Eschilo

Nato a Eleusi intorno al 525 a.C., di famiglia nobile, fu testimone della fine della tirannia dei Pisistratidi ad Atene, nel 510 a.C.. Combatté contro i persiani nelle battaglie di Maratona (490 a.C.), di Salamina (480 a.C.) e di Platea (479 a.C.).
Molto probabilmente si crede che l'etimologia del suo nome derivi da un insolito gesto che era solito fare per ispirarsi prima di comporre le sue tragedie purtroppo non pervenuto ai nostri libri o comunque ignoto alle fonti scritte. Non ci viene detto di preciso cosa l'autore facesse durante il componimento delle sue opere ma alcuni sostenevano che cio' aiutava di gran lunga la sua vena poetica.
A proposito della battaglia navale di Salamina, di cui il poeta dà il resoconto ne I Persiani, è interessante notare come la tradizione assegni lo stesso giorno, sulla stessa isola, alla nascita di Euripide. Nello stesso periodo, si dice, il giovane Sofocle intonava i primi peana.
Alcune delle sue opere, come I Persiani o Sette contro Tebe, devono molto alla sua esperienza nelle guerre persiane. Fu anche il solo testimone tra i grandi poeti greci classici dello sviluppo della democrazia ateniese. Le supplici contiene il primo riferimento che sia giunto fino ad oggi di una forma di governo definita come «potere del popolo». Nelle Eumenidi, la rappresentazione della creazione dell'areopago, tribunale incaricato di giudicare gli omicidi, sembra un implicito sostegno alla riforma di Efialte, che nel 462 a.C. trasferì i poteri politici dall'areopago al consiglio dei cinquecento.
Dopo la rappresentazione dell'Orestea, si recò a Siracusa, rispondendo all'invito del tiranno Gerone, dove fece rappresentare I Persiani e scrisse le Etnee in onore della nuova città.
Eschilo fu forse iniziato ai misteri eleusini, come farebbe intendere Aristofane nella commedia Le Rane, e secondo alcune leggende sarebbe stato persino processato per empietà, dopo averne rivelato i segreti, e questa sarebbe la causa del suo secondo esilio a Gela, in Sicilia.
Ottenne il suo ultimo grande successo 458 a.C. con l'Orestea. Poco tempo dopo partì per Gela, in Sicilia, dove morì nel 456 a.C.. Sul suo epitaffio non furono ricordate le vittorie in ambito teatrale, ma i meriti come combattente a Maratona.
Vuole la leggenda che Eschilo sia morto per colpa di un'aquila, o più probabilmente di un gipeto, che avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, una tartaruga sulla sua testa, scambiandola, data la calvizie, per una pietra.
Dopo la sua morte ricevette dai suoi contemporanei molti riconoscimenti, il più grande dei quali fu la rappresentazione postuma delle sue tragedie, all'epoca segno di eccezionale onore.