Modifica di Biblioteca:Orlando Furioso, Canto XIX

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1
Alcun non può saper da chi sia amato,
+
Magnanimo Signore, ogni vostro atto
quando felice in su la ruota siede:
+
ho sempre con ragion laudato e laudo:
però c'ha i veri e i finti amici a lato,
+
ben che col rozzo stil duro e mal atto
che mostran tutti una medesma fede.
+
gran parte de la gloria vi defraudo.
Se poi si cangia in tristo il lieto stato,
+
Ma più de l'altre una virtù m'ha tratto,
volta la turba adulatrice il piede;
+
a cui col core e con la lingua applaudo;
e quel che di cor ama riman forte,
+
che s'ognun truova in voi ben grata udienza,
ed ama il suo signor dopo la morte.
+
non vi truova però facil credenza.
  
 
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2
Se, come il viso, si mostrasse il core,
+
Spesso in difesa deI biasmato assente
tal ne la corte è grande e gli altri preme,
+
indur vi sento una ed un'altra scusa,
e tal è in poca grazia al suo signore,
+
o riserbargli almen, fin che presente
che la lor sorte muteriano insieme.
+
sua causa dica, l'altra orecchia chiusa;
Questo umil diverria tosto il maggiore:
+
e sempre, prima che dannar la gente,
staria quel grande infra le turbe estreme.
+
vederla in faccia, e udir la ragion ch'usa;
Ma torniamo a Medor fedele e grato,
+
differir anco e giorni e mesi ed anni,
che 'n vita e in morte ha il suo signore amato.
+
prima che giudicar negli altrui danni.
  
 
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3
Cercando già nel più intricato calle
+
Se Norandino il simil fatto avesse,
il giovine infelice di salvarsi;
+
fatto a Grifon non avria quel che fece.
ma il grave peso ch'avea su le spalle,
+
A voi utile e onor sempre successe:
gli facea uscir tutti i partiti scarsi.
+
denigrò sua fama egli più che pece.
Non conosce il paese, e la via falle,
+
Per lui sue genti a morte furon messe;
e torna fra le spine a invilupparsi.
+
che fe' Grifone in dieci tagli, e in diece
Lungi da lui tratto al sicuro s'era
+
punte che trasse pien d'ira e bizzarro,
l'altro, ch'avea la spalla più leggiera.
+
che trenta ne cascaro appresso al carro.
  
 
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Cloridan s'è ridutto ove non sente
+
Van gli altri in rotta ove il timor li caccia,
di chi segue lo strepito e il rumore:
+
chi qua chi là, pei campi e per le strade;
ma quando da Medor si vede assente,
+
e chi d'entrar ne la città procaccia,
gli pare aver lasciato a dietro il core.
+
e l'un su l'altro ne la porta cade.
- Deh, come fui (dicea) sì negligente,
+
Grifon non fa parole e non minaccia;
deh, come fui sì di me stesso fuore,
+
ma lasciando lontana ogni pietade,
che senza te, Medor, qui mi ritrassi,
+
mena tra il vulgo inerte il ferro intorno,
né sappia quando o dove io ti lasciassi! -
+
e gran vendetta fa d'ogni suo scorno.
  
 
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5
Così dicendo, ne la torta via
+
Di quei che primi giunsero alla porta,
de l'intricata selva si ricaccia;
+
che le piante a levarsi ebbeno pronte,
ed onde era venuto si ravvia,
+
parte, al bisogno suo molto più accorta
e torna di sua morte in su la traccia.
+
che degli amici, alzò subito il ponte;
Ode i cavalli e i gridi tuttavia,
+
piangendo parte, o con la faccia smorta
e la nimica voce che minaccia:
+
fuggendo andò senza mai volger fronte,
all' ultimo ode il suo Medoro, e vede
+
e ne la terra per tutte le bande
che tra molti a cavallo è solo a piede.
+
levò grido e tumulto e rumor grande.
  
 
6
 
6
Cento a cavallo, e gli son tutti intorno:
+
Grifon gagliardo duo ne piglia in quella
Zerbin commanda e grida che sia preso.
+
che 'l ponte si levò per lor sciagura.
L'infelice s'aggira com'un torno,
+
Sparge de l'uno al campo le cervella;
e quanto può si tien da lor difeso,
+
che lo percuote ad una cote dura:
or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno,
+
prende l'altro nel petto, e l'arrandella
né si discosta mai dal caro peso.
+
in mezzo alla città sopra le mura.
L'ha riposato al fin su l'erba, quando
+
Scorse per l'ossa ai terrazzani il gelo,
regger nol puote, e gli va intorno errando:
+
quando vider colui venir dal cielo.
  
 
7
 
7
come orsa, che l'alpestre cacciatore
+
Fur molti che temer che 'l fier Grifone
ne la pietrosa tana assalita abbia,
+
sopra le mura avesse preso un salto.
sta sopra i figli con incerto core,
+
Non vi sarebbe più confusione,
e freme in suono di pietà e di rabbia:
+
s'a Damasco il soldan desse l'assalto.
ira la 'nvita e natural furore
+
Un muover d'arme, un correr di persone,
a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia;
+
e di talacimanni un gridar d'alto,
amor la 'ntenerisce, e la ritira
+
e di tamburi un suon misto e di trombe
a riguardare ai figli in mezzo l'ira.
+
il mondo assorda, e 'l ciel par ne rimbombe.
  
 
8
 
8
Cloridan, che non sa come l'aiuti,
+
Ma voglio a un'altra volta differire
e ch'esser vuole a morir seco ancora,
+
a ricontar ciò che di questo avenne.
ma non ch'in morte prima il viver muti,
+
Del buon re Carlo mi convien seguire,
che via non truovi ove più d'un ne mora;
+
che contra Rodomonte in fretta venne,
mette su l'arco un de' suoi strali acuti,
+
il qual le genti gli facea morire.
e nascoso con quel sì ben lavora,
+
Io vi dissi ch'al re compagnia tenne
che fora ad uno Scotto le cervella,
+
il gran Danese e Namo ed Oliviero
e senza vita il fa cader di sella.
+
e Avino e Avolio e Otone e Berlingiero.
  
 
9
 
9
Volgonsi tutti gli altri a quella banda
+
Otto scontri di lance, che da forza
ond'era uscito il calamo omicida.
+
di tali otto guerrier cacciati foro,
Intanto un altro il Saracin ne manda,
+
sostenne a un tempo la scagliosa scorza
perché 'l secondo a lato al primo uccida;
+
di ch'avea armato il petto il crudo Moro.
che mentre in fretta a questo e a quel domanda
+
Come legno si drizza, poi che l'orza
chi tirato abbia l'arco, e forte grida,
+
lenta il nochier che crescer sente il Coro,
lo strale arriva e gli passa la gola,
+
così presto rizzossi Rodomonte
e gli taglia pel mezzo la parola.
+
dai colpi che gittar doveano un monte.
  
 
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10
Or Zerbin, ch'era il capitano loro,
+
Guido, Ranier, Ricardo, Salamone,
non poté a questo aver più pazienza.
+
Ganelon traditor, Turpin fedele,
Con ira e con furor venne a Medoro,
+
Angioliero, Angiolino, Ughetto, Ivone,
dicendo: - Ne farai tu penitenza. -
+
Marco e Matteo dal pian di san Michele,
Stese la mano in quella chioma d'oro,
+
e gli otto di che dianzi fei menzione,
e strascinollo a sé con violenza:
+
son tutti intorno al Saracin crudele,
ma come gli occhi a quel bel volto mise,
+
Arimanno e Odoardo d'Inghilterra,
gli ne venne pietade, e non l'uccise.
+
ch'entrati eran pur dianzi ne la terra.
  
 
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11
Il giovinetto si rivolse a' prieghi,
+
Non così freme in su lo scoglio alpino
e disse: - Cavallier, per lo tuo Dio,
+
di ben fondata rocca alta parete,
non esser sì crudel, che tu mi nieghi
+
quando il furor di borea o di garbino
ch'io sepelisca il corpo del re mio.
+
svelle dai monti il frassino e l'abete;
Non vo' ch'altra pietà per me ti pieghi,
+
come freme d'orgoglio il Saracino,
né pensi che di vita abbi disio:
+
di sdegno acceso e di sanguigna sete:
ho tanta di mia vita, e non più, cura,
+
e com'a un tempo è il tuono e la saetta,
quanta ch'al mio signor dia sepultura.
+
così l'ira de l'empio e la vendetta.
  
 
12
 
12
E se pur pascer vòi fiere ed augelli,
+
Mena alla testa a quel che gli è più presso,
che 'n te il furor sia del teban Creonte,
+
che gli è il misero Ughetto di Dordona:
fa lor convito di miei membri, e quelli
+
lo pone in terra insino ai denti fesso,
sepelir lascia del figliuol d'Almonte. -
+
come che l'elmo era di tempra buona.
Così dicea Medor con modi belli,
+
Percosso fu tutto in un tempo anch'esso
e con parole atte a voltare un monte;
+
da molti colpi in tutta la persona;
e commosso già Zerbino avea,
+
ma non gli fan più ch'all'incude l'ago:
che d'amor tutto e di pietade ardea.
+
duro intorno ha lo scaglioso drago.
  
 
13
 
13
In questo mezzo un cavallier villano,
+
Furo tutti i ripar, fu la cittade
avendo al suo signor poco rispetto,
+
d'intorno intorno abandonata tutta;
ferì con una lancia sopra mano
+
che la gente alla piazza, dove accade
al supplicante il delicato petto.
+
maggior bisogno, Carlo avea ridutta.
Spiacque a Zerbin l'atto crudele e strano;
+
Corre alla piazza da tutte le strade
tanto più, che del colpo il giovinetto
+
la turba, a chi il fuggir sì poco frutta.
vide cader sbigottito e smorto,
+
La persona del re i cori accende,
che 'n tutto giudicò che fosse morto.
+
ch'ognun prend'arme, ognuno animo prende.
  
 
14
 
14
E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse,
+
Come se dentro a ben rinchiusa gabbia
che disse: - Invendicato già non fia! -
+
d'antiqua leonessa usata in guerra,
e pien di mal talento si rivolse
+
perch'averne piacere il popul abbia,
al cavallier che fe' l'impresa ria:
+
talvolta il tauro indomito si serra;
ma quel prese vantaggio, e se gli tolse
+
i leoncin che veggion per la sabbia
dinanzi in un momento, e fuggì via.
+
come altiero e mugliando animoso erra,
Cloridan, che Medor vede per terra,
+
e veder sì gran corna non son usi,
salta del bosco a discoperta guerra.
+
stanno da parte timidi e confusi:
  
 
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15
E getta l'arco, e tutto pien di rabbia
+
ma se la fiera madre a quel si lancia,
tra gli nimici il ferro intorno gira,
+
e ne l'orecchio attacca il crudel dente,
più per morir, che per pensier ch'egli abbia
+
vogliono anch'essi insanguinar la guancia,
di far vendetta che pareggi l'ira.
+
e vengono in soccorso arditamente;
Del proprio sangue rosseggiar la sabbia
+
chi morde al tauro il dosso e chi la pancia:
fra tante spade, e al fin venir si mira;
+
così contra il pagan fa quella gente.
e tolto che si sente ogni potere,
+
Da tetti e da finestre e più d'appresso
si lascia a canto al suo Medor cadere.
+
sopra gli piove un nembo d'arme e spesso.
  
 
16
 
16
Seguon gli Scotti ove la guida loro
+
Dei cavallieri e de la fanteria
per l'alta selva alto disdegno mena,
+
tanta è la calca, ch'a pena vi cape.
poi che lasciato ha l'uno e l'altro Moro,
+
La turba che vi vien per ogni via,
l'un morto in tutto, e l'altro vivo a pena.
+
v'abbonda ad or ad or spessa come ape;
Giacque gran pezzo il giovine Medoro,
+
che quando, disarmata e nuda, sia
spicciando il sangue da sì larga vena,
+
più facile a tagliar che torsi o rape,
che di sua vita al fin saria venuto,
+
non la potria, legata a monte a monte,
se non sopravenia chi gli diè aiuto.
+
in venti giorni spenger Rodomonte.
  
 
17
 
17
Gli sopravenne a caso una donzella,
+
Al pagan, che non sa come ne possa
avolta in pastorale ed umil veste,
+
venir a capo, omai quel gioco incresce.
ma di real presenza e in viso bella,
+
Poco, per far di mille, o di più, rossa
d'alte maniere e accortamente oneste.
+
la terra intorno, il populo discresce.
Tanto è ch'io non ne dissi più novella,
+
Il fiato tuttavia più se gl'ingrossa,
ch'a pena riconoscer la dovreste:
+
si che comprende al fin che, se non esce
questa, se non sapete, Angelica era,
+
or c'ha vigore e in tutto il corpo è sano,
del gran Can del Catai la figlia altiera.
+
vorrà da tempo uscir, che sarà invano.
  
 
18
 
18
Poi che 'l suo annello Angelica riebbe,
+
Rivolge gli occhi orribili, e pon mente
di che Brunel l'avea tenuta priva,
+
che d'ogn'intorno sta chiusa l'uscita;
in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe,
+
ma con ruina d'infinita gente
ch'esser parea di tutto 'l mondo schiva.
+
l'aprirà tosto, e la farà espedita.
Se ne va sola, e non si degnerebbe
+
Ecco, vibrando la spada tagliente,
compagno aver qual più famoso viva:
+
che vien quel empio, ove il furor lo 'nvita,
si sdegna a rimembrar che già suo amante
+
ad assalire il nuovo stuol britanno,
abbia Orlando nomato, o Sacripante.
+
che vi trasse Odoardo ed Arimanno.
  
 
19
 
19
E sopra ogn'altro error via più pentita
+
Chi ha visto in piazza rompere steccato,
era del ben che già a Rinaldo volse,
+
a cui la folta turba ondeggi intorno,
troppo parendole essersi avilita,
+
immansueto tauro accaneggiato,
ch'a riguardar sì basso gli occhi volse.
+
stimulato e percosso tutto 'l giorno;
Tant'arroganza avendo Amor sentita,
+
che 'l popul se ne fugge ispaventato,
più lungamente comportar non volse:
+
ed egli or questo or quel leva sul corno:
dove giacea Medor, si pose al varco,
+
pensi che tale o più terribil fosse
e l'aspettò, posto lo strale all'arco.
+
il crudele African quando si mosse.
  
 
20
 
20
Quando Angelica vide il giovinetto
+
Quindici o venti ne tagliò a traverso,
languir ferito, assai vicino a morte,
+
altritanti lasciò del capo tronchi,
che del suo re che giacea senza tetto,
+
ciascun d'un colpo sol dritto o riverso;
più che del proprio mal si dolea forte;
+
che viti o salci par che poti e tronchi.
insolita pietade in mezzo al petto
+
Tutto di sangue il fier pagano asperso,
si sentì entrar per disusate porte,
+
lasciando capi fessi e bracci monchi,
che le fe' il duro cor tenero e molle,
+
e spalle e gambe ed altre membra sparte,
e più, quando il suo caso egli narrolle.
+
ovunque il passo volga, al fin si parte.
  
