Modifica di Biblioteca:Tucidide, Le Storie, Libro I

Attenzione: non hai effettuato l'accesso. Se effettuerai delle modifiche il tuo indirizzo IP sarà visibile pubblicamente. Se accedi o crei un'utenza, le tue modifiche saranno attribuite al tuo nome utente, insieme ad altri benefici.

Questa modifica può essere annullata. Controlla le differenze mostrate sotto fra le due versioni per essere certo che il contenuto corrisponda a quanto desiderato, e quindi salvare le modifiche per completare la procedura di annullamento.
Versione attuale Il tuo testo
Riga 20: Riga 20:
 
7. Le città poi fondate più recentemente, quando già più frequente era 1' uso del mare, essendo più abbondanti di denaro, si fabbricavano proprio sulle coste con mura con le quali comprendevano gl'istmi, per favorire la mercatura, ed afforzarsi contro i vicini: laddove le città antiche sì dell' isole che di terraferma, per tema dei corsali che si ressero lungamente, erano fabbricate più di lungi dal mare, poiché non solo i Greci tra loro, ma derubavansi anche gli altri che abitavano sulle coste, quantunque non esercitati sulla marina. Codeste città mantengono ancora la loro situazione distante dal mare.
 
7. Le città poi fondate più recentemente, quando già più frequente era 1' uso del mare, essendo più abbondanti di denaro, si fabbricavano proprio sulle coste con mura con le quali comprendevano gl'istmi, per favorire la mercatura, ed afforzarsi contro i vicini: laddove le città antiche sì dell' isole che di terraferma, per tema dei corsali che si ressero lungamente, erano fabbricate più di lungi dal mare, poiché non solo i Greci tra loro, ma derubavansi anche gli altri che abitavano sulle coste, quantunque non esercitati sulla marina. Codeste città mantengono ancora la loro situazione distante dal mare.
 
8. Né si davano meno alla pirateria gl'isolani che erano Carii e Fenicii, poiché costoro abitavano senza dubbio la maggior parte delle isole. Testimonio di ciò; che nella purgazione di [[Delo]] fatta dagli [[Ateniesi]] nel corso di questa guerra, quando furono tolte tutte le arche de'morti che si trovavano nell'isola, più della metà apparvero Carii, riconosciuti al fornimento delle armi sepolte con loro, e al modo conforme a quello che ancora tengono nel seppellire. Ma la reciproca navigazione si facilitò da che Minos ebbe dato forma alla sua flotta, avendo egli cacciato quei malfattori dalle isole, quando anche nella maggior parte di esse fondò colonie. E gli abitatori delle coste, che trovavano d'allora in poi più sicuro il modo di far denaro, vi si fermavano più stabilmente, ed alcuni eziandio si cingevano di mura secondo che crescevano in ricchezze. Perciocché l'avidità del guadagno induceva i deboli a soffrire il servaggio dei più forti, ed i più potenti coll'affluenza delle loro ricchezze si facevano suddite le città più deboli. In tal maniera divenuti omai più opulenti fecero poi la spedizione contro [[Troia]].
 
