Differenze tra le versioni di "Ciclope (Euripide)"

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Personaggi del dramma:
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|anagrafica= CICLOPE
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|titolo=Κύκλωψ
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|autore=Euripide
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Sileno
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Il ciclope (in greco antico Κύκλωψ / Kýklops) è un dramma satiresco del drammaturgo greco [[Euripide]]. È una parodia dell'episodio del ciclope [[Polifemo]], narrato nell'[[Odissea]] (libro IX). Non se ne conosce l’anno di prima rappresentazione.
Coro dei satiri
 
Odisseo
 
Ciclope
 
Opera
 
  
SILENO
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==TRAMA==
O Bromio, per causa tua quante traversie sto passando e quante ne ho passate all'epoca in cui ero giovane e forte. La prima volta, quando tu reso pazzo da Era, te ne partisti, abbandonando le tue nutrici, le Ninfe dei boschi. Poi quando nelle lotte contro i Giganti mi collocai al tuo fianco, alla tua destra, come compagno d'armi, e uccisi Encelado, trapassandogli lo scudo con la lancia. Però, non starò mica raccontando un sogno?
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Quando Odisseo arriva al paese dei Ciclopi, la Sicilia, incontra Sileno (capo di un gruppo di satiri che sono stati catturati e resi schiavi dal ciclope), e gli offre di scambiare il proprio [[vino]] con del cibo. Essendo un servo di Dioniso, Sileno non sa resistere alla tentazione di farsi dare il [[vino]], ma lo scambia con cibo non suo, bensì del ciclope. Quest'ultimo poco dopo arriva, e Sileno per giustificare la mancanza del cibo accusa Odisseo di averlo sottratto di nascosto ed inoltre di averlo preso con la forza: ne nasce una discussione, ma il ciclope, poco interessato alla diatriba, porta Odisseo e alcuni uomini del suo equipaggio nella sua grotta, e divora alcuni di loro. Per liberarsi, Odisseo idea un piano: offrirà il [[vino]] al ciclope per farlo ubriacare, e poi lo accecherà con un palo di legno.
No, per Zeus, mostrai a Bacco le spoglie del nemico! E ora mi sobbarco a una fatica ancora peggiore. Era ti scatenò contro i pirati tirrenici, una brutta razza, perché ti vendessero in lontane contrade. Appena saputa la cosa, mi misi in mare, con i miei figli, per rintracciarti: dall'alto della poppa governavo la barra del timone e i miei figli, seduti ai banchi, inargentavano il glauco mare con rumorosa voga, cercando te, signore. Eravamo all'altezza del promontorio Malea quando un vento di levante investe la nave e ci butta su questa rupe rocciosa dell'Etna, dove i figli del dio del mare, i Ciclopi, abitano in caverne solitarie: hanno un occhio solo e sono degli assassini. Uno di loro ci cattura e viviamo da schiavi in casa sua: lo chiamano, il nostro padrone, Polifemo. Sono finiti i tripudi dei baccanali: adesso ci occupiamo delle greggi dell'empio Ciclope. I miei figli, che sono più giovani, portano al pascolo le pecore giovani: il mio compito invece è di restare qui,
+
<br>Il ciclope e Sileno si ubriacano insieme, tanto che il primo comincia a chiamare il secondo Ganimede (il coppiere degli dei) e lo invita nella sua grotta, probabilmente con qualche intenzione sessuale. A quel punto Odisseo decide di mettere in atto il suo piano. I satiri all'inizio si offrono di dare il proprio aiuto, ma quando arriva il momento si defilano con una serie di scuse assurde. Odisseo allora chiede ai satiri un incitamento per l'impresa che a quel punto compie con i suoi compagni e acceca il ciclope.
di riempire gli abbeveratoi, di spazzare le stanze, di servire immondi pasti al sacrilego Ciclope. E ora, questi sono gli ordini, devo scopare la casa con questa ramazza di ferro, per ricevere il mio signore, il Ciclope.
+
<br>Odisseo in precedenza aveva detto al ciclope di chiamarsi Nessuno, così quando il ciclope accecato urla di dolore, e il coro di satiri gli chiede (non per aiutarlo, ma per prenderlo in giro) chi sia stato a ferirlo, la risposta è la famosa "Nessuno mi ha accecato", che scatena la derisione da parte dei satiri. Nel frattempo Odisseo e il suo equipaggio scappano sulla nave.
Ma ecco, vedo arrivare i ragazzi che riconducono all'ovile le pecore. Ma che roba è questa? Uno strepito di sicìnnidi?
+
 
Credete davvero di essere ai tempi in cui, di scorta a Bacco nelle baldorie, venivate sotto la casa di Altea, danzando voluttuosamente al suono della lira?
+
==IL TESTO==
CORO
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{{vedi anche|Biblioteca:Euripide, Ciclope}}
str.
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Figlio di padri gagliardi
+
[[Categoria:Mitologia Classica]]
e di nobili madri,
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[[Categoria:Mitologia Greca]]
perché ti perdi su quelle rupi?
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[[Categoria:Europa]]
Qui sei al riparo dal vento, l'erba è verde,
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[[Categoria:Mediterraneo]]
le vorticose acque del fiume
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[[Categoria:Grecia]]
negli abbeveratoi riposano,
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[[Categoria:Fonti]]
vicino agli antri.
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[[Categoria:Biblioteca]]
Non senti i belati degli agnelli?
+
[[Categoria:Tragedie]]
mes.
 
Vieni qui, sì o no? Non vuoi pascolare qui,
 
sul clivo bagnato di rugiada?
 
Ohéi, bada, ora ti tiro un sasso.
 
Ma quando rientrerai, cornuto,
 
nell'ovile del Ciclope,
 
il selvatico pastore?
 
ant.
 
E tu, invece, offri le turgide poppe,
 
accogli ai capezzoli gli agnelli
 
che abbandoni nei chiusi.
 
Invocano te i belati dei piccoli
 
che non distinguono giorno da notte.
 
Non vuoi lasciare i verdi prati
 
e entrare nello stazzo,
 
nel cuore delle rupi etnee?
 
ep
 
Qui non ci sono Bromio, i suoi cori,
 
le Baccanti che portano il tirso,
 
qui non ci sono fragori di timpani
 
accanto alle fonti ricche d'acqua,
 
né stilla il vino ambrato.
 