 
21
 
21
E rivocando alla memoria l'arte
+
De la piazza si vede in guisa torre,
ch'in India imparò già di chirugia
+
che non si può notar ch'abbia paura;
(che par che questo studio in quella parte
+
ma tuttavolta col pensier discorre,
nobile e degno e di gran laude sia;
+
dove sia per uscir via più sicura.
e senza molto rivoltar di carte,
+
Capita al fin dove la Senna corre
che 'l patre ai figli ereditario il dia),
+
sotto all'isola, e va fuor de le mura.
si dispose operar con succo d'erbe,
+
La gente d'arme e il popul fatto audace
ch'a più matura vita lo riserbe.
+
lo stringe e incalza, e gir nol lascia in pace.
  
 
22
 
22
E ricordossi che passando avea
+
Qual per le selve nomade o massile
veduta un'erba in una piaggia amena;
+
cacciata va la generosa belva,
fosse dittamo, o fosse panacea,
+
ch'ancor fuggendo mostra il cor gentile,
o non so qual, di tal effetto piena,
+
e minacciosa e lenta si rinselva;
che stagna il sangue, e de la piaga rea
+
tal Rodomonte, in nessun atto vile,
leva ogni spasmo e perigliosa pena.
+
da strana circondato e fiera selva
La trovò non lontana, e quella colta,
+
d'aste e di spade e di volanti dardi,
dove lasciato avea Medor, diè volta.
+
si tira al fiume a passi lunghi e tardi.
  
 
23
 
23
Nel ritornar s'incontra in un pastore
+
E sì tre volte e più l'ira il sospinse,
ch'a cavallo pel bosco ne veniva,
+
ch'essendone già fuor, vi tornò in mezzo,
cercando una iuvenca, che già fuore
+
ove di sangue la spada ritinse,
duo dì di mandra e senza guardia giva.
+
e più di cento ne levò di mezzo.
Seco lo trasse ove perdea il vigore
+
Ma la ragione al fin la rabbia vinse
Medor col sangue che del petto usciva;
+
di non far sì, ch'a Dio n'andasse il lezzo;
e già n'avea di tanto il terren tinto,
+
e da la ripa, per miglior consiglio,
ch'era omai presso a rimanere estinto.
+
si gittò all'acqua, e uscì di gran periglio.
  
 
24
 
24
Del palafreno Angelica giù scese,
+
Con tutte l'arme andò per mezzo l'acque,
e scendere il pastor seco fece anche.
+
come s'intorno avesse tante galle.
Pestò con sassi l'erba, indi la prese,
+
Africa, in te pare a costui non nacque,
e succo ne cavò fra le man bianche;
+
ben che d'Anteo ti vanti e d'Anniballe.
ne la piaga n'infuse, e ne distese
+
Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque,
e pel petto e pel ventre e fin a l'anche:
+
che si vide restar dopo le spalle
e fu di tal virtù questo liquore,
+
quella città ch'avea trascorsa tutta,
che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore;
+
e non l'avea tutta arsa né distrutta.
  
 
25
 
25
e gli diè forza, che poté salire
+
E sì lo rode la superbia e l'ira,
sopra il cavallo che 'l pastor condusse.
+
che, per tornarvi un'altra volta, guarda,
Non però volse indi Medor partire
+
e di profondo cor geme e sospira,
prima ch'in terra il suo signor non fusse.
+
né vuolne uscir, che non la spiani ed arda.
E Cloridan col re fe' sepelire;
+
Ma lungo il fiume, in questa furia, mira
e poi dove a lei piacque si ridusse.
+
venir chi l'odio estingue e l'ira tarda.
Ed ella per pietà ne l'umil case
+
Chi fosse io vi farò ben tosto udire;
del cortese pastor seco rimase.
+
ma prima un'altra cosa v'ho da dire.
  
 
26
 
26
Né fin che nol tornasse in sanitade,
+
Io v'ho da dir de la Discordia altiera,
volea partir: così di lui fe' stima,
+
a cui l'angel Michele avea commesso
tanto se intenerì de la pietade
+
ch'a battaglia accendesse e a lite fiera
che n'ebbe, come in terra il vide prima.
+
quei che più forti avea Agramante appresso.
Poi vistone i costumi e la beltade,
+
Uscì de' frati la medesma sera,
roder si sentì il cor d'ascosa lima;
+
avendo altrui l'ufficio suo commesso:
roder si sentì il core, e a poco a poco
+
lasciò la Fraude a guerreggiare il loco,
tutto infiammato d'amoroso fuoco.
+
fin che tornasse, e a mantenervi il fuoco.
  
 
27
 
27
Stava il pastore in assai buona e bella
+
E le parve ch'andria con più possanza,
stanza, nel bosco infra duo monti piatta,
+
se la Superbia ancor seco menasse;
con la moglie e coi figli; ed avea quella
+
e perché stavan tutte in una stanza,
tutta di nuovo e poco inanzi fatta.
+
non fu bisogno ch'a cercar l'andasse.
Quivi a Medoro fu per la donzella
+
La Superbia v'andò, ma non che sanza
la piaga in breve a sanità ritratta:
+
la sua vicaria il monaster lasciasse:
ma in minor tempo si sentì maggiore
+
per pochi dì che credea starne assente,
piaga di questa avere ella nel core.
+
lasciò l'Ipocrisia locotenente.
  
 
28
 
28
Assai più larga piaga e più profonda
+
L'implacabil Discordia in compagnia
nel cor sentì da non veduto strale,
+
de la Superbia si messe in camino,
che da' begli occhi e da la testa bionda
+
e ritrovò che la medesma via
di Medoro aventò l'Arcier c'ha l'ale.
+
facea, per gire al campo saracino,
Arder si sente, e sempre il fuoco abonda;
+
l'afflitta e sconsolata Gelosia;
e più cura l'altrui che 'l proprio male:
+
e venìa seco un nano piccolino,
di sé non cura, e non è ad altro intenta,
+
il qual mandava Doralice bella
ch'a risanar chi lei fere e tormenta.
+
al re di Sarza a dar di sé novella.
  
 
29
 
29
La sua piaga più s'apre e più incrudisce,
+
Quando ella venne a Mandricardo in mano
quanto più l'altra si ristringe e salda.
+
(ch'io v'ho già raccontato e come e dove),
Il giovine si sana: ella languisce
+
tacitamente avea commesso al nano,
di nuova febbre, or agghiacciata, or calda.
+
che ne portasse a questo re le nuove.
Di giorno in giorno in lui beltà fiorisce:
+
Ella sperò che nol saprebbe invano,
la misera si strugge, come falda
+
ma che far si vedria mirabil pruove,
strugger di nieve intempestiva suole,
+
per riaverla con crudel vendetta
ch'in loco aprico abbia scoperta il sole.
+
da quel ladron che gli l'avea intercetta.
  
 
30
 
30
Se di disio non vuol morir, bisogna
+
La Gelosia quel nano avea trovato;
che senza indugio ella se stessa aiti:
+
e la cagion del suo venir compresa,
e ben le par che di quel ch'essa agogna,
+
a caminar se gli era messa allato,
non sia tempo aspettar ch'altri la 'nviti.
+
parendo d'aver luogo a questa impresa.
Dunque, rotto ogni freno di vergogna,
+
Alla Discordia ritrovar fu grato
la lingua ebbe non men che gli occhi arditi:
+
la Gelosia; ma più quando ebbe intesa
e di quel colpo domandò mercede,
+
la cagion del venir, che le potea
che, forse non sapendo, esso le diede.
+
molto valere in quel che far volea.
  
 
31
 
31
O conte Orlando, o re di Circassia,
+
D'inimicar con Rodomonte il figlio
vostra inclita virtù, dite, che giova?
+
del re Agrican le pare aver suggetto:
Vostro alto onor dite in che prezzo sia,
+
troverà a sdegnar gli altri altro consiglio;
o che mercé vostro servir ritruova.
+
a sdegnar questi duo questo è perfetto.
Mostratemi una sola cortesia
+
Col nano se ne vien dove l'artiglio
che mai costei v'usasse, o vecchia o nuova,
+
del fier pagano avea Parigi astretto;
per ricompensa e guidardone e merto
+
e capitaro a punto in su la riva,
di quanto avete già per lei sofferto.
+
quando il crudel del fiume a nuoto usciva.
  
 
32
 
32
Oh se potessi ritornar mai vivo,
+
Tosto che riconobbe Rodomonte
quanto ti parria duro, o re Agricane!
+
costui de la sua donna esser messaggio,
che già mostrò costei sì averti a schivo
+
estinse ogn'ira, e serenò la fronte,
con repulse crudeli ed inumane.
+
e si sentì brillar dentro il coraggio.
O Ferraù, o mille altri ch'io non scrivo,
+
Ogn'altra cosa aspetta che gli conte,
ch'avete fatto mille pruove vane
+
prima ch'alcuno abbia a lei fatto oltraggio.
per questa ingrata, quanto aspro vi fôra,
+
Va contra il nano, e lieto gli domanda:
s'a costu' in braccio voi la vedesse ora!
+
- Ch'è de la donna nostra? ove ti manda? -
  
 
33
 
33
Angelica a Medor la prima rosa
+
Rispose il nano: - Né più tua mia
coglier lasciò, non ancor tocca inante:
+
donna dirò quella ch'è serva altrui.
persona fu mai sì aventurosa,
+
Ieri scontrammo un cavallier per via,
ch'in quel giardin potesse por le piante.
+
che ne la tolse, e la menò con lui. -
Per adombrar, per onestar la cosa,
+
A quello annunzio entrò la Gelosia,
si celebrò con cerimonie sante
+
fredda come aspe, ed abbracciò costui.
il matrimonio, ch'auspice ebbe Amore,
+
Seguita il nano, e narragli in che guisa
e pronuba la moglie del pastore.
+
un sol l'ha presa, e la sua gente uccisa.
  
 
34
 
34
Fersi le nozze sotto all'umil tetto
+
L'acciaio allora la Discordia prese,
le più solenni che vi potean farsi;
+
e la pietra focaia, e picchiò un poco,
e più d'un mese poi stero a diletto
+
e l'esca sotto la Superbia stese,
i duo tranquilli amanti a ricrearsi.
+
e fu attaccato in un momento il fuoco;
Più lunge non vedea del giovinetto
+
e sì di questo l'anima s'accese
la donna, né di lui potea saziarsi;
+
del Saracin, che non trovava loco:
né, per mai sempre pendergli dal collo,
+
sospira e freme con sì orribil faccia,
il suo disir sentia di lui satollo.
+
che gli elementi e tutto il ciel minaccia.
  
 
35
 
35
Se stava all'ombra o se del tetto usciva,
+
Come la tigre, poi ch'invan discende
avea dì e notte il bel giovine a lato:
+
nel voto albergo, e per tutto s'aggira,
matino e sera or questa or quella riva
+
e i cari figli all'ultimo comprende
cercando andava, o qualche verde prato:
+
essergli tolti, avampa di tant'ira,
nel mezzo giorno un antro li copriva,
+
a tanta rabbia, a tal furor s'estende,
forse non men di quel commodo e grato,
+
che né a monte né a rio né a notte mira;
ch'ebber, fuggendo l'acque, [[Enea]] e Dido,
+
né lunga via, né grandine raffrena
de' lor secreti testimonio fido.
+
l'odio che dietro al predator la mena:
  
 
36
 
36
Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto
+
così furendo il Saracin bizzarro
vedesse ombrare o fonte o rivo puro,
+
si volge al nano, e dice: - Or là t'invia; -
v'avea spillo o coltel subito fitto;
+
e non aspetta né destrier né carro,
così, se v'era alcun sasso men duro:
+
e non fa motto alla sua compagnia.
ed era fuori in mille luoghi scritto,
+
Va con più fretta che non va il ramarro,
e così in casa in altritanti il muro,
+
quando il ciel arde, a traversar la via.
Angelica e Medoro, in vari modi
+
Destrier non ha, ma il primo tor disegna,
legati insieme di diversi nodi.
+
sia di chi vuol, ch'ad incontrar lo vegna.
  
 
37
 
37
Poi che le parve aver fatto soggiorno
+
La Discordia ch'udì questo pensiero,
quivi più ch'a bastanza, fe' disegno
+
guardò, ridendo, la Superbia, e disse
di fare in India del Catai ritorno,
+
che volea gire a trovare un destriero
e Medor coronar del suo bel regno.
+
che gli apportasse altre contese e risse;
Portava al braccio un cerchio d'oro, adorno
+
e far volea sgombrar tutto il sentiero,
di ricche gemme, in testimonio e segno
+
ch'altro che quello in man non gli venisse:
del ben che 'l conte Orlando le volea;
+
e già pensato avea dove trovarlo.
e portato gran tempo ve l'avea.
+
Ma costei lascio, e torno a dir di Carlo.
  
 
38
 
38
Quel donò già Morgana a Ziliante,
+
Poi ch'al partir del Saracin si estinse
nel tempo che nel lago ascoso il tenne;
+
Carlo d'intorno il periglioso fuoco,
ed esso, poi ch'al padre Monodante,
+
tutte le genti all'ordine ristrinse.
per opra e per virtù d'Orlando venne,
+
Lascionne parte in qualche debol loco:
lo diede a Orlando: Orlando ch'era amante,
+
adosso il resto ai Saracini spinse,
di porsi al braccio il cerchio d'or sostenne,
+
per dar lor scacco, e guadagnarsi il giuoco;
avendo disegnato di donarlo
+
e gli mandò per ogni porta fuore,
alla regina sua di ch'io vi parlo.
+
da San Germano infin a San Vittore.
  
 
39
 
39
Non per amor del paladino, quanto
+
E commandò ch'a porta San Marcello,
perch'era ricco e d'artificio egregio,
+
dov'era gran spianata di campagna,
caro avuto l'avea la donna tanto,
+
aspettasse l'un l'altro, e in un drappello
che più non si può aver cosa di pregio.
+
si ragunasse tutta la compagna.
Se lo serbò ne l'Isola del pianto,
+
Quindi animando ognuno a far macello
non so già dirvi con che privilegio,
+
tal, che sempre ricordo ne rimagna,
là dove esposta al marin mostro nuda
+
ai lor ordini andar fe' le bandiere,
fu da la gente inospitale e cruda.
+
e di battaglia dar segno alle schiere.
  