8. Né si davano meno alla pirateria gl'isolani che erano Carii e Fenicii, poiché costoro abitavano senza dubbio la maggior parte delle isole. Testimonio di ciò; che nella purgazione di [[Delo]] fatta dagli [[Ateniesi]] nel corso di questa guerra, quando furono tolte tutte le arche de'morti che si trovavano nell'isola, più della metà apparvero Carii, riconosciuti al fornimento delle armi sepolte con loro, e al modo conforme a quello che ancora tengono nel seppellire. Ma la reciproca navigazione si facilitò da che Minos ebbe dato forma alla sua flotta, avendo egli cacciato quei malfattori dalle isole, quando anche nella maggior parte di esse fondò colonie. E gli abitatori delle coste, che trovavano d'allora in poi più sicuro il modo di far denaro, vi si fermavano più stabilmente, ed alcuni eziandio si cingevano di mura secondo che crescevano in ricchezze. Perciocché l'avidità del guadagno induceva i deboli a soffrire il servaggio dei più forti, ed i più potenti coll'affluenza delle loro ricchezze si facevano suddite le città più deboli. In tal maniera divenuti omai più opulenti fecero poi la spedizione contro [[Troia]].
9. Perciò credo avere anche [[Agamennone]] riunito quell'armata, non tanto perché i pretendenti d' [[Elena (1)|Elena]] ch'ei conduceva vi erano astretti dai giuramenti prestati a [[Tindaro]], ma sibbene perché era il più potente de' Greci d'allora. Conciossiachè quelli stessi, che per tradizioni ricevute dal maggiori hanno più esatta contezza delle cose del [[Peloponneso]], raccontano che [[Pelope (1)|Pelope]] con le ricchezze portate seco dall'Asia fu il primo ad acquistarsi potenza tra quei popoli miserabili, e pose, benché forestiero, il cognome del paese: che questa potenza anco maggiore toccò coll'andar del tempo a' suoi discendenti, pel caso che [[Euristeo]] partito per la guerra, ed ucciso poi nell'[[Attica]] dagli [[Eraclidi]], aveva, per titolo di parentela, affidato il reggimento di [[Micene (2)|Micene]] e del suo impero ad [[Atreo]] fratello di sua madre, il quale si trovava esule dal padre [[Pelope (1)|Pelope]] per avere ucciso Crisippo. Non essendo [[Euristeo]] altramente ritornato, ebbe egli il regno di [[Micene (2)|Micene]] e di quant'altro era stato sotto il comando di [[Euristeo]], col consentimento de' [[Micene (2)|Micene]]si mossi dal timore degli [[Eraclidi]], ed anche perché godeva reputazione di valoroso, e si era colle sue maniere conciliata la moltitudine: e così rese i Pelopidi più forti dei Perseidi. Delle quali forze divenuto erede [[Agamennone]], che era anche più degli altri potente sul mare, parmi che col timore più che con le sue buone grazie raccogliesse l'armata per eseguire la spedizione. Infatti si vede arrivare con maggior numero di navi, ed offrirle agli Arcadi, siccome lo ha dichiarato Omero, se pur vale per alcuno la sua testimonianza : e nella consegnazione dello scettro dice di più che molt'isole e tutta [[Argo (4)|Argo]] reggea. Or senza avere una flotta considerevole non avrebbe potuto, uomo di terraferma com'egli era, avere impero al di là delle isole circonvicine, che certamente non potevano esser molte. Da quest'istessa armata si conghiettura cosa furono quelle prima di essa.
+
9. Perciò credo avere anche [[Agamennone]] riunito quell'armata, non tanto perché i pretendenti d' [[Elena (1)|Elena]] ch'ei conduceva vi erano astretti dai giuramenti prestati a [[Tindaro]], ma sibbene perché era il più potente de' Greci d'allora. Conciossiachè quelli stessi, che per tradizioni ricevute dal maggiori hanno più esatta contezza delle cose del [[Peloponneso]], raccontano che [[Pelope (1)|Pelope]] con le ricchezze portate seco dall'Asia fu il primo ad acquistarsi potenza tra quei popoli miserabili, e pose, benché forestiero, il cognome del paese: che questa potenza anco maggiore toccò coll'andar del tempo a' suoi discendenti, pel caso che [[Euristeo]] partito per la guerra, ed ucciso poi nell'[[Attica]] dagli [[Eraclidi]], aveva, per titolo di parentela, affidato il reggimento di [[Micene (2)|Micene]] e del suo impero ad [[Atreo]] fratello di sua madre, il quale si trovava esule dal padre [[Pelope (1)|Pelope]] per avere ucciso Crisippo. Non essendo [[Euristeo]] altramente ritornato, ebbe egli il regno di [[Micene (2)|Micene]] e di quant'altro era stato sotto il comando di [[Euristeo]], col consentimento de' [[Micene (2)|Micene]]si mossi dal timore degli [[Eraclidi]], ed anche perché godeva reputazione di valoroso, e si era colle sue maniere conciliata la moltitudine: e così rese i Pelopidi più forti dei Perseidi. Delle quali forze divenuto erede [[Agamennone]], che era anche più degli altri potente sul mare, parmi che col timore più che con le sue buone grazie raccogliesse l'armata per eseguire la spedizione. Infatti si vede arrivare con maggior numero di navi, ed offrirle agli Arcadi, siccome lo ha dichiarato Omero, se pur vale per alcuno la sua testimonianza : e nella consegnazione dello scettro dice di più che molt'isole e tutta Argo reggea. Or senza avere una flotta considerevole non avrebbe potuto, uomo di terraferma com'egli era, avere impero al di là delle isole circonvicine, che certamente non potevano esser molte. Da quest'istessa armata si conghiettura cosa furono quelle prima di essa.
 
10. Né il dire che [[Micene (2)|Micene]] fosse piccola cosa, o il considerare che niuna città d'allora passa oggi per considerevole, potrebbe servire di sicuro argomento ad alcuno per non credere tanto grande essere stata quell'armata quanto e l'hanno descritta i poeti, e ne è costante la fama. Perocché se venisse disertata la città dei [[Lacedemoni]], restandone solo i templi e lo spazzo del fabbricato, credo che in progresso di molto tempo, nonostante la celebrità di essa, ne sarebbe dai posteri assai poco creduta la potenza, quantunque delle cinque parti del [[Peloponneso]] due ne posseggano, e su di esso tutto e su molti alleati di fuori abbiano il principato. Nondimeno per non essere il fabbricato della città riunito, né usare essa templi ed edifizi sontuosi, ma essere edificata a borgate secondo 1'antico costume della Grecia, ne scomparirebbe la potenza; laddove accadendo lo stesso agli [[Ateniesi]], dall'appariscente aspetto della distrutta città congetturerebbe due volte tanto. Ragion dunque vuole che non si lasci di credere, e non si considerino gli aspetti delle città piuttosto che la loro potenza, e però si giudichi essere stato quell'esercito maggiore di quelli di prima, minore di quelli de' nostri giorni, se pure anche qui si vuole prestar fede alla poesia di Omero, dalla quale, quantunque da lui ornata in modo che ne ricresca il soggetto, pure quell'armata apparisce da meno di quelle dei nostri tempi. Conciossiaché ei l'ha descritta di mille duecento navi: quelle dei Beozii di centoventi uomini, quelle di [[Filottete]] di cinquanta, accennando, come parmi, le più grandi e le più piccole: ma nel catalogo delle navi non rammente la grandezza dell'altre. Che poi fossero tutti remiganti e combattenti insieme lo ha dichiarato nelle navi di [[Filottete]], ove fa arcieri tutti quelli addetti al remo. E non è presumibile che vi fossero molti di sopraccarico a navigare con loro, eccetto i re e quelli dei primi gradi; specialmente dovendo tragittar molto mare con li strumenti di guerra, senza aver pure navi con coverta, ma, secondo l'uso antico, costruite alla foggia de' corsali. Considerandone dunque il mezzo fra le più grandi e le più piccole è chiaro che, per essere stata la spedizione di tutta Grecia insieme, molti non furono quelli che vi concorsero.
 