Né io intono con le Ninfe, come a Nisa,
 
il canto dell'evoè, dell'evoè
 
in onore di Afrodite,
 
quando volavo in caccia delle dee
 
con le Baccanti dai candidi piedi.
 
O caro, caro Bacco, dove vaghi solitario,
 
scuotendo la bionda chioma?
 
Io, il tuo devoto,
 
sono oggi servo del Ciclope,
 
il mostro da un occhio solo,
 
mi aggiro schiavo,
 
cinto da un povero mantello di capra,
 
lontano dalla tua cara amicizia.
 
SILENO
 
Chetatevi, figli, e ordinate ai servi di ricondurre le pecore nelle pietrose caverne.
 
CORO
 
Muovetevi: ma perché tanta fretta, padre?
 
SILENO
 
Scorgo sulla riva la sagoma di una nave greca e dei rematori, con il loro capo, si stanno dirigendo in questa direzione. Portano sulle spalle delle ceste vuote - avranno bisogno di viveri - e recipienti per l'acqua. Poveri disgraziati: chi saranno mai? Ignorano che padrone è Polifemo e quanto inospitale è la dimora in cui mettono piede e che sfortuna li ha indirizzati verso le fauci di un Ciclope antropofago. Ma state zitti: cerchiamo di sapere da dove sono capitati a questa rupe etnea, in Sicilia.
 
ODISSEO
 
Stranieri, sapreste indicarmi dove attingere acqua per placare la sete e qualcuno disposto a vendere cibo a marinai affamati? Ma ho le traveggole? Mi sembra di essere giunto a una città di Bromio: vedo una folla di Satiri davanti alle grotte. Rivolgo il mio saluto, innanzitutto, al più anziano.
 
SILENO
 
Salute a te, straniero. Dicci chi sei e quale è la tua patria.
 
ODISSEO
 
Sono Odisseo di Itaca, signore dei Cefalleni.
 
SILENO
 
Conosco il tipo, un chiacchierone penetrante, uno della razza di Sisifo.
 
ODISSEO
 
Sono io in persona: non offendermi.
 
SILENO
 
Da dove vieni, con la tua nave, qui in Sicilia?
 
ODISSEO
 
Torno da Ilio, dall'impresa di Troia.
 
SILENO
 
Come? Non conoscevi la rotta per casa tua?
 
ODISSEO
 
Tempeste di vento mi hanno spinto qui, mio malgrado.
 
SILENO
 
Ah, ah, sei incappato in una disavventura simile alla mia.
 
ODISSEO
 
Anche tu sei stato vittima della violenza delle onde?
 
SILENO
 
Sì, mentre inseguivo i pirati che avevano rapito Dioniso.
 
ODISSEO
 
Ma in che paese siamo, precisamente, e chi ci abita?
 
SILENO
 
Davanti a te c'è l'Etna, il monte più alto della Sicilia.
 
ODISSEO
 
Dove sono le mura e le torri cittadine?
 
SILENO
 
Non ci sono né mura né torri, ma solo montagne senza un'anima viva.
 
ODISSEO
 
E allora chi occupa questo territorio? Gli animali selvatici?
 
SILENO
 
I Ciclopi, e non alloggiano sotto un tetto domestico, ma dentro caverne.
 
ODISSEO
 
Di chi sono sudditi? O c'è un regime democratico?
 
SILENO
 
Sono pastori: e nessuno obbedisce a nessuno, in niente.
 
ODISSEO
 
Seminano la spiga di Demetra o di che cosa si nutrono?
 
SILENO
 
Si nutrono di latte, di formaggi, di carne di pecora.
 
ODISSEO
 
Possiedono la bevanda di Bacco, il succo dell'uva?
 
SILENO
 
No assolutamente: perciò abitano una terra senza danze.
 
ODISSEO
 
Sono ospitali e pii con gli stranieri ?
 
SILENO
 
Secondo loro, gli stranieri hanno carni delicatissime.
 
ODISSEO
 
Cosa dici? Gli piace uccidere la gente e poi mangiarsela?
 
SILENO
 
Chiunque sia arrivato qui è stato scannato.
 
ODISSEO
 
Ma lui, il Ciclope, dov'è? Dentro la grotta?
 
SILENO
 
No, è fuori con i cani, sull'Etna, a caccia di bestie feroci.
 
ODISSEO
 
Senti, come possiamo levar le ancore da questo paese?
 
SILENO
 
Non saprei, Odisseo: ma per te saremmo disposti a tutto.
 
ODISSEO
 
Vendici dei viveri, allora: ne abbiamo bisogno.
 
SILENO
 
Come ti ho detto, non c'è altro che carne...
 
ODISSEO
 
È pur sempre un piacevole rimedio contro la fame.
 
SILENO
 
... e formaggi cagliati con succo di fico, e latte di mucca.
 
ODISSEO
 
Portate tutto fuori: ci vuole luce per gli acquisti.
 
SILENO
 
Sentiamo, quanto oro ci dài in cambio?
 
ODISSEO
 
Oro non ne ho, ma il liquore di Bacco sì.
 
SILENO
 
Che musica, le tue parole: da tanto siamo senza vino.
 
ODISSEO
 
A me lo ha dato proprio Marone, il figlio del dio.
 
SILENO
 
Il dio che io un tempo ho allevato con queste mani?
 
ODISSEO
 
Il figlio di Bacco, tanto per chiarire.
 
SILENO
 
Il vino lo hai sulla nave o te lo sei portato dietro?
 
ODISSEO
 
Ecco qui l'otre che lo racchiude, come puoi ben vedere, vecchio mio.
 
SILENO
 
Ma questo non serve nemmeno a inumidirmi le labbra!
 
ODISSEO
 
Ti sbagli, man mano che il vino esce l'otre si riempie del doppio.
 
SILENO
 
Che fontana stupenda menzioni, e per me piacevolissima.
 
ODISSEO
 
Vuoi intanto gustare un sorso di vino puro?
 
SILENO
 
Giusto: l'assaggio comporta l'acquisto.
 
ODISSEO
 
Per questo con l'otre mi porto dietro anche una coppa.
 
