Salamandra (1)

SCHEDA
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IDENTITÀ
Nome orig.: -
Altri nomi: -
Etimologia: -
Sesso: Maschio e Femmina
Genitori: [[]] e [[]]
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Fratelli/Sorelle:
Fratellastri e/o
Sorellastre:
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LOCALIZZAZIONE
Sezione: Folklore
Continente: Europa
Area: -
Paese:
Regione: [[{{{regione}}}]]
Provincia: [[{{{provincia}}}]]
Città: [[{{{citta}}}]]
Origine: Bestiari
CLASSIFICAZIONE
Tipologia: Creature Fantastiche
Sottotipologia: Animali
Specificità: Rettili
Subspecifica: Lucertole
CARATTERI
Aspetto: Animale
Indole: Neutrale
Elemento: Fuoco
Habitat: Foresta
ATTRIBUTI
Fisici
Animali
Vegetali
Minerali
Alimenti
Colori

Nero Giallo

Numeri
Armi
Abbigliamento
Altri
Personaggi
TEMATICHE

Assieme alla Fenice è il più celebre dei Pirozoi, ma contrariamente ad essa ha un suo modello fìsico reale ben preciso: si tratta di un piccolo rettile di nome salamadra maculosa. È una specie di lucertola di colore nero con vistose macchie color giallo oro che, posta in vicinanza di fonti di calore, secerne un umidore che, sia pur per breve tempo, le permette di sopportare temperature più elevate del normale. Ovviamente se messa nel fuoco, brucia rapidamente come qualsiasi altro animale, e questo fatto non era ignoto nemmeno nell'antichità: Galeno infatti prescriveva come medicamento le ceneri di salamandra e, nel Rinascimento, il Mattioli aveva fatto l'esperimento della combustione del rettile.

ANTICHITA' CLASSICA

Ciò nonostante l'idea, nata da un passo di Aristotele, ampliato e divulgato da Plinio, che la salamandra avesse la straordinaria facoltà di vivere e nutrirsi di fuoco, o addirittura di estinguerlo, sopravvive tranquillamente per secoli ad ogni facile verifica.

MEDIOEVO

Francesco I la prende come emblema, raffigurandola tra le fiamme con il motto Nutrisco et extinguo, me ne nutro e lo estinguo. Benvenuto Cellini nella sua autobiografia narra tra gli episodi della sua fanciullezza di aver visto tra le fiamme del focolare un piccolo animale, che si muoveva rapidamente, a suo pieno agio; e il padre, spiegandogli che si trattava di una salamandra, non esitò a schiaffeggiare il piccolo Benvenuto, perché nella sua memoria restasse scolpita quella straordinaria esperienza.
S. Agostino e molti altri Padri della Chiesa prendono la piccola salamandra come esempio probante della possibilità che i corpi risorti possano resistere in eterno ai tormenti del fuoco infernale. Una conferma alla realtà delle qualità dell'animale sembrava potersi trovare nell'esistenza di certe "stoffe" incombustibili, che si dicevano prodotte dalla salamandra, o che venivano spacciate addirittura come pelli del rettile. L'apocrifa Lettera del Prete Gianni racconta che «nei nostri domini si alleva il bruco chiamato salamandra. Le salamandre vivono nel fuoco e fanno bozzoli che le donne di palazzo dipanano ed impiegano per tessere tele e panni. Per lavarle e nettarle le gettano nel fuoco».
È Marco Polo a risolvere l'apparente incongruenza tra un animale, evidentemente combustibile e la sua presunta pelle, o secrezione, incombustibile, spiegando che si tratta di due cose differenti: « In queste montagne v'è un'altra vena onde si fa la salamandra. La salamandra non è bestia, come si dice, che vive nel fuoco, che neuno animale puote vivere nel fuoco; ma dirovi come si fa la salamandra. Uno mio compagno di nome Zuficor [...] facea fare queste salamandre [...] quella vena si cava e stringesi insieme e fa fila come di lana; e poscia la fa seccare e pestare in grandi mortai di covro; poscia la fanno lavare, e la terra si ccade, quella che v'è apiccata, e rimane le fila, come di lana; e questa si fila e tassine panno da tovaglie. Fatte le tovaglie elle sono brune; mettendole nel fuoco diventano bianche come neve. E queste sono le salamandre, e l'altre sono favole». La sostanza di cui parla il veneziano è l'amianto; ma, nonostante la chiara spiegazione, la leggenda non muore, che anzi sono proprio i racconti di Marco Polo a passare per un coacervo di favole dettate da una fervida immaginazione.

MEDIO ORIENTE

Anche in ambito medio orientale le notizie su questo animale favoloso non mancano di trovare credito. Per Al-Qazwini il Samandar è un animale che somiglia ad un topo, e vive nel fuoco, e la carne, la pelle ed il pelo non ricevono danno alcuno dalle fiamme. I re si fanno indumenti con la sua pelle e, per lavarli, li gettano nel fuoco. La bile dell'animale cura la lebbra tubercolare, ed il suo sangue, versato sul pene, dona un'enorme potenza sessuale.
Secondo un altro autore arabo, Sha'Rani, la salamandra è invece ritenuta un uccello «che unicamente nel fuoco vive, depone le nova ed ha i pulcini». In altre fonti arabe abbiamo sempre un uccello, di nome Samandal, della taglia di un piccione, colorato di rosso, bianco, verde e blu, che può entrare nel fuoco senza bruciare, e restarvi per giorni, nutrendosi solo di terra; quando cova le sue uova non beve acqua. In questa confusione tra salamandra rettile e salamandra uccello (che arriva anche in Occidente, nel Bestiaire d'Amours di Richart de Fournival, dove ia salamandra è un uccello bianco), gioca evidentemente un ruolo importante il parallelo col mito della fenice.

EBRAISMO

Nel folklore ebraico la salamandra nasce da un fuoco che brucia ininterrottamente per sette giorni e sette notti; per un commentatore medievale il fuoco deve essere di mirto, e bruciare per sette anni interi. Quando essa passa tra le fiamme le estingue, e da allora sarà impossibile riaccendere fuochi in quello stesso posto. Basta bagnarsi una mano nel sangue della salamandra perché questa parte diventi immune dalle fiamme.