Differenze tra le versioni di "Biblioteca:Pindaro, Olimpiche, XIV"
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Versione delle 11:23, 31 mar 2017
PER ASOPICO DA ORCOMENO. VINCITORE NELLO STADIO DEI FANCIULLI IN OLIMPIA
I
O voi che abitate le sedi
dell’acque celìsie dai vaghi puledri,
o Grazie, o d’Orcomeno fulgida regine canore,
che avete in tutela dei Mini l’antica progenie,
vi prego, ascoltatemi. Quanto di dolce han gli umani,
d’amabile, è vostra mercè,
se saggio, se bello, se nobile è un uomo.
Se mancan le Cariti sante, neppure i Celesti
apprestano danze né mense. Ministre d’ogni opera
nel cielo hanno i troni vicino ad Apollo,
al Nume di Pito dall’arco tutto aureo,
e cantan le lodi perenni del padre dei Superi olimpo.
II
O Aglaia Signora, o dei cantici
amica, o Eufrosine, figliuole del sommo
tra i Numi, e, Talfa, tu vaga di musiche, uditemi,
lo sguardo volgete su questo corteggio che avanza
leggero, pel lieto successo. Ch’io reco ad Asopico
parole con liete armonie;
poiché, mercè vostra, dei Mini la rocca
tu cinta di serti in Olimpia. — Su via, ne la buia
magione di Persefone, o Eco, discendi; ed al padre
Cleodamo adduci tal nuncio di gloria:
che visto hai nel grembo di Pisa suo figlio
il giovine crin redimire con l’ali dei celebri agoni.