 
40
 
40
Quivi non si trovando altra mercede
+
Il re Agramante in questo mezzo in sella,
ch'al buon pastor ed alla moglie dessi,
+
mal grado dei cristian, rimesso s'era;
che serviti gli avea con sì gran fede
+
e con l'inamorato d'Isabella
dal dì che nel suo albergo si fur messi,
+
facea battaglia perigliosa e fiera:
levò dal braccio il cerchio e gli lo diede,
+
col re Sobrin Lurcanio si martella:
e volse per suo amor che lo tenessi.
+
Rinaldo incontra avea tutta una schiera;
Indi saliron verso la montagna
+
e con virtude e con fortuna molta
che divide la Francia da la Spagna.
+
l'urta, l'apre, ruina e mette in volta.
  
 
41
 
41
Dentro a Valenza o dentro a Barcellona
+
Essendo la battaglia in questo stato,
per qualche giorno avea pensato porsi,
+
l'imperatore assalse il retroguardo
fin che accadesse alcuna nave buona
+
dal canto ove Marsilio avea fermato
che per Levante apparecchiasse a sciorsi.
+
il fior di Spagna intorno al suo stendardo.
Videro il mar scoprir sotto a Girona
+
Con fanti in mezzo e cavallieri allato,
ne lo smontar giù dei montani dorsi;
+
re Carlo spinse il suo popul gagliardo
e costeggiando a man sinistra il lito,
+
con tal rumor di timpani e di trombe,
a Barcellona andar pel camin trito.
+
che tutto 'l mondo par che ne rimbombe.
  
 
42
 
42
Ma non vi giunser prima, ch'un uom pazzo
+
Cominciavan le schiere a ritirarse
giacer trovato in su l'estreme arene,
+
de' Saracini, e si sarebbon volte
che, come porco, di loto e di guazzo
+
tutte a fuggir, spezzate, rotte e sparse,
tutto era brutto e volto e petto e schene.
+
per mai più non potere esser raccolte;
Costui si scagliò lor come cagnazzo
+
ma 'l re Grandonio e Falsiron comparse,
ch'assalir forestier subito viene;
+
che stati in maggior briga eran più volte,
e diè lor noia, e fu per far lor scorno.
+
e Balugante e Serpentin feroce,
Ma di Marfisa a ricontarvi torno.
+
e Ferraù che lor dicea a gran voce:
  
 
43
 
43
Di Marfisa, d'Astolfo, d' Aquilante,
+
- Ah (dicea) valentuomini, ah compagni,
di Grifone e degli altri io vi vuo' dire,
+
ah fratelli, tenete il luogo vostro.
che travagliati, e con la morte inante,
+
I nimici faranno opra di ragni,
mal si poteano incontra il mar schermire:
+
se non manchiamo noi del dover nostro.
che sempre più superba e più arrogante
+
Guardate l'alto onor, gli ampli guadagni
crescea fortuna le minacce e l'ire;
+
che Fortuna, vincendo, oggi ci ha mostro:
e già durato era tre dì lo sdegno,
+
guardate la vergogna e il danno estremo,
né di placarsi ancor mostrava segno.
+
ch'essendo vinti, a patir sempre avremo. -
  
 
44
 
44
Castello e ballador spezza e fracassa
+
Tolto in quel tempo una gran lancia avea,
l'onda nimica e 'l vento ognor più fiero:
+
e contra Berlingier venne di botto,
se parte ritta il verno pur ne lassa,
+
che sopra Largaliffa combattea,
la taglia e dona al mar tutta il nocchiero.
+
e l'elmo ne la fronte gli avea rotto:
Chi sta col capo chino in una cassa
+
gittollo in terra, e con la spada rea
su la carta appuntando il suo sentiero
+
appresso a lui ne fe' cader forse otto.
a lume di lanterna piccolina,
+
Per ogni botta almanco, che disserra,
e chi col torchio giù ne la sentina.
+
cader fa sempre un cavalliero in terra.
  
 
45
 
45
Un sotto poppe, un altro sotto prora
+
In altra parte ucciso avea Rinaldo
si tiene inanzi l'oriuol da polve:
+
tanti pagan, ch'io non potrei contarli.
e torna a rivedere ogni mezz'ora
+
Dinanzi a lui non stava ordine saldo:
quanto è già corso, ed a che via si volve:
+
vedreste piazza in tutto 'l campo darli.
indi ciascun con la sua carta fuora
+
Non men Zerbin, non men Lurcanio è caldo:
a mezza nave il suo parer risolve,
+
per modo fan, ch'ognun sempre ne parli:
là dove a un tempo i marinari tutti
+
questo di punta avea Balastro ucciso,
sono a consiglio dal padron ridutti.
+
e quello a Finadur l'elmo diviso.
  
 
46
 
46
Chi dice: - Sopra Linmissò venuti
+
L'esercito d'Alzerbe avea il primiero,
siamo, per quel ch'io trovo, alle seccagne; -
+
che poco inanzi aver solea Tardocco;
chi: - Di Tripoli appresso i sassi acuti,
+
l'altro tenea sopra le squadre impero
dove il mar le più volte i legni fragne; -
+
di Zamor e di Saffi e di Marocco.
chi dice: - Siamo in Satalia perduti,
+
- Non è tra gli Africani un cavalliero
per cui più d'un nocchier sospira e piagne. -
+
che di lancia ferir sappia o di stocco? -
Ciascun secondo il parer suo argomenta,
+
mi si potrebbe dir: ma passo passo
ma tutti ugual timor preme e sgomenta.
+
nessun di gloria degno a dietro lasso.
  
 
47
 
47
Il terzo giorno con maggior dispetto
+
Del re de la Zumara non si scorda
gli assale il vento, e il mar più irato freme;
+
il nobil Dardinel figlio d'Almonte,
e l'un ne spezza e portane il trinchetto,
+
che con la lancia Uberto da Mirforda,
e 'l timon l'altro, e chi lo volge insieme.
+
Claudio dal Bosco, Elio e Dulfin dal Monte,
Ben è di forte e di marmoreo petto
+
e con la spada Anselmo da Stanforda,
e più duro ch'acciar, ch'ora non teme.
+
e da Londra Raimondo e Pinamonte
Marfisa, che già fu tanto sicura,
+
getta per terra (ed erano pur forti),
non negò che quel giorno ebbe paura.
+
dui storditi, un piagato, e quattro morti.
  
 
48
 
48
Al monte Sinaì fu peregrino,
+
Ma con tutto 'l valor che di sé mostra,
a Gallizia promesso, a [[Cipro]], a Roma,
+
non può tener sì ferma la sua gente,
al Sepolcro, alla Vergine d'Ettino,
+
sì ferma, ch'aspettar voglia la nostra
e se celebre luogo altro si noma.
+
di numero minor, ma più valente.
Sul mare intanto, e spesso al ciel vicino
+
Ha più ragion di spada e più di giostra
l'afflitto e conquassato legno toma,
+
e d'ogni cosa a guerra appertinente.
di cui per men travaglio avea il padrone
+
Fugge la gente maura, di Zumara,
fatto l'arbor tagliar de l'artimone.
+
di Setta, di Marocco e di Canara.
  
 
49
 
49
E colli e casse e ciò che v'è di grave
+
Ma più degli altri fuggon quei d'Alzerbe,
gitta da prora e da poppe e da sponde;
+
a cui s'oppose il nobil giovinetto;
e fa tutte sgombrar camere e giave,
+
ed or con prieghi, or con parole acerbe
e dar le ricche merci all'avide onde.
+
ripor lor cerca l'animo nel petto.
Altri attende alle trombe, e a tor di nave
+
- S'Almonte meritò ch'in voi si serbe
l'acque importune, e il mar nel mar rifonde;
+
di lui memoria, or ne vedrò l'effetto:
soccorre altri in sentina, ovunque appare
+
io vedrò (dicea lor) se me, suo figlio,
legno da legno aver sdrucito il mare.
+
lasciar vorrete in così gran periglio.
  
 
50
 
50
Stero in questo travaglio, in questa pena
+
State, vi priego per mia verde etade,
ben quattro giorni, e non avean più schermo;
+
in cui solete aver sì larga speme:
e n'avria avuto il mar vittoria piena,
+
deh non vogliate andar per fil di spade,
poco più che 'l furor tenesse fermo:
+
ch'in Africa non torni di noi seme.
ma diede speme lor d'aria serena
+
Per tutto ne saran chiuse le strade,
la disiata luce di santo Ermo,
+
se non andiam raccolti e stretti insieme:
ch'in prua s'una cocchina a por si venne;
+
troppo alto muro e troppo larga fossa
che più non v'erano arbori né antenne.
+
è il monte e il mar, pria che tornar si possa.
  
 
51
 
51
Veduto fiammeggiar la bella face,
+
Molto è meglio morir qui, ch'ai supplici
s'inginocchiaro tutti i naviganti,
+
darsi e alla discrezion di questi cani.
e domandaro il mar tranquillo e pace
+
State saldi, per Dio, fedeli amici;
con umidi occhi e con voci tremanti.
+
che tutti son gli altri rimedi vani.
La tempesta crudel, che pertinace
+
Non han di noi più vita gli nimici;
fu sin allora, non andò più inanti:
+
più d'un'alma non han, più di due mani. -
Maestro e Traversia più non molesta,
+
Così dicendo, il giovinetto forte
e sol del mar tiràn Libecchio resta.
+
al conte d'Otonlei diede la morte.
  
 
52
 
52
Questo resta sul mar tanto possente,
+
Il rimembrare Almonte così accese
e da la negra bocca in modo esala,
+
l'esercito african che fuggia prima,
ed è con lui sì il rapido corrente
+
che le braccia e le mani in sue difese
de l'agitato mar ch'in fretta cala,
+
meglio, che rivoltar le spalle, estima.
che porta il legno più velocemente,
+
Guglielmo da Burnich era uno Inglese
che pelegrin falcon mai facesse ala,
+
maggior di tutti, e Dardinello il cima,
con timor del nocchier ch'al fin del mondo
+
e lo pareggia agli altri; e apresso taglia
non lo trasporti, o rompa, o cacci al fondo.
+
il capo ad Aramon di Cornovaglia.
  
 
53
 
53
Rimedio a questo il buon nocchier ritruova,
+
Morto cadea questo Aramone a valle;
che commanda gittar per poppa spere,
+
e v'accorse il fratel per dargli aiuto:
e caluma la gomona, e fa pruova
+
ma Dardinel l'aperse per le spalle
di duo terzi del corso ritenere.
+
fin giù dove lo stomaco è forcuto.
Questo consiglio, e più l'augurio giova
+
Poi forò il ventre a Bogio da Vergalle,
di chi avea acceso in proda le lumiere:
+
e lo mandò del debito assoluto:
questo il legno salvò che peria forse,
+
avea promesso alla moglier fra sei
e fe' ch'in alto mar sicuro corse.
+
mesi, vivendo, di tornare a lei.
  
 
54
 
54
Nel golfo di Laiazzo invêr Soria
+
Vide non lungi Dardinel gagliardo
sopra una gran città si trovò sorto,
+
venir Lurcanio, ch'avea in terra messo
e sì vicino al lito, che scopria
+
Dorchin, passato ne la gola, e Gardo
l'uno e l'altro castel che serra il porto.
+
per mezzo il capo e insin ai denti fesso;
Come il padron s'accorse de la via
+
e ch'Alteo fuggir volse, ma fu tardo,
che fatto avea, ritornò in viso smorto;
+
Alteo ch'amò quanto il suo core istesso;
che né porto pigliar quivi volea,
+
che dietro alla collottola gli mise
né stare in alto, né fuggir potea.
+
il fier Lurcanio un colpo che l'uccise.
  
 
55
 
55
Né potea stare in alto, né fuggire,
+
Piglia una lancia, e va per far vendetta,
che gli arbori e l'antenne avea perdute:
+
dicendo al suo Macon (s'udir lo puote),
eran tavole e travi pel ferire
+
che se morto Lurcanio in terra getta,
del mar, sdrucite, macere e sbattute.
+
ne la moschea ne porrà l'arme vote.
E 'l pigliar porto era un voler morire,
+
Poi traversando la campagna in fretta,
o perpetuo legarsi in servitute;
+
con tanta forza il fianco gli percuote,
che riman serva ogni persona, o morta,
+
che tutto il passa sin all'altra banda;
che quivi errore o ria fortuna porta.
+
ed ai suoi, che lo spoglino, commanda.
  
 
56
 
56
E 'l stare in dubbio era con gran periglio
+
Non è da domandarmi, se dolere
che non salisser genti de la terra
+
se ne dovesse Ariodante il frate;
con legni armati, e al suo desson di piglio,
+
se desiasse di sua man potere
mal atto a star sul mar, non ch'a far guerra.
+
por Dardinel fra l'anime dannate:
Mentre il padron non sa pigliar consiglio,
+
ma nol lascian le genti adito avere,
fu domandato da quel d'Inghilterra,
+
non men de le 'nfedel le battezzate.
chi gli tenea sì l'animo suspeso,
+
Vorria pur vendicarsi, e con la spada
e perché già non avea il porto preso.
+
di qua di là spianando va la strada.
  
 
57
 
57
Il padron narrò lui che quella riva
+
Urta, apre, caccia, atterra, taglia e fende
tutta tenean le femine omicide,
+
qualunque lo 'mpedisce o gli contrasta.
di quai l'antiqua legge ognun ch'arriva
+
E Dardinel che quel disire intende,
in perpetuo tien servo, o che l'uccide;
+
a volerlo saziar già non sovrasta:
e questa sorte solamente schiva
+
ma la gran moltitudine contende
chi nel campo dieci uomini conquide,
+
con questa ancora, e i suoi disegni guasta.
e poi la notte può assaggiar nel letto
+
Se' Mori uccide l'un, l'altro non manco
diece donzelle con carnal diletto.
+
gli Scotti uccide e il campo inglese e 'l franco.
  
 
58
 
58
E se la prima pruova gli vien fatta,
+
Fortuna sempremai la via lor tolse,
e non fornisca la seconda poi,
+
che per tutto quel dì non s'accozzaro.
egli vien morto, e chi è con lui si tratta
+
A più famosa man serbar l'un volse;
da zappatore o da guardian di buoi.
+
che l'uomo il suo destin fugge di raro.
Se di far l'uno e l'altro è persona atta,
+
Ecco Rinaldo a questa strada volse,
impetra libertade a tutti i suoi;
+
perch'alla vita d'un non sia riparo:
a sé non già, c'ha da restar marito
+
ecco Rinaldo vien: Fortuna il guida
di diece donne, elette a suo appetito.
+
per dargli onor che Dardinello uccida.
  
 
59
 
59
Non poté udire Astolfo senza risa
+
Ma sia per questa volta detto assai
de la vicina terra il rito strano.
+
dei gloriosi fatti di Ponente.
Sopravien Sansonetto, e poi Marfisa,
+
Tempo è ch'io torni ove Grifon lasciai,
indi Aquilante, e seco il suo germano.
+
che tutto d'ira e di disdegno ardente
Il padron parimente lor divisa
+
facea, con più timor ch'avesse mai,
la causa che dal porto il tien lontano:
+
tumultuar la sbigottita gente.
- Voglio (dicea) che inanzi il mar m'affoghi,
+
Re Norandino a quel rumor corso era
ch'io senta mai di servitude i gioghi. -
+
con più di mille armati in una schiera.
  
