Modifica di Biblioteca:Teofrasto, I Caratteri

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VIII - Il raccontar fandonie
 
VIII - Il raccontar fandonie
1 Il raccontar fandonie è un costruire discorsi e fatti non corrispondenti a verità, secondo il capriccio di chi racconta le fandonie; e chi racconta fandonie è un tale che, 2 quando incontra un amico, assumendo sùbito un atteggiamento disteso e sorridendo, gli chiede: «Di dove vieni?», e «Racconti ... che cosa?», e «Come? Sai dirmi una novità su questa faccenda?». E come incalzando dice: «Credi che non si dica nulla di nuovo? Eppure sono buone le notizie che si raccontano». 3 E, senza dargli il tempo di replicare, soggiunge: «Che cosa dici? Non ti è giunto niente all'orecchio? Credo proprio che sarò io ad imbandirti le ultime notizie». 4 Ed ha sempre lì pronto qualcuno arrivato fresco fresco dal campo di battaglia, o un soldato o uno schiavo di Asteio il flautista o Licone l'appaltatore, dal quale dice di aver sentito il fatto. 5 Le fonti dei suoi racconti sono sempre tali che nessuno potrebbe farsele scappare di mente. 6 Racconta, dunque, asserendo che queste persone così dicono, che Poliperconte ed il re hanno riportato la vittoria in battaglia e che Cassandro è stato preso prigioniero. 7 E se qualcuno gli ribatte: «E tu credi a queste chiacchiere?», risponderà di sì, considerato che il fatto, a suo dire, è conclamato in tutta la città, che la voce si fa sempre più insistente e che tutti i dati concordano, giacché della battaglia si raccontano le medesime cose; ed aggiunge che vi è stato un bel guazzetto di sangue. 8 Dice che per lui un chiaro segno sono anche i volti degli uomini di governo, giacché in tutti questi vede mutata l'espressione del viso. Racconta, inoltre, di aver sentito dire che in casa di quelli si nasconde un tale, che già da cinque giorni è arrivato dalla [[Macedonia (2)|Macedonia]] e che è ben informato di tutti questi fatti. 9 E nel narrare ogni cosa per filo e per segno - che cosa immaginate? - esprime la sua compassione in maniera convincente esclamando: «Infelice Cassandro! Povero sventurato! Vedi la ruota della fortuna? E pensare che era un uomo potente!». 10 E mentre dice: «Soltanto tu devi saperlo», è già corso poi a dirlo a tutti in città. 11 Di uomini di tal genere io mi stupisco, e mi chiedo che cosa mai si prefiggano con le loro fandonie: giacché non solo raccontano panzane, ma se n'escono anche senza profitto. 12 Ed invero, spesso, alcuni di loro ai bagni pubblici, mentre radunavano crocchi intorno a sé, ci hanno rimesso i vestiti; altri, poi, dopo aver vinto sotto i portici battaglie per terra e per mare, hanno perduto le cause per non essersi presentati in tribunale; 13 vi sono infine di quelli, ed in grandissimo numero anche, che, mentre a parole facevano conquiste con la forza, sono rimasti senza pranzo. 14 Molto misera, invero, è la loro condizione di vita: e difatti, quale portico v'è mai, quale bottega, quale punto della piazza, dove non trascorrano le loro giornate facendo venir meno i loro uditori? 15 Fino a tal punto li spossano con le loro fandonie.
