Differenze tra le versioni di "Biblioteca:Pindaro, Istmiche, I"

(Nuova pagina: <poem> A TRASIBULO D’AGRIGENTO IN MEMORIA DI UNA VITTORIA RIPORTATA DA SUO PADRE COL CARRO NEI GIUOCHI ISTMICI I Strofe Trasibulo, gli uomini prischi che il carro salian de le Muse ...)
 
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A TRASIBULO D’AGRIGENTO IN MEMORIA DI UNA VITTORIA RIPORTATA DA SUO PADRE COL CARRO NEI GIUOCHI ISTMICI
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A ERODOTO DI TEBE. VINCITORE COL CARRO NELLE GARE ISTMICHE
  
 
I
 
I
 
Strofe
 
Strofe
Trasibulo, gli uomini prischi che il carro salian de le Muse
+
Madre mia, Tebe dal clipeo d’or, le tue gesta
d’oro velate, trattando la celerà insigne,
+
preporre a ogni compito io voglio.
gl’inni, saette soavi, spontanei lanciavano ai giovani,
+
Deio rupestre che or ora teneva il mio spirito,
quanti eran vaghi e toccavano la florida età
+
con me non s’adiri.
che d’Afrodite dal trono vezzoso la cura suade.
+
Cosa più cara, pei buoni, v’ha di chi a luce lo diede?
 +
Diletta d’Apollo, or tu cedi: se vogliono i Numi
 +
a un giogo d’elogi mi spero costringere entrambi:
  
 
Antistrofe
 
Antistrofe
Che allora venale non era, né a prezzo locata, la Musa,
+
Febo l’intonso, danzante fra il popol marino,
né le melliflue canzoni solean di Tersicore
+
in Ceo flagellata dall'onde;
dolce canora, d’argento la faccia adomarsi, e far lucro.
+
e la cervice dell’Istmo ch’à siepe di flutti:
Ora la massima è forza seguir dell’Argivo;
+
che ben sei ghirlande
ch’essa ben prossimo il piede conduce ai sentier del vero.
+
nelle contese agonali porse alla gente di Cadmo:
 +
fulgenti vittorie, che copron di gloria la terra
 +
in cui diede Alcmena alla luce l’intrepido figlio
  
 
Epodo
 
Epodo
« L’uomo è denaro, è denaro », quei disse, vedendo sparire
+
che i rabidi can’ di Gerione sgomenti fuggir, col pelo irto.
coi beni gli amici.
+
Ma io la quadriga, ma Erodoto voglio d’un canto fregiare;
Saggio tu sei, tu m’intendi. Né ignori l’equestre
+
che non l’altrui mano richiese per regger le briglie:
istmia vittoria ch’io canto:
+
vo’ lui mescolar di lolao nell’inno, e di Castore,
la concedette a Senocrate Posi’done; e il serto
+
gli eroi più gagliardi fra quanti guidarono cocchi nel suolo
d’apio dorico, a lui
+
di Sparta ed in Tebe.
mandò, che al suo crin lo stringesse,
+
 
li
+
II
Siro! e
+
Strofe
e l’uomo di cocchi maestro, fulgor d’Agrigento, onorò.
+
Essi il cimento provar di moltissime gare,
Anche lo vide, e gli diede nei giuochi di Crisa
+
e ornaron la casa di tripodi,
Febo vittoria; e in Atene fulgente, partecipe ai premi
+
d’auree coppe e lebèti, saggiarono i serti
degli Erettidi famosi, non ebbe a lagnarsi
+
che cingon chi vinse.
dell'abilissima destra che a tempo Nicomaco tese,
+
Ben manifesta rifulse loro virtù nello stadio,
 +
là dove si provano ignude le membra, là dove
 +
correndo gli opliti, alto strepito di bronzo s’effonde;
  
 
Antistrofe
 
Antistrofe
illeso spingendo il suo cocchio, le briglie allentando. Gli araldi
+
e di Ior mano, che prove compierono, al lancio
lui ben conobber dell’Ore, ministri di Zeus
+
dell’asta, del disco di pietra! —
Cronio, gli Elleni, che un giorno di lui furono ospiti. E dolci
+
pèntatlo ancora non v’era; ma davasi premio
a salutarlo Ievaron le voci, quand’egli
+
pei singoli agoni.  
su le ginocchia cadeva d’un aurea Diva, di Nike,
+
E con le fitte vermene strette in ghirlande a le chiome,
 +
spesso tornare fùr visti sovresse le belle
 +
correnti di Dirce, sovresse le ripe d’Eurota,
  