SILENO
 
Su, lascialo gorgogliare: vorrei bere per rinfrescarmi la memoria.
 
ODISSEO
 
Pronti!
 
SILENO
 
Oh, oh! Che odorino, che bellezza!
 
ODISSEO
 
Perché, lo hai visto?
 
SILENO
 
No, ma lo fiuto.
 
ODISSEO
 
Assaggia anche: non lodare solo in astratto.
 
SILENO
 
Caspita! Bacco mi invita a ballare. Trallalallà.
 
ODISSEO
 
Ti è gorgogliato bene giù per la gola?
 
SILENO
 
E come! Mi è arrivato sino alla punta delle unghie.
 
ODISSEO
 
Naturalmente ti daremo anche quattrini.
 
SILENO
 
Lascia perdere il denaro e sciogli, invece, il nodo dell'otre.
 
ODISSEO
 
Portate fuori i formaggi e gli agnelli.
 
SILENO
 
Volentieri, sai cosa me ne importa dei padroni! Vado così matto per una sola coppa di vino che darei in cambio le greggi di tutti i Ciclopi insieme, per buttarmi poi giù in mare dalla rupe di Leucade, una volta preso dall'ebbrezza e dall'oblio degli affanni. È pazzo chi non prova gioia a bere. Perché allora questo amico si ringagliardisce e si strizzano tette e la mano indugia su praticelli ben curati e si balla, si scordano i mali. E dunque, non devo baciare un simile elisir, mandando alla malora il Ciclope con quel suo occhio in mezzo alla fronte?
 
CORO
 
Ascolta, Odisseo, vorremmo scambiare quattro chiacchiere con te.
 
ODISSEO
 
Perché no? Tra amici come noi!
 
CORO
 
Sono cadute in mano vostra Troia e Elena?
 
ODISSEO
 
E abbiamo annientato l'intera stirpe dei Priamidi.
 
CORO
 
Dimmi, presa la giovane, non ve la siete ripassata a turno, visto che a lei piace avere tanti amanti? Che spergiura! Alla vista di un paio di brache colorate su cosce maschili e di un monile d'oro al collo perse la testa e piantò Menelao, un omino così per bene! La razza delle donne non doveva mai nascere, tranne che per me, si capisce.
 
SILENO
 
Mio signore Odisseo, ecco qui dei teneri agnelli, prole di belanti pecore, ecco qui, in abbondanza, dei formaggi freschi. Prendete tutto e sbrigatevi ad allontanarvi dalla caverna, ma prima datemi in cambio il rallegrante succo dell'uva. Ohi, ohi, sta arrivando il Ciclope: cosa facciamo?
 
ODISSEO
 
Che disastro, vecchio: dove si può fuggire?
 
SILENO
 
Dentro la caverna, lì riuscirete a nascondervi.
 
ODISSEO
 
Un consiglio pericoloso, il tuo, di infilarsi nella trappola.
 
SILENO
 
Non tanto: la grotta offre molti ripari.
 
ODISSEO
 
No, si sentirebbe molto umiliata Troia se fuggissimo davanti a un uomo solo, dopo che io molte volte tenni testa in battaglia a miriadi di Frigi. Se bisogna morire, moriamo con dignità, oppure salviamoci, ma conservando l'antica gloria.
 
CICLOPE
 
Fermi, scansatevi. Cosa sta succedendo? Fannulloni! Cosa sono questi baccanali? Qui non c'è posto per Dioniso, per nacchere di bronzo e strepito di timpani. Come stanno, là dentro, i miei agnellini novelli? Sono già attaccati e se ne vanno da soli alle poppe? I canestri di giunco sono già colmi di formaggi freschi? Cos'è questo silenzio? Cosa avete da dire? Presto qualcuno di voi lo farò piangere con questo bastone. E non guardate per terra, tirate su la testa.
 
CORO
 
Ecco, la teniamo rivolta proprio verso Zeus e vedo già Orione e le stelle.
 
CICLOPE
 
Il mio pranzo è stato allestito a puntino?
 
CORO
 
È bell'e pronto: tocca ora alla tua gola essere pronta.
 
CICLOPE
 
Le anfore traboccano di latte?
 
CORO
 
Ce n'è tanto che puoi tracannarne un orcio intero, se ti fa piacere.
 
CICLOPE
 
Latte di pecora, di mucca o miscelato?
 
CORO
 
Come vuoi tu, basta che non trangugi me.
 
CICLOPE
 
Figuriamoci! Ballandomi dentro la pancia mi fareste crepare con i vostri salti e sgambetti. Ehi! Cos'è questa massa di gente che vedo accanto alla caverna? C'è stata un'incursione di ladri e di pirati in questo paese? Guarda, guarda: agnelli delle mie grotte legati insieme con giunchi flessibili, ceste di formaggio alla rinfusa e il vecchio calvo con il viso gonfio per le botte.
 
SILENO
 
Ahi, ahi! Ho la febbre per le percosse ricevute.
 
CICLOPE
 
Chi te le ha date? Chi ti ha riempito la faccia di pugni?
 
SILENO
 
Sono stati loro, Ciclope, perché non gli permettevo di trafugare la tua roba.
 
CICLOPE
 
Non sapevano che sono un dio, figlio di dèi?
 
SILENO
 
Io continuavo a ripeterglielo, ma loro si prendevano la roba, mangiavano il formaggio, nonostante la mia opposizione, e portavano via gli agnelli. E dicevano che ti avrebbero legato con un collare di tre cubiti e cavato le budella dall'occhio in mezzo alla pancia e scorticato la schiena a frustate. Poi ti avrebbero gettato sui banchi della nave, incatenato mani e piedi, e venduto a qualcuno per smuover massi in una cava o girare la macina in un mulino.
 
CICLOPE
 
Davvero? E allora, sbrìgati a affilare i coltelli, accatasta un bel po' di legna e appiccale fuoco. Così, scannati sull'istante, riempiranno il mio ventre offrendo allo scalco, per caldo pasto, carne alla brace e carne lessata in pentola, tenera tenera. Sono stufo di selvaggina: ho consumato troppi pasti a base di cervi e di leoni. È un pezzo che non mi nutro di uomini.
 