10. Né il dire che [[Micene (2)|Micene]] fosse piccola cosa, o il considerare che niuna città d'allora passa oggi per considerevole, potrebbe servire di sicuro argomento ad alcuno per non credere tanto grande essere stata quell'armata quanto e l'hanno descritta i poeti, e ne è costante la fama. Perocché se venisse disertata la città dei [[Lacedemoni]], restandone solo i templi e lo spazzo del fabbricato, credo che in progresso di molto tempo, nonostante la celebrità di essa, ne sarebbe dai posteri assai poco creduta la potenza, quantunque delle cinque parti del [[Peloponneso]] due ne posseggano, e su di esso tutto e su molti alleati di fuori abbiano il principato. Nondimeno per non essere il fabbricato della città riunito, né usare essa templi ed edifizi sontuosi, ma essere edificata a borgate secondo 1'antico costume della Grecia, ne scomparirebbe la potenza; laddove accadendo lo stesso agli [[Ateniesi]], dall'appariscente aspetto della distrutta città congetturerebbe due volte tanto. Ragion dunque vuole che non si lasci di credere, e non si considerino gli aspetti delle città piuttosto che la loro potenza, e però si giudichi essere stato quell'esercito maggiore di quelli di prima, minore di quelli de' nostri giorni, se pure anche qui si vuole prestar fede alla poesia di Omero, dalla quale, quantunque da lui ornata in modo che ne ricresca il soggetto, pure quell'armata apparisce da meno di quelle dei nostri tempi. Conciossiaché ei l'ha descritta di mille duecento navi: quelle dei Beozii di centoventi uomini, quelle di [[Filottete]] di cinquanta, accennando, come parmi, le più grandi e le più piccole: ma nel catalogo delle navi non rammente la grandezza dell'altre. Che poi fossero tutti remiganti e combattenti insieme lo ha dichiarato nelle navi di [[Filottete]], ove fa arcieri tutti quelli addetti al remo. E non è presumibile che vi fossero molti di sopraccarico a navigare con loro, eccetto i re e quelli dei primi gradi; specialmente dovendo tragittar molto mare con li strumenti di guerra, senza aver pure navi con coverta, ma, secondo l'uso antico, costruite alla foggia de' corsali. Considerandone dunque il mezzo fra le più grandi e le più piccole è chiaro che, per essere stata la spedizione di tutta Grecia insieme, molti non furono quelli che vi concorsero.
 
11. Causa ne fu, più che la scarsità d'uomini, quella di danaro: perocché per mancanza di vettovaglia vi condussero gente in poco numero, e quanta speravano che dal luogo stesso della guerra potrebbe ritrarre il vitto. E sebbene appena arrivati nel territorio troiano vincessero la battaglia, come è chiaro (perché altrimenti non avrebbero potuto accamparsi con riparo di forte trincea) pure apparisce che nemmeno colà fecero valere tutta la gente, ma si volsero alla coltivazione della penisola, e al ladroneccio per penuria di vitto. Onde, stando essi sparsi qua e là, più facilmente poterono per dieci anni resistere loro i [[Troiani]], forti bastantemente per far fronte a quei che successivamente rimanevano al corpo dell'esercito. Ma se andativi con munizioni da vivere, e tenendosi riuniti, lungi dal ladroneccio e dall'agricoltura, avessero senza interrompimento tirata avanti la guerra, riportando su loro vittoria, li avrebbero agevolmente soggiogati: giacché, sebbene non tutti insieme, ma colla porzione che di mano in mano rimaneva resistevano ai [[Troiani]], laddove stando fermi all'assedio avrebbero anche con minor tempo e fatica espugnato [[Troia]]. Deboli insomma per mancanza di denaro furono le imprese anteriori, e questa medesima più rinomata di tutte le precedenti è certamente chiaro essere stata al disotto della fama e della voce che di lei ora ha preso piede per opera dei poeti.
 