 
Epodo
 
Epodo
nella lor terra, che detta dagli uomini è bosco di Zeus.
+
il figlio d’Ificle, che aveva comune coi Sparti la stirpe,
Qui stretti ad onore
+
di Tindaro il figlio, che l’alta Terapne abitava in Acaia.
che non morrà, d’Enesidamo furono i figli. —
+
Salvete! — A Poseidone e all’Istmo santissimo il.canto
Ma sconosciuti alle case
+
cingendo, e alle spiagge d’Onchesto, farò che risuonino
vostre, non sono, o Trasibulo, né i lieti banchetti
+
i pregi che adornan quest’uomo: dirò di suo padre Asopodoro
risi da grazia, né gl’inni
+
la fulgida sorte,
che suonan più dolci del miele. —
 
  
 
III
 
III
 
Strofe
 
Strofe
Né rupe né impervio sentiero trattiene chi brama l’elogio
+
la terra d’Orcomeno avita dirò, che, quando era
dell’Eliconidi addurre agli uomini chiari.
+
travolto da fiera burrasca,
Oh, se potessi, vibrandolo, si lunge scagliare il mio disco
+
nella tremenda iattura, rifugio gli diede
quanto ne l’impeto nobile Senocrate tutti
+
dal flutto infinito.
gli altri mortali vinceva! Pregiato dai suoi cittadini,
+
Ora di nuovo la prisca serenità su lui fulge
 +
ingènita in lui dalla sorte. Chi lungo travaglio
 +
sostenne pensoso, sa pure che sia previdenza.
 +
 
 +
Antistrofe
 +
Se tutto l’èmpito alcuno rivolge a virtù,
 +
ed oro profonde e fatiche,
 +
freno si ponga ad Invidia, magnanimo elogio
 +
si porga a chi tanto
 +
seppe trovare. Ché al saggio facile è olfrir guiderdone
 +
di buone parole, a compenso d’egregie fatiche,
 +
e il pubblico onore levare su solide basi.
 +
 
 +
Epodo
 +
Compenso diverso hanno gli uomini dell’opra diversa: chi sia
 +
bifolco, di mandrie custode, chi uccelli, chi viva del mare,
 +
ciascuno a scacciare affannandosi l’assidua fame:
 +
a chi negli agoni od in guerra riscosse la gloria,
 +
altissimo premio è la lode che ai suoi cittadini e agli estranei
 +
sul labbro fiorisce.
 +
 
 +
IV
 +
Strofe
 +
Noi per compenso, diremo di Crono il figliuolo
 +
ch’è nostro vicino, benevojo
 +
Nume, che scuote la terra, che spinge i cavalli
 +
al corso; ed i figli.
 +
Anfitrione, che nacquero dalla lua stirpe; e il recesso
 +
di Minia, ed il bosco famoso d’Eleusi, che a Demetra
 +
è sacro e l’Eubèa, per le corse dai tortili giri.
  
 
Antistrofe
 
Antistrofe
volgea la sua mente ai corsieri, qual patrio costume è degli
+
Anche nell’inno vo’ aggiungere, o Protesilao,
Elleni:
+
il tempio che sorge in Filace
tutte onorava dei Superi le mense: né mai
+
per te, per gli uomini d’Argo. Ma vieta la breve
su la sua mensa ospitale piegar senza vento le vele;
+
misura dell’inno
ma sino al Fasi nei giorni d’Està si spingeva,
+
dir quanto Ermes, dei giochi è Dio tutelare, concesse
ma navigava l’Inverno fin presso alle spiagge del Nilo.
+
ai pronti corsieri d’Erodoto. Vero è che talora
 +
meglio lusingano l’animo le cose taciute.
  
 
Epodo
 
Epodo
Or, poi che in vide spemi circondan le menti degli uomini,
+
Possa or delle dive Pierie su l’ali fulgenti levarti
tu mai non celare
+
a volo sublime da Pito, dai giuochi d’Olimpia. velata
la virtù di tuo padre, né questi miei canti.
+
la mano dei serti d’Alfeo le porte di Tebe ,
Non perché immoti restassero
+
coprendo d’onore. — Chi asconde ricchezza in sua casa
io li composi in tua lode. Su via, Nicasippo,
+
e gli altri deride, ha promesso all’Ade il suo spirto, privo
récati all’ospite mio
+
di fama; e noi sa.
diletto, e quest’inno a lui porgi.
 
