Differenze tra le pagine "Biblioteca:Virgilio, Eneide, Libro IV" e "Discussioni utente:EleanoreHawes16"

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<p>Ma già la regina, tormentata da un profondo affanno,<br>
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nutre una ferita nelle vene, e un cieco fuoco la divora.<br>
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Thanks a lot! A good amount of advice!  
Il grande valore dell'eroe, la grande gloria della stirpe<br>
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le ritornano in mente: non dileguano, impressi nel cuore,<br>
 
il volto e le parole, L'affanno non concede alle membra <br>
 
la placida quiete.<br>
 
L'Aurora seguente illuminava le terre con la luce<br>
 
febea e aveva allontanato dal cielo l'umida ombra,<br>
 
quando, già perturbata, parla alla concorde sorella:<br>
 
«Anna, sorella, che sogni mi tengono sospesa e m'angosciano.<br>
 
Che ospite straordinario è entrato nel nostro palazzo,<br>
 
quale mostrandosi in volto! che forza nel cuore e nell'armi!<br>
 
Credo davvero che sia - non è fede illusoria -<br>
 
di stirpe divina. Il timore accusa gli animi ignobili.<br>
 
Quali fati lo hanno agitato! Che guerre sofferte narrava!<br>
 
Se non fosse decisione irremovibile e fissa nel cuore<br>
 
di non volermi unire a nessuno con vincolo coniugale,<br>
 
dopo che il primo amore m'ingannò e m'illuse con la morte,<br>
 
se non avessi in odio il talamo e le fiaccole nuziali,<br>
 
forse per questo solo potrei soccombere al peccato.<br>
 
Anna, lo confesso, dopo la morte del misero sposo<br>
 
Sicheo, e la casa insanguinata da fraterna strage,<br>
 
egli soltanto ha scosso i miei sensi, e m'ha fatto<br>
 
vacillare l'animo. Riconosco i segni dell'antica fiamma.<br>
 
Ma voglio che prima la terra mi s'apra in un abisso,<br>
 
e il padre onnipotente mi spinga con il fulmine tra le<br>
 
ombre, le ombre del pallido [[Erebo]] e la notte profonda,<br>
 
prima che ti violi, o Pudore. o sciolga le tue leggi.<br>
 
Quello che per primo mi unì a sé, mi rapì l'amore;<br>
 
egli lo abbia con sé e lo serbi nel sepolcro.<br>
 
Detto ciò, riempì la veste di dirotte lagrime.<br>
 
Anna risponde: «O più cara della luce alla sorella,<br>
 
ti consumerai sola e dolente per l'intera giovinezza,<br>
 
e non conoscerai i dolci figli né i doni di Venere?<br>
 
Credi che di ciò si curino le ceneri e i Mani sepolti?<br>
 
Sia, un giorno nessun marito ti piegò affranta,<br>
 
né in Libia, né prima in Tiro; hai spregiato Iarba<br>
 
e gli altri capi che nutre l'Africa, terra<br>
 
ricca di trionfi: resisterai anche a un amore gradito?<br>
 
Non ti viene in mente nei campi di chi sei stanziata?<br>
 
Da una parte città getule, stirpe invincibile in guerra,<br>
 
e sfrenati Numidi ti attorniano, e le inospitali Sirti;<br>
 
dall'altra una regione desolata dalla sete, e per largo tratto<br>
 
i furenti Barcei. Che dire delle guerre che sorgono da Tiro<br>
 
e delle minacce del fratello?<br>
 
Penso davvero che, auspici gli dei e propizia Giunone,<br>
 
le navi iliache seguirono questa rotta col vento.<br>
 
Quale vedrai questa città, sorella, e quale regno<br>
 
sorgere per tale connubio! Con l'aiuto delle armi dei Teucri<br>
 
per quali grandi eventi si leverà la punica gloria!<br>
 
Ma tu invoca il favore degli dei e, compiuti sacrifici,<br>
 
prolunga l'ospitalità, e intreccia cause d'indugio,<br>
 
mentre imperversa sul mare l'inverno e il piovoso [[Orione]],<br>
 
e le navi sono sconnesse, e il cielo è tempestoso.<br>
 
Con queste parole infiammò l'animo ardente d'amore,<br>
 
diede speranza alla mente dubbiosa, e dissolse il pudore.<br>
 
Prima si recano nei templi, e implorano la pace<br>
 
sulle are; sacrificano secondo il rito scelte pecore bidenti<br>
 
a Cerere legislatrice e a [[Febo]] e al padre Lieo,<br>
 
a Giunone prima di tutti, che tutela i vincoli nuziali.<br>
 
La bellissima Didone, tenendo nella destra una coppa,<br>
 
la versa tra le corna d'una candida giovenca, o s'aggira<br>
 
davanti alle statue degli dei tra le ricche are,<br>
 
e rinnova il giorno con doni, e aperto il petto<br>
 
delle vittime consulta col respiro sospeso le viscere palpitanti.<br>
 
Oh ignare menti dei profeti! che giovano all'invasata<br>
 
i voti e i templi? Frattanto una dolce fiamma<br>
 
divora le midolla, e tacita vive la ferita nel cuore.<br>
 
Arde l'infelice Didone e vaga per tutta la città,<br>
 
invasata; quale una cerva colpita da una freccia,<br>
 
che un pastore inseguendola incauta trafisse con dardi <br>
 
da lontano nei boschi cretesi, e le lasciò dentro l'alato ferro,<br>
 
ignaro; quella percorre in fuga le selve e le balze<br>
 
dittee; ma non si distacca dal fianco l'asta mortale.<br>
 
Ora conduce [[Enea]] con sé attraverso le mura,<br>
 
e mostra le ricchezze sidonie e la città preparata;<br>
 
comincia a parlare, e a metà del discorso s'arresta;<br>
 
ora sul calare del sole desidera un nuovo convito,<br>
 
e chiede, folle, di udire ancora una volta i travagli<br>
 
di Troia, e ancora una volta pende dalle labbra del narratore.<br>
 
Poi, appena si congedano, e la luna a sua volta oscurandosi <br>
 
nasconde la luce, e le stelle calanti conciliano il sonno,<br>
 
