Romanzo di Alessandro

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Il Romanzo appare come un’opera aperta, composita e stratificata sulla base di materiale storico e fantastico precedente derivato da fonti diverse: una vulgata della vita di Alessandro Magno, un romanzo epistolare fittizio e forse un’opera in versi. In esso sono infatti copresenti elementi storici e fittizi, derivati dalla tradizione orale formatasi dopo la morte di Alessandro nel 323 a.C., tendenti soprattutto ad accentuare l’origine e la natura divina del sovrano macedone. Ma la linea di demarcazione tra storia e leggenda nella figura di Alessandro non è facilmente definibile perché anche nelle biografie di Curzio Rufo, Plutarco e Arriano sono spesso confuse. Nel Romanzo molti eventi sono storicamente distorti, e così Alessandro, prima di procedere alla conquista dell’impero persiano, si sposta in Sicilia e in Africa dove riceve ambascerie di sottomissione da parte dei Romani e dei Cartaginesi.
D'altra parte, alcuni dettagli storici che ci appaiono plausibili, pur essendo in contrasto con quanto ci è giunto dalla storiografia tradizionale, sono forse il risultato dell’utilizzo da parte dell’autore di fonti per noi perdute, ma delle quali sembrano a conoscenza in alcuni casi Diodoro Siculo e Arriano.
Nel Romanzo non è predominante, come invece accade generalmente nel romanzo greco, il carattere erotico, ma il carattere avventuroso e fantastico. La storia prende avvio da eventi precedenti la nascita di Alessandro, con la fuga dell’ultimo Faraone d’Egitto Nectanebo dalla sua terra. Questi, oltre che Faraone e quindi ipostasi terrestre del dio Ammone, è un potente mago e sacerdote capace di sconfiggere da solo con incantesimi interi eserciti; egli è costretto a fuggire dalla sua terra a causa di un’invasione che neppure lui può respingere poiché guidata dagli dei, e per tanto parte del piano divino che lo porterà come mago e profeta alla corte Macedone dove si unirà alla regina Olimpia e genererà Alessandro, discendente di Ammone attraverso il Faraone d'Egitto. Anche l’episodio del cavallo Bucefalo è distorto nella prospettiva di evidenziare il carattere divino del sovrano macedone: lo stallone non è più solo intrattabile e selvaggio, ma un vero e proprio divoratore di uomini, affiancato così alle figure mitiche dei cavalli mangiatori di carne che divorarono il loro padrone Glauco e a quelli che uccisero Licurgo, re della Tracia. Così l’ammansimento di una tale belva non mostra più solo le virtù umane di Alessandro, forza, coraggio e intelligenza, ma lo avvicina a figure mitiche e divine quali quella di Eracle.
Interessante è anche l’incontro di Alessandro con il re Poro. Storicamente questo avvenne in seguito alla resa di Poro dopo la battaglia sulle rive del fiume Idraspo, e Alessandro, impressionato dal coraggio dimostrato dal suo avversario, non solo decise di risparmiare il re, ma ampliò i confini territoriali del suo regno, pensando che fosse meglio avere un alleato fedele e capace piuttosto che un possedimento territoriale incerto e malsicuro.
Nel Romanzo invece l’incontro tra i due sovrani non avviene dopo la sconfitta di Poro ma quando, circa venti giorni dopo l’inizio del conflitto, la situazione volge a favore di Poro e Alessandro gli propone un duello uno contro uno, di stampo evidentemente omerico, da cui dipenda l’esito della guerra. Poro accetta contando sulla propria imponenza fisica ma viene sconfitto perché Alessandro, approfittando di una distrazione, lo butta a terra e lo uccide. Da questo episodio emerge l’immagine di un uomo che ricorre all’inganno per giungere ai suoi scopi, secondo il modello dell'eroe astuto, che si ispira a Prometeo e Ulisse.
Dallo studio del romanzo e dal confronto con la storiografia tradizionale a noi giunta risulta evidente il sovrapporsi alle fonti scritte di tradizioni orali non pervenute ma che probabilmente dovevano godere di una certa popolarità al tempo della stesura dell’opera. L’attenzione al personaggio e all’evento storico mostrano l’appartenenza al tipo del "romanzo storico", o meglio forse "di ambientazione storica" cui è riconducibile anche il Romanzo di Cherea e Calliroe, di Caritone di Afrodisia, che doveva godere di una buona diffusione intorno al I secolo d.C., che metteva in secondo piano la precisione storiografica, dando invece netta prevalenza, conformemente alla tendenza della storiografia ellenistica, agli elementi esotici o favolosi, il carattere avventuroso e patetico cui probabilmente andavano le preferenze del pubblico.