11. Causa ne fu, più che la scarsità d'uomini, quella di danaro: perocché per mancanza di vettovaglia vi condussero gente in poco numero, e quanta speravano che dal luogo stesso della guerra potrebbe ritrarre il vitto. E sebbene appena arrivati nel territorio troiano vincessero la battaglia, come è chiaro (perché altrimenti non avrebbero potuto accamparsi con riparo di forte trincea) pure apparisce che nemmeno colà fecero valere tutta la gente, ma si volsero alla coltivazione della penisola, e al ladroneccio per penuria di vitto. Onde, stando essi sparsi qua e là, più facilmente poterono per dieci anni resistere loro i [[Troiani]], forti bastantemente per far fronte a quei che successivamente rimanevano al corpo dell'esercito. Ma se andativi con munizioni da vivere, e tenendosi riuniti, lungi dal ladroneccio e dall'agricoltura, avessero senza interrompimento tirata avanti la guerra, riportando su loro vittoria, li avrebbero agevolmente soggiogati: giacché, sebbene non tutti insieme, ma colla porzione che di mano in mano rimaneva resistevano ai [[Troiani]], laddove stando fermi all'assedio avrebbero anche con minor tempo e fatica espugnato [[Troia]]. Deboli insomma per mancanza di denaro furono le imprese anteriori, e questa medesima più rinomata di tutte le precedenti è certamente chiaro essere stata al disotto della fama e della voce che di lei ora ha preso piede per opera dei poeti.
Riga 154: Riga 154:
 
133. Mostrò egli la lettera agli efori, i quali vie più si confermarono nella loro sentenza. Tuttavia volendo eglino stessi udire qualche parola dalla bocca di Pausania, si accordarono con l'argiliese: il quale refugiatosi supplichevole in Tenaro vi fece un casotto diviso in due da un tramezzo, e dietro a questo tramezzo nascose alcuni efori. Pausania vi andò a trovarlo e gli domandava, perché si fosse ricoverato là supplichevole. Gli efori udivano tutto distintamente. L'argiliese rimproverava Pausania di ciò che aveva scritto intorno, a lui nella lettera, dichiarava ordinatamente che negli altri suoi messaggi appresso al re si era sempre portato con fedeltà, e nondimeno aveva ottenuto da lui il bel premio di dovere essere ucciso, come aveva fatto di molti altri suoi servitori. Udirono ancora Pausania convenire di tutto ciò, consigliare l'argiliese a non adirarsi per 1'accaduto; rassicurarlo affinché si ritraesse dal luogo sacro, e pregarlo a partire speditamente per non frastornare le sue pratiche.
 
133. Mostrò egli la lettera agli efori, i quali vie più si confermarono nella loro sentenza. Tuttavia volendo eglino stessi udire qualche parola dalla bocca di Pausania, si accordarono con l'argiliese: il quale refugiatosi supplichevole in Tenaro vi fece un casotto diviso in due da un tramezzo, e dietro a questo tramezzo nascose alcuni efori. Pausania vi andò a trovarlo e gli domandava, perché si fosse ricoverato là supplichevole. Gli efori udivano tutto distintamente. L'argiliese rimproverava Pausania di ciò che aveva scritto intorno, a lui nella lettera, dichiarava ordinatamente che negli altri suoi messaggi appresso al re si era sempre portato con fedeltà, e nondimeno aveva ottenuto da lui il bel premio di dovere essere ucciso, come aveva fatto di molti altri suoi servitori. Udirono ancora Pausania convenire di tutto ciò, consigliare l'argiliese a non adirarsi per 1'accaduto; rassicurarlo affinché si ritraesse dal luogo sacro, e pregarlo a partire speditamente per non frastornare le sue pratiche.
 
134. Gli efori udito il tutto diligentemente e chiariti ormai con sicurezza, cercavano di arrestar Pausania in città. Dicesi che essendo per essere arrestato in istrada, ed avanzandosi un eforo incontro a lui, dall'aria del viso comprendesse a ché veniva, e che avvertito con furtivo cenno da un altro eforo il quale lo amava, corresse alla volta del tempio di Atena Calcieca, e vicino com'era il sacro recinto, prima d'esser giunto dagli efori, vi si ricovrasse. Per non patire incomodo stando allo scoperto, entrò in una celletta appartenente al tempio, ed ivi si tratteneva. Quei che lo inseguivano non poterono per allora raggiungerlo: ma avendo osservato essere egli nella celletta e coltovelo dentro, ne tolsero il tetto e le imposte dell'uscio che rimurarono, ed ivi fermatisi lo assediarono colla fame. Poscia accortisi che così come si trovava nella celletta, era sul punto di esalar l'anima, lo traggono prima che spirasse fuori del luogo sacro, donde appena tolto morì. Volevano gettarlo nel Ceade, ove solevano gettarsi i malfattori, ma poi presero consiglio di sotterrarlo lì vicino. Appresso il Nume di Delfo ordinò ai [[Lacedemoni]] che lo dovessero seppellire nel luogo ove era morto: ed ora giace nel vestibulo del sacro recinto come può vedersi per l'epitaffio. Ordinò ancora che, siccome per quel fatto avevano commesso sacrilegio, così dovessero rendere alla Dea Calcieca due corpi in cambio di quel solo: infatti fecero essi due statue di [[bronzo]] e dedicaronle alla Dea in compensazione di Pausania.
 