si tormenta sola nel vuoto palazzo, e giace sui tappeti<br>
 
abbandonati: lui, lontana. Iontano ascolta e vede;<br>
 
o tiene in grembo Ascanio, presa dall'immagine<br>
 
del padre, per cercare di ingannare così l'indicibile amore. <br>
 
Le torri cominciate non crescono, la gioventù non si esercita<br>
 
nelle armi, e non allestiscono porti o sicuri bastioni<br>
 
per la guerra; pendono interrotte le opere e la superba<br>
 
crescita delle mura, e le loro impalcature che uguagliano il<br>
 
cielo.<br>
 
Appena la diletta sposa di Giove si accorse<br>
 
che una tale peste l'avvince, e l'onore non si oppone alla<br>
 
follia, la Saturnia assale Venere con queste parole:<br>
 
«Davvero tu e tuo figlio riportate una gloria<br>
 
eccellente e magnifiche spoglie, una grande e memorabile<br>
 
fama, se due divinità vincono con la frode una sola donna.<br>
 
Certo non m'inganno, guardi con disamore le nostre mura,<br>
 
ed hai in sospetto le case dell'alta Cartagine.<br>
 
Ma quale sarà il limite, o dove finiremo con tale<br>
 
contesa? Perché non attendiamo piuttosto a un'eterna pace<br>
 
e a un patto di nozze? Ciò che hai tanto cercato lo hai. <br>
 
Didone arde innamorata, e assorbì la follìa nelle ossa.<br>
 
Dunque dirigiamo in comune questo popolo con pari<br>
 
auspici; si sottometta pure a un marito frigio,<br>
 
e in qualità di dote affidi alla tua destra i Tirii.<br>
 
A lei - infatti senn che parlava con ingannevole meme, <br>
 
per sviare il regno d'ltalia sulle libiche sponde -<br>
 
Venere così cominciò in risposta: «Chi, dissennato,<br>
 
rifiuterebbe ciò, e preferirebbe contendere in guerra<br>
 
con te? Speriamo che la fortuna assecondi l'evento che dici<br>
 
Ma sono incerta dei fati, se Giove desideri<br>
 
che i Tirii e i profughi da Troia abbiano una città comune,<br>
 
e approvi che i popoli si mischino, o si stringano patti.<br>
 
Tu ne sei la sposa, puoi tentarne pregando<br>
 
l'animo. Procedi; ti inseguirò». La regale Giunone<br>
 
riprese: «A questo provvederò io. Ora ascolta,<br>
 
chiarirò brevemente in qual modo si possa compiere<br>
 
ciò che preme. [[Enea]] e la sventurata Didone si preparano<br>
 
a partire a caccia nella selva appena il sole di domani<br>
 
avrà sollevato l'alba e illuminato il mondo di raggi.<br>
 
Io rovescerò su di essi uno scroscio di pioggia<br>
 
mista a grandine, mentre i cavalieri si affannano,<br>
 
e recingono le balze di reti, e scuoterò il cielo con il tuono<br>
 
I compagni saranno dispersi e coperti da un'oscura notte:<br>
 
Didone e il capo troiano giungeranno a una stessa spelonca;<br>
 
io sarò lì, e se tu m'assicuri il consenso,<br>
 
li unirò in stabile connubio, e consacrerò lei come sua.<br>
 
Questo sarà l'imeneo. Non volendo avversare la richiesta,<br>
 
annuì Citerea, e sorrise dell'inganno escogitato.<br>
 
Frattanto l'Aurora sorgendo lascia l'[[Oceano]].<br>
 
Scelti giovani, levatosi il sole, escono dalle porte;<br>
 
reti a maglie, a laccio, spiedi di largo ferro;<br>
 
galoppano cavalli massi i e cani dal fiuto sottile.<br>
 
I principi punici aspettano presso le soglie la regina<br>
 
che indugia nel talamo; bellissimo di porpora e d'oro<br>
 
attende il destriero dal sonoro zoccolo e morde focoso<br>
 
il freno schiumante. Esce, infine, circondata da un grande<br>
 
stuolo, ornata la clamide sidonia da una balza a ricami.<br>
 
Ha la faretra d'oro, la chioma annodata d'oro,<br>
 
una fibbia d'oro allaccia la veste purpurea.<br>
 
Avanzano anche i compagni frigi e Iulo<br>
 
lieto. Lo stesso [[Enea]] fra tutti gli altri<br>
 
bellissimo s'aggiunge compagno e unisce le schiere.<br>
 
Quale [[Apollo]] abbandona la Licia invernale<br>
 
e il corso dello Xanto e visita la materna Delo<br>
 
e comincia le danze, e misti intorno agli altari<br>
 
Cretesi e Driopi fremono e dipinti Agatirsi:<br>
 
egli ascende ai gioghi del Cimo e stringe la chioma<br>
 
fluente acconciandola in molle fronda e l'intreccia d'oro,<br>
 
risuonano i dardi sull'omero; così andava spedito<br>
 
[[Enea]]; tanto risplende di maestà nel nobile volto.<br>
 
Dopo che giunsero sugli alti monti e negli impervi covi,<br>
 
ecco le capre selvagge, cacciate dalla cima d'una roccia,<br>
 
correre per i gioghi; da un'altra parte i cervi<br>
 
attraversano di corsa le aperte pianure e addensano<br>
 
i branchi in fuga polverosa e lasciano i monti.<br>
 
Esulta il fanciullo Ascanio, in mezzo alle valli, dell'alacre<br>
 
cavallo, e ora gli uni o gli altri sopravanza al galoppo,<br>
 
e spera d'incontrare, tra bestie imbelli, un cinghiale<br>
 
schiumante, o un fulvo leone che discenda dal monte.<br>
 
Frattanto il cielo comincia a turbarsi con un grande<br>
 
fragore; seguono rovesci di pioggia misti a grandine;<br>
 
sparsi i tirii compagni e I giovani troiani<br>
 
e il dardanio nipote di Venere cercarono con timore ripari<br>
 
diversi nei campi; precipitano i torrenti dai monti.<br>
 
Didone e il capo troiano giungono nella stessa spelonca.<br>
 
Per prima la Terra e Giunone pronuba danno<br>
 
il segnale; rifulsero folgori e l'etere consapevole<br>
 
del connubio, ulularono dalle più alte vette le [[Ninfe]].<br>
 
Quello fu il primo giorno di morte, e la prima<br>
 
