Differenze tra le versioni di "Wayeb"

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L’ultimo periodo dell’Haab era chiamato Wayeb ed era composto da soli cinque giorni. Si ritiene che una probabile radice di Wayeb sia Way, cioè “minaccia”, “dramma”. Il significato complessivo però si lega a concetti come “letto da cui ci si alza” o “stanza dalla quale si esce”. Questi cinque giorni avevano una particolarità, segnalata anche dal loro appellativo Xma Baba Kin, ovvero “giorni senza nome”. I giorni del Wayeb non avevano un nome perché dovevano cancellare le influenze dei giorni precedenti dall’anno venturo, tanto che anche i giorni dello Tzolk’in che transitavano in questo periodo dell’anno perdevano il proprio carattere. Questa neutralità rendeva impossibile prevedere gli effetti del mondo trascendente sulla natura e sull’uomo e proprio per questo i cinque giorni del Wayeb erano considerati nefasti e pericolosi. Perciò, i Maya li passavano svolgendo meno attività possibili: stavano chiusi in casa, non si lavavano né pettinavano, digiunavano e si astenevano dai rapporti sessuali. Il Wayeb dunque era un abisso che divideva il tempo vecchio da quello nuovo e che segnava una rottura nel flusso ininterrotto del tempo.
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L’ultimo periodo dell’[[Haab]] era chiamato Wayeb ed era composto da soli cinque giorni.  
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<br>Questi cinque giorni avevano una particolarità, segnalata anche dal loro appellativo [[Xma Baba Kin]], ovvero “giorni senza nome”. I giorni del Wayeb non avevano un nome perché dovevano cancellare le influenze dei giorni precedenti dall’anno venturo, tanto che anche i giorni dello Tzolk’in che transitavano in questo periodo dell’anno perdevano il proprio carattere. Questa neutralità rendeva impossibile prevedere gli effetti del mondo trascendente sulla natura e sull’uomo e proprio per questo i cinque giorni del Wayeb erano considerati nefasti e pericolosi. Perciò, i Maya li passavano svolgendo meno attività possibili: stavano chiusi in casa, non si lavavano né pettinavano, digiunavano e si astenevano dai rapporti sessuali. Il Wayeb dunque era un abisso che divideva il tempo vecchio da quello nuovo e che segnava una rottura nel flusso ininterrotto del tempo.
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<br>Tuttavia, ricalcando un pensiero tipicamente maya, questa sorte di “morte del tempo” era necessaria per la successiva rinascita. Questo è testimoniato dal fatto che già nei giorni del Wayeb si effettuavano sia le cerimonie di purificazione tipiche di questo periodo, sia i riti propiziatori per l’inizio del nuovo anno. Questi ultimi variavano a seconda del giorno Tzolk’in con cui sarebbe cominciato l’anno nuovo. In ogni caso, però, le celebrazioni consistevano in sacrifici di animali, autosacrifici, banchetti e offerte di cibo agli dèi. Tutto ciò si compiva nella casa prescelta, in cui gli idoli dell’anno vecchio e dell’anno nuovo venivano posti uno di fronte all’altro. Una volta terminati i giorni del Wayeb, l’idolo della divinità protettrice del nuovo anno veniva condotto nel tempio, mentre l’idolo dell’anno vecchio veniva collocato all’ingresso della città. Gli idoli avrebbero conservato la propria posizione per i prossimi 365 giorni.
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<br>A questo punto bisogna sottolineare che i giorni Tzolk’in con cui iniziava l’anno potevano essere solo quattro, che all’epoca della conquista spagnola erano: [[K’an]], [[Muluk]], [[Ix]] e [[Kawak]]. Questi giorni erano contrassegnati da un valore mitologico non indifferente e consentivano di prevedere la qualità dell’anno che stava per iniziare: gli anni K’an erano favorevoli, i Muluk molto favorevoli, mentre gli anni Ix erano negativi, anche se non quanto i Kawak, che erano considerati molto sfavorevoli.
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<br>A prescindere dal tipo di anno, però, le degenerazioni erano sempre in agguato. Se in un anno le calamità si facevano particolarmente insistenti, si pregavano delle determinate divinità ausiliarie, affinché accorressero in aiuto della comunità. Naturalmente ogni anno aveva delle specifiche divinità ausiliarie e dei riti relativi, anche cruenti, a seconda del problema che affliggeva gli uomini. I riti di fine anno erano importanti soprattutto per le donne, poiché erano le uniche celebrazioni alle quali potevano assistere e addirittura partecipare con delle danze a loro riservate.
  
