Modifica di Agramante

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Re dell'Africa, discendente da [[Alessandro Magno]], figlio di [[Troiano]] e perciò nipote di quell'[[Agolante]], di cui poemi e racconti romanzeschi francesi e italiani narrano la folle impresa in Italia e la sconfitta per opera di [[Carlo Magno]] e di [[Orlando]], ne rinnova nell' ''Orlando innamorato'' le gesta, bramoso anch'egli di dar prova della sua sterminata possanza in un'impresa straordinaria contro la Cristianità: la scena in cui egli raccoglie nel suo palazzo trentadue re suoi vassalli, per esporre loro il suo disegno della spedizione contro la Francia e per averne consiglio e aiuto, è di una grandiosità fiabesca ed è la più bella raffigurazione che il Boiardo ci abbia dato del carattere del suo personaggio, che è un altro di quei guerrieri saraceni, dalla forza straordinaria e dall'immensa ambizione, cari a lui per il suo amore del rude e del favoloso. In seguito Agramante, che si mette alla ricerca di [[Ruggiero]], il guerriero necessario alla sua impresa, e va incontro a varie avventure, perde un poco della sua grandezza e non si erge più come all'inizio sulla schiera dei barbari re che lo circondano. Nell'Ariosto al solito la sua figura è ridotta a proporzioni più verisimili: non è più il giovane dalla folle ambizione, ma il capo di una difficile impresa bellica e, mentre perde di rilievo rispetto agli altri guerrieri saraceni, acquista, come per altre ragioni [[Carlo Magno]], una generica dignità regale nel confronto del poema boiardesco. Perciò nel poema non rappresenta una delle forze vive e poeticamente agenti: quando la discordia scoppia nel suo campo, non egli, che tenta con ogni mezzo di portare la pace fra i suoi, ma quei guerrieri insofferenti e orgogliosi attraggono il nostro interesse. Soltanto dopo la catastrofe, quando fuggitivo è approdato in un'isoletta deserta e per consiglio di [[Gradasso]] decide di resistere ancora alla fortuna avversa e di sfidare Orlando, la sua figura acquista una sua severa grandezza. In quella che è la pagina più epica dell'Orlando Furioso, il duello di Lipadusa (Lampedusa), egli ha una sua parte essenziale non tanto per il valore dimostrato nel combattimento contro i tre campioni cristiani e per la sua tragica morte (che avviene per decapitazione), quanto per la risposta da lui data a uno di essi, [[Brandimarte]], che la sera prima del duello lo ha invitato a convertirsi, come egli ha fatto, al Cristianesimo, offrendogli patti favorevoli da parte di Carlo. Il rifiuto di questo re vinto e destinato (lo sentiamo) a una prossima morte ("S'io fossi certo di morir vo'morto - Prima restar ch'al sangue mio far torto") illumina di una luce di grande nobiltà la sua figura.
 
Re dell'Africa, discendente da [[Alessandro Magno]], figlio di [[Troiano]] e perciò nipote di quell'[[Agolante]], di cui poemi e racconti romanzeschi francesi e italiani narrano la folle impresa in Italia e la sconfitta per opera di [[Carlo Magno]] e di [[Orlando]], ne rinnova nell' ''Orlando innamorato'' le gesta, bramoso anch'egli di dar prova della sua sterminata possanza in un'impresa straordinaria contro la Cristianità: la scena in cui egli raccoglie nel suo palazzo trentadue re suoi vassalli, per esporre loro il suo disegno della spedizione contro la Francia e per averne consiglio e aiuto, è di una grandiosità fiabesca ed è la più bella raffigurazione che il Boiardo ci abbia dato del carattere del suo personaggio, che è un altro di quei guerrieri saraceni, dalla forza straordinaria e dall'immensa ambizione, cari a lui per il suo amore del rude e del favoloso. In seguito Agramante, che si mette alla ricerca di [[Ruggiero]], il guerriero necessario alla sua impresa, e va incontro a varie avventure, perde un poco della sua grandezza e non si erge più come all'inizio sulla schiera dei barbari re che lo circondano. Nell'Ariosto al solito la sua figura è ridotta a proporzioni più verisimili: non è più il giovane dalla folle ambizione, ma il capo di una difficile impresa bellica e, mentre perde di rilievo rispetto agli altri guerrieri saraceni, acquista, come per altre ragioni [[Carlo Magno]], una generica dignità regale nel confronto del poema boiardesco. Perciò nel poema non rappresenta una delle forze vive e poeticamente agenti: quando la discordia scoppia nel suo campo, non egli, che tenta con ogni mezzo di portare la pace fra i suoi, ma quei guerrieri insofferenti e orgogliosi attraggono il nostro interesse. Soltanto dopo la catastrofe, quando fuggitivo è approdato in un'isoletta deserta e per consiglio di [[Gradasso]] decide di resistere ancora alla fortuna avversa e di sfidare Orlando, la sua figura acquista una sua severa grandezza. In quella che è la pagina più epica dell'Orlando Furioso, il duello di Lipadusa (Lampedusa), egli ha una sua parte essenziale non tanto per il valore dimostrato nel combattimento contro i tre campioni cristiani e per la sua tragica morte (che avviene per decapitazione), quanto per la risposta da lui data a uno di essi, [[Brandimarte]], che la sera prima del duello lo ha invitato a convertirsi, come egli ha fatto, al Cristianesimo, offrendogli patti favorevoli da parte di Carlo. Il rifiuto di questo re vinto e destinato (lo sentiamo) a una prossima morte ("S'io fossi certo di morir vo'morto - Prima restar ch'al sangue mio far torto") illumina di una luce di grande nobiltà la sua figura.
  
[[Categoria:Mitologia Medievale]]
 
 
[[Categoria:Mitologia Carolingia]]
 
[[Categoria:Mitologia Carolingia]]
 
[[Categoria:Europa]]
 
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[[Categoria:Europa Centrale]]
 
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[[Categoria:Francia]]
 
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[[Categoria:Re]]
[[Categoria:Sovrani]]
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[[Categoria:Condottieri]]
 
 
[[Categoria:Guerrieri]]
 
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[[Categoria:Sesso: Maschio]]
 
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[[Categoria:Indole: Malevola]]
 
 
[[Categoria:Decapitazione]]
 
[[Categoria:Decapitazione]]

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