 
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Versione delle 13:28, 21 mar 2017

A ERODOTO DI TEBE. VINCITORE COL CARRO NELLE GARE ISTMICHE

I
Strofe
Madre mia, Tebe dal clipeo d’or, le tue gesta
preporre a ogni compito io voglio.
Deio rupestre che or ora teneva il mio spirito,
con me non s’adiri.
Cosa più cara, pei buoni, v’ha di chi a luce lo diede?
Diletta d’Apollo, or tu cedi: se vogliono i Numi
a un giogo d’elogi mi spero costringere entrambi:

Antistrofe
Febo l’intonso, danzante fra il popol marino,
in Ceo flagellata dall'onde;
e la cervice dell’Istmo ch’à siepe di flutti:
che ben sei ghirlande
nelle contese agonali porse alla gente di Cadmo:
fulgenti vittorie, che copron di gloria la terra
in cui diede Alcmena alla luce l’intrepido figlio

Epodo
che i rabidi can’ di Gerione sgomenti fuggir, col pelo irto.
Ma io la quadriga, ma Erodoto voglio d’un canto fregiare;
che non l’altrui mano richiese per regger le briglie:
vo’ lui mescolar di lolao nell’inno, e di Castore,
gli eroi più gagliardi fra quanti guidarono cocchi nel suolo
di Sparta ed in Tebe.

II
Strofe
Essi il cimento provar di moltissime gare,
e ornaron la casa di tripodi,
d’auree coppe e lebèti, saggiarono i serti
che cingon chi vinse.
Ben manifesta rifulse loro virtù nello stadio,
là dove si provano ignude le membra, là dove
correndo gli opliti, alto strepito di bronzo s’effonde;

Antistrofe
e di Ior mano, che prove compierono, al lancio
dell’asta, del disco di pietra! —
pèntatlo ancora non v’era; ma davasi premio
pei singoli agoni.
E con le fitte vermene strette in ghirlande a le chiome,
spesso tornare fùr visti sovresse le belle
correnti di Dirce, sovresse le ripe d’Eurota,

Epodo
il figlio d’Ificle, che aveva comune coi Sparti la stirpe,
di Tindaro il figlio, che l’alta Terapne abitava in Acaia.
Salvete! — A Poseidone e all’Istmo santissimo il.canto
cingendo, e alle spiagge d’Onchesto, farò che risuonino
i pregi che adornan quest’uomo: dirò di suo padre Asopodoro
la fulgida sorte,

III
Strofe
la terra d’Orcomeno avita dirò, che, quando era
travolto da fiera burrasca,
nella tremenda iattura, rifugio gli diede
dal flutto infinito.
Ora di nuovo la prisca serenità su lui fulge
ingènita in lui dalla sorte. Chi lungo travaglio
sostenne pensoso, sa pure che sia previdenza.

Antistrofe
Se tutto l’èmpito alcuno rivolge a virtù,
ed oro profonde e fatiche,
freno si ponga ad Invidia, magnanimo elogio
si porga a chi tanto
seppe trovare. Ché al saggio facile è olfrir guiderdone
di buone parole, a compenso d’egregie fatiche,
e il pubblico onore levare su solide basi.

Epodo
Compenso diverso hanno gli uomini dell’opra diversa: chi sia
bifolco, di mandrie custode, chi uccelli, chi viva del mare,
ciascuno a scacciare affannandosi l’assidua fame:
a chi negli agoni od in guerra riscosse la gloria,
altissimo premio è la lode che ai suoi cittadini e agli estranei
sul labbro fiorisce.

IV
Strofe
Noi per compenso, diremo di Crono il figliuolo
ch’è nostro vicino, benevojo
Nume, che scuote la terra, che spinge i cavalli
al corso; ed i figli.
Anfitrione, che nacquero dalla lua stirpe; e il recesso
di Minia, ed il bosco famoso d’Eleusi, che a Demetra
è sacro e l’Eubèa, per le corse dai tortili giri.

Antistrofe
Anche nell’inno vo’ aggiungere, o Protesilao,
il tempio che sorge in Filace
per te, per gli uomini d’Argo. Ma vieta la breve
misura dell’inno
dir quanto Ermes, dei giochi è Dio tutelare, concesse
ai pronti corsieri d’Erodoto. Vero è che talora
meglio lusingano l’animo le cose taciute.

Epodo
Possa or delle dive Pierie su l’ali fulgenti levarti
a volo sublime da Pito, dai giuochi d’Olimpia. velata
la mano dei serti d’Alfeo le porte di Tebe ,
coprendo d’onore. — Chi asconde ricchezza in sua casa
e gli altri deride, ha promesso all’Ade il suo spirto, privo
di fama; e noi sa.