causa di sventure. Didone non si preoccupa di apparenze<br>
 
o di fama, ormai non medita un amore furtivo;<br>
 
lo chiama connubio; vela con questo nome la colpa.<br>
 
Subito va la Fama per le grandi città della Libia,<br>
 
la Fama, fulminea fra tutti i mali; possiede<br>
 
vigore di movimento, e acquista forze con l'andare;<br>
 
dapprima piccola e timorosa; poi si solleva nell'aria,<br>
 
e avanza sul suolo, e cela il capo tra le nubi.<br>
 
La Terra madre, incitata dall'ira contro gli dei,<br>
 
la generò, dicono, ultima sorella a Ceo<br>
 
e a Encelado, veloce di passi e d'infaticabili ali,<br>
 
mostro orrendo, immane: di quante piume riveste<br>
 
il corpo, tanti vigili occhi ha sotto - mirabile a dirsi -,<br>
 
tante lingue, e altrettante bocche risuonano e orecchi protesi.<br>
 
Di notte vola tra il cielo e la terra nell'ombra,<br>
 
stridendo, e non chiude gli occhi al dolce sonno;<br>
 
di giorno siede spiando sul culmine d'un tetto,<br>
 
o su alte torri, e sgomenta grandi città,<br>
 
tenace messaggera tanto del falso e malvagio, quanto del lieto.<br>
 
Allora esultante riempiva di molti discorsi<br>
 
le genti e annunziava ugualmeme il reale e il fittizio:<br>
 
era giunto [[Enea]], nato da sangue troiano,<br>
 
a cui la bella Didone non disdegnava di unirsi;<br>
 
ora passavano tutto l'inverno in reciproche mollezze,<br>
 
immemori dei loro regni, presi da turpe passione.<br>
 
Questo la malvagia dea spargeva sulla bocca degli uomini. <br>
 
Subito rivolge il cammino verso il re Iarba,<br>
 
e gli accende l'animo con parole e ne stimola l'ira.<br>
 
Questi, nato da Ammone e dalla ninfa Garamantide rapita,<br>
 
pose cento enormi templi a Giove nei vasti regni,<br>
 
e cento are, e consacrò un perpetuo fuoco,<br>
 
eterne scorte degli dei, e suolo grasso del sangue<br>
 
di vittime, e soglie fiorenti di variegate ghirlande.<br>
 
Egli, si dice, folle nell'animo e ardendo<br>
 
all'amara notizia, davanti alle are, tra le statue degli dei,<br>
 
molto pregò Giove, supplice, con le mani supine:<br>
 
«Giove onnipotente, cui ora il popolo mauritano<br>
 
banchettando su istoriati giacigli liba l'offerta lenea,<br>
 
vedi quanto accade? oppure ti temiamo inutilmente?<br>
 
O padre, quando scagli i fulmini e alla cieca s'avventano<br>
 
i fuochi nelle nubi atterrendo gli uomini e producendo vani fragori? <br>
 
La donna che errante nei nostri confini ha fondato<br>
 
a prezzo un'esigua città, cui demmo una terra<br>
 
da arare, e le leggi del luogo, ha respinto le nostre<br>
 
nozze, e accolto [[Enea]] come signore del regno.<br>
 
E ora quel [[Paride]] col suo effeminato corteggio, <br>
 
fasciato dalla mitra meonia il mento e la madida<br>
 
chioma, si gode la rapina: noi continuiamo a portare<br>
 
doni ai tuoi templi, e alimentiamo un'inutile fama.<br>
 
Mentre pregava con tali parole e teneva le are,<br>
 
lo udì l'onnipotente e rivolse gli occhi alle mura <br>
 
regali, e agli amanti immemori d'una gloria migliore.<br>
 
Allora parla così a Mercurio e comanda:<br>
 
«Va', o figlio, chiama gli zefiri e discendi a volo,<br>
 
e parla al capo dardanio che ora si attarda<br>
 
nella tiria Cartagine. e non bada alle città assegnate <br>
 
dai fati: porta le mie parole sulle brezze veloci.<br>
 
Non lo promise così a noi la bellissima madre,<br>
 
e non per questo lo salvò due volte dalle armi<br>
 
dei Greci; ma sarebbe stato capace di reggere l'Italia<br>
 
pregna d'imperi e fremente di guerra di propagare la stirpe <br>
 
dell'alto sangue di Teucro, di sottomettere il mondo alle<br>
 
sue leggi .<br>
 
Se nessuna gloria lo accende e non vuole affrontare travagli <br>
 
per la propria fama, perché il padre invidia ad Ascanio le rocche romane?<br>
 
Che fa, o con quale speranza indugia tra gente nemica,<br>
 
e non guarda la discendenza ausonia e i campi lavinii?<br>
 
Navighi: questa la conclusione; questo il nostro messaggio.<br>
 
Disse. Quello si preparava a obbedire all'ordine<br>
 
del grande padre; e prima allaccia ai piedi gli aurei<br>
 
calzari, che lo portano in alto con l'ali sia sulle acque<br>
 
sia sulla terra con slancio al rapido vento.<br>
 
Poi prende la verga (con questa evoca dall'Orco<br>
 
le pallide anime, altre ne manda nel triste [[Tartaro]],<br>
 
dà e toglie il sonno, e dissuggella gli occhi ai morti);<br>
 
fidando in essa sospinge i venti e attraversa le torbide<br>
 
nubi; e già volando scorge la vetta e gli aspri<br>
 
fianchi del duro Atlante, che sostiene col vertice il cielo,<br>
 
di Atlante, il capo del quale, folto di pini e sempre<br>
 
avvolto di nere nubi, battono il vento e la pioggia;<br>
 
cade la neve e gli copre le spalle, e fiumi precipitano<br>
 
dal mento del vecchio, e s'indurisce l'ispida barba di<br>
 
ghiaccio.<br>
 
Qui dapprima il Cillenio, librandosi ad ali tese,<br>
 
si fermò; di qui si gettò a precipizio con tutto il corpo<br>
 
sulle onde, simile a un uccello che intorno alle rive,<br>
 
intorno ai pescosi scogli vola basso a fior d'acqua.<br>
 
In modo non diverso il dio nato sul Cillene volava<br>
 
tra il cielo e la terra verso la riva sabbiosa della Libia,<br>
 
e solcava i venti, venendo dall'avo materno.<br>
 
Appena coi piedi alati sfiorò le capanne,<br>
 
scorge [[Enea]] che fonda rocche e fabbrica<br>
 
