essi duecento soldati gravi inviarono i Sicionii, dei quali era duce Sargeo di [[Sicione (1)|Sicione]]. Le venticinque navi poi dei Corintii armate già nell'inverno stavano in osservazione contro le venti ateniesi che erano in [[Naupatto]]; fino a che non fossero partite dal [[Peloponneso]] (ciò che loro premeva) le milizie gravi sulle navi da carico; ed appunto a quest'oggetto le avevano da prima equipaggiate, affinché gli [[Ateniesi]] non tanto avessero l'animo alle navi da carico, quanto alle triremi.
 
20. In questo, mentre si fortificava Decelia, gli [[Ateniesi]] subito al principio di primavera spedirono trenta navi intorno al [[Peloponneso]] con Caricle di [[Apollo]]doro ammiraglio, al quale commisero, che venuto ad Argo richiedesse, secondo i patti della confederazione, soldati gravi per la flotta. Spedirono ancora, conforme avevano disposto, Demostene in Sicilia con sessanta navi ateniesi e cinque Chie, e mille duecento soldati gravi ateniesi del ruolo, e quanti isolani da ogni parte poterono adunare; e si procacciarono dai confederati e dai sudditi tutto ciò che avessero di opportuno per la guerra. Avevano già ordinato a Demostene che prima unitosi con Caricle circuisse ed infestasse la Laconia: ed egli andato ad [[Egina (2)|Egina]] aspettava che venisse a raggiungerlo il rimanente dell'esercito che fosse rimasto addietro, e che Caricle avesse preso seco gli [[Argivi]].
 
20. In questo, mentre si fortificava Decelia, gli [[Ateniesi]] subito al principio di primavera spedirono trenta navi intorno al [[Peloponneso]] con Caricle di [[Apollo]]doro ammiraglio, al quale commisero, che venuto ad Argo richiedesse, secondo i patti della confederazione, soldati gravi per la flotta. Spedirono ancora, conforme avevano disposto, Demostene in Sicilia con sessanta navi ateniesi e cinque Chie, e mille duecento soldati gravi ateniesi del ruolo, e quanti isolani da ogni parte poterono adunare; e si procacciarono dai confederati e dai sudditi tutto ciò che avessero di opportuno per la guerra. Avevano già ordinato a Demostene che prima unitosi con Caricle circuisse ed infestasse la Laconia: ed egli andato ad [[Egina (2)|Egina]] aspettava che venisse a raggiungerlo il rimanente dell'esercito che fosse rimasto addietro, e che Caricle avesse preso seco gli [[Argivi]].
Riga 59: Riga 59:
 
54. Dopo di che i Siracusani ersero il trofeo per la battaglia navale e per aver tagliato il ritorno ai soldati gravi su in terra, ove presero anche alcuni cavalli, e gli [[Ateniesi]] per avere i Tirreni ributtata la fanteria nemica nella palude, e cacciato essi medesimi il rimanente dell'esercito.
 
54. Dopo di che i Siracusani ersero il trofeo per la battaglia navale e per aver tagliato il ritorno ai soldati gravi su in terra, ove presero anche alcuni cavalli, e gli [[Ateniesi]] per avere i Tirreni ributtata la fanteria nemica nella palude, e cacciato essi medesimi il rimanente dell'esercito.
 
55. Ma già per questa insigne vittoria navale dei Siracusani, che prima temevano delle navi sopraggiunte con Demostene, erano gli [[Ateniesi]] del tutto scoraggiati, e grandemente stupiti, ed anche viepiù pentiti di quella spedizione. Imperocché, quantunque avessero portato le armi contro Siracusa, allegati con quelle città che sole ormai usavano i medesimi istituti di loro, e si reggevano a popolo com'essi, ed avevano navi, cavalli e grandezza; con tutto ciò non essendo riusciti a mettere nessuna discordia tra i Siracusani, o mediante il cambiamento del governo con che speravano di ridurli in potere loro, o mediante gli apparecchi in che erano superiori; ed al contrario essendo rimasti frustrati nella maggior parte dei loro disegni, trovavansi anche di prima nell'esitanza. E quando poi furono vinti colla flotta (cosa che non si sarebbero aspettata), allora daddovero più che mai si persero d'animo.
 