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1 Il raccontar fandonie è un costruire discorsi e fatti non corrispondenti a verità, secondo il capriccio di chi racconta le fandonie; e chi racconta fandonie è un tale che, 2 quando incontra un amico, assumendo sùbito un atteggiamento disteso e sorridendo, gli chiede: «Di dove vieni?», e «Racconti ... che cosa?», e «Come? Sai dirmi una novità su questa faccenda?». E come incalzando dice: «Credi che non si dica nulla di nuovo? Eppure sono buone le notizie che si raccontano». 3 E, senza dargli il tempo di replicare, soggiunge: «Che cosa dici? Non ti è giunto niente all'orecchio? Credo proprio che sarò io ad imbandirti le ultime notizie». 4 Ed ha sempre lì pronto qualcuno arrivato fresco fresco dal campo di battaglia, o un soldato o uno schiavo di Asteio il flautista o Licone l'appaltatore, dal quale dice di aver sentito il fatto. 5 Le fonti dei suoi racconti sono sempre tali che nessuno potrebbe farsele scappare di mente. 6 Racconta, dunque, asserendo che queste persone così dicono, che Poliperconte ed il re hanno riportato la vittoria in battaglia e che Cassandro è stato preso prigioniero. 7 E se qualcuno gli ribatte: «E tu credi a queste chiacchiere?», risponderà di sì, considerato che il fatto, a suo dire, è conclamato in tutta la città, che la voce si fa sempre più insistente e che tutti i dati concordano, giacché della battaglia si raccontano le medesime cose; ed aggiunge che vi è stato un bel guazzetto di sangue. 8 Dice che per lui un chiaro segno sono anche i volti degli uomini di governo, giacché in tutti questi vede mutata l'espressione del viso. Racconta, inoltre, di aver sentito dire che in casa di quelli si nasconde un tale, che già da cinque giorni è arrivato dalla [[Macedonia]] e che è ben informato di tutti questi fatti. 9 E nel narrare ogni cosa per filo e per segno - che cosa immaginate? - esprime la sua compassione in maniera convincente esclamando: «Infelice Cassandro! Povero sventurato! Vedi la ruota della fortuna? E pensare che era un uomo potente!». 10 E mentre dice: «Soltanto tu devi saperlo», è già corso poi a dirlo a tutti in città. 11 Di uomini di tal genere io mi stupisco, e mi chiedo che cosa mai si prefiggano con le loro fandonie: giacché non solo raccontano panzane, ma se n'escono anche senza profitto. 12 Ed invero, spesso, alcuni di loro ai bagni pubblici, mentre radunavano crocchi intorno a sé, ci hanno rimesso i vestiti; altri, poi, dopo aver vinto sotto i portici battaglie per terra e per mare, hanno perduto le cause per non essersi presentati in tribunale; 13 vi sono infine di quelli, ed in grandissimo numero anche, che, mentre a parole facevano conquiste con la forza, sono rimasti senza pranzo. 14 Molto misera, invero, è la loro condizione di vita: e difatti, quale portico v'è mai, quale bottega, quale punto della piazza, dove non trascorrano le loro giornate facendo venir meno i loro uditori? 15 Fino a tal punto li spossano con le loro fandonie.
  