nuove case; aveva la spada stellata<br>
 
di fulvo diaspro, e giù dalle spalle il mantello<br>
 
ardeva di porpora tiria, doni che aveva fatto<br>
 
la ricca Didone distinguendo le tele con fili d'oro.<br>
 
Subito lo assale «Ora poni le fondamenta<br>
 
dell'alta Cartagine, e al pari d'un marito servizievole<br>
 
edifichi una bella città, dimentico del regno e delle sorti!<br>
 
Il sovrano degli dei che volge ad un cenno la terra<br>
 
e il cielo, mi manda a te dal luminoso [[Olimpo (1)|Olimpo]];<br>
 
mi ordina di portare i suoi comandi sulle brezze veloci:<br>
 
Che fai? con quale speranza consumi gli ozi nelle libiche<br>
 
terre? Se nessuna gloria di grandi eventi ti muove<br>
 
e neanche intendi affrontare travagli per la tua fama,<br>
 
guarda ad Ascanio che cresce, e alle speranze dell'erede<br>
 
Iulo, al quale spettano il regno d'Italia e la terra <br>
 
romana. Il Cillenio, dopo avere parlato così,<br>
 
lasciò le sembianze mortali a metà del discorso<br>
 
e svanì lontano dagli occhi nell'aria leggera.<br>
 
[[Enea]] ammutolì smarrito a tale visione.<br>
 
I capelli si drizzarono per l'orrore, la voce si arrestò nella<br>
 
gola. Arde di fuggire e di lasciare le dolci terre,<br>
 
attonito all'alto ammonimento e all'ordine degli dei.<br>
 
Ahi, che fare? con quali parole oserà<br>
 
circuire la regina in delirio? come inizierà il discorso?<br>
 
Divide il veloce animo di qua, di là,<br>
 
e lo trae in diverse parti e lo volge ad ogni espediente.<br>
 
Questa a lui che esitava sembrò la decisione migliore:<br>
 
chiama Mnesteo e Sergesto e il forte Seresto:<br>
 
apprestino in silenzio la flotta e raccolgano i compagni<br>
 
sulla riva, preparino gli attrezzi e dissimulino la causa <br>
 
di quei mutamenti; egli frattanto, mentre la dolcissima<br>
 
Didone, ignara, non pensa che un amore così grande s'infranga,<br>
 
tenterà la via, il momento più agevole di parlarle,<br>
 
il modo più adatto all'impresa. Subito tutti<br>
 
obbediscono lieti al comando ed eseguono gli ordini. <br>
 
Ma la regina presentì - chi ingannerebbe un'amante? -<br>
 
e colse per prima le trame e le mosse future,<br>
 
già temendo perché troppo sicura. La stessa empia Fama<br>
 
riporta alla furente che armavano la flotta, pronti a partire.<br>
 
Infuria smarrita nell'animo e ardente delira<br>
 
per tutta la città, come una Tiade eccitata<br>
 
al destarsi dei riti, quando udito Bacco la stimolano<br>
 
le orge triennali e la richiama con grida il notturno [[Citerone]]<br>
 
Infine si rivolge per prima ad [[Enea]] con queste parole:<br>
 
«Speravi, o perfido, di poter dissimulare una tale<br>
 
infamia, e di allontanarti senza parole dalla mia terra?<br>
 
Non ti trattiene il nostro amore e la mano che un giorno<br>
 
mi desti, e Didone ostinata a morire amaramente?<br>
 
Sotto le stelle invernali prepari la flotta,<br>
 
e ti appresti a prendere il largo in mezzo agli aquiloni,<br>
 
o spietato? Se mai non cercassi terre straniere<br>
 
e ignote dimore, e sopravvivesse l'antica Troia,<br>
 
andresti a Troia con le navi sul mare tempestoso?<br>
 
Fuggi me? Ti prego per queste lagrime, per la tua destra<br>
 
- poiché null'altro ho lasciato a me sventurata -,<br>
 
per il nostro connubio, per l'iniziato imeneo, se bene<br>
 
di te meritai, o qualcosa di me ti fu dolce,<br>
 
abbi pietà della casa che crolla, e abbandona,<br>
 
se ancora valgono le preghiere, questo pensiero.<br>
 
Per te le libiche genti e i principi dei Numidi<br>
 
mi odiano, sono ostili i Tirii; si estinse, sempre per te,<br>
 
il pudore, e, sola per cui andavo alle stelle,<br>
 
la fama di prima. A chi mi lasci morente, ospite?<br>
 
Questo è l'unico nome che mi resta dello sposo.<br>
 
Che cosa aspetto? forse che il fratello Pigmalione distrugga <br>
 
le mie mura, o mi tragga prigioniera il getulo Iarba?<br>
 
Almeno se stringessi fra le braccia un figlio avuto da te<br>
 
prima della fuga, se giocasse per me nella corte<br>
 
un piccolo [[Enea]] che almeno richiamasse te nel volto,<br>
 
certo non mi sentirei sorpresa e abbandonata del tutto. <br>
 
Disse. Egli teneva gli occhi immoti ai comandi di Giove,<br>
 
e premeva con sforzo la pena nel cuore.<br>
 
Infine rispose brevemente: «Per quanto tu possa<br>
 
enumerare moltissimi meriti, giammai negherò<br>
 
che li avesti, o regina, né mi dorrò di ricordare Elissa, <br>
 
finché mi ricordi di me e lo spirito mi regga le membra.<br>
 
Del fatto dirò brevemente. Non speravo,<br>
 
non credere, tenerti nascosta la fuga, né mai<br>
 
proffersi fiaccole nuziali o giunsi a questi legami.<br>
 
Se i fati permettessero che io conducessi la vita<br>
 
secondo i miei auspici o placassi da me gli affanni,<br>
 
prima sarei di nuovo nella città di Troia, con le dolci<br>
 
reliquie dei miei, e l'alto palazzo di [[Priamo]] si ergerebbe,<br>
 
e avrei ricostruito per i vinti Pergamo caduta due volte.<br>
 
Ma ora [[Apollo]] Grineo e gli oracoli della Licia<br>
 
mi ordinano di raggiungere la grande Italia;<br>
 
questo il desiderio, questa la patria. Se la rocca di Cartagine<br>
 
e la vista d'una città libica trattiene te fenicia,<br>
 
perché non vuoi che i Teucri si stanzino in terra ausonia?<br>
 