55. Ma già per questa insigne vittoria navale dei Siracusani, che prima temevano delle navi sopraggiunte con Demostene, erano gli [[Ateniesi]] del tutto scoraggiati, e grandemente stupiti, ed anche viepiù pentiti di quella spedizione. Imperocché, quantunque avessero portato le armi contro Siracusa, allegati con quelle città che sole ormai usavano i medesimi istituti di loro, e si reggevano a popolo com'essi, ed avevano navi, cavalli e grandezza; con tutto ciò non essendo riusciti a mettere nessuna discordia tra i Siracusani, o mediante il cambiamento del governo con che speravano di ridurli in potere loro, o mediante gli apparecchi in che erano superiori; ed al contrario essendo rimasti frustrati nella maggior parte dei loro disegni, trovavansi anche di prima nell'esitanza. E quando poi furono vinti colla flotta (cosa che non si sarebbero aspettata), allora daddovero più che mai si persero d'animo.
56. All'opposto i Siracusani scorrevano subito francamente lunghesso il porto, e pensavano di serrarne l'imboccatura, acciocché gli [[Ateniesi]], quand'anche il volessero, non potessero uscirne furtivamente. Né solo si davano premura di procacciare salvezza a sé stessi, ma anche di impedirla al nemico; avvisando, come era vero, le loro cose essere al presente in migliore grado di quelle degli avversari; e se potessero vincere gli [[Ateniesi]] coi loro alleati per terra e per mare, dover dare di sé glorioso spettacolo a tutti i Greci, i quali parte tostamente sarebbero messi in libertà, parte disciolti dal timore. Conciossiaché la Repubblica ateniese con le forze che le restavano non più sarebbe in seguito sufficiente a reggere al fascio di una seconda guerra che le fosse portata addosso; laddove essi reputati autori di questo, avrebbero fatto meravigliare molto di sé gli altri popoli ed i posteri. E lasciando stare di ciò, era inoltre glorioso quel certame, perché non solo avrebbero vinto gli [[Ateniesi]], ma anche molti altri dei loro confederati, non già essi da sé soli ma con gli altri che li avevano soccorsi, e si sarebbero fatti duci dei [[Lacedemoni]] e dei Corinti, ed avrebbero esposta innanzi al pericolo la propria città, ed avanzata la loro flotta ad alto grado di potenza. E certo moltissime furono le genti concorse a questa unica città, e solo meno numerose di tutta insieme l'altra moltitudine, che in questa guerra si accolse dalla parte di [[Atene]] e di [[Sparta (2)|Sparta]].
+
56. All'opposto i Siracusani scorrevano subito francamente lunghesso il porto, e pensavano di serrarne l'imboccatura, acciocché gli [[Ateniesi]], quand'anche il volessero, non potessero uscirne furtivamente. Né solo si davano premura di procacciare salvezza a sé stessi, ma anche di impedirla al nemico; avvisando, come era vero, le loro cose essere al presente in migliore grado di quelle degli avversari; e se potessero vincere gli [[Ateniesi]] coi loro alleati per terra e per mare, dover dare di sé glorioso spettacolo a tutti i Greci, i quali parte tostamente sarebbero messi in libertà, parte disciolti dal timore. Conciossiaché la Repubblica ateniese con le forze che le restavano non più sarebbe in seguito sufficiente a reggere al fascio di una seconda guerra che le fosse portata addosso; laddove essi reputati autori di questo, avrebbero fatto meravigliare molto di sé gli altri popoli ed i posteri. E lasciando stare di ciò, era inoltre glorioso quel certame, perché non solo avrebbero vinto gli [[Ateniesi]], ma anche molti altri dei loro confederati, non già essi da sé soli ma con gli altri che li avevano soccorsi, e si sarebbero fatti duci dei [[Lacedemoni]] e dei Corinti, ed avrebbero esposta innanzi al pericolo la propria città, ed avanzata la loro flotta ad alto grado di potenza. E certo moltissime furono le genti concorse a questa unica città, e solo meno numerose di tutta insieme l'altra moltitudine, che in questa guerra si accolse dalla parte di [[Atene]] e di Sparta.
 