SILENO
 
Dopo un periodo di monotonia, la novità fa piacere. È proprio tanto che non capitavano stranieri qui, alla tua grotta.
 
ODISSEO
 
Ciclope, presta ascolto anche all'altra parte, agli stranieri. Noi avevamo bisogno di viveri, e perciò siamo sbarcati e ci siamo diretti verso la tua caverna. Quest'individuo ci vendette gli agnelli in cambio di una coppa di vino, e appena avuto da bere ce li consegnò: tutto si svolse d'amore e d'accordo, senza ombra di violenza. Ora racconta frottole prive di senso perché lo hai sorpreso a vendere di nascosto la tua roba.
 
SILENO
 
Io? Ma che ti venga un colpo!
 
ODISSEO
 
Se dico menzogne.
 
SILENO
 
Per Poseidone, padre tuo, per il grande Tritone, per Nereo, per Calipso e le vergini figlie di Nereo, per le sacre onde e tutte le sottospecie di pesci ti giuro, mio piccolo e bellissimo Ciclope, padroncino mio, ti giuro che non ho venduto agli stranieri la tua roba. Se non è vero, che venga un accidente a questi miei poveri figli, ai quali sono affezionatissimo.
 
CORO
 
Che venga a te l'accidente. Ti ho visto io in persona vendere gli agnelli agli stranieri. Che possa morire mio padre, se dico bugie. E tu non essere ingiusto con gli stranieri.
 
CICLOPE
 
Bugiardi. Io mi fido di lui più che di Radamanto e sostengo che è anche più giusto. Ma voglio interrogarli. Da dove provenite, con la vostra nave? Di che paese siete? Quale città vi ha allevato?
 
ODISSEO
 
Siamo Itacesi di stirpe. Proveniamo da Troia, dopo averla distrutta: venti marini ci sbalzarono qui e così siamo giunti alla tua terra.
 
CICLOPE
 
Ah, voi siete quelli che per vendicare il ratto di Elena, la perfida, hanno assalito Troia, la città contigua allo Scamandro?
 
ODISSEO
 
Precisamente. Ci sobbarcammo sino in fondo a un'impresa tremenda.
 
CICLOPE
 
Che spedizione vergognosa! Far vela contro la terra dei Frigi a causa di una donna!
 
ODISSEO
 
Fu opera di un dio, non accusare nessun mortale. O nobile figlio di un celeste, noi ti preghiamo e diciamo apertamente: non essere così crudele da uccidere uomini giunti in veste amichevole alla tua terra, non farne empio cibo per le tue mascelle. Per merito nostro, signore, tuo padre possiede ancora i suoi templi che dominano i golfi della terra ellenica. Il sacro porto di Tenaro è rimasto intatto e così le profonde insenature della Malea, sono salvi la roccia argentifera cara ad Atena e i rifugi di Geresto. Non abbiamo messo nelle mani dei Frigi la sorte della Grecia, sarebbe stata una penosa vergogna . A questi benefici partecipi pure tu, perché è terra greca anche la caverna dove abiti, ai piedi dell'Etna, la roccia che gronda fuoco. Se poi disprezzi le mie parole, ascolta: una legge tra i mortali impone di accogliere i supplici semidistrutti da un naufragio, di dar loro doni ospitali e rifornirli di vesti, e non invece di infilzarli su spiedi di bue per riempirsene pancia e ganasce. La terra di Priamo ha spopolato sin troppo la Grecia, bevendo il sangue di molti guerrieri caduti in battaglia, ha reso vedove le spose, ha sventuratamente tolto i figli a madri vecchie, a padri canuti. Se ora vuoi arrostire i superstiti, consumando un pasto orrendo, che cosa ci rimane ancora? Dammi retta, Ciclope, frena la voracità delle tue mascelle, anteponi la pietà all'empietà: ricordalo, i guadagni disonesti hanno per contropartita amari castighi.
 
SILENO
 
Ciclope, vorrei darti un consiglio: la carne di quest'uomo mangiala tutta, senza lasciarne neanche un pezzetto. Basta che tu dia un morso alla sua lingua e diventerai tutto sagacia e loquacità.
 
CICLOPE
 
Caro il mio ometto, per le persone intelligenti il vero dio è la ricchezza, tutto il resto si riduce a chiacchiere e belle frasi. Io porgo un bel saluto ai promontori dove si trovano i templi di mio padre: come mai hai tirato fuori questi discorsi? Io non rabbrividisco, straniero, di fronte ai fulmini di Zeus e non so in cosa Zeus sia un dio più potente di me. Del resto non mi curo, e te ne spiego la ragione. Quando dall'alto Zeus rovescia pioggia sulla terra, io rimango al riparo in questa grotta, mi mangio un vitello arrosto o qualche animale selvatico. Disteso pancia all'aria, me la innaffio per bene scolandomi un'anfora di latte, mi percuoto il peplo e rumoreggiando gareggio con i tuoni di Zeus. Quando il tracio Borea versa neve, io, avvolto in pelli di bestie selvatiche, accendo il fuoco e della neve non me ne importa nulla. La terra, lo voglia o no, deve produrre l'erba che nutre le mie greggi. E io le greggi non le offro in sacrificio a nessuno, se non a me - agli dèi, no di certo -: le offro a questo pancione che è il più grande degli dèi. Perché mangiare e bere ogni giorno che passa, ecco cos'è Zeus per le persone intelligenti - e non affliggersi mai per nulla. Chi ha complicato
 
l'esistenza umana creando leggi, per me vada in malora: io non smetterò di trattare bene la mia anima... e mangerò te. Come doni ospitali - intendo sottrarmi a ogni critica - avrai il fuoco e questo pentolone paterno che bollendo fascerà elegantemente le tue carni dilaniate. Ma accomodatevi dentro: ritti in piedi, accanto all'altare, in onore del dio di questa grotta, offrirete un lauto banchetto a me.
 
ODISSEO
 
Ahimè, sono scampato alla morte a Troia e in mare, per capitare qui e trovarmi esposto all'arbitrio di un essere sacrilego, di un cuore che ignora la pietà. O Pallade, figlia di Zeus, signora, soccorrimi adesso, subito: sono incappato in pericoli più gravi che a Troia, mi trovo sull'orlo dell'abisso. E tu, Zeus, protettore degli ospiti, tu che abiti le sedi delle stelle luminose, guarda cosa succede: se non volgi qui i tuoi occhi, a torto ti credono un dio: tu non sei nulla.
 
