Modifica di Biblioteca:Ovidio, Amori, Libro II

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O tu che cingerai il bel dito della mia donna, anello che non devi essere considerato altrimenti che un pegno d'amore di chi ti dona, possa tu giungere come dono gradito; dopo averti ricevuto con gioia, ella ti metta sùbito al suo ditino; possa tu andar bene a lei come lei va bene a me, e sfiorarle il dito all'intorno con giusta misura. Anello fortunato, sarai toccato dalla mia donna: meschino me, son già invidioso del mio regalo. Magari potessi d'un tratto identificarmi col mio dono, con la magia di [[Circe]] o del vecchio Proteo! Allora io, spinto dal desiderio di palparle il seno e di insinuarle la mano sinistra sotto la tunica, benché stretto e aderente, scivolerò via dal dito e allargandomi con abilità straordinaria le cadrò nella scollatura. Sempre io, per poter sigillare i bigliettini segreti e per evitare che la cera resti tenacemente attaccata alla pietra asciutta, sfiorerò prima l'umida bocca della mia donna; solo non debba mai sigillare lettere per me dolorose. Se vorrai sfilarmi per ripormi in uno scrigno, mi rifiuterò di venir via, stringendo il tuo dito con un cerchio più stretto. Che io per l'avvenire non ti procuri mai disonore, cuor mio, e non divenga un peso che il tuo dito delicato rifiuti di tollerare. Tienimi quando bagnerai le tue membra con acqua calda e sopporta i danni che farà l'acqua insinuandosi sotto la pietra. Ma al vederti nuda, io penso, per l'eccitazione il mio desiderio eromperà prepotente e, ancorché anello, farò la mia parte di uomo. Ma perché vaneggio col desiderio? Va', mio piccolo regalo, ella comprenda che con te le dono una sincera promessa d'amore.
 
O tu che cingerai il bel dito della mia donna, anello che non devi essere considerato altrimenti che un pegno d'amore di chi ti dona, possa tu giungere come dono gradito; dopo averti ricevuto con gioia, ella ti metta sùbito al suo ditino; possa tu andar bene a lei come lei va bene a me, e sfiorarle il dito all'intorno con giusta misura. Anello fortunato, sarai toccato dalla mia donna: meschino me, son già invidioso del mio regalo. Magari potessi d'un tratto identificarmi col mio dono, con la magia di [[Circe]] o del vecchio Proteo! Allora io, spinto dal desiderio di palparle il seno e di insinuarle la mano sinistra sotto la tunica, benché stretto e aderente, scivolerò via dal dito e allargandomi con abilità straordinaria le cadrò nella scollatura. Sempre io, per poter sigillare i bigliettini segreti e per evitare che la cera resti tenacemente attaccata alla pietra asciutta, sfiorerò prima l'umida bocca della mia donna; solo non debba mai sigillare lettere per me dolorose. Se vorrai sfilarmi per ripormi in uno scrigno, mi rifiuterò di venir via, stringendo il tuo dito con un cerchio più stretto. Che io per l'avvenire non ti procuri mai disonore, cuor mio, e non divenga un peso che il tuo dito delicato rifiuti di tollerare. Tienimi quando bagnerai le tue membra con acqua calda e sopporta i danni che farà l'acqua insinuandosi sotto la pietra. Ma al vederti nuda, io penso, per l'eccitazione il mio desiderio eromperà prepotente e, ancorché anello, farò la mia parte di uomo. Ma perché vaneggio col desiderio? Va', mio piccolo regalo, ella comprenda che con te le dono una sincera promessa d'amore.
  