 
60
 
60
Del parer del padrone i marinari
+
Re Norandin con la sua corte armata,
e tutti gli altri naviganti furo;
+
vedendo tutto 'l populo fuggire,
ma Marfisa e' compagni eran contrari,
+
venne alla porta in battaglia ordinata,
che, più che l'acque, il lito avean sicuro.
+
e quella fece alla sua giunta aprire.
Via più il vedersi intorno irati i mari,
+
Grifone intanto avendo già cacciata
che centomila spade, era lor duro.
+
da sé la turba sciocca e senza ardire,
Parea lor questo e ciascun altro loco
+
la sprezzata armatura in sua difesa
dov'arme usar potean, da temer poco.
+
(qual la si fosse) avea di nuovo presa;
  
 
61
 
61
Bramavano i guerrier venire a proda,
+
e presso a un tempio ben murato e forte,
ma con maggior baldanza il duca inglese;
+
che circondato era d'un'alta fossa,
che sa, come del corno il rumor s'oda,
+
in capo un ponticel si fece forte,
sgombrar d'intorno si farà il paese.
+
perché chiuderlo in mezzo alcun non possa.
Pigliare il porto l'una parte loda,
+
Ecco, gridando e minacciando forte,
e l'altra il biasma, e sono alle contese;
+
fuor de la porta esce una squadra grossa.
ma la più forte in guisa il padron stringe,
+
L'animoso Grifon non muta loco,
ch'al porto, suo malgrado, il legno spinge.
+
e fa sembiante che ne tema poco.
  
 
62
 
62
Già, quando prima s'erano alla vista
+
E poi ch'avicinar questo drappello
de la città crudel sul mar scoperti,
+
si vide, andò a trovarlo in su la strada;
veduto aveano una galea provista
+
e molta strage fattane e macello
di molta ciurma e di nochieri esperti
+
(che menava a due man sempre la spada),
venire al dritto a ritrovar la trista
+
ricorso avea allo stretto ponticello,
nave, confusa di consigli incerti;
+
e quindi li tenea non troppo a bada:
che, l'alta prora alle sua poppe basse
+
di nuovo usciva e di nuovo tornava;
legando, fuor de l'empio mar la trasse.
+
e sempre orribil segno vi lasciava.
  
 
63
 
63
Entrar nel porto remorchiando, e a forza
+
Quando di dritto e quando di riverso
di remi più che per favor di vele;
+
getta or pedoni or cavallieri in terra.
però che l'alternar di poggia e d'orza
+
Il popul contra lui tutto converso
avea levato il vento lor crudele.
+
più e più sempre inaspera la guerra.
Intanto ripigliar la dura scorza
+
Teme Grifone al fin restar sommerso:
i cavallieri e il brando lor fedele;
+
sì cresce il mar che d'ogn'intorno il serra;
ed al padrone ed a ciascun che teme
+
e ne la spalla e ne la coscia manca
non cessan dar con lor conforti speme.
+
è già ferito, e pur la lena manca.
  
 
64
 
64
Fatto è 'l porto a sembianza d'una luna,
+
Ma la virtù, ch'ai suoi spesso soccorre,
e gira più di quattro miglia intorno:
+
gli fa appo Norandin trovar perdono.
seicento passi è in bocca, ed in ciascuna
+
Il re, mentre al tumulto in dubbio corre,
parte una rocca ha nel finir del corno.
+
vede che morti già tanti ne sono:
Non teme alcuno assalto di fortuna,
+
vede le piaghe che di man d'Ettorre
se non quando gli vien dal mezzogiorno.
+
pareano uscite: un testimonio buono,
A guisa di teatro se gli stende
+
che dianzi esso avea fatto indegnamente
la città a cerco, e verso il poggio ascende.
+
vergogna a un cavallier molto eccellente.
  
 
65
 
65
Non fu quivi sì tosto il legno sorto
+
Poi, come gli è più presso, e vede in fronte
(già l'aviso era per tutta la terra),
+
quel che la gente a morte gli ha condutta,
che fur seimila femine sul porto,
+
e fattosene avanti orribil monte,
con gli archi in mano, in abito di guerra;
+
e di quel sangue il fosso e l'acqua brutta;
e per tor de la fuga ogni conforto,
+
gli è aviso di veder proprio sul ponte
tra l'una rocca e l'altra il mar si serra:
+
Orazio sol contra Toscana tutta:
da navi e da catene fu rinchiuso,
+
e per suo onore, e perché gli ne 'ncrebbe,
che tenean sempre istrutte a cotal uso.
+
ritrasse i suoi, né gran fatica v'ebbe.
  
 
66
 
66
Una che d'anni alla Cumea d'[[Apollo]]
+
Ed alzando la man nuda e senz'arme,
poté uguagliarsi e alla madre d'[[Ettore]],
+
antico segno di tregua o di pace,
fe' chiamare il padrone, e domandollo
+
disse a Grifon: - Non so, se non chiamarme
se si volean lasciar la vita torre,
+
d'avere il torto, e dir che mi dispiace:
o se voleano pur al giogo il collo,
+
ma il mio poco giudicio, e lo istigarme
secondo la costuma, sottoporre.
+
altrui, cadere in tanto error mi face.
Degli dua l'uno aveano a torre: o quivi
+
Quel che di fare io mi credea al più vile
tutti morire, o rimaner captivi.
+
guerrier del mondo, ho fatto al più gentile.
  
 
67
 
67
- Gli è ver (dicea) che s'uom si ritrovasse
+
E se bene alla ingiuria ed a quell'onta
tra voi così animoso e così forte,
+
ch'oggi fatta ti fu per ignoranza,
che contra dieci nostri uomini osasse
+
l'onor che ti fai qui s'adegua e sconta,
prender battaglia, e desse lor la morte,
+
o (per più vero dir) supera e avanza;
e far con diece femine bastasse
+
la satisfazion ci serà pronta
per una notte ufficio di consorte;
+
a tutto mio sapere e mia possanza,
egli si rimarria principe nostro,
+
quando io conosca di poter far quella
e gir voi ne potreste al camin vostro.
+
per oro o per cittadi o per castella.
  
 
68
 
68
E sarà in vostro arbitrio il restar anco,
+
Chiedimi la metà di questo regno,
vogliate o tutti o parte; ma con patto,
+
ch'io son per fartene oggi possessore;
che chi vorrà restare, e restar franco,
+
che l'alta tua virtù non ti fa degno
marito sia per diece femine atto.
+
di questo sol, ma ch'io ti doni il core:
Ma quando il guerrier vostro possa manco
+
e la tua mano in questo mezzo, pegno
dei dieci che gli fian nimici a un tratto,
+
di fé mi dona e di perpetuo amore. -
o la seconda pruova non fornisca,
+
Così dicendo, da cavallo scese,
vogliàn voi siate schiavi, egli perisca. -
+
e vêr Grifon la destra mano stese.
  
 
69
 
69
Dove la vecchia ritrovar timore
+
Grifon, vedendo il re fatto benigno
credea nei cavallier, trovò baldanza;
+
venirgli per gittar le braccia al collo,
che ciascun si tenea tal feritore,
+
lasciò la spada e l'animo maligno,
che fornir l'uno e l'altro avea speranza:
+
e sotto l'anche ed umile abbracciollo.
ed a Marfisa non mancava il core,
+
Lo vide il re di due piaghe sanguigno,
ben che mal atta alla seconda danza;
+
e tosto fe' venir chi medicollo;
ma dove non l'aitasse la natura,
+
indi portar ne la cittade adagio,
con la spada supplir stava sicura.
+
e riposar nel suo real palagio.
  
 
70
 
70
Al padron fu commessa la risposta,
+
Dove, ferito, alquanti giorni, inante
prima conchiusa per commun consiglio:
+
che si potesse armar, fece soggiorno.
ch'avean chi lor potria di sé a lor posta
+
Ma lascio lui, ch'al suo frate Aquilante
ne la piazza e nel letto far periglio.
+
ed ad Astolfo in Palestina torno,
Levan l'offese, ed il nocchier s'accosta,
+
che di Grifon, poi che lasciò le sante
getta la fune e le fa dar di piglio;
+
mura, cercare han fatto più d'un giorno
e fa acconciare il ponte, onde i guerrieri
+
in tutti i lochi in Solima devoti,
escono armati, e tranno i lor destrieri.
+
e in molti ancor da la città remoti.
  
 
71
 
71
E quindi van per mezzo la cittade,
+
Or né l'uno né l'altro è sì indovino,
e vi ritruovan le donzelle altiere,
+
che di Grifon possa saper che sia:
succinte cavalcar per le contrade,
+
ma venne lor quel Greco peregrino,
ed in piazza armeggiar come guerriere.
+
nel ragionare, a caso a darne spia,
Né calciar quivi spron, né cinger spade,
+
dicendo ch'Orrigille avea il camino
né cosa d'arme puoi gli uomini avere,
+
verso Antiochia preso di Soria,
se non dieci alla volta, per rispetto
+
d'un nuovo drudo, ch'era di quel loco,
de l'antiqua costuma ch'io v'ho detto.
+
di subito arsa e d'improviso fuoco.
  
 
72
 
72
Tutti gli altri alla spola, all'aco, al fuso,
+
Dimandògli Aquilante, se di questo
al pettine ed all'aspo sono intenti,
+
così notizia avea data a Grifone:
con vesti feminil che vanno giuso
+
e come l'affermò, s'avisò il resto,
insin al piè, che gli fa molli e lenti.
+
perché fosse partito, e la cagione.
Si tengono in catena alcuni ad uso
+
Ch'Orrigille ha seguito è manifesto
d'arar la terra o di guardar gli armenti.
+
in Antiochia con intenzione
Son pochi i maschi, e non son ben, per mille
+
di levarla di man del suo rivale
femine, cento, fra cittadi e ville.
+
con gran vendetta e memorabil male.
  
 
73
 
73
Volendo tôrre i cavallieri a sorte
+
Non tolerò Aquilante che 'l fratello
chi di lor debba, per commune scampo
+
solo e senz'esso a quell'impresa andasse;
l'una decina in piazza porre a morte,
+
e prese l'arme, e venne dietro a quello:
e poi l'altra ferir ne l'altro campo;
+
ma prima pregò il duca che tardasse
non disegnavan di Marfisa forte,
+
l'andata in Francia ed al paterno ostello,
stimando che trovar dovesse inciampo
+
fin ch'esso d'Antiochia ritornasse.
ne la seconda giostra de la sera,
+
Scende al Zaffo e s'imbarca, che gli pare
ch'ad averne vittoria abil non era.
+
e più breve e miglior la via del mare.
  
 
74
 
74
Ma con gli altri esser volse ella sortita:
+
Ebbe un ostro-silocco allor possente
or sopra lei la sorte in somma cade.
+
tanto nel mare, e sì per lui disposto,
Ella dicea: - Prima v'ho a por la vita,
+
che la terra del Surro il dì seguente
che v'abbiate a por voi la libertade;
+
vide e Saffetto, un dopo l'altro tosto.
ma questa spada (e lor la spada addita,
+
Passa Barutti e il Zibeletto, e sente
che cinta avea) vi do per securtade
+
che da man manca gli è Cipro discosto.
ch'io vi sciorrò tutti gl'intrichi al modo
+
A Tortosa da Tripoli, e alla Lizza
che fe' [[Alessandro (1)|Alessandro]] il gordiano nodo.
+
e al golfo di Laiazzo il camin drizza.
  
 
75
 
75
Non vuo' mai più che forestier si lagni
+
Quindi a levante fe' il nocchier la fronte
di questa terra, fin che 'l mondo dura. -
+
del navilio voltar snello e veloce;
Così disse; e non potero i compagni
+
ed a sorger n'andò sopra l'Oronte,
torle quel che le dava sua aventura.
+
e colse il tempo, e ne pigliò la foce.
Dunque, o ch'in tutto perda, o lor guadagni
+
Gittar fece Aquilante in terra il ponte,
la libertà, le lasciano la cura.
+
e n'uscì armato sul destrier feroce;
Ella di piastre già guernita e maglia,
+
e contra il fiume il camin dritto tenne,
s'appresentò nel campo alla battaglia.
+
tanto ch'in Antiochia se ne venne.
  
 
76
 
76
Gira una piazza al sommo de la terra,
+
Di quel Martano ivi ebbe ad informarse;
di gradi a seder atti intorno chiusa;
+
ed udì ch'a Damasco se n'era ito
che solamente a giostre, a simil guerra,
+
con Orrigille, ove una giostra farse
a cacce, a lotte, e non ad altro s'usa:
+
dovea solenne per reale invito.
quattro porte ha di [[bronzo]], onde si serra.
+
Tanto d'andargli dietro il desir l'arse,
Quivi la moltitudine confusa
+
certo che 'l suo german l'abbia seguito,
de l'armigere femine si trasse;
+
che d'Antiochia anco quel dì si tolle;
e poi fu detto a Marfisa ch'entrasse.
+
ma già per mar più ritornar non volle.
  
 
77
 
77
Entrò Marfisa s'un destrier leardo,
+
Verso Lidia e Larissa il camin piega:
tutto sparso di macchie e di rotelle,
+
resta più sopra Aleppe ricca e piena.
di piccol capo e d'animoso sguardo,
+
Dio, per mostrar ch'ancor di qua non niega
d'andar superbo e di fattezze belle.
+
mercede al bene, ed al contrario pena,
Pel maggiore e più vago e più gagliardo,
+
Martano appresso a Mamuga una lega
di mille che n'avea con briglie e selle,
+
ad incontrarsi in Aquilante mena.
scelse in Damasco, e realmente ornollo,
+
Martano si facea con bella mostra
ed a Marfisa Norandin donollo.
+
portare inanzi il pregio de la giostra.
  
 
78
 
78
Da mezzogiorno e da la porta d'austro
+
Pensò Aquilante al primo comparire,
entrò Marfisa; e non vi stette guari,
+
che 'l vil Martano il suo fratello fosse;
ch'appropinquare e risonar pel claustro
+
che l'ingannaron l'arme, e quel vestire
udì di trombe acuti suoni e chiari:
+
candido più che nievi ancor non mosse:
e vide poi di verso il freddo plaustro
+
e con quell'oh! che d'allegrezza dire
entrar nel campo i dieci suoi contrari.
+
si suole, incominciò; ma poi cangiosse
Il primo cavallier ch'apparve inante,
+
tosto di faccia e di parlar, ch'appresso
di valer tutto il resto avea sembiante.
+
s'avide meglio, che non era desso.
  