CORO
 
str.
 
Ciclope, apri le labbra e la tua enorme gola.
 
Per te sono pronte le carni degli stranieri,
 
lesse, arrosto, alla brace, da rodere, tritare, maciullare,
 
mentre sdraiato te ne stai
 
sopra un vello di capra.
 
mes.
 
A me non devi dare nulla.
 
Riempi da solo e per te solo la stiva della nave.
 
Lungi da me questa dimora,
 
io dico addio al sacrificio ripugnante
 
al sacrificio del Ciclope etneo,
 
che gode a divorare gli ospiti.
 
ant.
 
Tu, infelice! È senza pietà
 
chi scanna i supplici giunti
 
al suo focolare, rode, maciulla,
 
offre ai suoi sudici denti
 
carni lesse o levate calde dalla brace
 
ODISSEO
 
Zeus, che parole posso trovare? Dentro la grotta ho visto atrocità incredibili, più simili a leggende di orrore che a fatti umani.
 
CORO
 
Cos'è successo, Odisseo? Il sacrilego Ciclope si è divorato i tuoi cari compagni?
 
ODISSEO
 
Ne adocchiò due, i due meglio nutriti e più in carne, li soppesò con le mani.
 
CORO
 
Povero infelice! Ma, racconta, come andò tutta la faccenda?
 
ODISSEO
 
Una volta entrati nella rocciosa terra, il Ciclope accese il fuoco, alimentandolo con tronchi di alta quercia, presso a poco il carico di tre carri. Poi, vicino alla fiamma, stese un giaciglio di aghi di pino, riempì di latte appena munto un cratere della capacità di dieci anfore. Si pose accanto una tazza larga all'incirca tre cubiti, profonda quattro, spiedi - rami di marruca, per la precisione - arroventati in punta e levigati, nel resto, con il falcetto, vasi sacrificali dell'Etna ben rifiniti da scuri affilate. Mise a bollire un lebete di bronzo. Quando tutto fu pronto, quel cuoco dell'Ade, odiato dal cielo, afferrò due miei compagni e li scannò con un certo criterio. Ne gettò uno nella pancia del bronzeo lebete, l'altro, ghermito per il tendine del calcagno, lo sbatté contro un'aguzza sporgenza della roccia, facendone schizzare fuori il cervello. Poi, con il suo insaziabile coltello, ne affettò la carne, si arrostì vari pezzi, e il resto lo buttò a cuocere nel lebete. Io, sventurato, con gli occhi gonfi di lacrime, stavo vicino al Ciclope e gli facevo da servo: gli altri si erano
 
appiattati, come uccelli, negli angoli più riposti della grotta, non avevano più neanche una goccia di sangue nelle vene. Ingozzatosi con la carne dei miei compagni, si distese pancia all'aria, un pesante respiro gli usciva dalla gola: a me venne un'ispirazione stupenda. Gli porsi da bere una coppa colma di vino, dicendo: "O Ciclope, figlio del dio del mare, guarda quale celeste nettare, delizia di Bacco, produce l'Ellade con le sue viti". E lui, satollo per l'ignobile banchetto, lo accettò, afferrò la coppa, svuotandola di un fiato. Alzata la mano, si mise a elogiarmi: "Carissimo ospite, tu mi offri una vivanda squisita dopo un pasto squisito!". Vedendo che ci pigliava gusto gli passai di nuovo la coppa, sapevo che il vino gli avrebbe nuociuto e che presto avrebbe pagato per le sue colpe. Lui cominciò a cantare, e io riempivo una coppa dietro l'altra, e gli scaldavo le viscere con il bere. Adesso strilla canzoni stonate accanto ai miei compagni in lacrime, e ne rintrona la caverna. Io sono sgattaiolato fuori quatto quatto, e intendo salvare me stesso, e te, se sei disposto. Ma ditemi se volete o no fuggire da questo essere selvaggio e abitare nelle dimore di Bacco, insieme con le Ninfe. Tuo padre, là dentro, è d'accordo, ma è vecchio, troppo affezionato al bere; attaccato alla coppa come un uccello al vischio, starnazza a vuoto le ali. Ma tu, che sei giovane, sàlvati con me, ritorna dal tuo vecchio amico Dioniso, così dissimile dal Ciclope.
 
CORO
 
O mio caro, come vorrei vedere il giorno in cui fuggirò via dall'empia faccia del Ciclope. Da tanto tempo ormai le nostre spade non vengono sguainate e restano a digiuno .
 
ODISSEO
 
Ascolta come ho preparato la vendetta contro quella malvagia bestia e insieme la tua liberazione dalla schiavitù.
 
CORO
 
Parla. Sentire che il Ciclope è morto sarebbe per me più bello che ascoltare il suono della cetra asiatica.
 
ODISSEO
 
Vuole recarsi a far baldoria dai Ciclopi suoi fratelli, allegro com'è per questa bacchica bevanda.
 
CORO
 
Ho capito: lo sorprendi solo nel folto dei boschi e pensi di scannarlo o di scaraventarlo giù da una rupe.
 
ODISSEO
 
Nient'affatto: voglio giocare d'astuzia.
 
CORO
 
E come? Da molto so che sei un individuo accorto.
 
ODISSEO
 
Lo distolgo dall'idea della baldoria in comune, dicendogli che non deve elargire questo nettare ai Ciclopi, ma tenerlo stretto e festeggiare da solo. Quando, vinto da Bacco, sarà piombato nel sonno, nella caverna c'è un grosso ramo d'ulivo, io lo aguzzo in cima con la spada, lo poso sulle fiamme. Poi, quando vedo che è arroventato, lo sollevo ancora caldo e lo caccio nell'occhio al Ciclope e col fuoco glielo distruggo. Come il carpentiere fa ruotare il trapano con le due cinghie, esattamente così io girerò il tizzone nell'occhio lucente del Ciclope e gli disseccherò la pupilla.
 
CORO
 
Evviva, evviva! La tua trovata mi fa impazzire di gioia.
 
