Ippogrifo

L'Ippogrifo compare ufficialmente per la prima volta nel poema dell'Ariosto (Orlando Furioso, Canto IV). Tuttavia nella letteratura classica molti nomi già prefiguravano questa invenzione (Hippelaphos, Hippalectryon, e gli immaginari Hippogypoi inventati da Luciano nella Storia Vera); inoltre, l'idea fondamentale, quella cioè del cavallo alato e capace di volare, era già ben nota con la figura di Pegaso. L'Ippogrifo infatti si deve certamente immaginare (benché l'Ariosto non fornisca descrizioni dettagliate) come un grifone in cui le parti leonine sono sostituite da equivalenti parti equine, e quindi, sostanzialmente, come un cavallo dotato di ali ed a testa di aquila. L'idea del connubio tra il cavallo e il grifone non è peregrina, ma deriva da un celebre verso di Virgilio (Ed., VIII, 27): «Jungentur jam gryphes equis», anche se il poeta latino dava a questa eventualità di copula tra grifoni e cavalli il senso di un fatto impossibile.
Si diceva infatti che il Grifone più di ogni altro animale fosse irriducibile nemico del cavallo. Anche Ugo di S. Vittore conferma che un animale nato da un grifone ed un cavallo è impossibile, data l'ancestrale inimicizia tra le due bestie. L'Ariosto tuttavia realizza questa impossibilità, ascrivendo l'origine dell'Ippogrifo appunto all'inconsueto evento di un accoppiamento tra un grifone ed una giumenta. Va ricordato che oltre all'Ippogrifo esisteva già un precedente incrocio di cavalla e grifone: infatti, secondo alcune edizioni del Romanzo di Alessandro il cavallo del condottiero macedone, Bucefalo, avrebbe avuto anch'esso i medesimi genitori.