134. Gli efori udito il tutto diligentemente e chiariti ormai con sicurezza, cercavano di arrestar Pausania in città. Dicesi che essendo per essere arrestato in istrada, ed avanzandosi un eforo incontro a lui, dall'aria del viso comprendesse a ché veniva, e che avvertito con furtivo cenno da un altro eforo il quale lo amava, corresse alla volta del tempio di Atena Calcieca, e vicino com'era il sacro recinto, prima d'esser giunto dagli efori, vi si ricovrasse. Per non patire incomodo stando allo scoperto, entrò in una celletta appartenente al tempio, ed ivi si tratteneva. Quei che lo inseguivano non poterono per allora raggiungerlo: ma avendo osservato essere egli nella celletta e coltovelo dentro, ne tolsero il tetto e le imposte dell'uscio che rimurarono, ed ivi fermatisi lo assediarono colla fame. Poscia accortisi che così come si trovava nella celletta, era sul punto di esalar l'anima, lo traggono prima che spirasse fuori del luogo sacro, donde appena tolto morì. Volevano gettarlo nel Ceade, ove solevano gettarsi i malfattori, ma poi presero consiglio di sotterrarlo lì vicino. Appresso il Nume di Delfo ordinò ai [[Lacedemoni]] che lo dovessero seppellire nel luogo ove era morto: ed ora giace nel vestibulo del sacro recinto come può vedersi per l'epitaffio. Ordinò ancora che, siccome per quel fatto avevano commesso sacrilegio, così dovessero rendere alla Dea Calcieca due corpi in cambio di quel solo: infatti fecero essi due statue di [[bronzo]] e dedicaronle alla Dea in compensazione di Pausania.
135. Gli [[Ateniesi]] pertanto, avvenga ché il Nume stesso avesse giudicato quell'azione un sacrilegio, rendevano la pariglia ai [[Lacedemoni]], imponendo loro di purgare la contaminazione. Questi inviarono legati ad [[Atene]] accusando anche Temistocle come complice di Pausania nel favorire il Medo, secondo che avevano trovato per il processo, affermando per ciò dovere anch'egli per ugual modo essere punito. Accomodaronsi gli [[Ateniesi]] alle loro richieste; e poiché Temistocle, quantunque fosse stato cacciato per ostracismo, ed avesse preso stanza in [[Argo (4)|Argo]], pur nondimeno frequentava anche le altre parti del [[Peloponneso]], spedirono d'accordo coi [[Lacedemoni]] gente pronta ad inseguirlo, commettendo loro lo riconducessero donde che lo trovassero.
+
135. Gli [[Ateniesi]] pertanto, avvenga ché il Nume stesso avesse giudicato quell'azione un sacrilegio, rendevano la pariglia ai [[Lacedemoni]], imponendo loro di purgare la contaminazione. Questi inviarono legati ad [[Atene]] accusando anche Temistocle come complice di Pausania nel favorire il Medo, secondo che avevano trovato per il processo, affermando per ciò dovere anch'egli per ugual modo essere punito. Accomodaronsi gli [[Ateniesi]] alle loro richieste; e poiché Temistocle, quantunque fosse stato cacciato per ostracismo, ed avesse preso stanza in Argo, pur nondimeno frequentava anche le altre parti del [[Peloponneso]], spedirono d'accordo coi [[Lacedemoni]] gente pronta ad inseguirlo, commettendo loro lo riconducessero donde che lo trovassero.
 
136. Pervenute tali pratiche a notizia di Temistocle fugge dal [[Peloponneso]] e cerca rifugio in Corfù di cui aveva meritato. Significarongli i Corfuotti che temevano, ricettandolo, di incorrere nella inimicizia dei [[Lacedemoni]] e degli [[Ateniesi]], e lo scortarono sino in terraferma rimpetto alla loro isola. Ed egli perseguitato da coloro che avevano la commissione di così fare ovunque udissero che fosse, e ridotto in grandissima dubitazione dell'animo, si trova costretto a cercar ricovero presso Admeto re dei [[Molossi]], che non gli era punto amico, e che allora per avventura era assente. Laonde si fece a supplicare la moglie di lui, la quale lo avverte di assidersi presso agli dei lari tenendo in collo un suo bambino. Tornato poco dopo Admeto, Temistocle gli dà contezza di sé, e lo prega a considerare che sebbene ci lo avesse forse contrariato nelle domande che in altri tempi faceva agli [[Ateniesi]], pure non sarebbe del suo decoro prender vendetta d'un fuggiasco, né offendere chi al presente era cotanto più debole di lui, laddove è proprio degli uomini generosi vendicarsi degli eguali con parità di forze. Quanto a sé, continuava, essersi opposto in qualche altro affare, non mai nel caso di salvar la vita; mentre se egli ora lo consegnasse (e qui dichiarò perché e da chi era perseguitato) lo priverebbe del modo di procacciar salvezza a sé medesimo. Admeto a queste parole lo fece alzare col bambino che, sedendo presso agli dei lari, tuttavia teneva in collo; e questo fu modo efficacissimo di supplicare.
 