57. E però io voglio numerare tutte quelle genti che da ambedue le parti guerreggiarono a Siracusa, per la Sicilia e contro di lei, o per partecipare con gli uni della conquista, o con gli altri della salvezza; le quali si misero da una di quelle parti non tanto per titolo di giustizia o di parentela, quanto per interesse o per necessità, secondo lo stato accidentale di ciascuno popolo. Gli [[Ateniesi]], come Ionii, vennero di buona voglia contro i Siracusani che erano Doriesi, e con essi i Lemmi, gl'Imbri, e gli Egineti che allora tenevano [[Egina (2)|Egina]], perché usavano il medesimo linguaggio e costumanze; e di più vi si unirono gli Estiei abitatori di Estiea in [[Eubea (1)|Eubea]], perché colonia d'[[Atene]]. Quanto agli altri che si unirono a questa spedizione, alcuni erano sudditi degli [[Ateniesi]], alcuni alleati indipendenti, alcuni poi presi a soldo. Tra i sudditi tributari, gli Eretriesi, i [[Calcide (2)|Calcide]]si, gli Stiriesi ed i Caristi erano dell'[[Eubea (1)|Eubea]]; delle isole, i Chii, gli Andri, i Teii d'Ionia, i Milesi, i Samii, i Chii. Tra tutti questi i Chii non pagavano tributo, ma essendo indipendenti li seguivano somministrando delle navi; e la maggior parte di quei popoli sono di origine ionica, e discendono dagli [[Ateniesi]], tranne i Caristi che sono Driopi; onde parte per essere vassalli, parte astretti dalla parentela per essere anch'essi Ionici, seguivano gli [[Ateniesi]]. Oltre ad essi eranvi dell'Eolia, i Metimnei con delle navi ma senza pagare tributo, ed i Tenedi e gli Enii tributari. Questi Eolici combattevano per forza contro i Beozi che pur sono Eolici e fondatori della loro colonia, perché si erano uniti coi Siracusani. I Plateesi furono i soli tra i Beozi che per inimicizia, come era da aspettarsi, a viso aperto guerreggiavano contro i Beozi. Quindi i Rodii ed i Citeri, entrambi di stirpe dorica; i Citeri, sebbene coloni dei [[Lacedemoni]], portavano le armi insieme con gli [[Ateniesi]] contro i [[Lacedemoni]] che erano con Gilippo; i Rodii, della stirpe argiva, erano astretti a guerreggiare non solo i Siracusani come Doriesi, ma ancora i Geloi suoi coloni che militavano coi Siracusani. Fra gl'isolani intorno al [[Peloponneso]], si unirono a questa guerra i Cefalleni e gli Zacinti, che sebbene indipendenti, appunto perché isolani erano tenuti a segno con più severità dagli [[Ateniesi]] padroni del mare; ed i Corfuotti, sebbene Doriesi e Corinti, non furono meno pronti a venire contro i Corinti ed i Siracusani, tutto ché coloni di quelli e consanguinei di questi, sotto colore di esservi astretti, in vero poi di lor volontà per odio dei Corinti. Furono inoltre assunti a questa guerra quei chiamati ora Messeni di [[Naupatto]], e quei di Pilo tenuto allora dagli [[Ateniesi]]; ed anche non molti banditi Megaresi per la disgrazia del loro esilio combattevano contro i Selinunti pur Megaresi. La maggiore parte del rimanente dell'esercito si aggiunse a questa spedizione più che altro spontaneamente. Gli [[Argivi]] erano dalla parte degli [[Ateniesi]] non tanto per debito di alleanza quanto per l'inimicizia dei [[Lacedemoni]]; e ciascuno di essi per qualche suo presente e privato odio, Doriesi come erano, veniva contro i Doriesi insieme con gli [[Ateniesi]] che sono Ionii. I Mantineesi e gli altri Arcadi presi a soldo, avvezzi ad andar sempre contro quei che siano loro mostrati per nemici; allora venivano anco per ingordigia del guadagno, stimando niente meno che nemici gli Arcadi condottisi in Sicilia con i Corintii. I [[Cretesi]] e gli [[Etoli]] vi erano anch'essi indotti dal soldo; ed ai [[Cretesi]], fondatori insieme coi Rodi di Gela, avvenne di trovarsi loro malgrado per mercede non coi propri coloni, ma contro di essi. Parimente alcuni degli Acarnani per guadagno, e la maggior parte per l'amicizia di Demostene e per benevolenza verso gli [[Ateniesi]], dei quali erano alleati, si aggiunsero a loro soccorso. Tutti costoro abitano entro i confini del seno ionico. Fra gl'Italiani, militavano con gli [[Ateniesi]] i Turii ed i Metapontini in queste angustie di tempi occupati da sedizione; tra i Siciliani, i Nassi ed i Catanesi, e tra i barbari, gli Egestei che si erano guadagnati l'amicizia della maggior parte dei popoli dentro e fuori la Sicilia. Finalmente vi erano alcuni dei Tirreni per differenze coi Siciliani, e gli Iapigi presi a stipendio. Cotanti erano i popoli che militavano con gli [[Ateniesi]].
 