 
79
 
79
Quel venne in piazza sopra un gran destriero,
+
Dubitò che per fraude di colei
che, fuor ch'in fronte e nel piè dietro manco,
+
ch'era con lui, Grifon gli avesse ucciso;
era, più che mai corbo, oscuro e nero:
+
e: - Dimmi (gli gridò) tu ch'esser déi
nel piè e nel capo avea alcun pelo bianco.
+
un ladro e un traditor, come n'hai viso,
Del color del cavallo il cavalliero
+
onde hai quest'arme avute? onde ti sei
vestito, volea dir che, come manco
+
sul buon destrier del mio fratello assiso?
del chiaro era l'oscuro, era altretanto
+
Dimmi se 'l mio fratello è morto o vivo;
il riso in lui verso l'oscuro pianto.
+
come de l'arme e del destrier l'hai privo. -
  
 
80
 
80
Dato che fu de la battaglia il segno,
+
Quando Orrigille udì l'irata voce,
nove guerrier l'aste chinaro a un tratto:
+
a dietro il palafren per fuggir volse;
ma quel dal nero ebbe il vantaggio a sdegno;
+
ma di lei fu Aquilante più veloce,
si ritirò, né di giostrar fece atto.
+
e fecela fermar, volse o non volse.
Vuol ch'alle leggi inanzi di quel regno,
+
Martano al minacciar tanto feroce
ch'alla sua cortesia, sia contrafatto.
+
del cavallier, che sì improviso il colse,
Si tra' da parte e sta a veder le pruove
+
pallido triema, come al vento fronda,
ch'una sola asta farà contra a nove.
+
né sa quel che si faccia o che risponda.
  
 
81
 
81
Il destrier, ch'avea andar trito e soave,
+
Grida Aquilante, e fulminar non resta,
portò all'incontro la donzella in fretta,
+
e la spada gli pon dritto alla strozza;
che nel corso arrestò lancia sì grave,
+
e giurando minaccia che la testa
che quattro uomini avriano a pena retta.
+
ad Orrigille e a lui rimarrà mozza,
L'avea pur dianzi al dismontar di nave
+
se tutto il fatto non gli manifesta.
per la più salda in molte antenne eletta.
+
Il mal giunto Martano alquanto ingozza,
Il fier sembiante con ch'ella si mosse,
+
e tra sé volve se può sminuire
mille facce imbiancò, mille cor scosse.
+
sua grave colpa, e poi comincia a dire:
  
 
82
 
82
Aperse al primo che trovò sì il petto,
+
- Sappi, signor, che mia sorella è questa,
che fôra assai che fosse stato nudo:
+
nata di buona e virtuosa gente,
gli passò la corazza e il soprapetto,
+
ben che tenuta in vita disonesta
ma prima un ben ferrato e grosso scudo.
+
l'abbia Grifone obbrobriosamente:
Dietro le spalle un braccio il ferro netto
+
e tale infamia essendomi molesta,
si vide uscir: tanto fu il colpo crudo.
+
né per forza sentendomi possente
Quel fitto ne la lancia a dietro lassa,
+
di torla a sì grande uom, feci disegno
e sopra gli altri a tutta briglia passa.
+
d'averla per astuzia e per ingegno.
  
 
83
 
83
E diede d'urto a chi venìa secondo,
+
Tenni modo con lei, ch'avea desire
ed a chi terzo sì terribil botta,
+
di ritornare a più lodata vita,
che rotto ne la schiena uscir del mondo
+
ch'essendosi Grifon messo a dormire,
fe' l'uno e l'altro, e de la sella a un'otta;
+
chetamente da lui fêsse partita.
sì duro fu l'incontro e di tal pondo,
+
Così fece ella; e perché egli a seguire
sì stretta insieme ne venìa la frotta.
+
non n'abbia, ed a turbar la tela ordita,
Ho veduto bombarde a quella guisa
+
noi lo lasciammo disarmato e a piedi;
le squadre aprir, che fe' lo stuol Marfisa.
+
e qua venuti siàn, come tu vedi. -
  
 
84
 
84
Sopra di lei più lance rotte furo;
+
Poteasi dar di somma astuzia vanto,
ma tanto a quelli colpi ella si mosse,
+
che colui facilmente gli credea;
quanto nel giuoco de le cacce un muro
+
e, fuor che 'n torgli arme e destrier e quanto
si muova a' colpi de le palle grosse.
+
tenesse di Grifon, non gli nocea;
L'usbergo suo di tempra era sì duro,
+
se non volea pulir sua scusa tanto,
che non gli potean contra le percosse;
+
che la facesse di menzogna rea:
e per incanto al fuoco de l'Inferno
+
buona era ogn'altra parte, se non quella
cotto, e temprato all'acque fu d'Averno.
+
che la femina a lui fosse sorella.
  
 
85
 
85
Al fin del campo il destrier tenne e volse,
+
Avea Aquilante in Antiochia inteso
e fermò alquanto: e in fretta poi lo spinse
+
essergli concubina, da più genti;
incontra gli altri, e sbarragliolli e sciolse,
+
onde gridando, di furore acceso:
e di lor sangue insin all'elsa tinse.
+
- Falsissimo ladron, tu te ne menti! -
All'uno il capo, all'altro il braccio tolse;
+
un pugno gli tirò di tanto peso,
e un altro in guisa con la spada cinse,
+
che ne la gola gli cacciò duo denti:
che 'l petto in terra andò col capo ed ambe
+
e senza più contesa, ambe le braccia
le braccia, e in sella il ventre era e le gambe.
+
gli volge dietro, e d'una fune allaccia;
  
 
86
 
86
Lo partì, dico, per dritta misura,
+
e parimente fece ad Orrigille,
de le coste e de l'anche alle confine,
+
ben che in sua scusa ella dicesse assai.
e lo fe' rimaner mezza figura,
+
Quindi li trasse per casali e ville,
qual dinanzi all'imagini divine,
+
né li lasciò fin a Damasco mai;
poste d'argento, e più di cera pura
+
e de le miglia mille volte mille
son da genti lontane e da vicine,
+
tratti gli avrebbe con pene e con guai,
ch'a ringraziarle e sciorre il voto vanno
+
fin ch'avesse trovato il suo fratello,
de le domande pie ch'ottenute hanno.
+
per farne poi come piacesse a quello.
  
 
87
 
87
Ad uno che fuggia, dietro si mise,
+
Fece Aquilante lor scudieri e some
né fu a mezzo la piazza, che lo giunse;
+
seco tornare, ed in Damasco venne,
e 'l capo e 'l collo in modo gli divise,
+
e trovò di Grifon celebre il nome
che medico mai più non lo raggiunse.
+
per tutta la città batter le penne:
In somma tutti un dopo l'altro uccise,
+
piccoli e grandi, ognun sapea già come
o ferì sì ch'ogni vigor n'emunse;
+
egli era, che sì ben corse l'antenne,
e fu sicura che levar di terra
+
ed a cui tolto fu con falsa mostra
mai più non si potrian per farle guerra.
+
dal compagno la gloria de la giostra.
  
 
88
 
88
Stato era il cavallier sempre in un canto,
+
Il popul tutto al vil Martano infesto,
che la decina in piazza avea condutta;
+
l'uno all'altro additandolo, lo scuopre.
però che contra un solo andar con tanto
+
- Non è (dicean), non è il ribaldo questo,
vantaggio opra gli parve iniqua e brutta.
+
che si fa laude con l'altrui buone opre?
Or che per una man torsi da canto
+
e la virtù di chi non è ben desto,
vide sì tosto la compagna tutta,
+
con la sua infamia e col suo obbrobrio copre?
per dimostrar che la tardanza fosse
+
Non è l'ingrata femina costei,
cortesia stata e non timor, si mosse.
+
la qual tradisce i buoni e aiuta i rei? -
  
 
89
 
89
Con man fe' cenno di volere, inanti
+
Altri dicean: - Come stan bene insieme
che facesse altro, alcuna cosa dire;
+
segnati ambi d'un marchio e d'una razza! -
e non pensando in sì viril sembianti
+
Chi li bestemmia, chi lor dietro freme,
che s'avesse una vergine a coprire,
+
chi grida: - Impicca, abrucia, squarta, amazza! -
le disse; - Cavalliero, omai di tanti
+
La turba per veder s'urta, si preme,
esser déi stanco, c'hai fatto morire;
+
e corre inanzi alle strade, alla piazza.
e s'io volessi, più di quel che sei,
+
Venne la nuova al re, che mostrò segno
stancarti ancor, discortesia farei.
+
d'averla cara più ch'un altro regno.
  
 
90
 
90
Che ti risposi in sino al giorno nuovo,
+
Senza molti scudier dietro o davante,
e doman torni in campo, ti concedo.
+
come si ritrovò, si mosse in fretta,
Non mi fia onor se teco oggi mi pruovo,
+
e venne ad incontrarsi in Aquilante,
che travagliato e lasso esser ti credo. -
+
ch'avea del suo Grifon fatto vendetta;
- Il travagliare in arme non m'è nuovo,
+
e quello onora con gentil sembiante,
né per sì poco alla fatica cedo
+
seco lo 'nvita, e seco lo ricetta;
(disse Marfisa); e spero ch'a tuo costo
+
di suo consenso avendo fatto porre
io ti farò di questo aveder tosto.
+
i duo prigioni in fondo d'una torre.
  
 
91
 
91
De la cortese offerta ti ringrazio,
+
Andaro insieme ove del letto mosso
ma riposare ancor non mi bisogna;
+
Grifon non s'era, poi che fu ferito,
e ci avanza del giorno tanto spazio,
+
che vedendo il fratel, divenne rosso;
ch'a porlo tutto in ozio è pur vergogna. -
+
che ben stimò ch'avea il suo caso udito.
Rispose il cavallier: - Fuss'io sì sazio
+
E poi che motteggiando un poco adosso
d'ogn'altra cosa che 'l mio core agogna,
+
gli andò Aquilante, messero a partito
come t'ho in questo da saziar; ma vedi
+
di dare a quelli duo iusto martoro,
che non ti manchi il dì più che non credi. -
+
venuti in man degli avversari loro.
  
 
92
 
92
Così disse egli, e fe' portare in fretta
+
Vuole Aquilante, vuole il re che mille
due grosse lance, anzi due gravi antenne;
+
strazi ne sieno fatti; ma Grifone
ed a Marfisa dar ne fe' l'eletta:
+
(perché non osa dir sol d'Orrigille)
tolse l'altra per sé, ch'indietro venne.
+
all'uno e all'altro vuol che si perdone.
Già sono in punto, ed altro non s'aspetta
+
Disse assai cose, e molto ben ordille;
ch'un alto suon che lor la giostra accenne.
+
fugli risposto; or per conclusione
Ecco la terra e l'aria e il mar rimbomba
+
Martano è disegnato in mano al boia,
nel mover loro al primo suon di tromba.
+
ch'abbia a scoparlo, e non però che moia.
  
 
93
 
93
Trar fiato, bocca aprir, o battere occhi
+
Legar lo fanno, e non tra' fiori e l'erba,
non si vedea de' riguardanti alcuno:
+
e per tutto scopar l'altra matina.
tanto a mirare a chi la palma tocchi
+
Orrigille captiva si riserba
dei duo campioni, intento era ciascuno.
+
fin che ritorni la bella Lucina,
Marfisa, acciò che de l'arcion trabocchi,
+
al cui saggio parere, o lieve o acerba,
sì che mai non si levi, il guerrier bruno,
+
rimetton quei signor la disciplina.
drizza la lancia; e il guerrier bruno forte
+
Quivi stette Aquilante a ricrearsi
studia non men di por Marfisa a morte.
+
fin che 'l fratel fu sano e poté armarsi.
  
 
94
 
94
Le lance ambe di secco e suttil salce,
+
Re Norandin, che temperato e saggio
non di cerro sembrar grosso ed acerbo,
+
divenuto era dopo un tanto errore,
così n'andaro in tronchi fin al calce;
+
non potea non aver sempre il coraggio
e l'incontro ai destrier fu superbo,
+
di penitenza pieno e di dolore,
che parimente parve da una falce
+
d'aver fatto a colui danno ed oltraggio,
de le gambe esser lor tronco ogni nerbo.
+
che degno di mercede era e d'onore:
Cadero ambi ugualmente; ma i campioni
+
sì che dì e notte avea il pensiero intento
fur presti a disbrigarsi dagli arcioni.
+
par farlo rimaner di sé contento.
  
 
95
 
95
A mille cavallieri alla sua vita
+
E statuì nel publico cospetto
al primo incontro avea la sella tolta
+
de la città, di tanta ingiuria rea,
Marfisa, ed ella mai non n'era uscita;
+
con quella maggior gloria ch'a perfetto
e n'uscì, come udite, a questa volta.
+
cavallier per un re dar si potea,
Del caso strano non pur sbigottita,
+
di rendergli quel premio ch'intercetto
ma quasi fu per rimanerne stolta.
+
con tanto inganno il traditor gli avea:
Parve anco strano al cavallier dal nero,
+
e perciò fe' bandir per quel paese,
che non solea cader già di leggiero.
+
che faria un'altra giostra indi ad un mese.
  
 
96
 
96
Tocca avean nel cader la terra a pena,
+
Di ch'apparecchio fa tanto solenne,
che furo in piedi e rinovar l'assalto.
+
quanto a pompa real possibil sia:
Tagli e punte a furor quivi si mena,
+
onde la Fama con veloci penne
quivi ripara or scudo, or lama, or salto.
+
portò la nuova per tutta Soria;
Vada la botta vota o vada piena,
+
ed in Fenicia e in Palestina venne,
l'aria ne stride e ne risuona in alto.
+
e tanto, ch'ad Astolfo ne diè spia,
Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi
+
il qual col viceré deliberosse
mostrar ch'erano saldi più ch'incudi.
+
che quella giostra senza lor non fosse.
  
 
97
 
97
Se de l'aspra donzella il braccio è grave,
+
Per guerrier valoroso e di gran nome
né quel del cavallier nimico è lieve.
+
la vera istoria Sansonetto vanta.
Ben la misura ugual l'un da l'altro have:
+
Gli diè battesmo Orlando, e Carlo (come
quanto a punto l'un dà, tanto riceve.
+
v'ho detto) a governar la Terra Santa.
Chi vol due fiere audaci anime brave,
+
Astolfo con costui levò le some,
cercar più là di queste due non deve,
+
per ritrovarsi ove la Fama canta,
né cercar più destrezza né più possa;
+
che d'intorno n'ha piena ogni orecchia,
che n'han tra lor quanto più aver si possa.
+
ch'in Damasco la giostra s'apparecchia.
  