136. Pervenute tali pratiche a notizia di Temistocle fugge dal [[Peloponneso]] e cerca rifugio in Corfù di cui aveva meritato. Significarongli i Corfuotti che temevano, ricettandolo, di incorrere nella inimicizia dei [[Lacedemoni]] e degli [[Ateniesi]], e lo scortarono sino in terraferma rimpetto alla loro isola. Ed egli perseguitato da coloro che avevano la commissione di così fare ovunque udissero che fosse, e ridotto in grandissima dubitazione dell'animo, si trova costretto a cercar ricovero presso Admeto re dei [[Molossi]], che non gli era punto amico, e che allora per avventura era assente. Laonde si fece a supplicare la moglie di lui, la quale lo avverte di assidersi presso agli dei lari tenendo in collo un suo bambino. Tornato poco dopo Admeto, Temistocle gli dà contezza di sé, e lo prega a considerare che sebbene ci lo avesse forse contrariato nelle domande che in altri tempi faceva agli [[Ateniesi]], pure non sarebbe del suo decoro prender vendetta d'un fuggiasco, né offendere chi al presente era cotanto più debole di lui, laddove è proprio degli uomini generosi vendicarsi degli eguali con parità di forze. Quanto a sé, continuava, essersi opposto in qualche altro affare, non mai nel caso di salvar la vita; mentre se egli ora lo consegnasse (e qui dichiarò perché e da chi era perseguitato) lo priverebbe del modo di procacciar salvezza a sé medesimo. Admeto a queste parole lo fece alzare col bambino che, sedendo presso agli dei lari, tuttavia teneva in collo; e questo fu modo efficacissimo di supplicare.
137. Arrivarono poco dopo i messaggeri lacedemoni ed ateniesi, i quali con tutto che molto ne richiedessero Admeto, egli non consegnò loro Temistocle: anzi, sentendo che bramava di trasferirsi al re, lo fece accompagnare per la via di terra all'altro lato del mare sino a Pidna città soggetta ad [[Alessandro]]. Ivi trovata una nave da carico pronta a far vela per la Ionia, imbarca; e dalla tempesta fu spinto vicino al campo degli [[Ateniesi]] che era all'assedio di [[Nasso (2)|Nasso]]. Nessuno di quei che erano nella nave lo conosceva; ma costretto dal timore manifesta al piloto chi egli sia, e per qual cagione si trovi esule: ed aggiunge che, se non lo salvasse, direbbe agli [[Ateniesi]] lui medesimo essere quel che lo trafugava, corrotto per denaro; né vedere altra via di salvezza che vietar ad ognuno di sbarcare, sino a che il mare non si abbonacciasse per ripigliare il cammino: se ciò facesse, si sarebbe egli ricordato di lui conforme meritava. Il piloto acchetovvisi, e dopo aver resistito alla tempesta un giorno ed una notte, colla nave all'ancora, sopra il campo degli [[Ateniesi]], giunge finalmente ad [[Efeso]]: e da Temistocle fu presentato con denaro pervenutogli per mezzo dei suoi amici da [[Atene]] e da [[Argo (4)|Argo]], ove nascosamente lo aveva depositato. Avanzatosi poscia nell'interno del paese con uno di quei persiani che abitavano le coste, scrive una lettera al re Artaserse figliolo di Serse poco fa succeduto al trono, in questo tenore, « Io Temistocle che più di tutti gli altri Greci apportai danni alla tua casa, tutto quel tempo che fui astretto a far fronte alle invasioni di tuo padre, ricorro ora a te. Nondimeno benefici assai maggiori feci a lui, da che io cominciai ad essere in sicuro, ed egli in pericolo per la ritirata, e sono però creditore di benefizio» . Ciò diceva perché lo aveva per tempo fatto consapevole che i Greci avevano risoluto di ritirarsi da [[Salamina (2)|Salamina]], e perché per opera sua, come ingannevolmente si attribuiva, non era stato disfatto il ponte. « Ora poi perseguitato dai Greci a cagione della tua amicizia, mi trovo qui avendo in mano di poterti moltissimo giovare. Ma voglio prima soprassedere un anno, e poi dichiararti in persona il motivo della mia venuta».
+
137. Arrivarono poco dopo i messaggeri lacedemoni ed ateniesi, i quali con tutto che molto ne richiedessero Admeto, egli non consegnò loro Temistocle: anzi, sentendo che bramava di trasferirsi al re, lo fece accompagnare per la via di terra all'altro lato del mare sino a Pidna città soggetta ad [[Alessandro]]. Ivi trovata una nave da carico pronta a far vela per la Ionia, imbarca; e dalla tempesta fu spinto vicino al campo degli [[Ateniesi]] che era all'assedio di [[Nasso (2)|Nasso]]. Nessuno di quei che erano nella nave lo conosceva; ma costretto dal timore manifesta al piloto chi egli sia, e per qual cagione si trovi esule: ed aggiunge che, se non lo salvasse, direbbe agli [[Ateniesi]] lui medesimo essere quel che lo trafugava, corrotto per denaro; né vedere altra via di salvezza che vietar ad ognuno di sbarcare, sino a che il mare non si abbonacciasse per ripigliare il cammino: se ciò facesse, si sarebbe egli ricordato di lui conforme meritava. Il piloto acchetovvisi, e dopo aver resistito alla tempesta un giorno ed una notte, colla nave all'ancora, sopra il campo degli [[Ateniesi]], giunge finalmente ad [[Efeso]]: e da Temistocle fu presentato con denaro pervenutogli per mezzo dei suoi amici da [[Atene]] e da Argo, ove nascosamente lo aveva depositato. Avanzatosi poscia nell'interno del paese con uno di quei persiani che abitavano le coste, scrive una lettera al re Artaserse figliolo di Serse poco fa succeduto al trono, in questo tenore, « Io Temistocle che più di tutti gli altri Greci apportai danni alla tua casa, tutto quel tempo che fui astretto a far fronte alle invasioni di tuo padre, ricorro ora a te. Nondimeno benefici assai maggiori feci a lui, da che io cominciai ad essere in sicuro, ed egli in pericolo per la ritirata, e sono però creditore di benefizio» . Ciò diceva perché lo aveva per tempo fatto consapevole che i Greci avevano risoluto di ritirarsi da [[Salamina (2)|Salamina]], e perché per opera sua, come ingannevolmente si attribuiva, non era stato disfatto il ponte. « Ora poi perseguitato dai Greci a cagione della tua amicizia, mi trovo qui avendo in mano di poterti moltissimo giovare. Ma voglio prima soprassedere un anno, e poi dichiararti in persona il motivo della mia venuta».
 
