Differenze tra le versioni di "Lauso (1)"

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Versione delle 19:54, 11 gen 2012

Bellissimo giovane, figlio di Mezenzio, il tiranno etrusco di Caere. Fu cacciato insieme al padre dai sudditi, trovando rifugio presso Turno con i pochi uomini rimasti a loro fedeli. Persona estremamente schiva e taciturna, l'esatto contrario del genitore, amava cacciare e prendersi cura dei cavalli.

Ha il figlio Lauso al fianco: nessuno più bello vi fu, eccettuato il corpo del laurente Turno; Lauso, domatore di cavalli e vincitore di fiere, conduce mille guerrieri che lo seguirono invano dalla città di Agilla, degno di esercitare un comando più mite di quello paterno (Virgilio, Eneide, libro 7)

La morte

Grati a Turno per la protezione che aveva loro accordato, Lauso e Mezenzio gli garantirono aiuto nella guerra contro i troiani di Enea sbarcati nel Lazio: questi tra l'altro si erano alleati proprio con gli Etruschi loro oppositori, che erano guidati dal nuovo re, il giovane Asture. Lauso uccise Abante, un guerriero troiano. Quindi si frappose silenziosamente tra Enea e suo padre, che era rimasto ferito dal capo troiano, permettendogli così di allontanarsi, ma pagò con la vita il suo nobile atto. Enea, commosso per quel sacrificio, restituì personalmente il cadavere del giovane ai suoi seguaci perché ricevesse degna sepoltura.

Gemette gravemente per amore del caro padre, appena lo vide, Lauso, e lagrime gli rigarono il volto. Qui non tacerò di certo il caso di una dura morte, e le tue gloriose gesta, e te, o giovane memorabile, se pure i posteri accorderanno fede a una così grande impresa. Mezenzio, ritraendo il piede, si allontanava indebolito e impacciato, e cercava di strappare la lancia nemica dallo scudo. Il giovane irruppe e si gettò in mezzo alle armi, e sottentrò alla lama di Enea che già si ergeva con la destra e vibrava il colpo e, facendogli ostacolo, lo trattenne. I compagni lo assecondano con grande clamore, finché il padre s'allontani protetto dal piccolo scudo del figlio, e lanciano dardi, e respingono da lontano il nemico con proiettili. Infuria Enea, e si tiene coperto. Come talvolta precipitano nembi a rovesci di grandine, ed ogni aratore si disperde nei campi, ed ogni contadino e viandante si nasconde al sicuro sotto la ripa d'un fiume o l'arco d'un alto macigno, finché piove sulla terra, per potere, riapparso il sole, impiegar la giornata: così Enea, avvolto di dardida tutte le parti, sostiene la nube di guerra, aspettando che tutta si scarichi, e grida a Lauso e minaccia Lauso: "Dove corri a morire, e osi oltre le forze? T'insidia incauto l'amore". Ma quello, ugualmente, esulta, folle; e già al condottiero dardanio crescono crudeli le ire; le Parche raccolgono gli ultimi fili di Lauso: infatti Enea vibra la valida spada sul corpo del giovane, e tutta l'affonda. La punta attraversa lo scudo, leggera arma all'audace, e la tunica, che la madre aveva tessuto con flessibile oro, e colma le pieghe di sangue; allora la vita per l'aria fuggì mesta ai Mani, e abbandonò il corpo. Ma appena l'Anchisiade vide lo sguardo e il volto del morente, il volto pallido in mirabile modo,gemette gravemente, pietoso, e tese la destra, e gli strinse il cuore il pensiero dell'amore paterno. (Eneide, libro 10)

Interpretazioni

Virgilio distingue nettamente Lauso da Mezenzio. Il giovane principe segue il padre nell'esilio, spinto dall'amor filiale, senza per questo condividerne l'operato: nel suo animo non c'è assolutamente posto per la malvagità, come già si legge nella presentazione del personaggio (Lauso ... degno di esercitare un comando più mite di quello paterno e di non avere Mezenzio per padre). Significativo è anche il racconto che nel libro ottavo Evandro fa a Enea, col tiranno bollato come autore di crimini efferati; ma di Lauso non si parla. Per il principe etrusco c'è anche, da parte di Virgilio, la notazione di kalokagathìa; addirittura egli è detto secondo solo a Turno per bellezza tra gli italici. Un eroe d'animo dunque straordinariamente nobile, benché generato da uno dei peggiori sovrani che la mitologia classica ricordi. Ciò è perfettamente chiaro a Enea quando Lauso gli si para davanti; non è solo l'atto eroico che suscita in lui ammirazione, ma la personalità del giovane nel suo complesso.

Guerrieri etruschi fedeli a Mezenzio e Lauso