Sono a Sulmona, una delle tre città della campagna peligna; è una piccola località, resa però salùbre dalle acque che la irrigano. Anche se il sole, avvicinatosi alla terra, vi apre delle fenditure e la canicolare stella di Sirio sfolgora implacabilmente, nei campi peligni scorrono limpide acque e nel molle terreno l'erba verdeggia rigogliosa. È una regione ricca di biade e ancor più ricca di viti, qualche campo isolato produce anche l'olivo sacro a [[Pallade (2)|Pallade]] e fra le erbe, sempre rinascenti per lo scorrere dei ruscelli, una verde coltre ricopre il terreno intriso d'acqua. Manca però la mia fiamma... o meglio, ho sbagliato un vocabolo: la fiamma c'è, ma è lontana colei che suscita in me le fiamme d'amore. Se mi collocassero fra Càstore e Pollùce, io non vorrei trovarmi in nessuna zona del cielo senza di te. Coloro che hanno affannosamente compiuto lunghi viaggi attraverso il mondo sentano dopo la morte il peso opprimente della terra; almeno avessero invitato le donne ad accompagnare i giovani, se proprio era necessario attraversare il mondo con lunghi viaggi. Se, tremante di freddo, io valicassi le Alpi sferzate dai vènti, purché fossi in compagnia della mia donna, il cammino mi sarebbe facile; con lei oserei penetrare nelle Sirti africane e affidare le vele all'infido [[Noto]]; non avrei timore dei mostri che latrano sotto il ventre virginale di Scilla, né dei tuoi anfratti, sinuosa Malea, né dei flutti che [[Cariddi]], colma di navi affondate, rigurgita, e poi di nuovo inghiotte. Ma se i vènti impetuosi di Nettuno avessero la meglio e i marosi strappassero via gli dèi che dovrebbero soccorrerci, posa sulle mie spalle le tue braccia candide come neve: io sorreggerò facilmente sul mio corpo quel dolce peso. (Il giovane [[Leandro]] aveva spesso traversato a nuoto il mare per raggiungere Ero; anche quella volta lo avrebbe traversato, ma la strada non era illuminata...). Ma senza te, benché mi trovi in campi in cui ferve il lavoro per le viti, benché le campagne siano irrigate dai fiumi e il contadino incanali l'acqua che scorre e una fresca brezza accarezzi le fronde degli alberi, a me non sembra di vivere nella salùbre regione peligna, nella terra natìa, nei patrii campi; ma nella [[Scizia]], nella selvaggia [[Cilicia]], nella verdeggiante Britannia e presso le rupi rosseggianti per il sangue di Promèteo. L'olmo ama la vite, la vite non si stacca dall'olmo: perché io vengo spesso diviso dalla mia donna? Eppure tu avevi giurato su di me e sui tuoi occhi, le mie stelle, che saresti rimasta sempre con me: ma le parole delle donne, più leggere delle foglie cadenti, i vènti e le onde le trascinano a loro piacimento, rendendole vane. Ma se, dopo avermi abbandonato, nutri ancora per me qualche affettuoso pensiero, comincia a mettere in atto le tue promesse e, salendo al più presto su una piccola carrozza trascinata da veloci puledri, agita tu stessa le briglie sulle loro criniere fluenti. Ma voi, monti orgogliosi, abbassatevi al suo passaggio e voi, strade, siatele agevoli nelle sinuose vallate.
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Sono a Sulmona, una delle tre città della campagna peligna; è una piccola località, resa però salùbre dalle acque che la irrigano. Anche se il sole, avvicinatosi alla terra, vi apre delle fenditure e la canicolare stella di Sirio sfolgora implacabilmente, nei campi peligni scorrono limpide acque e nel molle terreno l'erba verdeggia rigogliosa. È una regione ricca di biade e ancor più ricca di viti, qualche campo isolato produce anche l'olivo sacro a [[Pallade (2)|Pallade]] e fra le erbe, sempre rinascenti per lo scorrere dei ruscelli, una verde coltre ricopre il terreno intriso d'acqua. Manca però la mia fiamma... o meglio, ho sbagliato un vocabolo: la fiamma c'è, ma è lontana colei che suscita in me le fiamme d'amore. Se mi collocassero fra Càstore e Pollùce, io non vorrei trovarmi in nessuna zona del cielo senza di te. Coloro che hanno affannosamente compiuto lunghi viaggi attraverso il mondo sentano dopo la morte il peso opprimente della terra; almeno avessero invitato le donne ad accompagnare i giovani, se proprio era necessario attraversare il mondo con lunghi viaggi. Se, tremante di freddo, io valicassi le Alpi sferzate dai vènti, purché fossi in compagnia della mia donna, il cammino mi sarebbe facile; con lei oserei penetrare nelle Sirti africane e affidare le vele all'infido [[Noto]]; non avrei timore dei mostri che latrano sotto il ventre virginale di Scilla, né dei tuoi anfratti, sinuosa Malea, né dei flutti che [[Cariddi]], colma di navi affondate, rigurgita, e poi di nuovo inghiotte. Ma se i vènti impetuosi di Nettuno avessero la meglio e i marosi strappassero via gli dèi che dovrebbero soccorrerci, posa sulle mie spalle le tue braccia candide come neve: io sorreggerò facilmente sul mio corpo quel dolce peso. (Il giovane Leandro aveva spesso traversato a nuoto il mare per raggiungere Ero; anche quella volta lo avrebbe traversato, ma la strada non era illuminata...). Ma senza te, benché mi trovi in campi in cui ferve il lavoro per le viti, benché le campagne siano irrigate dai fiumi e il contadino incanali l'acqua che scorre e una fresca brezza accarezzi le fronde degli alberi, a me non sembra di vivere nella salùbre regione peligna, nella terra natìa, nei patrii campi; ma nella [[Scizia]], nella selvaggia [[Cilicia]], nella verdeggiante Britannia e presso le rupi rosseggianti per il sangue di Promèteo. L'olmo ama la vite, la vite non si stacca dall'olmo: perché io vengo spesso diviso dalla mia donna? Eppure tu avevi giurato su di me e sui tuoi occhi, le mie stelle, che saresti rimasta sempre con me: ma le parole delle donne, più leggere delle foglie cadenti, i vènti e le onde le trascinano a loro piacimento, rendendole vane. Ma se, dopo avermi abbandonato, nutri ancora per me qualche affettuoso pensiero, comincia a mettere in atto le tue promesse e, salendo al più presto su una piccola carrozza trascinata da veloci puledri, agita tu stessa le briglie sulle loro criniere fluenti. Ma voi, monti orgogliosi, abbassatevi al suo passaggio e voi, strade, siatele agevoli nelle sinuose vallate.
  