138. Il re, come si dice, si meravigliò del proponimento di lui, e gli permise di far così. Intanto nel tempo che si trattenne apprese quanto poté di lingua persiana e di costumanze del paese; e passato l'anno presentossi al re, appo il quale fu grande e tenuto in tanto onore, quanto niun altro greco giammai, non solo per la dignità ond'era innanzi fregiato, ma ancora per la speranza che in lui nutriva di soggettargli la Grecia, e soprattutto perché mostravasi uomo di grande accorgimento. Aveva infatti Temistocle manifestato la forza del suo ingegno nel modo il più evidente, e perciò meritava di esser particolarmente ammirato sovra tutti. Conciossiaché col penetrativo intelletto che aveva sortito dalla natura, e non già corredato di anteriori studi o accresciuto da posteriori, discerneva ottimamente, dopo brevissima deliberazione, quel che di presente abbisognava, e benissimo conghietturava gli eventi nascosti nel più remoto avvenire. Destro nel condurre a buon fine gli affari che avesse tra mano, non era però inabile a dar giudizio soddisfacente anche su quelli dei quali non era perito; e benché le cose fossero tuttora nella più oscura incertezza, antivedeva egli stupendamente il meglio e il peggio di quelle: e brevemente, egli fu senza dubbio per forza d'ingegno e per celerità di consiglio, l'uomo il più valente a dichiarare all'improvviso ciò che meglio si confacesse alle varie occorrenze. Finì per malattia i suoi giorni. Avvi chi dice essersi col veleno procacciato spontaneamente la morte disperando potere adempiere le promesse aveva fatte al re. Del resto si vede tuttora il suo monumento nella piazza di [[Magnesia]] città dell'Asia: conciossiaché egli governasse cotesta provincia; avendogli il re dato per il pane [[Magnesia]], che rendeva cinquanta talenti l'anno, per il vino Lampsaco tenuta allora per la provincia più abbondante di tal prodotto, e Miunte per il companatico. I parenti di lui dicono le sue ossa essere state trasportate in patria per comandamento di esso, e sepolte nell'[[Attica]] senza saputa degli [[Ateniesi]]; avvegnaché non fosse permesso seppellirvelo perché cacciatone per tradimento. Questo fine ebbero Pausania lacedemone e Temistocle ateniese, i più celebri capitani greci dei loro tempi.
 
138. Il re, come si dice, si meravigliò del proponimento di lui, e gli permise di far così. Intanto nel tempo che si trattenne apprese quanto poté di lingua persiana e di costumanze del paese; e passato l'anno presentossi al re, appo il quale fu grande e tenuto in tanto onore, quanto niun altro greco giammai, non solo per la dignità ond'era innanzi fregiato, ma ancora per la speranza che in lui nutriva di soggettargli la Grecia, e soprattutto perché mostravasi uomo di grande accorgimento. Aveva infatti Temistocle manifestato la forza del suo ingegno nel modo il più evidente, e perciò meritava di esser particolarmente ammirato sovra tutti. Conciossiaché col penetrativo intelletto che aveva sortito dalla natura, e non già corredato di anteriori studi o accresciuto da posteriori, discerneva ottimamente, dopo brevissima deliberazione, quel che di presente abbisognava, e benissimo conghietturava gli eventi nascosti nel più remoto avvenire. Destro nel condurre a buon fine gli affari che avesse tra mano, non era però inabile a dar giudizio soddisfacente anche su quelli dei quali non era perito; e benché le cose fossero tuttora nella più oscura incertezza, antivedeva egli stupendamente il meglio e il peggio di quelle: e brevemente, egli fu senza dubbio per forza d'ingegno e per celerità di consiglio, l'uomo il più valente a dichiarare all'improvviso ciò che meglio si confacesse alle varie occorrenze. Finì per malattia i suoi giorni. Avvi chi dice essersi col veleno procacciato spontaneamente la morte disperando potere adempiere le promesse aveva fatte al re. Del resto si vede tuttora il suo monumento nella piazza di [[Magnesia]] città dell'Asia: conciossiaché egli governasse cotesta provincia; avendogli il re dato per il pane [[Magnesia]], che rendeva cinquanta talenti l'anno, per il vino Lampsaco tenuta allora per la provincia più abbondante di tal prodotto, e Miunte per il companatico. I parenti di lui dicono le sue ossa essere state trasportate in patria per comandamento di esso, e sepolte nell'[[Attica]] senza saputa degli [[Ateniesi]]; avvegnaché non fosse permesso seppellirvelo perché cacciatone per tradimento. Questo fine ebbero Pausania lacedemone e Temistocle ateniese, i più celebri capitani greci dei loro tempi.
 
