Gigante

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Francisco Goya, Il gigante, 1808, Museo del Prado, Madrid

Praticamente ogni cosmogonia è basata sulla trasformazione del corpo di un gigante cosmico, alla sua morte, nelle varie parti dell'universo. Sappiamo anche che di questo originario ruolo cosmico del gigantismo, nel tempo, sopravvivono delle tracce via via più degradate, che conservano sempre meno l'idea originaria che l'universo è una creatura vivente, come l'uomo, cui lo legano straordinarie corrispondenze simboliche, e che giustificano il ruolo di quest'ultimo nel creato. Dagli Esseri Cosmogonici si passa agli Esseri Cosmofori: il mondo, che inizialmente è un essere vivente gigantesco, si sdoppia in un pianeta inanimato sorretto da un gigante; il tempo passa ancora, e di queste idee non restano che poche, povere tracce. Certe particolarità del paesaggio diventano la traccia del passaggio di antichi giganti; certe incredibili costruzioni megalitiche non possono che essere state costruite da loro; ed infine, certi ritrovamenti concreti e verificabili di ossa gigantesche, sembrano apportare quell'ultima conferma necessaria alla nostra fantasia mitica. Si fa quindi quasi naturalmente strada l'idea che un tempo l'uomo era un gigante e che la sua statura è progressivamente diminuita in conseguenza della progressiva decadenza umana. Questa perdita di statura rappresenta una perdita di valore, un allontanamento dall'armonia cosmica, ed in definitiva traduce in termini fisici il mito esiodeo della decadenza delle razze.

I Giganti nella Mitologia Greca

Nati dalle gocce sangue cadute dal membro di Urano, mutilato dal figlio Crono, cadute nel grembo della Terra, la dea Ge.
Furono generati per vendicare la sorte dei Titani, difensori dell'antico dio Crono contro l'usurpatore Zeus, e da quest'ultimo annientati. I Giganti sarebbero stati i vendicatori e restauratori dell'ordine antico, preolimpico. Il loro capo era Eurimedonte. Secondo lo pseudo-Apollodoro erano «di una statura straordinaria, di una forza invincibile; nei loro occhi brillavano sguardi minacciosi; una barba e una capigliatura abbondante scendevano dalle loro teste e dai loro menti; avevano al posto delle gambe dei corpi squamosi di serpenti» (Biblioteca, 1, 6).
A giudicare dall'iconografia quest'ultimo particolare delle gambe in forma di serpenti (anguipedismo) è una aggiunta posteriore, aggregata al nucleo primitivo del mito, in cui i Giganti hanno forma totalmente umana, solo a partire dal IV secolo a.C.
I Giganti, aiutati dalla madre (tranne Anatto e Anteo, che non presero parte alla lotta) mossero guerra agli dèi dell'Olimpo, lanciando loro contro, dai Campi Flegrei tronchi infuocati e massi. Un'altra versione invece dice che cercarono di invadere l'Olimpo usando a mò di scala il monte Pelio ed il monte Ossa, messi l'uno sopra l'altro. Tale lotta fu chiamata Gigantomachia e si risolse con la vittoria delle divinità olimpiche, grazie anche all'aiuto di Eracle che con una freccia colpì Alcioneo.
Secondo quanto predetto da un oracolo, infatti gli dèi, Zeus in testa, non avrebbero potuto sopraffare i potentissimi Giganti, se non con l'aiuto di un mortale. Atena allora pensò di richiedere aiuto ad Eracle, ed è con il suo decisivo intervento che la minaccia dei mostruosi vendicatori potè infine essere debellata. I giganti sconfitti, furono sepolti tutti sotto qualche vulcano.

I Giganti nella Mitologia Romana

Virgilio ci dice che Turno, re dei Rutuli, aveva la forza di quattro uomini, ed il tema è ricordato anche nell'Iliade, dove si rammentano i tempi in cui gli uomini possedevano una forza che ormai hanno perduto. Secondo Plinio il Vecchio, poi, sarebbe esistita ancora ai suoi tempi una razza superstite di giganti etiopici, chiamati Syrbotae, che, secondo una notizia riportata da Cratete di Pergamo, avrebbero raggiunto l'altezza di oltre 8 cubiti (tra i 2,50 e i 4 metri).

I Giganti nella Mitologia Gianista

Nello Giainismo si crede che i primi uomini fossero alti otto miglia, avessero 256 costole e vivessero per moltissimi anni; poi si scese a quattro miglia e 128 costole, poi a due, e così via in proporzione.

I ritrovamenti di ossa di giganti

Abbiamo già accennato al fatto che dei ritrovamenti paleontologici avrebbero dato impulso e credibilità al mito dell'esistenza antidiluviana dei giganti. Si racconta che nell'età di Tiberio un terremoto scoprì le tombe di molti giganti, e che fu trovato un dente lungo trenta centimetri; altri autori classici, come Plinio, Pausania, Plutarco e Flegone di Tralles ricordano episodi simili capitati ai loro tempi. Anche nella mitologia si trova traccia di fatti analoghi: ricordo il gigante Hyllos le cui ossa si dice furono evidenziate da una inondazione dell'omonimo fiume della Lidia; e soprattutto il gigante Olus, il cui gigantesco cranio si racconta fosse stato trovato durante i lavori di fondazione del tempio di Giove Ottimo Massimo a Roma, sulla sommità di quel monte che, a causa di quel ritrovamento, fu chiamato Campidoglio (Caput Oli).
Ma non bastavano le notizie e le speculazioni razionalistiche sul tema; spesso si portavano anche delle prove concrete, che ovviamente erano dei falsi, o delle parti di qualche animale preistorico gigantesco. La più celebre burla che riguarda i giganti si consumò nella seconda metà del XIX secolo, quando nella cittadina americana di Cardiff, nello stato di New York, fu "ritrovato" quello che fu spacciato per un gigante fossile, alto tre metri e mezzo. Il proprietario del terreno in cui avvenne il ritrovamento, fece soldi a palate facendo pagare un biglietto per vedere la testimonianza reale dell'esistenza, in tempi antichissimi, di giganti. La burla durò poco, perché fu obiettato e provato che la carne umana non può pietrificarsi; si scoprì quindi che era stato il proprietario del terreno, William Newell, ad ordire l'inganno, per arricchirsi, cosa che gli' era perfettamente riuscita. Il fatto più curioso è che anche dopo che la beffa era stata ampiamente divulgata, la pubblicità della falsificazione non diminuì, ma accrebbe i visitatori ansiosi di pagare per vedere il reperto. Attualmente il gigante di Cardiff è ancora esposto nel museo agricolo di Cooperstown, nello stato di New York.