ODISSEO
 
E poi imbarco te, gli amici e il vecchio nella stiva della mia nave nera e mi allontano da questa terra remando a tutta forza.
 
CORO
 
Ma non potrei anch'io, come in una sacra cerimonia, impugnare il tizzone che accecherà il Ciclope? Voglio partecipare all'impresa.
 
ODISSEO
 
Devi farlo: il palo è grosso e bisogna sollevarlo tutti insieme.
 
CORO
 
Sarei disposto a gravarmi le spalle con il carico di cento carri, pur di affumicare, come un vespaio, l'occhio del Ciclope, che così farà una brutta fine.
 
ODISSEO
 
Silenzio: ora conosci esattamente la trappola. Al mio ordine obbedite a chi ha architettato l'inganno: non intendo salvarmi da solo, lasciando là dentro i miei amici. [Eppure potrei fuggire, sono oramai fuori dalla profonda grotta. Ma non è giusto che trovi scampo io da solo, che abbandoni gli amici con i quali sono arrivato sin qui].
 
CORO
 
Forza, a chi tocca per primo
 
e a chi per secondo impugnare con vigore
 
il palo rovente, spingerlo dentro la pupilla
 
del Ciclope per cavargli l'occhio e la luce?
 
[canto dall'interno]
 
Zitti, zitti. È ubriaco,
 
strilla un canto sguaiato,
 
che zotico stonato.
 
Ma uscito dall'antro di pietra dovrà ben piangere.
 
Insegniamo a questo ignorante
 
un canto allegro. Tanto,
 
presto sarà accecato.
 
str. a
 
Beato chi folleggia
 
e ai dolci succhi della vite inneggia,
 
sdraiato a banchetto,
 
e si abbraccia un amante
 
e preme sopra il letto la morbida bellezza di un'etera.
 
È profumato, ha biondi riccioli lucenti
 
e canta: "Chi mi aprirà la porta?".
 
CICLOPE
 
str. b
 
Trallalallà, sono pieno di vino,
 
che gioia, è ancora giovane il festino.
 
Come una nave su sino alla plancia
 
ho colmato di cibo la mia pancia.
 
Mi invita l'erba lieta a gozzoviglia,
 
nella stagione della primavera,
 
con i Ciclopi, con la mia famiglia.
 
Portami l'otre, versami da bere,
 
straniero.
 
CORO
 
str. c
 
Ma che sguardo malioso,
 
esce di casa il Vezzoso.
 
Qualcuno ci vuol bene?
 
Una Ninfa tenera ti attende
 
dentro una grotta rugiadosa:
 
una fiaccola ardente.
 
Corone variopinte molto presto
 
ti cingeranno di fuoco la testa.
 
ODISSEO
 
Ciclope, stammi a sentire, perché io me ne intendo di quel Bacco che ti ho versato da bere.
 
CICLOPE
 
Ma chi è Bacco? Lo ritengono un dio?
 
ODISSEO
 
Il più grande per allietare l'umana esistenza.
 
CICLOPE
 
Io, effettivamente, lo rutto volentieri.
 
ODISSEO
 
Ecco com'è questo dio: non fa del male a nessuno.
 
CICLOPE
 
Come mai a un dio piace abitare in un otre?
 
ODISSEO
 
Si trova a suo agio dovunque lo mettano.
 
CICLOPE
 
Ma un dio non deve starsene dentro a delle pelli.
 
ODISSEO
 
Perché, se ti sollazza? O la pelle ti disturba?
 
CICLOPE
 
Detesto l'otre, ma ne amo il contenuto.
 
ODISSEO
 
E allora resta qui, bevi e goditela, Ciclope.
 
CICLOPE
 
Non devo spartire il vino con i miei fratelli?
 
ODISSEO
 
Se lo tieni per te sarai stimato di più.
 
CICLOPE
 
Ma se lo do agli amici, faccio una cosa più utile.
 
ODISSEO
 
La baldoria ama le risse, le liti e gli oltraggi.
 
CICLOPE
 
Ho bevuto, è vero, ma nessuno oserebbe toccarmi.
 
ODISSEO
 
Amico, quando uno ha bevuto è bene che resti a casa.
 
CICLOPE
 
È sciocco chi ha bevuto e non ama la baldoria.
 
ODISSEO
 
Ma chi è ubriaco e resta a casa dimostra buon senso.
 
CICLOPE
 
Che cosa facciamo, Sileno? Sei dell'idea di restare?
 
SILENO
 
Si capisce. Che bisogno c'è di altri bevitori?
 
CICLOPE
 
Certo, la distesa di erba e di fiori è soffice.
 
SILENO
 
Ed è piacevole bere al tepore del sole. Stenditi qui per terra, sul fianco.
 
CICLOPE
 
Ecco fatto. Ma perché posi la coppa alle mie spalle?
 
SILENO
 
Non vorrei che qualcuno, passando, la rovesciasse.
 
CICLOPE
 
No, tu vuoi bere di nascosto. Mettila nel mezzo. Straniero, dimmi come devo chiamarti.
 
ODISSEO
 
"Nessuno". E qual è il dono per cui ti dirò "grazie"?
 
CICLOPE
 
Ti mangerò per ultimo, dopo tutti i tuoi compagni.
 
SILENO
 
Ciclope, che splendido regalo fai all'ospite.
 
CICLOPE
 
Ehi, cosa combini? Tracanni il vino di nascosto?
 
SILENO
 
No, è stato lui a baciarmi, perché ho gli occhi belli.
 
CICLOPE
 
Finirai male, se baci il vino che di te non vuole saperne.
 
SILENO
 
Ma sì, per Zeus, dice di amarmi perché sono bello.
 
CICLOPE
 
Mesci. Pensa solo a riempire la coppa e a darmela.
 
SILENO
 
Il vino, com'è stato allungato? È meglio controllare.
 
CICLOPE
 
Tu mi vuoi morto. Dammelo com'è.
 
SILENO
 
No, per Zeus. Prima devo vederti incoronato di fiori... e degustarne ancora.
 
CICLOPE
 
Coppiere imbroglione!
 
SILENO
 
No, vino delizioso. Se vuoi da bere, devi prima detergerti la bocca.
 
CICLOPE
 
Ecco, mi sono pulito bocca e baffi.
 