Anche noi possiamo cercare regni stranieri.<br>
 
L'immagine del padre [[Anchise]], per quante volte la notte<br>
 
ricopre con le umide ombre la terra, e sorgono gli astri<br>
 
di fuoco, mi rimprovera in sogno e mi atterrisce adirata;<br>
 
anche il fanciullo Ascanio, con l'offesa al suo caro<br>
 
capo, che defraudo del regno d'Esperia e dei campi fatali. <br>
 
Ora anche il messaggero degli dei, mandato da Giove<br>
 
- lo giuro sul capo di entrambi -, mi porta comandi<br>
 
per l'aria veloce; io stesso vidi il dio nella chiara luce<br>
 
penetrare i muri, e ne accolsi con questi orecchi la voce.<br>
 
Smetti d'inasprire me e te con il pianto:<br>
 
L'Italia non spontaneamente io cerco.<br>
 
Con sguardo ostile già da tempo lo guarda dire così,<br>
 
girando gli occhi in qua e in là, e tutto<br>
 
lo percorre con gli occhi silenziosi, e parla infocata:<br>
 
«Non ti è madre una dea, o perfido, né fondatore<br>
 
della stirpe Dardano, ma il Caucaso irto di dure<br>
 
rocce, e ti porsero le mammelle tigri ircane.<br>
 
Perché dissimulare o riservarmi ad affronti maggiori?<br>
 
Forse gemette al mio pianto, o chinò gli occhi?<br>
 
Forse vinto versò una lagrima, o commiserò l'amante?<br>
 
Quale onta è peggiore di questa? Ormai la grande<br>
 
Giunone e il padre Saturnio non guardano con giusti occhi.<br>
 
La lealtà è dovunque malcerta. Naufrago, bisognoso di tutti<br>
 
ti accolsi e, folle, ti posi a parte del regno;<br>
 
salvai la flotta perduta e i compagni dalla morte.<br>
 
Ahi, L'ira mi arde e mi travolge! Adesso l'augure [[Apollo]],<br>
 
e gli oracoli della Licia, e il nunzio degli dei<br>
 
mandato da Giove porta orribili comandi per l'aria.<br>
 
Questo travaglia gli dei; un tale affanno conturba<br>
 
la loro quiete. Ma non ti trattengo, non confuto<br>
 
le tue parole. Va'insegui l'Italia nei venti<br>
 
cerca il regno sull'onde. T'auguro, se i numi pietosi<br>
 
possono qualcosa, di scontare la pena tra gli scogli,<br>
 
d'invocare spesso per nome Didone. T'inseguirò lontana<br>
 
con neri fuochi, e quando la fredda morte avrà separato<br>
 
le membra dall'anima, ti sarò fantasma dovunque.<br>
 
Subirai il castigo, malvagio. Saprò, e la fama verrà<br>
 
tra i Mani profondi. Con ciò interruppe il discorso;<br>
 
affranta fugge la luce, e si volge, e si sottrae allo sguardo,<br>
 
lasciandolo molto esitante nel timore e intento a dire<br>
 
molto. Le ancelle la accolgono, e riportano sul talamo<br>
 
marmoreo il corpo svenuto e lo adagiano sui cuscini.<br>
 
Ma il pio [[Enea]], sebbene desideri calmare<br>
 
la dolente, e confortarla, e allontanare con parole le pene,<br>
 
molto gemendo e con l'animo vacillante per il grande<br>
 
amore, tuttavia esegue i comandi degli dei, e ritorna alla flotta.<br>
 
Allora i teucri si adoprano e traggono in mare da tutta<br>
 
la riva le alte navi. Galleggiano le unte carene.<br>
 
Dai boschi portano remi frondosi e tronchi<br>
 
greci, per smania di partire. <br>
 
Potresti vederli migrare, e accorrere da tutta la città.<br>
 
E come quando le formiche saccheggiano un grande mucchio<br>
 
di grano, memori dell'inverno, e lo ripongono nella tana;<br>
 
va nei campi la nera fila, e trasportano la preda<br>
 
in stretta via tra l'erba; parte spingono a forza<br>
 
di spalle i grandi chicchi, parte serrano le file,<br>
 
e castigano gli indugi; il sentiero fene di lavoro.<br>
 
Quali pensieri avevi allora, o Didone, guardando questo<br>
 
quali gemiti davi scorgendo dall'alta rocca<br>
 
fervere per largo tratto le rive e tutto vedendo<br>
 
il mare turbarsi davanti agli occhi per gli alti clamori!<br>
 
Crudele amore, a cosa non spingi i cuori umani?<br>
 
E sforzata di nuovo a piegarsi alle lagrime, di nuovo a tentare<br>
 
con preghiere, e supplice sottomettere l'orgoglio all'amore<br>
 
per non lasciare nulla d'intentato, e non morire invano. <br>
 
«Anna, vedi, si affrettano su tutta la riva:<br>
 
si radunano da tutte le parti; la vela già chiama<br>
 
i venti, e lieti i marinai posero corone sulle poppe.<br>
 
Se ho potuto aspettarmi questo così grande dolore,<br>
 
potrò anche sopportarlo, sorella. Fa' tuttavia,<br>
 
Anna, questo soltanto per me sventurata. Infatti<br>
 
il perfido rispettava te sola, e ti confidava persino<br>
 
i pensieri segreti; sola conoscevi gli agevoli<br>
 
momenti di avvicinarlo: va', sorella, e implora<br>
 
il superbo nemico: non io con i Danai in [[Aulide]] giurai <br>
 
di distruggere il popolo troiano, o mandai la flotta a<br>
 
Pergamo, né violai le ceneri e i Mani del padre [[Anchise]];<br>
 
perché negli orecchi crudeli non accoglie le mie parole?<br>
 
Dove corre? Conceda un estremo dono all'amante<br>
 
sventurata: aspetti una facile fuga e favorevoli venti.<br>
 
Non imploro l'antico connubio, che egli tradì,<br>
 
e neppure che si privi del bel Lazio e rinunzi al regno;<br>
 
poco tempo chiedo, requie e intervallo al furore<br>
 
finché la mia sorte m'insegni a soffrire vinta<br>
 
Quest'ultima grazia imploro - abbi pietà della sorella <br>
 
quando me l'avrà concessa, la ricambierocon l'aggiunta<br>
 
della morte.<br>
 
Con tali parole implorava, e l'infelice sorella<br>
 
porta e riporta quei pianti. Ma egli non cede<br>
 