57. E però io voglio numerare tutte quelle genti che da ambedue le parti guerreggiarono a Siracusa, per la Sicilia e contro di lei, o per partecipare con gli uni della conquista, o con gli altri della salvezza; le quali si misero da una di quelle parti non tanto per titolo di giustizia o di parentela, quanto per interesse o per necessità, secondo lo stato accidentale di ciascuno popolo. Gli [[Ateniesi]], come Ionii, vennero di buona voglia contro i Siracusani che erano Doriesi, e con essi i Lemmi, gl'Imbri, e gli Egineti che allora tenevano [[Egina (2)|Egina]], perché usavano il medesimo linguaggio e costumanze; e di più vi si unirono gli Estiei abitatori di Estiea in [[Eubea (1)|Eubea]], perché colonia d'[[Atene]]. Quanto agli altri che si unirono a questa spedizione, alcuni erano sudditi degli [[Ateniesi]], alcuni alleati indipendenti, alcuni poi presi a soldo. Tra i sudditi tributari, gli Eretriesi, i [[Calcide (2)|Calcide]]si, gli Stiriesi ed i Caristi erano dell'[[Eubea (1)|Eubea]]; delle isole, i Chii, gli Andri, i Teii d'Ionia, i Milesi, i Samii, i Chii. Tra tutti questi i Chii non pagavano tributo, ma essendo indipendenti li seguivano somministrando delle navi; e la maggior parte di quei popoli sono di origine ionica, e discendono dagli [[Ateniesi]], tranne i Caristi che sono Driopi; onde parte per essere vassalli, parte astretti dalla parentela per essere anch'essi Ionici, seguivano gli [[Ateniesi]]. Oltre ad essi eranvi dell'Eolia, i Metimnei con delle navi ma senza pagare tributo, ed i Tenedi e gli Enii tributari. Questi Eolici combattevano per forza contro i Beozi che pur sono Eolici e fondatori della loro colonia, perché si erano uniti coi Siracusani. I Plateesi furono i soli tra i Beozi che per inimicizia, come era da aspettarsi, a viso aperto guerreggiavano contro i Beozi. Quindi i Rodii ed i Citeri, entrambi di stirpe dorica; i Citeri, sebbene coloni dei [[Lacedemoni]], portavano le armi insieme con gli [[Ateniesi]] contro i [[Lacedemoni]] che erano con Gilippo; i Rodii, della stirpe argiva, erano astretti a guerreggiare non solo i Siracusani come Doriesi, ma ancora i Geloi suoi coloni che militavano coi Siracusani. Fra gl'isolani intorno al [[Peloponneso]], si unirono a questa guerra i Cefalleni e gli Zacinti, che sebbene indipendenti, appunto perché isolani erano tenuti a segno con più severità dagli [[Ateniesi]] padroni del mare; ed i Corfuotti, sebbene Doriesi e Corinti, non furono meno pronti a venire contro i Corinti ed i Siracusani, tutto ché coloni di quelli e consanguinei di questi, sotto colore di esservi astretti, in vero poi di lor volontà per odio dei Corinti. Furono inoltre assunti a questa guerra quei chiamati ora Messeni di [[Naupatto]], e quei di Pilo tenuto allora dagli [[Ateniesi]]; ed anche non molti banditi Megaresi per la disgrazia del loro esilio combattevano contro i Selinunti pur Megaresi. La maggiore parte del rimanente dell'esercito si aggiunse a questa spedizione più che altro spontaneamente. Gli [[Argivi]] erano dalla parte degli [[Ateniesi]] non tanto per debito di alleanza quanto per l'inimicizia dei [[Lacedemoni]]; e ciascuno di essi per qualche suo presente e privato odio, Doriesi come erano, veniva contro i Doriesi insieme con gli [[Ateniesi]] che sono Ionii. I Mantineesi e gli altri Arcadi presi a soldo, avvezzi ad andar sempre contro quei che siano loro mostrati per nemici; allora venivano anco per ingordigia del guadagno, stimando niente meno che nemici gli Arcadi condottisi in Sicilia con i Corintii. I [[Cretesi]] e gli [[Etoli]] vi erano anch'essi indotti dal soldo; ed ai [[Cretesi]], fondatori insieme coi Rodi di Gela, avvenne di trovarsi loro malgrado per mercede non coi propri coloni, ma contro di essi. Parimente alcuni degli Acarnani per guadagno, e la maggior parte per l'amicizia di Demostene e per benevolenza verso gli [[Ateniesi]], dei quali erano alleati, si aggiunsero a loro soccorso. Tutti costoro abitano entro i confini del seno ionico. Fra gl'Italiani, militavano con gli [[Ateniesi]] i Turii ed i Metapontini in queste angustie di tempi occupati da sedizione; tra i Siciliani, i Nassi ed i Catanesi, e tra i barbari, gli Egestei che si erano guadagnati l'amicizia della maggior parte dei popoli dentro e fuori la Sicilia. Finalmente vi erano alcuni dei Tirreni per differenze coi Siciliani, e gli Iapigi presi a stipendio. Cotanti erano i popoli che militavano con gli [[Ateniesi]].
 
