Pataikeia

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Divinità fenicie le cui immagini venivano collocate sulle prue delle navi. Erano tanto brutte e mal fatte da divenire oggetto di scherno da parte del conquistatore Cambise che le vide nel tempio di Efesto. Con la testa grossa, il ventre prominente, cenni di steatopigìa e gambe curve, con tutti i caratteri, cioè, del classico nano acondroplasico. Poiché le Pataikeia erano considerate protettrici dei vascelli, ogni natante portava un'immagine a poppa, a prua invece si poneva il simulacro di qualche animale o mostro dal quale in genere la nave prendeva il nome. Scaligero, umanista-filosofo del quattrocento, fa derivare il termine « pataiche » dall'ebraico patach = scolpire. Bochard invece la fa derivare da batch, che significa «aver fiducia». Ambedue le etimologie si accordano all'uso che di esse fecero i Fenici, e dopo di loro i Greci che adottarono le Pataikeia come divinità preposte alla navigazione.
La loro diffusione anche in Egitto, portò ad una commistione col Dio Bes, dai caratteri somatici analoghi, e alla creazione di una figura chiamata Ptah-Pateco.