a pianti, e non ode arrendevole nessuna parola;<br>
 
i fati si oppongono; un dio gli chiude gli imperturbabili<br>
 
orecchi.<br>
 
E come le tramontane alpine lottano fra loro<br>
 
con raffiche, di qua, di là, per abbattere una robusta quercia<br>
 
dal fusto annoso; va uno stridore, e gli alti<br>
 
rami cospargono la terra intorno allo scosso tronco;<br>
 
quella s'abbarbica alle rocce, e quanto con la cima nell'aria<br>
 
del cielo, tanto con la radice si protende verso il [[Tartaro]]:<br>
 
così l'eroe è battuto di qua, di là,<br>
 
da assidue voci, e sente nel grande cuore la pena;<br>
 
L'animo resta incrollabile; scorrono vane le lagrime.<br>
 
Allora l'infelice Didone atterrita dai fati<br>
 
implora la morte; odia guardare la volta del cielo.<br>
 
Perché compia il proposito e abbandoni la luce<br>
 
mentre pone doni sulle are che ardono d'incenso,<br>
 
vede - orribile a dirsi - il latte sacro annerire<br>
 
e i vini versati mutarsi in sangue corrotto.<br>
 
Non rivelò la visione a nessuno, neanche alla sorella.<br>
 
Inoltre v'era nel palazzo un tempio marmoreo<br>
 
in onore dell'antico sposo, che venerava con mirabile amor<br>
 
cinto di bianchi velli e di fronde festive;<br>
 
le sembrò che di qui s'udissero voci e parole di lui<br>
 
che chiamava, mentre l'oscura notte avvolgeva la terra,<br>
 
e il gufo solitario sovente dai tetti gemesse<br>
 
con lugubre verso e volgesse in pianto i lunghi<br>
 
richiami; e molte predizioni di antichi indovini<br>
 
la spaventavano con terribile monito. Lo stesso [[Enea]]<br>
 
crudelmente perseguita in sogno la folle; e sempre le pare<br>
 
di essere lasciata sola, di percorrere priva di compagni<br>
 
una lunga via e di cercare i Tirii in una terra deserta.<br>
 
Come [[Penteo]] impazzito vede schiere di Eumenidi<br>
 
e mostrarglisi due soli e una doppia Tebe, oppure<br>
 
quando Oreste figlio di [[Agamennone]] inseguito sulle scene<br>
 
fugge la madre armata di fiaccole e di nere<br>
 
serpi, e sulla soglia siedono vendicatrici le Dire.<br>
 
Appena la invase la follia, e la vinse il dolore,<br>
 
e decise di morire, escogita tra sé il momento<br>
 
e il modo, e rivoltasi con parole alla mesta sorella,<br>
 
cela la decisione nel volto, e rasserena la speranza in fronte:<br>
 
«Ho trovato la via, sorella - con la sorella rallegrati -,<br>
 
la quale me lo renda, oppure mi liberi di questo amore.<br>
 
Presso la fine dell'[[Oceano]] e il sole cadente<br>
 
v'è l'estrema contrada degli Etiopi, dove l'altissimo<br>
 
Atlante sostiene a spalla il cielo che porta congiunte le stelle<br>
 
ardenti: di qui mi comparve una maga della gente massila,<br>
 
custode del tempio delle [[Esperidi]], che dava il cibo<br>
 
al drago e vegliava sui rami dell'albero sacro,<br>
 
spargendo liquido miele e soporoso papavero.<br>
 
Costei promette di liberare con incantesimi le menti<br>
 
che voglia, oppure d'introdurre in altre duri affanni;<br>
 
fermare l'acqua dei fiumi, e volgere indietro le stelle;<br>
 
di notte suscita i Mani; vedrai rombare<br>
 
la terra sotto i piedi, e discendere gli orni dai monti.<br>
 
Giuro sugli dei e su te, sorella, e sul tuo dolce<br>
 
capo che a malincuore mi accingo alle magiche arti.<br>
 
Innalza nell'aria, in segreto, un rogo all'interno<br>
 
del palazzo, e ponivi sopra le armi che l'empio<br>
 
lasciò appese sul talamo, e tutte le spoglie, e il letto<br>
 
nuziale, nel quale mi sono perduta: m'è grato distruggere<br>
 
tutti i ricordi dell'infame, e lo prescrive la maga.<br>
 
Detto ciò, tace; e il pallore le invade il volto.<br>
 
Anna non crede che la sorella con gli strani riti nasconda<br>
 
la morte, né immagina tanta follia, o non teme<br>
 
eventi più gravi di quelli per la morte di Sicheo.<br>
 
Dunque esegue i comandi.<br>
 
La regina, innalzato nell'aria un grande rogo<br>
 
nel segreto del palazzo, con pino resinoso e tavole d'elce,<br>
 
ricopre il luogo di serti e lo corona di fronda<br>
 
funerea; sopra pone le spoglie e la spada<br>
 
abbandonata e l'effigie sul letto, non ignara del futuro.<br>
 
Sorgono intorno le are, e la maga, sparsa i capelli,<br>
 
chiama a gran voce trecento volte gli dei e [[Erebo]]<br>
 
e [[Caos]] e la triplice [[Ecate]] e la triforme vergine Diana.<br>
 
Aveva anche versato illusorie acque della fonte d'Averno;<br>
 
e si cercano a lume di luna, mietute con falci<br>
 
di bronzo, erbe mature con lattice di nero veleno;<br>
 
si cerca anche, strappata dalla fronte d'un puledro neonato<br>
 
e sottratta alla madre, L'escrescenza ispiratrice d'amore.<br>
 
Lei sparge la farina sacra e con le pie mani, presso l'altare,<br>
 
sciolto un piede dal calzare, con la veste discinta,<br>
 
moritura chiama a testimoni gli dei e le stelle<br>
 
consapevoli del fato; poi, se qualche nume si curi<br>
 
degli amanti infelici, memore e giusto, lo invoca<br>
 
Era la notte, e in terra i corpi stanchi godevano il placido<br>
 
sonno, e s'erano acquietati i boschi e il mare tempestoso,<br>
 
quando le stelle si volgono a metà del corso,<br>
 
e tacciono i campi, le greggi e i variopinti uccelli, <br>
 
e gli esseri contenuti dalle liquide ampie distese e dalle terre<br>
 
irte di rovi: composti nel sonno sotto la notte silenziosa<br>
 