Tuttavia, ricalcando un pensiero tipicamente maya, questa sorte di “morte del tempo” era necessaria per la successiva rinascita. Questo è testimoniato dal fatto che già nei giorni del Wayeb si effettuavano sia le cerimonie di purificazione tipiche di questo periodo, sia i riti propiziatori per l’inizio del nuovo anno. Questi ultimi variavano a seconda del giorno Tzolk’in con cui sarebbe cominciato l’anno nuovo. In ogni caso, però, le celebrazioni consistevano in sacrifici di animali, autosacrifici, banchetti e offerte di cibo agli dèi. Tutto ciò si compiva nella casa prescelta, in cui gli idoli dell’anno vecchio e dell’anno nuovo venivano posti uno di fronte all’altro. Una volta terminati i giorni del Wayeb, l’idolo della divinità protettrice del nuovo anno veniva condotto nel tempio, mentre l’idolo dell’anno vecchio veniva collocato all’ingresso della città. Gli idoli avrebbero conservato la propria posizione per i prossimi 365 giorni.
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==Etimologia==
 
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Si ritiene che una probabile radice di Wayeb sia Way, cioè “minaccia”, “dramma”. Il significato complessivo però si lega a concetti come “letto da cui ci si alza” o “stanza dalla quale si esce”.
A questo punto bisogna sottolineare che i giorni Tzolk’in con cui iniziava l’anno potevano essere solo quattro, che all’epoca della conquista spagnola erano: K’an, Muluk, Ix e Kawak. Questi giorni erano contrassegnati da un valore mitologico non indifferente e consentivano di prevedere la qualità dell’anno che stava per iniziare: gli anni K’an erano favorevoli, i Muluk molto favorevoli, mentre gli anni Ix erano negativi, anche se non quanto i Kawak, che erano considerati molto sfavorevoli.
 
 
 
A prescindere dal tipo di anno, però, le degenerazioni erano sempre in agguato. Se in un anno le calamità si facevano particolarmente insistenti, si pregavano delle determinate divinità ausiliarie, affinché accorressero in aiuto della comunità. Naturalmente ogni anno aveva delle specifiche divinità ausiliarie e dei riti relativi, anche cruenti, a seconda del problema che affliggeva gli uomini. I riti di fine anno erano importanti soprattutto per le donne, poiché erano le uniche celebrazioni alle quali potevano assistere e addirittura partecipare con delle danze a loro riservate.
 

Versione delle 20:05, 3 nov 2013

L’ultimo periodo dell’Haab era chiamato Wayeb ed era composto da soli cinque giorni.
Questi cinque giorni avevano una particolarità, segnalata anche dal loro appellativo Xma Baba Kin, ovvero “giorni senza nome”. I giorni del Wayeb non avevano un nome perché dovevano cancellare le influenze dei giorni precedenti dall’anno venturo, tanto che anche i giorni dello Tzolk’in che transitavano in questo periodo dell’anno perdevano il proprio carattere. Questa neutralità rendeva impossibile prevedere gli effetti del mondo trascendente sulla natura e sull’uomo e proprio per questo i cinque giorni del Wayeb erano considerati nefasti e pericolosi. Perciò, i Maya li passavano svolgendo meno attività possibili: stavano chiusi in casa, non si lavavano né pettinavano, digiunavano e si astenevano dai rapporti sessuali. Il Wayeb dunque era un abisso che divideva il tempo vecchio da quello nuovo e che segnava una rottura nel flusso ininterrotto del tempo.
Tuttavia, ricalcando un pensiero tipicamente maya, questa sorte di “morte del tempo” era necessaria per la successiva rinascita. Questo è testimoniato dal fatto che già nei giorni del Wayeb si effettuavano sia le cerimonie di purificazione tipiche di questo periodo, sia i riti propiziatori per l’inizio del nuovo anno. Questi ultimi variavano a seconda del giorno Tzolk’in con cui sarebbe cominciato l’anno nuovo. In ogni caso, però, le celebrazioni consistevano in sacrifici di animali, autosacrifici, banchetti e offerte di cibo agli dèi. Tutto ciò si compiva nella casa prescelta, in cui gli idoli dell’anno vecchio e dell’anno nuovo venivano posti uno di fronte all’altro. Una volta terminati i giorni del Wayeb, l’idolo della divinità protettrice del nuovo anno veniva condotto nel tempio, mentre l’idolo dell’anno vecchio veniva collocato all’ingresso della città. Gli idoli avrebbero conservato la propria posizione per i prossimi 365 giorni.
A questo punto bisogna sottolineare che i giorni Tzolk’in con cui iniziava l’anno potevano essere solo quattro, che all’epoca della conquista spagnola erano: K’an, Muluk, Ix e Kawak. Questi giorni erano contrassegnati da un valore mitologico non indifferente e consentivano di prevedere la qualità dell’anno che stava per iniziare: gli anni K’an erano favorevoli, i Muluk molto favorevoli, mentre gli anni Ix erano negativi, anche se non quanto i Kawak, che erano considerati molto sfavorevoli.
A prescindere dal tipo di anno, però, le degenerazioni erano sempre in agguato. Se in un anno le calamità si facevano particolarmente insistenti, si pregavano delle determinate divinità ausiliarie, affinché accorressero in aiuto della comunità. Naturalmente ogni anno aveva delle specifiche divinità ausiliarie e dei riti relativi, anche cruenti, a seconda del problema che affliggeva gli uomini. I riti di fine anno erano importanti soprattutto per le donne, poiché erano le uniche celebrazioni alle quali potevano assistere e addirittura partecipare con delle danze a loro riservate.

Etimologia

Si ritiene che una probabile radice di Wayeb sia Way, cioè “minaccia”, “dramma”. Il significato complessivo però si lega a concetti come “letto da cui ci si alza” o “stanza dalla quale si esce”.