Giganti

File:Gigantegoya.jpg
Francisco Goya, Il gigante, 1808, Museo del Prado, Madrid

Praticamente ogni cosmogonia è basata sulla trasformazione del corpo di un gigante cosmico, alla sua morte, nelle varie parti dell'universo. Sappiamo anche che di questo originario ruolo cosmico del gigantismo, nel tempo, sopravvivono delle tracce via via più degradate, che conservano sempre meno l'idea originaria che l'universo è una creatura vivente, come l'uomo, cui lo legano straordinarie corrispondenze simboliche, e che giustificano il ruolo di quest'ultimo nel creato. Dagliesseri cosmogonici si passa agli esseri cosmofori: il mondo, che inizialmente è un essere vivente gigantesco, si sdoppia in un pianeta inanimato sorretto da un gigante; il tempo passa ancora, e di queste idee non restano che poche, povere tracce. Certe particolarità del paesaggio diventano la traccia del passaggio di antichi giganti; certe incredibili costruzioni megalitiche non possono che essere state costruite da loro; ed infine, certi ritrovamenti concreti e verificabili di ossa gigantesche, sembrano apportare quell'ultima conferma necessaria alla nostra fantasia mitica. Si fa quindi quasi naturalmente strada l'idea che un tempo l'uomo era un gigante e che la sua statura è progressivamente diminuita in conseguenza della progressiva decadenza umana. Questa perdita di statura rappresenta una perdita di valore, un allontanamento dall'armonia cosmica, ed in definitiva traduce in termini fisici il mito esiodeo della decadenza delle razze.
L'idea di un decadimento fisico-morale dell'uomo, evidenziato dalla sua perdita di statura, è diffusissima in tutto il mondo. Vediamone qualche esempio. Nello Giainismo si crede che i primi uomini fossero alti otto miglia, avessero 256 costole e vivessero per moltissimi anni; poi si scese a quattro miglia e 128 costole, poi a due, e così via in proporzione.
Secondo certe fonti islamiche Abele sarebbe stato alto 14 metri, il che è decisamente molto modesto, se pensiamo che per altri dottori musulmani vicino alla Mecca si possono ancora vedere due collinette, distanti tra loro 300 metri, sulle quali si dice si fossero posate le ginocchia di Eva: il conto torna se pensiamo che le medesime fonti danno alla coppia primordiale una altezza di 1828 metri. Gli Elxaiti, setta gnostico-ebraica del II sec. d.C., ritenevano che Cristo fosse stato un gigante alto 96 miglia, e che lo Spirito Santo, chiamato Ruach, fosse sua sorella ed avesse la stessa invidiabile statura.
Un mito dei Lotuko dell'Uganda, narra di tempi in cui esistevano persone più alte e grandi delle attuali; quando starnutivano sembrava che ci fosse un terremoto; le loro teste superavano le chiome degli alberi e la loro vita era assai lunga; si estinsero perché uno di loro aveva disprezzato i rituali religiosi degli uomini (v. Gjok). Virgilio ci dice che Turno, re dei Rutuli, aveva la forza di quattro uomini, ed il tema è ricordato anche nell'Iliade, dove si rammentano i tempi in cui gli uomini possedevano una forza che ormai hanno perduto. Secondo Plinio il Vecchio, poi, sarebbe esistita ancora ai suoi tempi una razza superstite di giganti etiopici, chiamati Syrbotae, che, secondo una notizia riportata da Cratete di Pergamo, avrebbero raggiunto l'altezza di oltre 8 cubiti (tra i 2,50 e i 4 metri). Nel XVII secolo, l'erudito Nicolas Henrion stabilì con precisione le leggi della progressiva decadenza, rispecchiata nella diminuzione di statura dell'uomo. Secondo lui si era passati da Adamo, alto 123 piedi e 9 pollici, a Noè (103 piedi), ad Abramo (27), a Mosè (13), ad Ercole (10), ad Alessandro (6) e a Cesare (5). Ci si può illudere che tali aberrazioni razionalistiche siano confinate a periodi lontani, anche se Henrion risale a soli tre secoli. Ebbene, non è così. In epoca contemporanea lo scienziato nazista Hans Horbiger credette di dimostrare che in tempi antichi sarebbero precipitate sulla terra lune precedenti alla attuale, e che la cresciuta attrazione gravitazionale da esse esercitata nelle fasi di massima vicinanza avrebbe favorito la nascita di razze di giganti, nostre antenate. Le sue teorie sono state poi ancora ulteriormente "perfezionate" dal suo discepolo intellettuale Denis Saurat, che le difese in libri pubblicati negli anni Cinquanta.
Abbiamo già accennato al fatto che dei ritrovamenti paleontologici avrebbero dato impulso e credibilità al mito dell'esistenza antidiluviana dei giganti. Si racconta che nell'età di Tiberio un terremoto scoprì le tombe di molti giganti, e che fu trovato un dente lungo trenta centimetri; altri autori classici, come Plinio, Pausania, Plutarco e Flegone di Tralles ricordano episodi simili capitati ai loro tempi. Anche nella mitologia si trova traccia di fatti analoghi: ricordo il gigante Hyllos le cui ossa si dice furono evidenziate da una inondazione dell'omonimo fiume della Lidia; e soprattutto il gigante Olus, il cui gigantesco cranio si racconta fosse stato trovato durante i lavori di fondazione del tempio di Giove Ottimo Massimo a Roma, sulla sommità di quel monte che, a causa di quel ritrovamento, fu chiamato Campidoglio {Caput Oli).
Ma non bastavano le notizie e le speculazioni razionalistiche sul tema; spesso si portavano anche delle prove concrete, che ovviamente erano dei falsi, o delle parti di qualche animale preistorico gigantesco. La più celebre burla che riguarda i giganti si consumò nella seconda metà del XIX secolo, quando nella cittadina americana di Cardiff, nello stato di New York, fu "ritrovato" quello che fu spacciato per un gigante fossile, alto tre metri e mezzo. Il proprietario del terreno in cui avvenne il ritrovamento, fece soldi a palate facendo pagare un biglietto per vedere la testimonianza reale dell'esistenza, in tempi antichissimi, di giganti. La burla durò poco, perché fu obiettato e provato che la carne umana non può pietrificarsi; si scoprì quindi che era stato il proprietario del terreno, William Newell, ad ordire l'inganno, per arricchirsi, cosa che gli' era perfettamente riuscita. Il fatto più curioso è che anche dopo che la beffa era stata ampiamente divulgata, la pubblicità della falsificazione non diminuì, ma accrebbe i visitatori ansiosi di pagare per vedere il reperto. Attualmente il gigante di Cardiff è ancora esposto nel museo agricolo di Cooperstown, nello stato di New York.