lenivano le pene e i cuori dimentichi degli affanni.<br>
 
Ma non la sventurata fenicia che mai s'abbandona<br>
 
al sonno, o accoglie la notte negli occhi o nell'animo:<br>
 
raddoppiano i tormenti, e di nuovo insorgendo l'amore<br>
 
imperversa, e fluttua con grande tempesta di ire.<br>
 
Così insiste, così volge tra sé in cuore:<br>
 
«Ebbene, che faccio? Tenterò di nuovo, irrisa<br>
 
di pretendenti di prima, e cercherò supplice le nozze<br>
 
dei Nomadi, sposi che già disdegnai tante volte?<br>
 
Oppure seguirò le navi iliache, ultima schiava<br>
 
dei Teucri? Davvero mi rallegro di averli salvati un tempo,<br>
 
e bene resiste per i memori la gratitudine dell'antico fatto!<br>
 
E ammesso che voglia, chi mi lascerà salire accogliendomi<br>
 
irrisa sulle navi superbe? <br>
 
E allora? da sola accompagnerò nella fuga i marinai esultanti?<br>
 
o muoverò coi Tirii, e con tutta la folta schiera<br>
 
dei miei, e di nuovo guiderò sul mare coloro che a stento <br>
 
strappai da Sidone, e ordinerò di dare le vele ai venti?<br>
 
Muori piuttosto, lo meriti, e allontana il dolore col ferro.<br>
 
E tu, vinta dalle mie lagrime, tu per prima,<br>
 
sorella, opprimi con questi mali me impazzita e mi offri<br>
 
al nemico. Non ho saputo trascorrere la vita senza nozze.<br>
 
e senza colpa, come una bestia, ed evitare tali affanni<br>
 
Non ho serbato la fede promessa alle ceneri di Sicheo.<br>
 
Ella prorompeva dal cuore con profondi gemiti.<br>
 
[[Enea]], sull'alta poppa, ormai deciso alla partenza,<br>
 
coglieva un po' di sonno, tutto già pronto e ordinato.<br>
 
Gli apparve in sogno l'immagine del dio che tornava<br>
 
con lo stesso volto, e di nuovo sembrò ammonirlo<br>
 
così, in tutto simile a Mercurio, e la voce e il colore<br>
 
e i biondi capelli e le membra belle di giovinezza:<br>
 
Figlio della dea, dormi in questo frangente,<br>
 
e folle non vedi gli imminenti pericoli che ancora ti<br>
 
circondano, non senti spirare gli zefiri favorevoli? Costei<br>
 
volge nel cuore inganni e un orrendo misfatto,<br>
 
decisa a morire, e suscita diverse tempeste d'ira.<br>
 
Non fuggi in fretta di qui, fintanto che puoi affrettarti?<br>
 
Presto vedrai il mare sconvolto da navi, e risplendere<br>
 
torce crudeli, e ardere la riva di fiamme,<br>
 
se l'Aurora ti coglierà attardato ancora su queste terre.<br>
 
Rompi gli indugi. Varia e mutevole cosa è sempre<br>
 
la donna. Detto così, si confuse con la nera notte.<br>
 
[[Enea]], atterrito dall'apparizione improvvisa,<br>
 
strappa il corpo dal sonno e incita i compagni:<br>
 
«Destatevi subito, uomini, e sedete ai banchi dei remi;<br>
 
sciogliete veloci le vele. Un dio mandato dall'alto etere<br>
 
ecco di nuovo sollecita ad accelerare la fuga<br>
 
e a tagliare le ritorte funi. Ti seguiamo, o dio santo,<br>
 
chiunque tu sia, e obbediamo di nuovo all'ordine esultanti.<br>
 
Assistici, e placido aiutaci, e guida nel cielo<br>
 
favorevoli stelle. Disse, e strappa fulminea<br>
 
la spada dalla guaina, e col ferro taglia gli ormeggi.<br>
 
Un medesimo ardore possiede tutti. Afferrano, corrono;<br>
 
lasciano la riva; L'acqua scompare al di sotto delle navi,<br>
 
rovesciano con forza le schiume e spazzano i lividi flutti.<br>
 
E già la prima Aurora, lasciando il croceo letto<br>
 
di [[Titone]], cospargeva di nuova luce la terra.<br>
 
La regina, appena dall'alto della rocca vide biancheggiare<br>
 
la luce, e la flotta procedere a vele allineate,<br>
 
e scorse le rive e i porti vuoti, privi di equipaggi,<br>
 
percuotendo tre e quattro volte con la mano il florido<br>
 
petto, strappandosi le bionde chiome, O Giove! esclamò, <br>
 
«lo straniero se n'andrà schernendo in tal modo il mio regno?<br>
 
I miei non prenderanno le armi, non accorreranno da tutta<br>
 
la città, non strapperanno le navi dai cantieri? Andate, portate<br>
 
veloci le fiamme, date armi, forzate sui remi!<br>
 
Che dico? dove sono? che follia mi sconvolge la mente? <br>
 
Infelice Didone! adesso le empie azioni ti toccano?<br>
 
Allora dovevano, quando accordavi lo scettro.<br>
 
Ecco la destra e la lealtà di chi si dice che rechi<br>
 
con sé i patrii Penati, ed abbia portato in spalla<br>
 
il padre stremato dagli anni! Non potevo sbranarne <br>
 
il corpo e disperderlo nell'onde e uccidere col ferro<br>
 
i compagni? e lo stesso Ascanio, e imbandirlo sulla mensa del padre?<br>
 
Ma incerta era la lotta. E lo fosse stata! Chi mai,<br>
 
moritura, dovevo temere? Avessi portato fiaccole<br>
 
nel campo, e riempito le tolde di fiamme, estinto il figlio <br>
 
e il padre e la stirpe, gettata sul rogo me stessa!<br>
 
O sole, che illumini con le fiamme tutte le opere della ter<br>
 
e tu, Giunone, autrice e complice dei miei affanni,<br>
 
[[Ecate]] invocata per la città nei notturni trivii ululando,<br>
 
e Dire vendicatrici, e dei della morente Elissa,<br>
 
accogliete quello che dico, punite con giusta potenza<br>
 
i malvagi, e ascoltate le mie preghiere. <br>
 
Se l'infame deve raggiungere il porto e approdare alla terra <br>
 
e questo richiedono i fati di Giove, e il termine resta immutabile:<br>
 
ma travagliato dalle armi e dalla guerra d'un popolo audace, <br>
 
bandito dalle terre, strappato all'abbraccio di Iulo,<br>
 