SILENO
 
Appòggiati, con grazia, sul gomito e poi bevi: esattamente come vedi che faccio io, anzi che facevo.
 
CICLOPE
 
Ehi, ma cosa fai?
 
SILENO
 
L'ho trangugiato in un sorso, e con che gusto!
 
CICLOPE
 
Straniero, prendi tu la coppa e servimi.
 
ODISSEO
 
Come no? La mia mano è pratica di tralci.
 
CICLOPE
 
Mesci, allora!
 
ODISSEO
 
Subito, purché tu stia zitto.
 
CICLOPE
 
Tacere con il vino in corpo! Hai detto un nulla!
 
ODISSEO
 
Su, bevi, e non lasciarne neanche un goccio. Bisogna che muoiano insieme il liquido e il sorbirlo.
 
CICLOPE
 
Che ingegno ha la pianta della vite!
 
ODISSEO
 
E se ne tracanni molto su un lauto pasto, innaffiando la pancia fino a estinguere la sete, il vino ti getterà in braccio al sonno. Ma se ne lasci anche una sola stilla, Bacco ti farà crepare di arsura.
 
CICLOPE
 
Ohilà, a stento, ma sono scampato a nuoto: che gioia purissima. Mi sembra che il cielo si confonda con la terra e che mi girino intorno, vedo il trono di Zeus e la sacra maestà degli dèi. Non dovrei baciarvi? Le Grazie mi provocano. Basta! È meglio avere questo Ganimede che le Grazie. Mi piacciono di più i giovinetti che le donne.
 
SILENO
 
Ciclope, sarei io il Ganimede di Zeus?
 
CICLOPE
 
Sì, per Zeus, e ti rapisco dalla terra di Dardano.
 
SILENO
 
Sono perduto, figli miei: che sorte spaventosa mi attende!
 
CICLOPE
 
Sei in collera con il tuo innamorato e lo schernisci perché ha bevuto?
 
SILENO
 
Ahimè, che amara pozione mi aspetta tra poco.
 
ODISSEO
 
Su, figli di Dioniso, magnanima progenie, il mostro è nella caverna. Sfinito dal sonno, presto erutterà pezzi di carne dalla immonda gola. Il tizzone, dentro, manda già fumo: è stato preparato, non resta che incenerire l'occhio del Ciclope. Cercate di essere uomini.
 
CORO
 
Avremo una volontà rocciosa, ferrea. Ma entra nella grotta, prima che a mio padre capiti l'irreparabile. Là tutto è pronto, per te.
 
ODISSEO
 
Efesto, signore dell'Etna, brucia la luminosa pupilla del tuo ignobile vicino, lìberati da lui una volta per sempre. E tu, Sonno, figlio della nera Notte, piomba con tutto il tuo peso su questa belva odiosa agli dèi. Dopo la gloriosa impresa di Troia, non lasciate perire Odisseo e i suoi compagni ad opera di un essere a cui nulla importa di dèi e di uomini. Altrimenti, bisognerà credere che la sorte è un dio e che gli dèi nulla possono contro la sorte.
 
CORO
 
Tenacemente la tenaglia
 
stringerà il collo al divoratore di ospiti;
 
presto con il fuoco annienterà
 
le lucenti pupille.
 
Già il palo rovente, un enorme ramo
 
di olivo, è nascosto sotto la cenere.
 
Marone proceda, agisca,
 
cavi l'occhio al demente Ciclope;
 
il mostro beva a proprio danno. E io
 
voglio vedere il mio diletto Bromio,
 
che ama incoronarsi di edera,
 
lasciare il Ciclope e la sua solitudine.
 
Riuscirò mai a tanto?
 
ODISSEO
 
Silenzio, per gli dèi, bestiacce. State cheti, sigillatevi la bocca. Non vi permetto neanche di respirare, di sbattere le palpebre, di schiarirvi la voce. Il mostro non deve svegliarsi finché la sua vista non sia stata distrutta col fuoco.
 
CORO
 
Stiamo zitti, tratteniamo il fiato tra le mascelle.
 
ODISSEO
 
Animo, andate dentro e impugnate il tizzone: è arroventato a dovere.
 
CORO
 
Non stabilisci chi di noi deve per primo afferrare il palo e bruciare la pupilla del Ciclope? Vorremmo prendere parte tutti all'impresa.
 
CORO I
 
Noi siamo troppo lontani dall'ingresso per spingere il legno ardente dentro l'occhio.
 
CORO II
 
Noi ci siamo azzoppati adesso adesso.
 
CORO I
 
Proprio come è capitato a noi. Stando in piedi ci si è stirato un muscolo, non si sa come.
 
ODISSEO
 
Vi si è stirato un muscolo da fermi?
 
CORO I
 
E negli occhi ci è andata tanta polvere, o cenere, venuta chi sa da dove.
 
ODISSEO
 
Vigliacchi, alleati da strapazzo.
 
CORO
 
Perché ho compassione per la mia spina dorsale e non voglio sputare i denti sotto le botte, mi chiami vigliacco? Ma conosco un incantesimo di Orfeo, efficacissimo: il tizzone penetra da solo nel cranio del figlio della terra e gli cava l'unico occhio che ha.
 
ODISSEO
 
Da tempo sapevo come eri per natura, ma ora lo so meglio. Mi tocca per forza ricorrere ai miei amici. Ma se hai scarso vigore fisico, almeno sprona i miei compagni: così li rincuoriamo con i tuoi incitamenti.
 
CORO
 
Farò così, rischierò sulla pelle di un altro. Con i miei incitamenti si bruci il Ciclope!
 
Ehi, su, da bravi, spingete,
 
in fretta. Distruggete col fuoco la pupilla
 
di questa belva divoratrice di ospiti.
 
Bruciatelo, oh, arrostitelo, oh,
 
il pastore dell'Etna. Girate, dilaniate.
 
Ma attenti che inferocito dal dolore
 
non compia qualcosa di insensato contro di voi.
 
CICLOPE
 
Ahimè, mi hanno carbonizzato la luce dell'occhio!
 
CORO
 
Che inno stupendo. Cantamelo di nuovo, Ciclope.
 