 
IX - La spudoratezza
 
IX - La spudoratezza
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XXIII - La millanteria
 
XXIII - La millanteria
1 Per la verità, la millanteria parrebbe essere un attribuirsi beni che non sussistono; e il millantatore un tale 2 che stando sul molo racconta ai forestieri che egli ha molte ricchezze sul mare; e fa lunghi discorsi sulla sua attività di investimenti dei capitali, spiegando quanto essa sia cresciuta e quanti guadagni egli abbia realizzato e quanto vi abbia rimesso; e mentre allunga chilometricamente queste cifre, manda il servitorello alla banca, dove ha in deposito una sola dracma. 3 Ed è capace di prendersi gioco di un compagno di viaggio, narrandogli lungo il tragitto che ha partecipato alle campagne di [[Alessandro Magno|Alessandro]], in quale rapporto fosse con lui, quante coppe tempestate di gemme abbia riportato a casa; e discute degli artisti dell'[[Asia]], sostenendo che sono migliori di quelli d'[[Europa]]; e fa la conta di queste sue prodezze, senza aver messo mai il piede fuori di [[Atene]]. 4 E racconta che gli sono pervenute ben tre lettere da Antipatro, che lo invitano a recarsi in [[Macedonia (2)|Macedonia]]; e dice che, pur venendogli concessa l'esportazione del legname in franchigia, egli ha rifiutato, perché neppure uno solo potesse incriminarlo: «I Macedoni dovrebbero trovare più convincenti arzigogoli!». 5 E dice che durante la carestia le sue spese sono ammontate a più di cinque talenti per elargizioni ai cittadini bisognosi, giacché egli non sa dire di no. 6 E trovandosi a sedere accanto a lui persone che non conosce, invita uno di loro a disporre per lui i sassolini dei conti ed a calcolarli secondo unità di misura del valore di seicento dracme e di una mina, e poi, a ciascuna di queste somme aggiungendo in maniera convincente un nome, arriva al totale di dieci talenti addirittura; e dice che tanto egli personalmente ha sborsato in collette; e aggiunge che non mette in conto né le spese per l'armamento delle triremi né quelle per servizi di pubblico interesse, quante mai ha dovuto sostenerne. 7 E va al mercato dei cavalli di razza e con i venditori fa finta di voler comprare. 8 E si avvicina ai banchi dei pannaioli a cercare capi di vestiario per il valore di due talenti, e se la prende col servo, perché gli va dietro senza portare il denaro. 9 E mentre abita in una casa presa in affitto, a chi non lo sa dice che quella è la sua magione paterna, e che ha intenzione di venderla, perché gli riesce troppo piccola per ricevere ospiti.
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1 Per la verità, la millanteria parrebbe essere un attribuirsi beni che non sussistono; e il millantatore un tale 2 che stando sul molo racconta ai forestieri che egli ha molte ricchezze sul mare; e fa lunghi discorsi sulla sua attività di investimenti dei capitali, spiegando quanto essa sia cresciuta e quanti guadagni egli abbia realizzato e quanto vi abbia rimesso; e mentre allunga chilometricamente queste cifre, manda il servitorello alla banca, dove ha in deposito una sola dracma. 3 Ed è capace di prendersi gioco di un compagno di viaggio, narrandogli lungo il tragitto che ha partecipato alle campagne di [[Alessandro Magno|Alessandro]], in quale rapporto fosse con lui, quante coppe tempestate di gemme abbia riportato a casa; e discute degli artisti dell'[[Asia]], sostenendo che sono migliori di quelli d'[[Europa]]; e fa la conta di queste sue prodezze, senza aver messo mai il piede fuori di [[Atene]]. 4 E racconta che gli sono pervenute ben tre lettere da Antipatro, che lo invitano a recarsi in [[Macedonia]]; e dice che, pur venendogli concessa l'esportazione del legname in franchigia, egli ha rifiutato, perché neppure uno solo potesse incriminarlo: «I Macedoni dovrebbero trovare più convincenti arzigogoli!». 5 E dice che durante la carestia le sue spese sono ammontate a più di cinque talenti per elargizioni ai cittadini bisognosi, giacché egli non sa dire di no. 6 E trovandosi a sedere accanto a lui persone che non conosce, invita uno di loro a disporre per lui i sassolini dei conti ed a calcolarli secondo unità di misura del valore di seicento dracme e di una mina, e poi, a ciascuna di queste somme aggiungendo in maniera convincente un nome, arriva al totale di dieci talenti addirittura; e dice che tanto egli personalmente ha sborsato in collette; e aggiunge che non mette in conto né le spese per l'armamento delle triremi né quelle per servizi di pubblico interesse, quante mai ha dovuto sostenerne. 7 E va al mercato dei cavalli di razza e con i venditori fa finta di voler comprare. 8 E si avvicina ai banchi dei pannaioli a cercare capi di vestiario per il valore di due talenti, e se la prende col servo, perché gli va dietro senza portare il denaro. 9 E mentre abita in una casa presa in affitto, a chi non lo sa dice che quella è la sua magione paterna, e che ha intenzione di venderla, perché gli riesce troppo piccola per ricevere ospiti.
  
 
XXIV - La superbia
 
XXIV - La superbia

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