 
98
 
98
Le donne, che gran pezzo mirato hanno
+
Or cavalcando per quelle contrade
continuar tante percosse orrende,
+
con non lunghi viaggi, agiati e lenti,
e che nei cavallier segno d'affanno
+
per ritrovarsi freschi alla cittade
e di stanchezza ancor non si comprende;
+
poi di Damasco il dì de' torniamenti,
dei duo miglior guerrier lode lor danno,
+
scontraro in una croce di due strade
che sien tra quanto il mar sua braccia estende.
+
persona ch'al vestire e a' movimenti
Par lor che, se non fosser più che forti,
+
avea sembianza d'uomo, e femin' era,
esser dovrian sol del travaglio morti.
+
ne le battaglie a maraviglia fiera.
  
 
99
 
99
Ragionando tra sé, dicea Marfisa:
+
La vergine Marfisa si nomava,
- Buon fu per me, che costui non si mosse;
+
di tal valor, che con la spada in mano
ch'andava a risco di restarne uccisa,
+
fece più volte al gran signor di Brava
se dianzi stato coi compagni fosse,
+
sudar la fronte e a quel di Montalbano;
quando io mi truovo a pena a questa guisa
+
e 'l dì e la notte armata sempre andava
di potergli star contra alle percosse. -
+
di qua di là cercando in monte e in piano
Così dice Marfisa; e tuttavolta
+
con cavallieri erranti riscontrarsi,
non resta di menar la spada in volta.
+
ed immortale e gloriosa farsi.
  
 
100
 
100
- Buon fu per me (dicea quell'altro ancora),
+
Com'ella vide Astolfo e Sansonetto,
che riposar costui non ho lasciato.
+
ch'appresso le venian con l'arme indosso,
Difender me ne posso a fatica ora
+
prodi guerrier le parvero all'aspetto;
che de la prima pugna è travagliato.
+
ch'erano ambeduo grandi e di buono osso:
Se fin al nuovo dì facea dimora
+
e perché di provarsi avria diletto,
a ripigliar vigor, che saria stato?
+
per isfidarli avea il destrier già mosso;
Ventura ebbi io, quanto più possa aversi,
+
quando, affissando l'occhio più vicino,
che non volesse tor quel ch'io gli offersi. -
+
conosciuto ebbe il duca paladino.
  
 
101
 
101
La battaglia durò fin alla sera,
+
De la piacevolezza le sovenne
né chi avesse anco il meglio era palese;
+
del cavallier, quando al Catai seco era:
né l'un né l'altro più senza lumiera
+
e lo chiamò per nome, e non si tenne
saputo avria come schivar l'offese.
+
la man nel guanto, e alzossi la visiera;
Giunta la notte, all'inclita guerriera
+
e con gran festa ad abbracciarlo venne,
fu primo a dir il cavallier cortese:
+
come che sopra ogn'altra fosse altiera.
- Che faren, poi che con ugual fortuna
+
Non men da l'altra parte riverente
n'ha sopragiunti la notte importuna?
+
fu il paladino alla donna eccellente.
  
 
102
 
102
Meglio mi par che 'l viver tuo prolunghi
+
Tra lor si domandaron di lor via:
almeno insino a tanto che s'aggiorni.
+
e poi ch'Astolfo, che prima rispose,
Io non posso concederti che aggiunghi
+
narrò come a Damasco se ne gìa,
fuor ch'una notte picciola ai tua giorni.
+
dove le genti in arme valorose
E di ciò che non gli abbi aver più lunghi,
+
avea invitato il re de la Soria
la colpa sopra me non vuo' che torni:
+
a dimostrar lor opre virtuose;
torni pur sopra alla spietata legge
+
Marfisa, sempre a far gran pruove accesa,
del sesso feminil che 'l loco regge.
+
- Voglio esser con voi (disse) a questa impresa. -
  
 
103
 
103
Se di te duolmi e di quest'altri tuoi,
+
Sommamente ebbe Astolfo grata questa
lo sa colui che nulla cosa ha oscura.
+
compagna d'arme, e così Sansonetto.
Con tuoi compagni star meco tu puoi:
+
Furo a Damasco il dì inanzi la festa,
con altri non avrai stanza sicura;
+
e di fuora nel borgo ebbon ricetto:
perché la turba, a cu' i mariti suoi
+
e sin all'ora che dal sonno desta
oggi uccisi hai, già contra te congiura.
+
l' Aurora il vecchiarel già suo diletto,
Ciascun di questi a cui dato hai la morte,
+
quivi si riposar con maggior agio,
era di diece femine consorte.
+
che se smontati fossero al palagio.
  
 
104
 
104
Del danno c'han da te ricevut'oggi,
+
E poi che 'l nuovo sol lucido e chiaro
disian novanta femine vendetta:
+
per tutto sparsi ebbe i fulgenti raggi,
che se meco ad albergar non poggi,
+
la bella donna e i duo guerrier s'armaro,
questa notte assalito esser t'aspetta. -
+
mandato avendo alla città messaggi;
Disse Marfisa: - Accetto che m'alloggi,
+
che, come tempo fu, lor rapportaro
con sicurtà che non sia men perfetta
+
che per veder spezzar frassini e faggi
in te la fede e la bontà del core,
+
re Norandino era venuto al loco
che sia l'ardire e il corporal valore.
+
ch'avea costituito al fiero gioco.
  
 
105
 
105
Ma che t'incresca che m'abbi ad uccidere,
+
Senza più indugio alla città ne vanno,
ben ti può increscere anco del contrario.
+
e per la via maestra alla gran piazza,
Fin qui non credo che l'abbi da ridere,
+
dove aspettando il real segno stanno
perch'io sia men di te duro avversario.
+
quinci e quindi i guerrier di buona razza.
O la pugna seguir vogli o dividere,
+
I premi che quel giorno si daranno
o farla all'uno o all'altro luminario,
+
a chi vince, è uno stocco ed una mazza
ad ogni cenno pronta tu m'avrai,
+
guerniti riccamente, e un destrier, quale
e come ed ogni volta che vorrai. -
+
sia convenevol dono a un signor tale.
  
 
106
 
106
Così fu differita la tenzone
+
Avendo Norandin fermo nel core
fin che di Gange uscisse il nuovo albore,
+
che, come il primo pregio, il secondo anco,
e si restò senza conclusione
+
e d'ambedue le giostre il sommo onore
chi d'essi duo guerrier fosse il migliore.
+
si debba guadagnar Grifone il bianco;
Ad Aquilante venne ed a Grifone
+
per dargli tutto quel ch'uom di valore
e così agli altri il liberal signore,
+
dovrebbe aver, né debbe far con manco,
e li pregò che fin al nuovo giorno
+
posto con l'arme in questo ultimo pregio
piacesse lor di far seco soggiorno.
+
ha stocco e mazza e destrier molto egregio.
  
 
107
 
107
Tenner lo 'nvito senza alcun sospetto:
+
L'arme che ne la giostra fatta dianzi
indi, a splendor de bianchi torchi ardenti,
+
si doveano a Grifon che 'l tutto vinse,
tutti saliro ov'era un real tetto,
+
e che usurpate avea con tristi avanzi
distinto in molti adorni alloggiamenti.
+
Martano che Grifone esser si finse,
Stupefatti al levarsi de l'elmetto,
+
quivi si fece il re pendere inanzi,
mirandosi, restaro i combattenti;
+
e il ben guernito stocco a quelle cinse,
che 'l cavallier, per quanto apparea fuora,
+
e la mazza all'arcion del destrier messe,
non eccedeva i diciotto anni ancora.
+
perché Grifon l'un pregio e l'altro avesse.
  
 
108
 
108
Si maraviglia la donzella, come
+
Ma che sua intenzione avesse effetto
in arme tanto un giovinetto vaglia;
+
vietò quella magnanima guerriera,
si maraviglia l'altro, ch'alle chiome
+
che con Astolfo e col buon Sansonetto
s'avede con chi avea fatto battaglia:
+
in piazza nuovamente venuta era.
e si domandan l'un con l'altro il nome,
+
Costei, vedendo l'arme ch'io v'ho detto,
e tal debito tosto si ragguaglia.
+
subito n'ebbe conoscenza vera:
Ma come si nomasse il giovinetto,
+
però che già sue furo, e l'ebbe care
ne l'altro canto ad ascoltar v'aspetto.
+
quanto si suol le cose ottime e rare;
 +
 
 +
109
 +
ben che l'avea lasciate in su la strada
 +
a quella volta che le fur d'impaccio,
 +
quando per riaver sua buona spada
 +
correa dietro a Brunel degno di laccio.
 +
Questa istoria non credo che m'accada
 +
altrimenti narrar; però la taccio.
 +
Da me vi basti intendere a che guisa
 +
quivi trovasse l'arme sue Marfisa.
 +
 
 +
110
 +
Intenderete ancor, che come l'ebbe
 +
riconosciute a manifeste note,
 +
per altro che sia al mondo, non le avrebbe
 +
lasciate un dì di sua persona vote.
 +
Se più tenere un modo o un altro debbe
 +
per racquistarle, ella pensar non puote:
 +
ma se gli accosta a un tratto, e la man stende,
 +
e senz'altro rispetto se le prende;
 +
 
 +
111
 +
e per la fretta ch'ella n'ebbe, avenne
 +
ch'altre ne prese, altre mandonne in terra.
 +
Il re, che troppo offeso se ne tenne,
 +
con uno sguardo sol le mosse guerra;
 +
che 'l popul, che l'ingiuria non sostenne,
 +
per vendicarlo e lance e spade afferra,
 +
non rammentando ciò ch'i giorni inanti
 +
nocque il dar noia ai cavallieri erranti.
 +
 
 +
112
 +
Né fra vermigli fiori, azzurri e gialli
 +
vago fanciullo alla stagion novella,
 +
né mai si ritrovò fra suoni e balli
 +
più volentieri ornata donna e bella;
 +
che fra strepito d'arme e di cavalli,
 +
e fra punte di lance e di quadrella,
 +
dove si sparga sangue e si dia morte,
 +
costei si truovi, oltre ogni creder forte.
 +
 
 +
113
 +
Spinge il cavallo, e ne la turba sciocca
 +
con l'asta bassa impetuosa fere;
 +
e chi nel collo e chi nel petto imbrocca,
 +
e fa con l'urto or questo or quel cadere:
 +
poi con la spada uno ed un altro tocca,
 +
e fa qual senza capo rimanere,
 +
e qual rotto, e qual passato al fianco,
 +
e qual del braccio privo o destro o manco.
 +
 
 +
114
 +
L'ardito Astolfo e il forte Sansonetto,
 +
ch'avean con lei vestita e piastra e maglia,
 +
ben che non venner già per tal effetto,
 +
pur, vedendo attaccata la battaglia,
 +
abbassan la visiera de l'elmetto,
 +
e poi la lancia per quella canaglia;
 +
ed indi van con la tagliente spada
 +
di qua di là facendosi far strada.
 +
 
 +
115
 +
I cavallieri di nazion diverse,
 +
ch'erano per giostrar quivi ridutti,
 +
vedendo l'arme in tal furor converse,
 +
e gli aspettati giuochi in gravi lutti
 +
(che la cagion ch'avesse di dolerse
 +
la plebe irata non sapeano tutti,
 +
né ch'al re tanta ingiuria fosse fatta),
 +
stavan con dubbia mente e stupefatta.
 +
 
 +
116
 +
Di ch'altri a favorir la turba venne,
 +
che tardi poi non se ne fu a pentire;
 +
altri, a cui la città più non attenne
 +
che gli stranieri, accorse a dipartire;
 +
altri, più saggio, in man la briglia tenne,
 +
mirando dove questo avesse a uscire.
 +
Di quelli fu Grifone ed Aquilante,
 +
che per vendicar l'arme andaro inante.
 +
 
 +
117
 +
Essi vedendo il re che di veneno
 +
avea le luci inebriate e rosse,
 +
ed essendo da molti istrutti a pieno
 +
de la cagion che la discordia mosse,
 +
e parendo a Grifon che sua, non meno
 +
che del re Norandin, l'ingiuria fosse;
 +
s'avean le lance fatte dar con fretta,
 +
e venian fulminando alla vendetta.
 +
 
 +
118
 +
Astolfo d'altra parte Rabicano
 +
venìa spronando a tutti gli altri inante,
 +
con l'incantata lancia d'oro in mano,
 +
ch'al fiero scontro abbatte ogni giostrante.
 +
Ferì con essa e lasciò steso al piano
 +
prima Grifone, e poi trovò Aquilante;
 +
e de lo scudo toccò l'orlo a pena,
 +
che lo gittò riverso in su l'arena.
 +
 
 +
119
 +
I cavallier di pregio e di gran pruova
 +
votan le selle inanzi a Sansonetto.
 +
L'uscita de la piazza il popul truova:
 +
il re n'arrabbia d'ira e di dispetto.
 +
Con la prima corazza e con la nuova
 +
Marfisa intanto, e l'uno e l'altro elmetto,
 +
poi che si vide a tutti dare il tergo,
 +
vincitrice venìa verso l'albergo.
 +
 
 +
120
 +
Astolfo e Sansonetto non fur lenti
 +
a seguitarla, e seco a ritornarsi
 +
verso la porta (che tutte le genti
 +
gli davan loco), ed al rastrel fermarsi.
 +
Aquilante e Grifon, troppo dolenti
 +
di vedersi a uno incontro riversarsi,
 +
tenean per gran vergogna il capo chino,
 +
né ardian venire inanzi a Norandino.
 +
 
 +
121
 +
Presi e montati c'hanno i lor cavalli,
 +
spronano dietro agli nimici in fretta.
 +
Li segue il re con molti suoi vasalli,
 +
tutti pronti o alla morte o alla vendetta.
 +
La sciocca turba grida: - Dàlli dàlli -;
 +
e sta lontana, e le novelle aspetta.
 +
Grifone arriva ove volgean la fronte
 +
i tre compagni, ed avean preso il ponte.
 +
 
 +
122
 +
A prima giunta Astolfo raffigura,
 +
ch'avea quelle medesime divise,
 +
avea il cavallo, avea quella armatura
 +
ch'ebbe dal dì ch'Orril fatale uccise.
 +
Né miratol, né posto gli avea cura,
 +
quando in piazza a giostrar seco si mise:
 +
quivi il conobbe e salutollo; e poi
 +
gli domandò de li compagni suoi;
 +
 
 +
123
 +
e perché tratto avean quell'arme a terra,
 +
portando al re sì poca riverenza.
 +
Di suoi compagni il duca d'Inghilterra
 +
diede a Grifon non falsa conoscenza:
 +
de l'arme ch'attaccate avean la guerra,
 +
disse che non n'avea troppa scienza;
 +
ma perché con Marfisa era venuto,
 +
dar le volea con Sansonetto aiuto.
 +
 
 +
124
 +
Quivi con Grifon stando il paladino,
 +
viene Aquilante, e lo conosce tosto
 +
che parlar col fratel l'ode vicino,
 +
e il voler cangia, ch'era mal disposto.
 +
Giungean molti di quei di Norandino,
 +
ma troppo non ardian venire accosto;
 +
e tanto più, vedendo i parlamenti,
 +
stavano cheti, e per udire intenti.
 +
 
