Garuda

Vishnu che monta Garuda

Mitico uccello divino, cavalcatura di Vishnu, l'unico tra gli esseri mitici di primario rilievo nella mitologia indiana ad essere dotato di ali, che invece sono tra i più comuni attributi divini presso le altre civiltà. Garuda si presenta come un ibrido fra uomo ed uccello; ma, mentre la compresenza di questi due elementi risulta costante, il loro peso relativo varia molto nel tempo. In linea generale si può affermare che si passa da una umanizzazione minima negli esemplari artistici più antichi (uccello a becco di pappagallo, con le sole orecchie umane, Sanchi Stupa, I sec. d.C.), fino ad una quasi totale scomparsa dei caratteri ornitomorfi, che si riducono, in epoca medievale, alle sole ali. L'aspetto medio, più frequentemente testimoniato nelle raffigurazioni, ce lo mostra col corpo umano e le ali e la testa di uccello; i caratteri ornitomorfi rimandano più al pappagallo che all'aquila, come si ritiene comunemente. Anche nei casi in cui il viso tende ad umanizzarsi, il naso assume una tipica conformazione a becco d'uccello, che lo rende molto simile ai giapponesi Tengu. Un elemento sporadico sono le braccia, che a volte si affiancano alle ali, a volte sono invece da queste sostituite.

Il nome Garuda secondo alcuni deriverebbe da garanti-di, che significa "colui che aspetta il veleno", con riferimento alla qualità, presente nella tradizione popolare, di cui gode Garuda, di poter guarire coloro che sono stati morsi dai serpenti, in virtù della sua congenita inimicizia con i Naca. Secondo altri invece il nome deriverebbe da Garuman O Garutmat, nome del dio vedico del sole, astro con cui il nostro Garuda ha stretti legami. In virtù di questi Stessi legami viene anche chiamato Tarksya, nome del 8ole raffigurato come un cavallo bianco, o come un essere che viaggia accanto al sole, nel suo cocchio; a volte prende il nome di Suparna, che significa "dalle belle piume", in ricordo delle sue piume, cadute al suolo. Un altro mito pretende che Garuda significhi "colui che porta un gran peso" e si riferirebbe alla seguente storia: per placare la sua fame, Garuda aveva catturato Una gigantesca tartaruga ed un non meno possente elefante. La tartaruga era larga ottanta miglia e l'elefante lungo 160 miglia. Per riposarsi, prima di divorarli, pensò bene di appollaiarsi un momento su un ramo; il ramo cominciò a scricchiolare, per il gran peso, e Garuda si avvide con terrore che appesi al ramo pericolante c'erano 40.000 Valakhilya, minuscoli saggii, che, cadendo, sarebbero rimasti schiacciati. Per non commettere quella strage, Garuda, con uno sforzo ulteriore (che gli varrà il nome), sollevò tutto il ramo, con l'elefante e la tartaruga, e si levò in volo.
Si narra che Garuda fosse figlio del saggio Kasyapa e di Vinata. Essi ebbero due figli: Garuda e Aruna, il cocchiere del sole. La sorella di Vinata, Kadru, era invece madre dei Naga, che, pur essendogli cugini, sono i più acerrimi nemici di Garuda. L'inimicizia ha ragioni congenite, e legate proprio alle due sorelle: si narra che Kadru deponesse 1000 uova, e la sorella solo due; le prime si schiusero dopo 500 anni, dando vita ai mille Naga. Vinata, rosa dalla gelosia per la ricca prole della sorella in confronto alla sua così misera, gelosia cui si aggiungeva lo smacco di non avere neanche potuto ancora vedere i propri figli, rompe il primo uovo, per affrettarne la venuta al mondo. Nasce così Aruna, che però viene al mondo deforme, e che maledice la madre per la sua impazienza, e la condanna a restare schiava della propria sorella per altri 500 anni, finché non si schiuderà il secondo uovo, da cui nascerà colui che la libererà e dai cui gusci spezzati nasceranno gli otto elefanti cosmofori (v. Airavata). Infatti, a tempo debito nasce Garuda che, per liberare la madre, è costretto a pagare a Kadru, come riscatto, l'Amrita, bevanda dell'immortalità, che essa vuoi dare ai suoi figli Naga. Garuda riesce nell'impresa di rapire la bevanda agli dei, superando varie prove; troviamo qui delle straordinarie assonanze con altri miti occidentali: per esempio con quello assiro dell'uccello Zu, rapitore delle tavole del destino; o quello di Etana, portato in cielo da un'aquila per portar via la "bevanda di vita"; oppure col greco Ganimede, anche lui portato in volo da un'aquila tra gli dei, dei quali diviene il dispensatore dell'ambrosia, bevanda dell'immortalità, legata anche etimologicamente all'Amrita. Garuda riesce dunque a trafugare la bevanda magica (impresa che gli varrà il titolo di amritaharana, ladro di amrita), e la porta a Kadru, liberando così la propria madre Vinata. Ma non appena questa è libera, Garuda riesce con un trucco a distrarre Kadru, permettendo ad Indra di riprendersi l'amrita, che viene dunque negata ai Naga: di qui la profonda inimicizia tra questi esseri. Bisogna tuttavia far notare che il conflitto mitico tra l'uccello e il serpente è presente praticamente in tutte le tradizioni del mondo, ed ha la sua origine nelle opposte valenze simboliche dei due animali: aereo, solare e legato al mondo superiore uno, immagine della stessa leggerezza e della libertà; terreno o acquatico l'altro, legato alle profondità, agli elementi pesanti, alle difficoltà di movimento. Garuda e i Naga formano una inscindibile coppia di opposti, indispensabile complemento delle concezioni cosmogoniche. Ciò si intravede esaminando il rapporto che entrambi hanno con Vishnu. Garuda è il veicolo per eccellenza del dio e di alcune sue incarnazioni, come Rama. Ma il rapporto è assai più stretto di quello tra cavalcatura e cavaliere se consideriamo che da un lato esistono indizi per ipotizzare una valenza ornitomorfa nel dio, il cui stesso nome potrebbe significare "uccello"; dall'altro che in ben due incarnazioni il dio prende l'aspetto di Garuda (sono la nona, Vinhangama, e la diciottesima, Amritaharana, cui abbiamo fatto cenno poco sopra). D'altro canto sappiamo anche quanto sia stretto il rapporto tra Vishnu ed il Naga cosmogonico Ananta, il cui compito è ugualmente di sorreggere il dio. I ruoli dei due esseri vengono quasi a coincidere: quando Vishnu dorme, è Ananta il suo giaciglio; quando è desto è invece Garuda il suo veicolo. Questa forma di riconciliazione tra i due opposti è percepibile anche in alcune sculture in cui Garuda appare adornato dal tipico "cappuccio" Naga, che fuoriesce dalla sua vita.
Va fatto notare che mentre finora abbiamo considerato Garuda un essere personale ed unico, secondo alcuni testi esisterebbero diverse migliala di Garuda, di cui il nostro è semplicemente il capo. Il Saddharma-Pundarika parla addirittura di migliala di miriadi di miliardi di Garuda. Tuttavia, questa è solo una concezione leggendaria di interesse secondario, che non influisce sulle considerazioni generali fatte sopra. Devo infine far notare come questa figura altamente suggestiva e ricca abbia trovato un fertile terreno di espansione in tutto l'Oriente. La troviamo quindi in Cambogia, in tutta l'Indocina, in Cina, in Giappone (v. Gario) ed in Tibet (v. Khyung).

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