58. Dall'altra parte furono a soccorso dei Siracusani i Camarinei loro confinanti, ed i Geloi che abitano dopo questi; e per esser calmate le cose degli Acragantini vi vennero anche i Selinunti che hanno le loro sedie al di là di essi. Tutti questi abitano la parte della Sicilia che guarda l'Africa. Quindi gli Imerei da quel lato che è volto al mar Tirreno ove essi soli dei Greci hanno abitazione, e però essi soli di là andarono in aiuto. Tanti erano i popoli greci di Sicilia, e tutti di stirpe dorica e indipendenti, che si unirono in questa guerra. Dei barbari i soli Siculi, quanti non erano passati alla parte degli [[Ateniesi]]. Dei Greci fuori di Sicilia, i [[Lacedemoni]] con un capitano spartano, e l'altra turba di Neodamodi ed Iloti. Neodamode importa lo stesso che essere ormai libero. Dopo i Corinti i soli venuti con navi e truppe da sbarco, ed i Leucadi e gli Ambracioti per titolo di parentela. Dall'[[Arcadia (1)|Arcadia]] i mercenari inviativi dai Corinti, ed i Sicioni costretti a pigliare le armi; e dei popoli fuori del [[Peloponneso]], i Beozi. Oltre tutte queste genti venute di fuori, i Siciliani da sé diedero quantità maggiore in ogni genere di milizia, siccome quelli che abitavano grandi città; poiché vi furono adunate molte soldatesche gravi, e navi e cavalli ed altra turba copiosissima. Ed i Siracusani in confronto di tutti gli altri, per così dire, diedero di più anche in questa occasione, perché abitavano ampia città, e perché erano esposti a maggior pericolo.
 
58. Dall'altra parte furono a soccorso dei Siracusani i Camarinei loro confinanti, ed i Geloi che abitano dopo questi; e per esser calmate le cose degli Acragantini vi vennero anche i Selinunti che hanno le loro sedie al di là di essi. Tutti questi abitano la parte della Sicilia che guarda l'Africa. Quindi gli Imerei da quel lato che è volto al mar Tirreno ove essi soli dei Greci hanno abitazione, e però essi soli di là andarono in aiuto. Tanti erano i popoli greci di Sicilia, e tutti di stirpe dorica e indipendenti, che si unirono in questa guerra. Dei barbari i soli Siculi, quanti non erano passati alla parte degli [[Ateniesi]]. Dei Greci fuori di Sicilia, i [[Lacedemoni]] con un capitano spartano, e l'altra turba di Neodamodi ed Iloti. Neodamode importa lo stesso che essere ormai libero. Dopo i Corinti i soli venuti con navi e truppe da sbarco, ed i Leucadi e gli Ambracioti per titolo di parentela. Dall'[[Arcadia (1)|Arcadia]] i mercenari inviativi dai Corinti, ed i Sicioni costretti a pigliare le armi; e dei popoli fuori del [[Peloponneso]], i Beozi. Oltre tutte queste genti venute di fuori, i Siciliani da sé diedero quantità maggiore in ogni genere di milizia, siccome quelli che abitavano grandi città; poiché vi furono adunate molte soldatesche gravi, e navi e cavalli ed altra turba copiosissima. Ed i Siracusani in confronto di tutti gli altri, per così dire, diedero di più anche in questa occasione, perché abitavano ampia città, e perché erano esposti a maggior pericolo.
Riga 91: Riga 91:
 