 
Se qualcuno ritiene che l'esser schiavo di una donna sia un disonore, a suo giudizio io risulterò disonorato. Ebbene sia pur così, purché colei che regna su [[Pafo (2)|Pafo]] e su Citèra, battuta dal mare, mi tormenti meno intensamente. Poiché ero destinato a cadere fra le mani di una bella, almeno fossi potuto cadere fra le mani di una donna indulgente! La bellezza rende arroganti: Corinna, poiché è bella, è intrattabile; povero me, perché si conosce così bene? Evidentemente è dall'immagine riflessa nello specchio che le deriva l'alterigia, ed ella non vi si guarda se prima non si è ben acconciata. No, se la bellezza ti dà troppo potere su tutte le cose (o bellezza nata per incatenare i miei occhi!), tu non devi per questo disprezzarmi, paragonandomi a te: chi sta più in basso può adattarsi ai grandi. Anche della ninfa Calipso si racconta che, preda d'un amore terreno, abbia trattenuto l'eroe contro la sua volontà; è fama che una [[Nereidi]] marina si sia unita al re di Ftia, Egeria al buon Numa; [[Afrodite|Venere]] appartiene a Vulcano, benché, uscito dall'officina, egli zoppichi sconciamente col piede storto; anche questo tipo di componimento poetico procede con ritmo ineguale, e tuttavia il verso eroico ben si accoppia con un verso più breve. Anche tu, dunque, luce dei miei occhi, accèttami alle condizioni che vorrai; déttami pure le leggi nel bel mezzo del tuo tribunale. Non subirai accuse per causa mia, né avrai di che rallegrarti per avermi allontanato; questo nostro amore non dovrà essere rinnegato. Io non possiedo grandi ricchezze, ma una facile vena poetica e molte donne aspirano a divenire famose per mezzo mio: ne conosco una che va dicendo di essere Corinna; che cosa non vorrebbe avermi concesso purché ciò fosse vero? Ma come il freddo Eurota e il Po costeggiato di pioppi scorrono lontani, fra diverse sponde, così nessuna canterò nei miei carmi che non sia tu: tu sola offrirai motivi d'ispirazione al mio estro poetico.
 
Se qualcuno ritiene che l'esser schiavo di una donna sia un disonore, a suo giudizio io risulterò disonorato. Ebbene sia pur così, purché colei che regna su [[Pafo (2)|Pafo]] e su Citèra, battuta dal mare, mi tormenti meno intensamente. Poiché ero destinato a cadere fra le mani di una bella, almeno fossi potuto cadere fra le mani di una donna indulgente! La bellezza rende arroganti: Corinna, poiché è bella, è intrattabile; povero me, perché si conosce così bene? Evidentemente è dall'immagine riflessa nello specchio che le deriva l'alterigia, ed ella non vi si guarda se prima non si è ben acconciata. No, se la bellezza ti dà troppo potere su tutte le cose (o bellezza nata per incatenare i miei occhi!), tu non devi per questo disprezzarmi, paragonandomi a te: chi sta più in basso può adattarsi ai grandi. Anche della ninfa Calipso si racconta che, preda d'un amore terreno, abbia trattenuto l'eroe contro la sua volontà; è fama che una [[Nereidi]] marina si sia unita al re di Ftia, Egeria al buon Numa; [[Afrodite|Venere]] appartiene a Vulcano, benché, uscito dall'officina, egli zoppichi sconciamente col piede storto; anche questo tipo di componimento poetico procede con ritmo ineguale, e tuttavia il verso eroico ben si accoppia con un verso più breve. Anche tu, dunque, luce dei miei occhi, accèttami alle condizioni che vorrai; déttami pure le leggi nel bel mezzo del tuo tribunale. Non subirai accuse per causa mia, né avrai di che rallegrarti per avermi allontanato; questo nostro amore non dovrà essere rinnegato. Io non possiedo grandi ricchezze, ma una facile vena poetica e molte donne aspirano a divenire famose per mezzo mio: ne conosco una che va dicendo di essere Corinna; che cosa non vorrebbe avermi concesso purché ciò fosse vero? Ma come il freddo Eurota e il Po costeggiato di pioppi scorrono lontani, fra diverse sponde, così nessuna canterò nei miei carmi che non sia tu: tu sola offrirai motivi d'ispirazione al mio estro poetico.

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