 +
125
 +
Alcun ch'intende quivi esser Marfisa,
 +
che tiene al mondo il vanto in esser forte,
 +
volta il cavallo, e Norandino avisa
 +
che s'oggi non vuol perder la sua corte,
 +
proveggia, prima che sia tutta uccisa,
 +
di man trarla a Tesifone e alla Morte;
 +
perché Marfisa veramente è stata,
 +
che l'armatura in piazza gli ha levata.
 +
 
 +
126
 +
Come re Norandino ode quel nome
 +
così temuto per tutto Levante,
 +
che facea a molti anco arricciar le chiome,
 +
ben che spesso da lor fosse distante,
 +
è certo che ne debbia venir come
 +
dice quel suo, se non provede inante;
 +
però gli suoi, che già mutata l'ira
 +
hanno in timore, a sé richiama e tira.
 +
 
 +
127
 +
Da l'altra parte i figli d'Oliviero
 +
con Sansonetto e col figliuol d'Otone,
 +
supplicando a Marfisa, tanto fero,
 +
che si diè fine alla crudel tenzone.
 +
Marfisa, giunta al re, con viso altiero
 +
disse: - Io non so, signor, con che ragione
 +
vogli quest'arme dar, che tue non sono,
 +
al vincitor de le tue giostre in dono.
 +
 
 +
128
 +
Mie sono l'arme, e 'n mezzo de la via
 +
che vien d'Armenia, un giorno le lasciai,
 +
perché seguire a piè mi convenia
 +
un rubator che m'avea offesa assai:
 +
e la mia insegna testimon ne fia,
 +
che qui si vede, se notizia n'hai. -
 +
E la mostrò ne la corazza impressa,
 +
ch'era in tre parti una corona fessa.
 +
 
 +
129
 +
- Gli è ver (rispose il re) che mi fur date,
 +
son pochi dì, da un mercatante armeno;
 +
e se voi me l'avesse domandate,
 +
l'avreste avute, o vostre o no che sièno;
 +
ch'avenga ch'a Grifon già l'ho donate,
 +
ho tanta fede in lui, che nondimeno,
 +
acciò a voi darle avessi anche potuto,
 +
volentieri il mio don m'avria renduto.
 +
 
 +
130
 +
Non bisogna allegar, per farmi fede
 +
che vostre sien, che tengan vostra insegna:
 +
basti il dirmelo voi; che vi si crede
 +
più ch'a qual altro testimonio vegna.
 +
Che vostre sian vostr'arme si concede
 +
alla virtù di maggior premio degna.
 +
Or ve l'abbiate, e più non si contenda;
 +
e Grifon maggior premio da me prenda. -
 +
 
 +
131
 +
Grifon che poco a cor avea quell'arme,
 +
ma gran disio che 'l re si satisfaccia,
 +
gli disse: - Assai potete compensarme,
 +
se mi fate saper ch'io vi compiaccia. -
 +
Tra sé disse Marfisa: - Esser qui parme
 +
l'onor mio in tutto: - e con benigna faccia
 +
volle a Grifon de l'arme esser cortese;
 +
e finalmente in don da lui le prese.
 +
 
 +
132
 +
Ne la città con pace e con amore
 +
tornaro, ove le feste raddoppiarsi.
 +
Poi la giostra si fe', di che l'onore
 +
e 'l pregio Sansonetto fece darsi;
 +
ch'Astolfo e i duo fratelli e la migliore
 +
di lor, Marfisa, non volson provarsi,
 +
cercando, com'amici e buon compagni,
 +
che Sansonetto il pregio ne guadagni.
 +
 
 +
133
 +
Stati che sono in gran piacere e in festa
 +
con Norandino otto giornate o diece,
 +
perché l'amor di Francia gli molesta,
 +
che lasciar senza lor tanto non lece,
 +
tolgon licenza; e Marfisa, che questa
 +
via disiava, compagnia lor fece.
 +
Marfisa avuto avea lungo disire
 +
al paragon dei paladin venire;
 +
 
 +
134
 +
e far esperienza se l'effetto
 +
si pareggiava a tanta nominanza.
 +
Lascia un altro in suo loco Sansonetto,
 +
che di Ierusalem regga la stanza.
 +
Or questi cinque in un drappello eletto,
 +
che pochi pari al mondo han di possanza,
 +
licenziati dal re Norandino,
 +
vanno a Tripoli e al mar che v'è vicino.
 +
 
 +
135
 +
E quivi una caracca ritrovaro,
 +
che per Ponente mercanzie raguna.
 +
Per loro e pei cavalli s'accordaro
 +
con un vecchio patron ch'era da Luna.
 +
Mostrava d'ogn'intorno il tempo chiaro,
 +
ch'avrian per molti dì buona fortuna.
 +
Sciolser dal lito, avendo aria serena,
 +
e di buon vento ogni lor vela piena.
 +
 
 +
136
 +
L'isola sacra all'amorosa dea
 +
diede lor sotto un'aria il primo porto,
 +
che non ch'a offender gli uomini sia rea,
 +
ma stempra il ferro, e quivi è 'l viver corto.
 +
Cagion n'è un stagno: e certo non dovea
 +
Natura a Famagosta far quel torto
 +
d'appressarvi Costanza acre e maligna,
 +
quando al resto di Cipro è sì benigna.
 +
 
 +
137
 +
Il grave odor che la palude esala
 +
non lascia al legno far troppo soggiorno.
 +
Quindi a un greco-levante spiegò ogni ala,
 +
volando da man destra a Cipro intorno,
 +
e surse a Pafo, e pose in terra scala;
 +
e i naviganti uscir nel lito adorno,
 +
chi per merce levar, chi per vedere
 +
la terra d'amor piena e di piacere.
 +
 
 +
138
 +
Dal mar sei miglia o sette, a poco a poco
 +
si va salendo inverso il colle ameno.
 +
Mirti e cedri e naranci e lauri il loco,
 +
e mille altri soavi arbori han pieno.
 +
Serpillo e persa e rose e gigli e croco
 +
spargon da l'odorifero terreno
 +
tanta suavità, ch'in mar sentire
 +
la fa ogni vento che da terra spire.
 +
 
 +
139
 +
Da limpida fontana tutta quella
 +
piaggia rigando va un ruscel fecondo.
 +
Ben si può dir che sia di Vener bella
 +
il luogo dilettevole e giocondo;
 +
che v'è ogni donna affatto, ogni donzella
 +
piacevol più ch'altrove sia nel mondo:
 +
e fa la dea che tutte ardon d'amore,
 +
giovani e vecchie, infino all'ultime ore.
 +
 
 +
140
 +
Quivi odono il medesimo ch'udito
 +
di Lucina e de l'Orco hanno in Soria,
 +
e come di tornare ella a marito
 +
facea nuovo apparecchio in Nicosia.
 +
Quindi il padrone (essendosi espedito,
 +
e spirando buon vento alla sua via)
 +
l'ancore sarpa, e fa girar la proda
 +
verso ponente, ed ogni vela snoda.
 +
 
 +
141
 +
Al vento di maestro alzò la nave
 +
le vele all'orza, ed allargossi in alto.
 +
Un ponente-libecchio, che soave
 +
parve a principio e fin che 'l sol stette alto,
 +
e poi si fe' verso la sera grave,
 +
le leva incontra il mar con fiero assalto,
 +
con tanti tuoni e tanto ardor di lampi,
 +
che par che 'l ciel si spezzi e tutto avampi.
 +
 
 +
142
 +
Stendon le nubi un tenebroso velo
 +
che né sole apparir lascia né stella.
 +
Di sotto il mar, di sopra mugge il cielo,
 +
il vento d'ogn'intorno, e la procella
 +
che di pioggia oscurissima e di gelo
 +
i naviganti miseri flagella:
 +
e la notte più sempre si diffonde
 +
sopra l'irate e formidabil onde.
 +
 
 +
143
 +
I naviganti a dimostrare effetto
 +
vanno de l'arte in che lodati sono:
 +
chi discorre fischiando col fraschetto,
 +
e quanto han gli altri a far, mostra col suono;
 +
chi l'ancore apparechia da rispetto,
 +
e chi al mainare e chi alla scotta è buono;
 +
chi 'l timone, chi l'arbore assicura,
 +
chi la coperta di sgombrare ha cura.
 +
 
 +
144
 +
Crebbe il tempo crudel tutta la notte,
 +
caliginosa e più scura ch'inferno.
 +
Tien per l'alto il padrone, ove men rotte
 +
crede l'onde trovar, dritto il governo;
 +
e volta ad or ad or contra le botte
 +
del mar la proda, e de l'orribil verno,
 +
non senza speme mai che, come aggiorni,
 +
cessi fortuna, o più placabil torni.
 +
 
 +
145
 +
Non cessa e non si placa, e più furore
 +
mostra nel giorno, se pur giorno è questo,
 +
che si conosce al numerar de l'ore,
 +
non che per lume già sia manifesto.
 +
Or con minor speranza e più timore
 +
si dà in poter del vento il padron mesto:
 +
volta la poppa all'onde, e il mar crudele
 +
scorrendo se ne va con umil vele.
 +
 
 +
146
 +
Mentre Fortuna in mar questi travaglia,
 +
non lascia anco posar quegli altri in terra,
 +
che sono in Francia, ove s'uccide e taglia
 +
coi Saracini il popul d'Inghilterra.
 +
Quivi Rinaldo assale, apre e sbaraglia
 +
le schiere avverse, e le bandiere atterra.
 +
Dissi di lui, che 'l suo destrier Baiardo
 +
mosso avea contra a Dardinel gagliardo.
 +
 
 +
147
 +
Vide Rinaldo il segno del quartiero,
 +
di che superbo era il figliuol d'Almonte;
 +
e lo stimò gagliardo e buon guerriero,
 +
che concorrer d'insegna ardia col conte.
 +
Venne più appresso, e gli parea più vero;
 +
ch'avea d'intorno uomini uccisi a monte.
 +
- Meglio è (gridò) che prima io svella e spenga
 +
questo mal germe, che maggior divenga. -
 +
 
 +
148
 +
Dovunque il viso drizza il paladino,
 +
levasi ognuno, e gli dà larga strada;
 +
né men sgombra il fedel, che 'l Saracino,
 +
si reverita è la famosa spada.
 +
Rinaldo, fuor che Dardinel meschino,
 +
non vede alcuno, e lui seguir non bada.
 +
Grida: - Fanciullo, gran briga ti diede
 +
chi ti lasciò di questo scudo erede.
 +
 
 +
149
 +
Vengo a te per provar, se tu m'attendi,
 +
come ben guardi il quartier rosso e bianco;
 +
che s'ora contra me non lo difendi,
 +
difender contra Orlando il potrai manco. -
 +
Rispose Dardinello: - Or chiaro apprendi
 +
che s'io lo porto, il so difender anco;
 +
e guadagnar più onor, che briga, posso
 +
del paterno quartier candido e rosso.
 +
 
 +
150
 +
Perché fanciullo io sia, non creder farme
 +
però fuggire, o che 'l quartier ti dia:
 +
la vita mi torrai, se mi toi l'arme;
 +
ma spero in Dio ch'anzi il contrario fia.
 +
Sia quel che vuol, non potrà alcun biasmarme
 +
che mai traligni alla progenie mia. -
 +
Così dicendo, con la spada in mano
 +
assalse il cavallier da Montalbano.
 +
 
 +
151
 +
Un timor freddo tutto 'l sangue oppresse,
 +
che gli Africani aveano intorno al core,
 +
come vider Rinaldo che si messe
 +
con tanta rabbia incontra a quel signore,
 +
con quanta andria un leon ch'al prato avesse
 +
visto un torel ch'ancor non senta amore.
 +
Il primo che ferì, fu 'l Saracino;
 +
ma picchiò invan su l'elmo di Mambrino.
 +
 
 +
152
 +
Rise Rinaldo, e disse: - Io vo' tu senta,
 +
s'io so meglio di te trovar la vena. -
 +
Sprona, e a un tempo al destrier la briglia allenta,
 +
e d'una punta con tal forza mena,
 +
d'una punta ch'al petto gli appresenta,
 +
che gli la fa apparir dietro alla schena.
 +
Quella trasse, al tornar, l'alma col sangue:
 +
di sella il corpo uscì freddo ed esangue.
 +
 
 +
153
 +
Come purpureo fior languendo muore,
 +
che 'l vomere al passar tagliato lassa;
 +
o come carco di superchio umore
 +
il papaver ne l'orto il capo abbassa:
 +
così, giù de la faccia ogni colore
 +
cadendo, Dardinel di vita passa;
 +
passa di vita, e fa passar con lui
 +
l'ardire e la virtù de tutti i sui.
 +
 
 +
154
 +
Qual soglion l'acque per umano ingegno
 +
stare ingorgate alcuna volta e chiuse,
 +
che quando lor vien poi rotto il sostegno,
 +
cascano, e van con gran rumor difuse;
 +
tal gli African, ch'avean qualche ritegno
 +
mentre virtù lor Dardinello infuse,
 +
ne vanno or sparti in questa parte e in quella,
 +
che l'han veduto uscir morto di sella.
 +
 
 +
155
 +
Chi vuol fuggir, Rinaldo fuggir lassa,
 +
ed attende a cacciar chi vuol star saldo.
 +
Si cade ovunque Ariodante passa,
 +
che molto va quel dì presso a Rinaldo.
 +
Altri Lionetto, altri Zerbin fracassa,
 +
a gara ognuno a far gran prove caldo.
 +
Carlo fa il suo dover, lo fa Oliviero,
 +
Turpino e Guido e Salamone e Ugiero.
 +
 
 +
156
 +
I Mori fur quel giorno in gran periglio
 +
che 'n Pagania non ne tornasse testa;
 +
ma 'l saggio re di Spagna dà di piglio,
 +
e se ne va con quel che in man gli resta.
 +
Restar in danno tien miglior consiglio,
 +
che tutti i denar perdere e la vesta:
 +
meglio è ritrarsi e salvar qualche schiera,
 +
che, stando, esser cagion che 'l tutto pèra.
 +
 
 +
157
 +
Verso gli alloggiamenti i segni invia,
 +
ch'eron serrati d'argine e di fossa,
 +
con Stordilan, col re d'Andologia,
 +
col Portughese in una squadra grossa.
 +
Manda a pregar il re di Barbaria,
 +
che si cerchi ritrar meglio che possa;
 +
e se quel giorno la persona e 'l loco
 +
potrà salvar, non avrà fatto poco.
 +
 
 +
158
 +
Quel re che si tenea spacciato al tutto,
 +
né mai credea più riveder Biserta,
 +
che con viso sì orribile e sì brutto
 +
unquanco non avea Fortuna esperta,
 +
s'allegrò che Marsilio avea ridutto
 +
parte del campo in sicurezza certa:
 +
ed a ritrarsi cominciò, e a dar volta
 +
alle bandiere, e fe' sonar raccolta.
 +
 