84. Venuto appena giorno Nicia muoveva l'esercito; ed i Siracusani con gli alleati lo incalzavano nel modo stesso, e da ogni banda scagliavano dardi e saette. Affrettavansi gli [[Ateniesi]] di arrivare al fiume Assinaro perché assaltati da tutte le parti da numerosi cavalli e dall'altra moltitudine, pensavano di doversi trovare meglio quando lo avessero guadato; e perché erano oppressi dalla fatica e dalla sete. Pervenuti in sulla sponda di quello, vi si precipitano dentro senz'ordine veruno, studiandosi ciascuno di guadarlo il primo, ma i nemici che stavano loro a ridosso rendevano ormai difficile il tragittarlo. Imperciocché costretti a camminare serrati cadevano l'uno sopra l'altro e si pestavano, e parte morivano urtati dalle lanciole e dall'armi, parte caduti nella melmetta erano trascinati via dalla corrente. Passarono i Siracusani alla riva opposta che era scoscesa, e di sopra scagliavano dardi su gli [[Ateniesi]], molti dei quali avidamente bevevano, e giù nell'alveo del fiume erano tra loro stessi abbaruffati; e i Peloponnesi calati al basso facevano sopra tutto strage di quelli che si trovavano nel fiume. L'acqua fu subito guasta, nondimeno ell'era bevuta lorda di fango insieme e di sangue, e molti per averla combattevano.
 
84. Venuto appena giorno Nicia muoveva l'esercito; ed i Siracusani con gli alleati lo incalzavano nel modo stesso, e da ogni banda scagliavano dardi e saette. Affrettavansi gli [[Ateniesi]] di arrivare al fiume Assinaro perché assaltati da tutte le parti da numerosi cavalli e dall'altra moltitudine, pensavano di doversi trovare meglio quando lo avessero guadato; e perché erano oppressi dalla fatica e dalla sete. Pervenuti in sulla sponda di quello, vi si precipitano dentro senz'ordine veruno, studiandosi ciascuno di guadarlo il primo, ma i nemici che stavano loro a ridosso rendevano ormai difficile il tragittarlo. Imperciocché costretti a camminare serrati cadevano l'uno sopra l'altro e si pestavano, e parte morivano urtati dalle lanciole e dall'armi, parte caduti nella melmetta erano trascinati via dalla corrente. Passarono i Siracusani alla riva opposta che era scoscesa, e di sopra scagliavano dardi su gli [[Ateniesi]], molti dei quali avidamente bevevano, e giù nell'alveo del fiume erano tra loro stessi abbaruffati; e i Peloponnesi calati al basso facevano sopra tutto strage di quelli che si trovavano nel fiume. L'acqua fu subito guasta, nondimeno ell'era bevuta lorda di fango insieme e di sangue, e molti per averla combattevano.
 
85. Finalmente gran quantità di cadaveri giacendo ammontati nel fiume, e disfatto l'esercito o nel fiume stesso, o dai cavalli se qualche banda si fosse causata, Nicia, fidandosi più di Gilippo che del Siracusani, si rende alla discrezione di lui e dei [[Lacedemoni]]. pregandolo a ritirare dalla strage anche il rimanente dell'esercito. Dopo di che Gilippo ordinava ai suoi che i nemici fossero fatti prigionieri; e vivi condussero via tutti quelli che non si erano nascosti (e questi furono molti), e spedirono ad inseguire i trecento passati a forza di mezzo alle sentinelle, e li arrestarono. Né già furono molte queste milizie accolte insieme, ma bensì molte si trafugarono, e ne fu ripiena tutta Sicilia, non essendo esse state prese per convenzione come quelle di Demostene. Una buona parte dell'esercito ateniese vi rimase morta, che certo questa strage non fu minore di veruna altra accaduta in questa guerra di Sicilia, e non pochi erano periti nei diversi passati attacchi, durante il cammino. Con tutto questo molti o fuggirono nel tempo della battaglia, o si trafugarono poi dopo essere stati fatti prigioni; e tutti si riducevano a Catana.
 
