Remo (2)

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Giovane condottiero rutulo, uno dei 14 che Turno scelse per l'assedio alla cittadella dei troiani di Enea sbarcati nel Lazio. Come gli altri, comandava un contingente di 100 giovani guerrieri; ma era anche accompagnato da due ragazzi alle sue strette dipendenze, il primo in qualità di scudiero e l'altro come auriga del suo cocchio. Doveva essere molto ricco oltre che nobile, dato che era venuto alla guerra portandosi anche un letto.

La morte

Come è scritto nel nono libro dell'Eneide, Remo fu una delle vittime illustri della strage notturna nell'accampamento rutulo compiuta da Niso, che sorprese nel sonno molti italici. Entrato nella tenda del re Ramnete, il troiano vi colpì costui per primo, mentre russava sui tappeti; poi i suoi tre servi e lo scudiero di Remo, giacenti insieme addormentati tra le armi. Poi si diresse agli alloggiamenti di Remo, dove dette il via a una nuova mattanza sgozzando l'auriga trovato sotto i cavalli; quindi si accostò al letto su cui era coricato il signore e gli recise di netto la testa. L'anima di Remo uscì dal busto tra i singhiozzi, così come quelle di tre suoi guerrieri distesi sull'erba, tra cui il bellissimo giovinetto Serrano, decapitati da Niso subito dopo.


Così raccomanda e la voce comprime: intanto con la spada un superbo, Ramnete, aggredisce, che a caso sopra uno strato di tappeti elevato, con tutto il suo petto espirava il sonno, re anche lui e al re Turno augure ben accetto: ma l’arte augurale non poté sventare la sua rovina. Tre servitori al suo fianco, alla rinfusa tra i dardi sdraiati, e lo scudiero di Remo sopprime, e all'auriga, scovato proprio sotto i cavalli, col ferro fende il pendulo collo; poi la testa a lui stesso asporta, al padrone, e il tronco abbandona palpitante di sangue; scuro il tiepido fiotto la terra e il letto inzuppa. Così poi Lamiro e Lamo e il giovane Serrano, che a lungo quella notte aveva giocato, bello com'era, e disteso, le membra sopraffatte dall'abbondanza del dio (Virgilio, Eneide, traduzione di Carlo Carena)


Sempre nel libro IX, ai versi in cui viene descritto il ritrovamento dei giovani rutuli uccisi nel sonno da Eurialo e Niso, si legge:

Nel campo c'era un uguale cordoglio per il ritrovamento di Ramnete esangue,
e di tanti capi uccisi da un'unica spada, e Serrano e Numa

(Virgilio, Eneide)

ma il nome "Numa" non era stato fatto nella descrizione della strage. Si tratta dunque di una svista di Virgilio, che come noto lasciò il suo poema privo dell'ultima revisione.
Un rutulo di nome Numa morirà nel libro X, mentre nel libro IX in luogo di "Numa" si deve ipotizzare il nome di un guerriero che condivide lo stesso destino del personaggio citato subito prima, Serrano, decapitato insieme ad altri tre da Niso. Gli unici due nomi possibili sono "Lamo" e "Remo", non essendo "Lamiro" bisillabo come "Numa". Entrambe le ipotesi restano ugualmente valide: potrebbe trattarsi di Lamo, visto che al pari di Serrano è sorpreso giacente a terra da Niso, a differenza di Remo che viene decapitato nel suo letto; o forse l'identità è proprio quella di Remo, considerando lo status di condottiero del personaggio (mentre Lamo risulta essere un carattere insignificante, degno di menzione solo per il suo nome in allitterazione con quello del compagno Lamiro). Il passo va pertanto ripensato come "e Serrano e Lamo", oppure "e Serrano e Remo", con implicito riferimento alle teste recise dei guerrieri.

Interpretazione e realtà storica

Dopo le uccisioni dello scudiero e dell'auriga di Remo, non prive di comicità date le posizioni in cui i due ragazzi, ubriachi, si trovano allorché li sorprende la spada di Niso (l'uno aggrovigliato coi servi di Ramnete, l'altro allungato proprio tra le zampe dei diletti cavalli), i versi del nono libro dell'Eneide si tingono del tragico, nero assassinio, del condottiero (che non è ubriaco, riposa compostamente nel suo letto). Rapidissima la decapitazione, con la testa che una volta spiccata non si vede praticamente più, mentre dal busto esce l'anima singhiozzante. Il sangue cola a terra, la intride, la feconda; è il suolo su cui secoli dopo sorgerà Roma, per opera di Romolo e suo fratello Remo; il nome e la fama dell'eroe rutulo, fa capire Virgilio, resisteranno nella memoria.

Curiosità

  • Nella traduzione di Adriano Bacchielli è omessa la figura dello scudiero:


 Poi tre servi
accanto a lui sorprende, alla rinfusa
in mezzo all'armi placidi giacenti
e l'auriga di Remo fra i cavalli
e taglia loro la riversa gola
Poi con un colpo mozza il capo al sire
e lascia il tronco sussultar nel sangue
che il letto intiepidisce e il suolo imbruna;
e a Lamo poi, a Lamiro, a Serrano, che fino a tarda notte avea giocato,
bello d'aspetto, al suol giacente, immemore,
avvinti i sensi nel sopor del vino


Nella traduzione di Luciano Miori, invece, Remo è detto anche anche dominus dei tre servi che in realtà accompagnano il re Ramnete: lo status del condottiero risulta pertanto più elevato, e non è da escludere che il traduttore veda anche in lui un sovrano, dato che lo colloca su sontuosi drappi, con ben otto persone che dunque lo attorniano, laddove Ramnete, sia pure presentato ancora in tutto il suo fasto, appare sorprendentemente senza alcuna scorta. Si hanno inoltre qui dettagli sulle uccisioni dei servi e dello scudiero, che condividono il destino dell'auriga, ossia una morte per sgozzamento.


 Qui all'improvviso tace e trafigge d'un colpo di spada
il superbo Ramnete che, steso su un morbido strato
d'alti tappeti, esalava il sonno dal profondo del petto,
re egli stesso ed augure assai apprezzato da Turno
ma la sua scienza augurale non valse a stornargli la morte.
Indi assalì tre servi giacenti in mezzo alle armi
e lo scudiero di Remo e il suo auriga adagiato tra i piedi
dei cavalli e recise a tutti la gola col ferro.
Poi mozzò il capo al loro stesso signore; ed un cupo
fiotto di tepido sangue sgorgò dal tronco, bagnando
terra e drappi. Fu quindi la volta di Làmiro e Lamo
e del bel giovinetto Sarrano, che aveva trascorso
quella notte nel gioco e giaceva allora domato
dal copioso liquore di Bacco

Guerrieri noti agli ordini di Remo

Bibliografia

Fonti Antiche