implori aiuto, e veda le immeritate morti<br>
 
dei suoi, e quando si sia piegato alle leggi d'una pace<br>
 
iniqua, non goda del regno e del dolce lume;<br>
 
ma cada prima dell'ora, insepolto tra la sabbia.<br>
 
Di questo vi prego, col sangue effondo quest'ultima voce.<br>
 
E voi, o Tirii, tormentate con odio la sua stirpe<br>
 
e tutta la razza futura, offrite un tal dono<br>
 
alle nostre ceneri. Non vi sia amore né patto tra i popoli.<br>
 
E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa,<br>
 
e perseguita col ferro e col fuoco i coloni dardanii,<br>
 
ora, in seguito, o quando se ne presenteranno le forze.<br>
 
Lidi opposti ai lidi, onde ai flutti<br>
 
auguro, armi alle armi; combattano essi e i nipoti».<br>
 
Questo disse, e volgeva l'animo ad ogni pensiero, <br>
 
cercando d'infrangere subito l'odiata luce.<br>
 
Allora parlò brevemente a Barce, nutrice di Sicheo<br>
 
- infatti un'urna nera teneva la sua nell'antica patria -:<br>
 
«Cara nutrice chiama la sorella Anna,<br>
 
di' che s'affretti ad aspergere il corpo di acqua fluente,<br>
 
e porti con sé le vittime e la prescritta espiazione;<br>
 
così venga; e tu fascia le tempie di pia benda.<br>
 
Penso di compiere i sacrifici ritualmente<br>
 
intrapresi e disposti da Giove stigio, di porre fine<br>
 
alle pene, e di ardere sul rogo l'effigie del dardanio». <br>
 
Disse. Quella affretta il passo con zelo senile.<br>
 
Ma Didone, agitata e stravolta dalla ferocia dei suoi propositi,<br>
 
volgendo lo sguardo sanguigno, cosparsa di macchie<br>
 
le gote frementi, e pallida della morte futura,<br>
 
irrompe nelle intime soglie dei palazzo, e sale <br>
 
furiosa gli alti gradini, e snuda la spada<br>
 
dardania, dono non a quest'uso richiesto.<br>
 
Qui, quando vide le iliache vesti e il noto<br>
 
giaciglio, un poco indugiando in lagrime e in pensiero,<br>
 
si adagiò sul letto, e disse le estreme parole:<br>
 
«Dolci spoglie, finché il fato e il dio permettevano,<br>
 
accogliete quest'anima, e liberatemi da queste pene.<br>
 
Ho vissuto, e percorso la via che aveva assegnato la sorte,<br>
 
e ora la mia ombra gloriosa andrà sotto la terra.<br>
 
Ho fondato una splendida città, ho veduto<br>
 
mura da me costruite, vendicato lo sposo, punito<br>
 
il fratello nemico; felice, troppo felice, se solo le navi<br>
 
dardanie non avessero mai toccato le nostre rive!.<br>
 
Disse, e premendo le labbra sul letto: «Moriremo invendicate,<br>
 
ma moriamo esclamò. «Così desidero discendere tra le ombre. <br>
 
Beva questo fuoco con gli occhi dal mare il crudele<br>
 
dardanio, e porti con sé la maledizione della mia morte».<br>
 
Disse; e fra tali parole le ancelle la vedono<br>
 
gettarsi sul ferro, la spada schiumante e le mani<br>
 
bagnate di sangue. Vanno le grida negli alti<br>
 
atrii; imperversa la Fama per la città sgomenta.<br>
 
Le case fremono di lamenti, di gemiti, di urla<br>
 
femminee; il cielo risuona d'un grande pianto.<br>
 
Come se, penetrati i nemici, precipiti tutta<br>
 
Cartagine o l'antica Tiro, e fiamme furenti<br>
 
si propaghino per i tetti degli uomini e i templi degli dei.<br>
 
Udì, disanimata e atterrita, nella corsa angosciosa,<br>
 
la sorella, ferendosi il volto con le unghie e il petto coi pugni,<br>
 
si getta tra la folla e invoca per nome la morente:<br>
 
Questo era, sorella. Volevi ingannarmi?<br>
 
Questo mi preparavano il rogo, le fiamme e le are?<br>
 
Abbandonata, cosa lamenterò prima? Spregiasti la sorella<br>
 
compagna nella morte? Mi avessi chiamata a uno stesso destino,<br>
 
uno stesso dolore e momento avrebbe rapito entrambe<br>
 
col ferro. Ho innalzato il rogo con queste mani, ho invocato <br>
 
gli dei patrii, per mancare crudele alla mia morte?<br>
 
Hai estinto te e me, sorella, e il popolo e i padri<br>
 
sidonii, e la tua città. Fate ch'io lavi le ferite,<br>
 
e se erra ancora un estremo alito, lo colga<br>
 
con le labbra». Detto così, era ascesa sugli alti<br>
 
gradini, e con un gemito stringeva al seno la sorella<br>
 
morente, e detergeva con la veste il nero sangue.<br>
 
Ella, tentando di aprire gli occhi pesanti, di nuovo<br>
 
ricade; stride la ferita nel profondo del petto.<br>
 
Tre volte poggiando sul gomito tentò di sollevarsi; <br>
 
tre volte s'arrovesciò sul giaciglio, e con gli occhi erranti<br>
 
cercò nell'alto cielo la luce e gemette al trovarla.<br>
 
Allora l'onnipotente Giunone, commiserando il lungo dolore<br>
 
e la difficile morte, mandò dall'[[Olimpo (1)|Olimpo]] [[Iride]]<br>
 
che sciogliesse la lottante anima e le avvinte membra. <br>
 
Poiché non periva per destino o per debita morte,<br>
 
ma sventurata prima dell'ora, arsa da subitanea follia,<br>
 
Proserpina non aveva ancora strappato dal capo<br>
 
il biondo capello, né assegnato la vita all'Orco stigio.<br>
 
[[Iride]] rugiadosa con crocee penne,<br>
 
nel cielo traendo mille vari colori dal sole,<br>
 
discese e le si fermò sul capo: «Questo, comandata, reco<br>
 
sacro a Dite. Da questo tuo corpo ti sciolgo.<br>
 
Dice così, e con la destra tronca il capello: d'un tratto<br>
 
tutto il calore svanì, e la vita dileguò nei venti.<br>
 

Versione delle 12:00, 1 giu 2020

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