85. Finalmente gran quantità di cadaveri giacendo ammontati nel fiume, e disfatto l'esercito o nel fiume stesso, o dai cavalli se qualche banda si fosse causata, Nicia, fidandosi più di Gilippo che del Siracusani, si rende alla discrezione di lui e dei [[Lacedemoni]]. pregandolo a ritirare dalla strage anche il rimanente dell'esercito. Dopo di che Gilippo ordinava ai suoi che i nemici fossero fatti prigionieri; e vivi condussero via tutti quelli che non si erano nascosti (e questi furono molti), e spedirono ad inseguire i trecento passati a forza di mezzo alle sentinelle, e li arrestarono. Né già furono molte queste milizie accolte insieme, ma bensì molte si trafugarono, e ne fu ripiena tutta Sicilia, non essendo esse state prese per convenzione come quelle di Demostene. Una buona parte dell'esercito ateniese vi rimase morta, che certo questa strage non fu minore di veruna altra accaduta in questa guerra di Sicilia, e non pochi erano periti nei diversi passati attacchi, durante il cammino. Con tutto questo molti o fuggirono nel tempo della battaglia, o si trafugarono poi dopo essere stati fatti prigioni; e tutti si riducevano a Catana.
86. I Siracusani e gli alleati riunitisi insieme, e preso il più che poterono di prigionieri e di bottino, ritornarono alla città, fecero scendere i prigioni tanto ateniesi che confederati nelle cave delle pietre, giudicando sicurissimo il guardarli colà, e scannarono Nicia e Demostene, a malgrado di Gilippo, siccome quegli che reputava trionfo a sé stesso onorevole il condurre ai [[Lacedemoni]], oltre alle altre spoglie, anche i capitani dell'oste nemica. Senza di che si dava il caso che Demostene era, odiatissimo a [[Sparta (2)|Sparta]] a cagione dei fatti della Sfatteria e di Pilo, e Nicia accettassimo pel motivo medesimo, avvegnaché egli si fosse adoprato moltissimo pei [[Lacedemoni]] ritenuti nell'isola, con avere persuaso gli [[Ateniesi]] a far le tregue per cui i prigioni erano stati rilasciati. Laonde era benvoluto dai [[Lacedemoni]], e con grandissima fiducia si era reso a Gilippo. Ma alcuni fra i Siracusani (come correva voce) sospettando, per aver tenuto delle pratiche con lui che, se per questo fosse messo alla tortura, non arrecasse loro qualche disturbo in mezzo a quella felicità; altri, e principalmente i Corinti, che corrompendo qualcuni col denaro (perché era ricco) non scappasse, e procurasse loro qualche altra novità, tirarono a sé gli animi dei confederati e lo uccisero. Tale, o presso a poco altrettale, fu la cagione onde restò ucciso Nicia, il meno meritevole certamente fra tutti i Greci, non che altro dei miei tempi, di venire a tanta sciagura, per la sua costante pietà verso gli Dei.
+
86. I Siracusani e gli alleati riunitisi insieme, e preso il più che poterono di prigionieri e di bottino, ritornarono alla città, fecero scendere i prigioni tanto ateniesi che confederati nelle cave delle pietre, giudicando sicurissimo il guardarli colà, e scannarono Nicia e Demostene, a malgrado di Gilippo, siccome quegli che reputava trionfo a sé stesso onorevole il condurre ai [[Lacedemoni]], oltre alle altre spoglie, anche i capitani dell'oste nemica. Senza di che si dava il caso che Demostene era, odiatissimo a Sparta a cagione dei fatti della Sfatteria e di Pilo, e Nicia accettassimo pel motivo medesimo, avvegnaché egli si fosse adoprato moltissimo pei [[Lacedemoni]] ritenuti nell'isola, con avere persuaso gli [[Ateniesi]] a far le tregue per cui i prigioni erano stati rilasciati. Laonde era benvoluto dai [[Lacedemoni]], e con grandissima fiducia si era reso a Gilippo. Ma alcuni fra i Siracusani (come correva voce) sospettando, per aver tenuto delle pratiche con lui che, se per questo fosse messo alla tortura, non arrecasse loro qualche disturbo in mezzo a quella felicità; altri, e principalmente i Corinti, che corrompendo qualcuni col denaro (perché era ricco) non scappasse, e procurasse loro qualche altra novità, tirarono a sé gli animi dei confederati e lo uccisero. Tale, o presso a poco altrettale, fu la cagione onde restò ucciso Nicia, il meno meritevole certamente fra tutti i Greci, non che altro dei miei tempi, di venire a tanta sciagura, per la sua costante pietà verso gli Dei.
 
