Dioniso

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Caravaggio, Dioniso, Galleria degli Uffizi

Figlio di Zeus e di Semele, dio del vino, della gioia, del benessere fisico. Sua madre morì a Tebe nel darlo alla luce, ed il bambino fu allevato da Ino, sorella di Semele e sposa di Atamante, ad Orcomeno, e poi dalle ninfe della valle boscosa di Nisa che lo nascosero in una caverna. Dioniso, nato semidio, era riuscito a diventare immortale. Licurgo, re degli Edoni nella Tracia, cacciò da Nisa le ninfe ed il loro allievo, ma Dioniso lo fece impazzire. Punì con la follia anche il fratellastro di Licurgo, il pirata Bute, che invece aveva stuprato e rapito Coronide, una delle Menadi, le seguaci del dio. Dioniso poi suscitò il terrore in una banda di giovani pirati meoni (senza alcun rapporto con Bute) che ignari della sua identità l'avevano caricato sulla loro nave per depredarlo; ed essi si gettarono tra le onde, sicché il dio ne ebbe pietà e li salvò, cambiandoli in delfini (una volta trasformati, i giovani si ravvedettero completamente dedicando il resto della loro vita al salvataggio di naufraghi), mentre il timoniere Acete poté conservare la forma umana avendo a suo tempo difeso il dio, e divenne suo sacerdote. Acete in seguito fu fatto prigioniero da Penteo, re di Tebe, un altro che si era opposto all'introduzione del culto di Dioniso (del quale tra l'altro era parente, essendo sua madre Agave sorella di Semele) ma questi liberò il giovane meone e inflisse il castigo a Penteo che venne fatto a pezzi dalle Menadi. Insieme a una schiera obbediente di seguaci, formata da Menadi (o Baccanti), sileni e satiri, Dioniso, dopo aver girato tutta la Grecia passò in Asia, arrivando sino all'India, impomendo dappertutto il suo culto. Dopo queste lunghe peregrinazioni sulla terra, si calò nell'Ade e condusse la madre Semele sull'Olimpo, tra gli dèi. Nel culto, Dioniso fu messa in stretta relazione con Demetra, divinità della vegetazione, e con Apollo, col quale aveva in comune la facoltà della divinazione e dell'ispirazione poetica. Per influenze asiatiche e soprattutto frigie, il suo culto assunse caratteristiche orgiastiche: in suo onore si tenevano feste chiassose e disordinate, per le libagioni di vino, a cui sui abbandonavano, da prima donne e giovani, e poi anche uomini. Tali cerimonie si celebravano ogni tre anni, per lo più di notte, sui monti. Tiaso si chiamava il suo corteggio; Tiadi, Baccanti, Menadi, Bassaridi le partecipanti, che indossavano una lunga veste, agitavano fiaccole, suonavano tamburelli e crotali e flauti invocando il dio col grido "euios" (festose). Per questo si chiamava anche Bacco (schiamazzante) e Bromio (che fa strepito). Il culto genuino greco ebbe manifestazioni più composte nelle Dionisie, celebrate 4 volte all'anno: piccole Dionisie, o rurali (a gennaio); Lenee (gennaio-febbraio); Antesterie (febbraio-marzo); grandi Dionisie o urbane (marzo aprile). I Romani lo adoravano con i nomi di Bacco e Libero.

Epiteti