CICLOPE
 
Ahimè, mi hanno sfigurato, assassinato. Ma non fuggirete da questa grotta con la gioia nel cuore, voi, gente da nulla. Mi pianterò sulla soglia della caverna e la sbarrerò con le mie braccia.
 
CORO
 
Ma perché strilli tanto, Ciclope?
 
CICLOPE
 
Sono morto.
 
CORO
 
Brutto, lo sembri.
 
CICLOPE
 
E infelice, per giunta.
 
CORO
 
Sei caduto ubriaco in mezzo ai carboni?
 
CICLOPE
 
Nessuno mi ha rovinato.
 
CORO
 
Dunque, nessuno ti ha fatto del male.
 
CICLOPE
 
Nessuno mi ha reso cieco.
 
CORO
 
Allora ci vedi.
 
CICLOPE
 
Così ci vedessi tu .
 
CORO
 
Come ha fatto nessuno a renderti cieco?
 
CICLOPE
 
Mi prendi in giro. Dov'è Nessuno?
 
CORO
 
In nessun luogo, Ciclope.
 
CICLOPE
 
Lo straniero, tanto per intenderci, è stato la mia disgrazia: il maledetto, a forza di darmi da bere, mi ha affogato.
 
CORO
 
Il vino è terribile: è difficile avere il sopravvento su di lui.
 
CICLOPE
 
Per gli dèi, sono fuggiti o sono ancora dentro la grotta?
 
CORO
 
Han trovato riparo tra gli anfratti della caverna, e se ne stanno lì chiotti chiotti.
 
CICLOPE
 
Da che parte?
 
CORO
 
Alla tua destra.
 
CICLOPE
 
In che punto?
 
CORO
 
Proprio accanto alla rupe. Li hai presi?
 
CICLOPE
 
Un male tira l'altro. Una capocciata ho preso, e mi son rotto la testa.
 
CORO
 
E loro, intanto, se la battono.
 
CICLOPE
 
Non per di qui, hai detto per di qui?
 
CORO
 
No, dalla parte opposta.
 
CICLOPE
 
Ma dove?
 
CORO
 
Gìrati, lì a sinistra.
 
CICLOPE
 
Povero me, mi deridono: approfittate dei miei mali per schernirmi.
 
CORO
 
Adesso non più: quell'uomo ti sta proprio di fronte.
 
CICLOPE
 
Vigliacco, dove sei?
 
ODISSEO
 
Lontano da te, io, Odisseo, veglio su me stesso.
 
CICLOPE
 
Come hai detto? Hai cambiato nome, ne hai tirato fuori uno nuovo.
 
ODISSEO
 
Sì, Odisseo, il nome che mi aveva dato mio padre. Dovevi pure espiare l'immondo banchetto. A cosa serviva aver distrutto Troia con il fuoco, se non ti facevo scontare la morte dei miei amici!
 
CICLOPE
 
Ahimè, si compie un antico oracolo. Diceva che sarei stato accecato da te, mentre ritornavi da Troia. Ma profetò anche che avresti pagato per questo, peregrinando anni e anni per mare, in balia delle onde.
 
ODISSEO
 
Che ti colga il malanno: e quello che ti auguro, te l'ho già fatto. Io scendo giù, alla costa, e dirigerò la nave, sul mare siculo, verso la mia patria.
 
CICLOPE
 
No davvero. Stacco da questa rupe un pietrone, te lo tiro e sfracellerò te e i tuoi compagni. Salgo su in cima, anche se sono cieco, avanzando per questa gola di monte.
 
CORO
 
E noi ci imbarchiamo con Odisseo e per il futuro torneremo a servire Bacco.
 
</poem>
 

Versione attuale delle 18:29, 2 nov 2023

CICLOPE
Ciclope (euripide).jpeg
Titolo orig.: Κύκλωψ
Autore: Euripide
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Sezione: Mitologia Greca
Anno: 415 a.C.
Tipo: Fonti Antiche
Genere: Tragedie
Subgenere: {{{subgenere}}}
Lingua orig.: Greco antico
In Biblioteca: Si
Traduzione: Italiano

Il ciclope (in greco antico Κύκλωψ / Kýklops) è un dramma satiresco del drammaturgo greco Euripide. È una parodia dell'episodio del ciclope Polifemo, narrato nell'Odissea (libro IX). Non se ne conosce l’anno di prima rappresentazione.

TRAMA[modifica]

Quando Odisseo arriva al paese dei Ciclopi, la Sicilia, incontra Sileno (capo di un gruppo di satiri che sono stati catturati e resi schiavi dal ciclope), e gli offre di scambiare il proprio vino con del cibo. Essendo un servo di Dioniso, Sileno non sa resistere alla tentazione di farsi dare il vino, ma lo scambia con cibo non suo, bensì del ciclope. Quest'ultimo poco dopo arriva, e Sileno per giustificare la mancanza del cibo accusa Odisseo di averlo sottratto di nascosto ed inoltre di averlo preso con la forza: ne nasce una discussione, ma il ciclope, poco interessato alla diatriba, porta Odisseo e alcuni uomini del suo equipaggio nella sua grotta, e divora alcuni di loro. Per liberarsi, Odisseo idea un piano: offrirà il vino al ciclope per farlo ubriacare, e poi lo accecherà con un palo di legno.
Il ciclope e Sileno si ubriacano insieme, tanto che il primo comincia a chiamare il secondo Ganimede (il coppiere degli dei) e lo invita nella sua grotta, probabilmente con qualche intenzione sessuale. A quel punto Odisseo decide di mettere in atto il suo piano. I satiri all'inizio si offrono di dare il proprio aiuto, ma quando arriva il momento si defilano con una serie di scuse assurde. Odisseo allora chiede ai satiri un incitamento per l'impresa che a quel punto compie con i suoi compagni e acceca il ciclope.
Odisseo in precedenza aveva detto al ciclope di chiamarsi Nessuno, così quando il ciclope accecato urla di dolore, e il coro di satiri gli chiede (non per aiutarlo, ma per prenderlo in giro) chi sia stato a ferirlo, la risposta è la famosa "Nessuno mi ha accecato", che scatena la derisione da parte dei satiri. Nel frattempo Odisseo e il suo equipaggio scappano sulla nave.

IL TESTO[modifica]

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