87. I prigionieri che erano nelle cave in principio venivano duramente trattati dai Siracusani. Imperciocché, trovandosi molti in quel luogo profondo e scoperto, il sole ed il soffocamento li opprimeva, ed all'opposto le notti autunnali e fredde causavano malattie di nuovo genere: tanto più che per la ristrettezza dovevano far tutto nel medesimo luogo, e l'uno sull'altro giacevano sovrapposti i cadaveri di quelli che o per ferite, o per questa mutazione, o per altre simili cagioni morivano. Se a ciò si aggiunga una puzza insoffribile, ed il tormento della fame e della sete, perché per otto mesi ebbero una cotila d'acqua e due di frumento a testa, si vedrà non esser eglino andati esenti da veruno di quelli incomodi che naturalmente dovevano opprimere gente gettata in luogo sì fatto. In questo modo stivati passarono circa settanta giorni, dopo tutti gli altri, tranne gli [[Ateniesi]] e quei Siciliani ed Italiani che militarono con loro, furono venduti. E sebbene sia difficile lo scrivere esattamente quanti fossero in tutti i prigionieri, nondimeno non potevano esser meno di sette migliaia. Questo tra i fatti greci fu per avventura il più strepitoso di quanti intervennero in queste guerra, ed a mio credere anche più di quanti ne sappiamo per udita; e sovra ogni altro splendidissimo pei vincitori, e calamitosissimo ai vinti. Conciossiaché vinti in tutto e per tutto e da ogni parte gravemente afflitti, e fanti e navi andarono, come suol dirsi, in fumo; nulla campò dallo sterminio, e pochi di tanta moltitudine tornarono alla patria. Tale fu il successo dell'impresa siciliana.
 
87. I prigionieri che erano nelle cave in principio venivano duramente trattati dai Siracusani. Imperciocché, trovandosi molti in quel luogo profondo e scoperto, il sole ed il soffocamento li opprimeva, ed all'opposto le notti autunnali e fredde causavano malattie di nuovo genere: tanto più che per la ristrettezza dovevano far tutto nel medesimo luogo, e l'uno sull'altro giacevano sovrapposti i cadaveri di quelli che o per ferite, o per questa mutazione, o per altre simili cagioni morivano. Se a ciò si aggiunga una puzza insoffribile, ed il tormento della fame e della sete, perché per otto mesi ebbero una cotila d'acqua e due di frumento a testa, si vedrà non esser eglino andati esenti da veruno di quelli incomodi che naturalmente dovevano opprimere gente gettata in luogo sì fatto. In questo modo stivati passarono circa settanta giorni, dopo tutti gli altri, tranne gli [[Ateniesi]] e quei Siciliani ed Italiani che militarono con loro, furono venduti. E sebbene sia difficile lo scrivere esattamente quanti fossero in tutti i prigionieri, nondimeno non potevano esser meno di sette migliaia. Questo tra i fatti greci fu per avventura il più strepitoso di quanti intervennero in queste guerra, ed a mio credere anche più di quanti ne sappiamo per udita; e sovra ogni altro splendidissimo pei vincitori, e calamitosissimo ai vinti. Conciossiaché vinti in tutto e per tutto e da ogni parte gravemente afflitti, e fanti e navi andarono, come suol dirsi, in fumo; nulla campò dallo sterminio, e pochi di tanta moltitudine tornarono alla patria. Tale fu il successo dell'impresa siciliana.
 
</poem>
 
</poem>

Per favore tieni presente che tutti i contributi a Il Crepuscolo degli Dèi possono essere modificati, stravolti o cancellati da altri contributori. Se non vuoi che i tuoi testi possano essere alterati, allora non inserirli.
Inviando il testo dichiari inoltre, sotto tua responsabilità, che è stato scritto da te personalmente oppure è stato copiato da una fonte di pubblico dominio o similarmente libera (vedi Il Crepuscolo degli Dèi:Copyright per maggiori dettagli). Non inviare materiale protetto da copyright senza autorizzazione!

Annulla Guida (si apre in una nuova finestra)