Biblioteca:Teocrito, Idilli, XXX - Amori di fanciulli II

Ahi, che male struggente e tormentoso!
Già da due mesi, come la quartana,
l'amore di un fanciullo mi possiede:
è bello quanto basta, ma la grazia
lo cinge tutto dalla testa ai piedi
ed un dolce sorriso ha sulle guance.
Ora il male mi tiene in certi giorni
ed in altri mi lascia, ma fra poco
non avrò tregua neanche per il sonno.
Ieri passando mi gettò uno sguardo
fugace tra le ciglia, vergognoso
di fissarmi di fronte ed arrossiva.
E l'amore di più mi prese il cuore
e rincasai con la ferita fresca
nel fegato e appellandomi al mio animo
a lungo con me stesso conversai.
"Ma che fai dunque, dove arriverà
la tua pazzia? Non sai che i tuoi capelli
sono bianchi alle tempie? È tempo ormai
di metter senno. Tu non devi agire,
non essendo più giovane d'aspetto,
come quelli che solo da pochi anni
hanno gustato il senso della vita.
E c'è dell'altro che ti sfugge: è meglio,
quando si è in là con gli anni, essere fuori
dai tormentosi amori di un ragazzo:
avanza la sua vita sulle zampe
di una veloce cerva e lui domani
gli ormeggi scioglierà per navigare
in altra direzione e il dolce fiore
della sua gioventù resta legato
ai suoi coetanei. L'altro è divorato
dal desiderio fino al midollo,
quando gli torna in mente e nella notte
fa molti sogni e non gli basta un anno
a metter fine al male tormentoso".
Questi ed altri rimproveri in gran numero
al mio animo feci e mi rispose:
"Colui che pensa di poter trionfare
contro Eros ingannevole, può credere
che è facile scoprire quante volte,
moltiplicato nove, sono gli astri
sopra le nostre teste. Ora bisogna,
lo voglia o no, che io tiri questo giogo
sopra il mio collo. Così vuole, caro,
un dio che riuscì a trarre in inganno
la grande testa di Zeus e della dea
che nacque a Cipro. E me, foglia caduta
prenda in soffio d'aria, levò in alto
e mi trasporta rapido col vento".