139. Tali furono gli ordini dati dai [[Lacedemoni]] colla prima loro ambasceria, e tali all'incontro quelli ricevuti circa al purgare le contaminazioni. Andarono poi nuovamente ad [[Atene]], richiedendo ritirassero l'esercito da Potidea, e rilasciassero [[Egina (2)|Egina]] in libertà. Ma con maggior calore ed a più chiare note protestavano non insorgerebbe guerra se annullassero il decreto fatto contro i Megaresi, per cui questi venivano esclusi dai porti del dominio di [[Atene]] e dal mercato dell'[[Attica]]. Gli [[Ateniesi]] non gli obbedirono in nessuna delle altre cose, né abolirono quel decreto, anzi accusavano i Megaresi di coltivare la terra sacra e non iscompartita dai termini di proprietà, e di ricettare i servi fuggitivi. Vennero finalmente da [[Sparta (2)|Sparta]] gli ultimi legati Ramfio, Melesippo ed Agesandro; i quali, senza parlar punto di ciò che solevano per l'innanzi, si ristrinsero a dire queste parole: « I [[Lacedemoni]] bramano la pace, e vi sarà purché voi lasciate i Greci nelle loro leggi» . Adunaronsi gli [[Ateniesi]] e proposero il partito tra loro soli, ove fu risoluto doversi dare la risposta, fatta una sola deliberazione che tutto comprendesse. Molti furono quelli che parlarono, ma non concorrevano in una medesima sentenza, opinando alcuni si facesse la guerra; altri si cassasse il decreto piuttosto ché permettere che fosse d'impedimento alla pace. Allora fattosi avanti Pericle figliolo di Xantippo , personaggio il più ragguardevole di quel tempo tra gli [[Ateniesi]], bellissimo dicitore ed il più esperto in trattar gli affari, propose i suoi avvertimenti in questi termini.
 
139. Tali furono gli ordini dati dai [[Lacedemoni]] colla prima loro ambasceria, e tali all'incontro quelli ricevuti circa al purgare le contaminazioni. Andarono poi nuovamente ad [[Atene]], richiedendo ritirassero l'esercito da Potidea, e rilasciassero [[Egina (2)|Egina]] in libertà. Ma con maggior calore ed a più chiare note protestavano non insorgerebbe guerra se annullassero il decreto fatto contro i Megaresi, per cui questi venivano esclusi dai porti del dominio di [[Atene]] e dal mercato dell'[[Attica]]. Gli [[Ateniesi]] non gli obbedirono in nessuna delle altre cose, né abolirono quel decreto, anzi accusavano i Megaresi di coltivare la terra sacra e non iscompartita dai termini di proprietà, e di ricettare i servi fuggitivi. Vennero finalmente da [[Sparta (2)|Sparta]] gli ultimi legati Ramfio, Melesippo ed Agesandro; i quali, senza parlar punto di ciò che solevano per l'innanzi, si ristrinsero a dire queste parole: « I [[Lacedemoni]] bramano la pace, e vi sarà purché voi lasciate i Greci nelle loro leggi» . Adunaronsi gli [[Ateniesi]] e proposero il partito tra loro soli, ove fu risoluto doversi dare la risposta, fatta una sola deliberazione che tutto comprendesse. Molti furono quelli che parlarono, ma non concorrevano in una medesima sentenza, opinando alcuni si facesse la guerra; altri si cassasse il decreto piuttosto ché permettere che fosse d'impedimento alla pace. Allora fattosi avanti Pericle figliolo di Xantippo , personaggio il più ragguardevole di quel tempo tra gli [[Ateniesi]], bellissimo dicitore ed il più esperto in trattar gli affari, propose i suoi avvertimenti in questi termini.

Per favore tieni presente che tutti i contributi a Il Crepuscolo degli Dèi possono essere modificati, stravolti o cancellati da altri contributori. Se non vuoi che i tuoi testi possano essere alterati, allora non inserirli.
Inviando il testo dichiari inoltre, sotto tua responsabilità, che è stato scritto da te personalmente oppure è stato copiato da una fonte di pubblico dominio o similarmente libera (vedi Il Crepuscolo degli Dèi:Copyright per maggiori dettagli). Non inviare materiale protetto da copyright senza autorizzazione!

Annulla Guida (si apre in una nuova finestra)