 +
159
 +
Ma la più parte de la gente rotta
 +
né tromba né tambur né segno ascolta:
 +
tanta fu la viltà, tanta la dotta,
 +
ch'in Senna se ne vide affogar molta.
 +
Il re Agramante vuol ridur la frotta:
 +
seco ha Sobrino, e van scorrendo in volta;
 +
e con lor s'affatica ogni buon duca,
 +
che nei ripari il campo si riduca.
 +
 
 +
160
 +
Ma né il re, né Sobrin, né duca alcuno
 +
con prieghi, con minacce, con affanno
 +
ritrar può il terzo, non ch'io dica ognuno,
 +
dove l'insegne mal seguite vanno.
 +
Morti o fuggiti ne son dua, per uno
 +
che ne rimane, e quel non senza danno:
 +
ferito è chi di dietro e chi davanti;
 +
ma travagliati e lassi tutti quanti.
 +
 
 +
161
 +
E con gran tema fin dentro alle porte
 +
dei forti alloggiamenti ebbon la caccia:
 +
ed era lor quel luogo anco mal forte,
 +
con ogni proveder che vi si faccia
 +
(che ben pigliar nel crin la buona sorte
 +
Carlo sapea, quando volgea la faccia),
 +
se non venia la notte tenebrosa,
 +
che staccò il fatto, ed acquetò ogni cosa;
 +
 
 +
162
 +
dal Creator accelerata forse,
 +
che de la sua fattura ebbe pietade.
 +
Ondeggiò il sangue per campagna, e corse
 +
come un gran fiume, e dilagò le strade.
 +
Ottantamila corpi numerorse,
 +
che fur quel dì messi per fil di spade.
 +
Villani e lupi uscir poi de le grotte
 +
a dispogliargli e a devorar la notte.
 +
 
 +
163
 +
Carlo non torna più dentro alla terra,
 +
ma contra gli nimici fuor s'accampa,
 +
ed in assedio le lor tende serra,
 +
ed alti e spessi fuochi intorno avampa.
 +
Il pagan si provede, e cava terra,
 +
fossi e ripari e bastioni stampa;
 +
va rivedendo, e tien le guardie deste,
 +
né tutta notte mai l'arme si sveste.
 +
 
 +
164
 +
Tutta la notte per gli alloggiamenti
 +
dei malsicuri Saracini oppressi
 +
si versan pianti, gemiti e lamenti,
 +
ma quanto più si può, cheti e soppressi.
 +
Altri, perché gli amici hanno e i parenti
 +
lasciati morti, ed altri per se stessi,
 +
che son feriti, e con disagio stanno:
 +
ma più è la tema del futuro danno.
 +
 
 +
165
 +
Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro,
 +
d'oscura stirpe nati in Tolomitta;
 +
de' quai l'istoria, per esempio raro
 +
di vero amore, è degna esser descritta.
 +
Cloridano e Medor si nominaro,
 +
ch'alla fortuna prospera e alla afflitta
 +
aveano sempre amato Dardinello,
 +
ed or passato in Francia il mar con quello.
 +
 
 +
166
 +
Cloridan, cacciator tutta sua vita,
 +
di robusta persona era ed isnella:
 +
Medoro avea la guancia colorita
 +
e bianca e grata ne la età novella;
 +
e fra la gente a quella impresa uscita
 +
non era faccia più gioconda e bella:
 +
occhi avea neri, e chioma crespa d'oro:
 +
angel parea di quei del sommo coro.
 +
 
 +
167
 +
Erano questi duo sopra i ripari
 +
con molti altri a guardar gli alloggiamenti,
 +
quando la Notte fra distanze pari
 +
mirava il ciel con gli occhi sonnolenti.
 +
Medoro quivi in tutti i suoi parlari
 +
non può far che 'l signor suo non rammenti,
 +
Dardinello d'Almonte, e che non piagna
 +
che resti senza onor ne la campagna.
 +
 
 +
168
 +
Volto al cornpagno, disse: - O Cloridano,
 +
io non ti posso dir quanto m'incresca
 +
del mio signor, che sia rimaso al piano,
 +
per lupi e corbi, ohimé! troppo degna esca.
 +
Pensando come sempre mi fu umano,
 +
mi par che quando ancor questa anima esca
 +
in onor di sua fama, io non compensi
 +
né sciolga verso lui gli oblighi immensi.
 +
 
 +
169
 +
Io voglio andar, perché non stia insepulto
 +
in mezzo alla campagna, a ritrovarlo:
 +
e forse Dio vorrà ch'io vada occulto
 +
là dove tace il campo del re Carlo.
 +
Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto
 +
ch'io vi debba morir, potrai narrarlo:
 +
che se Fortuna vieta sì bell'opra,
 +
per fama almeno il mio buon cor si scuopra. -
 +
 
 +
170
 +
Stupisce Cloridan, che tanto core,
 +
tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo:
 +
e cerca assai, perché gli porta amore,
 +
di fargli quel pensiero irrito e nullo;
 +
ma non gli val, perch'un sì gran dolore
 +
non riceve conforto né trastullo.
 +
Medoro era disposto o di morire,
 +
o ne la tomba il suo signor coprire.
 +
 
 +
171
 +
Veduto che nol piega e che nol muove,
 +
Cloridan gli risponde: - E verrò anch'io,
 +
anch'io vuo' pormi a sì lodevol pruove,
 +
anch'io famosa morte amo e disio.
 +
Qual cosa sarà mai che più mi giove,
 +
s'io resto senza te, Medoro mio?
 +
Morir teco con l'arme è meglio molto,
 +
che poi di duol, s'avvien che mi sii tolto. -
 +
 
 +
172
 +
Così disposti, messero in quel loco
 +
le successive guardie, e se ne vanno.
 +
Lascian fosse e steccati, e dopo poco
 +
tra' nostri son, che senza cura stanno.
 +
Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco,
 +
perché dei Saracin poca tema hanno.
 +
Tra l'arme e' carriaggi stan roversi,
 +
nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi.
 +
 
 +
173
 +
Fermossi alquanto Cloridano, e disse:
 +
- Non son mai da lasciar l'occasioni.
 +
Di questo stuol che 'l mio signor trafisse,
 +
non debbo far, Medoro, occisioni?
 +
Tu, perché sopra alcun non ci venisse,
 +
gli occhi e l'orecchi in ogni parte poni;
 +
ch'io m'offerisco farti con la spada
 +
tra gli nimici spaziosa strada. -
 +
 
 +
174
 +
Così disse egli, e tosto il parlar tenne,
 +
ed entrò dove il dotto Alfeo dormia,
 +
che l'anno inanzi in corte a Carlo venne,
 +
medico e mago e pien d'astrologia:
 +
ma poco a questa volta gli sovenne;
 +
anzi gli disse in tutto la bugia.
 +
Predetto egli s'avea, che d'anni pieno
 +
dovea morire alla sua moglie in seno:
 +
 
 +
175
 +
ed or gli ha messo il cauto Saracino
 +
la punta de la spada ne la gola.
 +
Quattro altri uccide appresso all'indovino,
 +
che non han tempo a dire una parola:
 +
menzion dei nomi lor non fa Turpino,
 +
e 'l lungo andar le lor notizie invola:
 +
dopo essi Palidon da Moncalieri,
 +
che sicuro dormia fra duo destrieri.
 +
 
 +
176
 +
Poi se ne vien dove col capo giace
 +
appoggiato al barile il miser Grillo:
 +
avealo voto, e avea creduto in pace
 +
godersi un sonno placido e tranquillo.
 +
Troncògli il capo il Saracino audace:
 +
esce col sangue il vin per uno spillo,
 +
di che n'ha in corpo più d'una bigoncia;
 +
e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia.
 +
 
 +
177
 +
E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco
 +
spenge in dui colpi, Andropono e Conrado.
 +
che de la notte avean goduto al fresco
 +
gran parte, or con la tazza, ora col dado:
 +
felici, se vegghiar sapeano a desco
 +
fin che de l'Indo il sol passassi il guado.
 +
Ma non potria negli uomini il destino,
 +
se del futuro ognun fosse indovino.
 +
 
 +
178
 +
Come impasto leone in stalla piena,
 +
che lunga fame abbia smacrato e asciutto,
 +
uccide, scanna, mangia, a strazio mena
 +
l'infermo gregge in sua balìa condutto;
 +
così il crudel pagan nel sonno svena
 +
la nostra gente, e fa macel per tutto.
 +
La spada di Medoro anco non ebe;
 +
ma si sdegna ferir l'ignobil plebe.
 +
 
 +
179
 +
Venuto era ove il duca di Labretto
 +
con una dama sua dormia abbracciato;
 +
e l'un con l'altro si tenea sì stretto,
 +
che non saria tra lor l'aere entrato.
 +
Medoro ad ambi taglia il capo netto.
 +
Oh felice morire! oh dolce fato!
 +
che come erano i corpi, ho così fede
 +
ch'andar l'alme abbracciate alla lor sede.
 +
 
 +
180
 +
Malindo uccise e Ardalico il fratello,
 +
che del conte di Fiandra erano figli;
 +
e l'uno e l'altro cavallier novello
 +
fatto avea Carlo, e aggiunto all'arme i gigli,
 +
perché il giorno amendui d'ostil macello
 +
con gli stocchi tornar vide vermigli:
 +
e terre in Frisa avea promesso loro,
 +
e date avria; ma lo vietò Medoro.
 +
 
 +
181
 +
Gl'insidiosi ferri eran vicini
 +
ai padiglioni che tiraro in volta
 +
al padiglion di Carlo i paladini,
 +
facendo ognun la guardia la sua volta;
 +
quando da l'empia strage i Saracini
 +
trasson le spade, e diero a tempo volta;
 +
ch'impossibil lor par, tra sì gran torma,
 +
che non s'abbia a trovar un che non dorma.
 +
 
 +
182
 +
E ben che possan gir di preda carchi,
 +
salvin pur sé, che fanno assai guadagno.
 +
Ove più creda aver sicuri i varchi
 +
va Cloridano, e dietro ha il suo compagno.
 +
Vengon nel campo, ove fra spade ed archi
 +
e scudi e lance in un vermiglio stagno
 +
giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli,
 +
e sozzopra con gli uomini i cavalli.
 +
 
 +
183
 +
Quivi dei corpi l'orrida mistura,
 +
che piena avea la gran campagna intorno,
 +
potea far vaneggiar la fedel cura
 +
dei duo compagni insino al far del giorno,
 +
se non traea fuor d'una nube oscura,
 +
a' prieghi di Medor, la Luna il corno.
 +
Medoro in ciel divotamente fisse
 +
verso la Luna gli occhi, e così disse:
 +
 
 +
184
 +
- O santa dea, che dagli antiqui nostri
 +
debitamente sei detta triforme;
 +
ch'in cielo, in terra e ne l'inferno mostri
 +
l'alta bellezza tua sotto più forme,
 +
e ne le selve, di fere e di mostri
 +
vai cacciatrice seguitando l'orme;
 +
mostrami ove 'l mio re giaccia fra tanti,
 +
che vivendo imitò tuoi studi santi. -
 +
 
 +
185
 +
La luna a quel pregar la nube aperse
 +
(o fosse caso o pur la tanta fede),
 +
bella come fu allor ch'ella s'offerse,
 +
e nuda in braccio a Endimion si diede.
 +
Con Parigi a quel lume si scoperse
 +
l'un campo e l'altro; e 'l monte e 'l pian si vede:
 +
si videro i duo colli di lontano,
 +
Martire a destra, e Lerì all'altra mano,
 +
 
 +
186
 +
Rifulse lo splendor molto più chiaro
 +
ove d'Almonte giacea morto il figlio.
 +
Medoro andò, piangendo, al signor caro;
 +
che conobbe il quartier bianco e vermiglio:
 +
e tutto 'l viso gli bagnò d'amaro
 +
pianto, che n'avea un rio sotto ogni ciglio,
 +
in sì dolci atti, in sì dolci lamenti,
 +
che potea ad ascoltar fermare i venti.
 +
 
 +
187
 +
Ma con sommessa voce e a pena udita;
 +
non che riguardi a non si far sentire,
 +
perch'abbia alcun pensier de la sua vita,
 +
più tosto l'odia, e ne vorrebbe uscire:
 +
ma per timor che non gli sia impedita
 +
l'opera pia che quivi il fe' venire.
 +
Fu il morto re sugli omeri sospeso
 +
di tramendui, tra lor partendo il peso.
 +
 
 +
188
 +
Vanno affrettando i passi quanto ponno,
 +
sotto l'amata soma che gl'ingombra.
 +
E già venìa chi de la luce è donno
 +
le stelle a tor del ciel, di terra l'ombra;
 +
quando Zerbino, a cui del petto il sonno
 +
l'alta virtude, ove è bisogno, sgombra,
 +
cacciato avendo tutta notte i Mori,
 +
al campo si traea nei primi albori.
 +
 
 +
189
 +
E seco alquanti cavallieri avea,
 +
che videro da lunge i dui compagni.
 +
Ciascuno a quella parte si traea,
 +
sperandovi trovar prede e guadagni.
 +
- Frate, bisogna (Cloridan dicea)
 +
gittar la soma, e dare opra ai calcagni;
 +
che sarebbe pensier non troppo accorto,
 +
perder duo vivi per salvar un morto. -
 +
 
 +
190
 +
E gittò il carco, perché si pensava
 +
che 'l suo Medoro il simil far dovesse:
 +
ma quel meschin, che 'l suo signor più amava,
 +
sopra le spalle sue tutto lo resse.
 +
L'altro con molta fretta se n'andava,
 +
come l'amico a paro o dietro avesse:
 +
se sapea di lasciarlo a quella sorte,
 +
mille aspettate avria, non ch'una morte.
 +
 
 +
191
 +
Quei cavallier, con animo disposto
 +
che questi a render s'abbino o a morire,
 +
chi qua chi là si spargono, ed han tosto
 +
preso ogni passo onde si possa uscire.
 +
Da loro il capitan poco discosto,
 +
più degli altri è sollicito a seguire;
 +
ch'in tal guisa vedendoli temere,
 +
certo è che sian de le nimiche schiere.
 +
 
 +
192
 +
Era a quel tempo ivi una selva antica,
 +
d'ombrose piante spessa e di virgulti,
 +
che, come labirinto, entro s'intrica
 +
di stretti calli e sol da bestie culti.
 +
Speran d'averla i duo pagan sì amica,
 +
ch'abbi a tenerli entro a' suoi rami occulti.
 +
Ma chi del canto mio piglia diletto,
 +
un'altra volta ad ascoltarlo aspetto.
 
</poem>
 
</poem>
 
[[Categoria:Bibliografia]]
 
[[Categoria:Fonti Antiche]]
 

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