Bona Dea

Dapprima epiteto della antica Fauna romana, poi nome proprio di colei che nel mito fu la moglie o la figlia di Fauno.

Leggenda

In una prima versione, la dea era figlia di Fauno, che la amava insanamente. Ma con nessun espediente Fauno riusciva a soddisfare con lei i suoi desideri perversi, per cui decise di punirla con verghe di mirto (infatti il mirto era proibito all'interno del suo tempio). Alla fine, comunque, trasformandosi in serpente riuscì ad unirsi a Bona Dea.
In una seconda versione, invece, Bona Dea era in origine una donna mortale (il suo vero nome non è noto) unitasi in matrimonio col dio Fauno. Era una moglie davvero perfetta, eccellente in ogni arte domestica e tanto pudica da farsi vedere solo da suo marito. Ma un giorno trovò una brocca di vino e si ubriacò. Per castigarla, suo marito la picchiò con delle verghe di mirto tanto da ucciderla. Schiacciato dal rimorso, allora, Fauno le tributò onori divini e la chiamò Bona Dea.

Culto

Aveva un tempio sull'Aventino, da cui erano esclusi gli uomini, come lo erano anche dalla festa che ogni anno le donne celebravano con le Vestali, ai primi di dicembre, nella casa di un magistrato, console o pretore, sul quale invocavano la protezione. Clodio infranse questo divieto.