Biblioteca:Teocrito, Idilli, XXI - I pescatori

Solo la povertà risveglia le arti,
Diofanto, è una maestra di fatica
e le preoccupazioni non consentono
all'uomo che lavora di dormire.
Se qualcuno di notte per un poco
si assopisce, i pensieri che lo assillano
gli disturbano il sonno all'improvviso.
Giacevano due vecchi pescatori
insieme, stesi sotto la capanna
intrecciata di frasche, sopra un letto
di musco secco, contro una parete
coperta di fogliame. Accanto a loro
giacevano gli arnesi di lavoro:
i canestri, le canne, gli ami, l'esca
coperta d'alghe e lenze e nasse e trappole
fatte di giunchi e cordicelle e remi
ed una vecchia barca sui sostegni.
Un piccolo canestro per cuscino,
i vestiti e i berretti. Tutti qui
erano i mezzi e questa la ricchezza
dei pescatori, senza chiave o porta
e senza cane: tutte queste cose
per loro risultavano superflue,
la guardia la faceva la miseria,
e non c'era lì accanto alcun vicino,
ma proprio presso la capanna il mare
su una striscia di terra rifluiva.
Non era ancora giunto a metà corso
il carro di Selene e i pescatori,
per il loro lavoro, si svegliavano
e allontanando il sonno dalle palpebre
davano voce ai loro sentimenti.

ASFALIONE
Mentono, caro, quelli che sostengono
che le notti d'estate son più brevi
quando i giorni si allungano; già ho fatto
sogni infiniti e non è ancora l'alba.
Forse dimenticai com'è che va?
Le notti hanno del tempo da passare.

COMPAGNO
Asfalione, tu metti sotto accusa
la bella estate? Non è certo il tempo
che devia di per sé dal proprio corso,
è l'ansia che, turbandoti nel sonno,
fa diventare lunga la tua notte.

ASFALIONE
Ma sai tu forse interpretare i sogni?
Ne feci alcuni splendidi e non voglio
che tu sia privo della mia visione.

COMPAGNO
E come della pesca, fammi parte
anche dei sogni. Li interpreterò
razionalmente. Ed è il migliore interprete
colui che ha per maestra la ragione.
Del resto abbiamo tempo. Che ha da fare
chi giace accanto al mare sulle foglie,
quando non dorme? L'asino tra i rovi
e la lampada dentro il Pritanèo:
queste cose, si dice, hanno l'insonnia.
Ma tu racconta il sogno di stanotte,
così come l'hai fatto, al tuo compagno.

ASFALIONE
Di sera mi ero appena addormentato
dopo il lavoro per il mare (e invero
non ero troppo pieno; se ricordi,
avevamo cenato di buon'ora
e risparmiando il ventre) e mi vedevo
sopra una roccia in alto e lì seduto
stavo a spiare il pesce e dalla canna
lasciavo penzolare l'esca subdola.
Ed abboccò uno grosso: fa la cagna
previsioni di cibo nei suoi sogni
ed io di pesce. Quello, preso all'amo,
perdeva sangue e, mentre la reggevo,
s'incurvava la canna alle sue scosse.
Tendendo le due mani mi piegavo
cercando un modo per riuscire a prendere
il gran pesce con ferri troppo deboli.
Per fargli ricordare la ferita,
pian piano detti un colpo e dopo il colpo
mollai, ma non fuggì e tirai la lenza.
A impresa fatta trassi un pesce d'oro
con uno strato d'oro dappertutto.
Mi prese la paura che quel pesce
a Poseidone fosse caro oppure
fosse un gioiello di Anfitrite azzurra.
Lo liberai dall'amo piano piano
attento a non lasciare tra le punte
l'oro della sua bocca, poi giurai -
fidandomi ben bene dell'inganno -
di non porre mai più piede sul mare,
ma di restare a terra e, grazie all'oro,
fare vita da re. Questo pensiero
mi manteneva sveglio. Ma tu adesso,
ospite mio, sostieni il tuo parere.
Mi turba infatti questo giuramento.

COMPAGNO
Ma no, niente paura, non giurasti
e non prendesti il pesce visto in sogno:
erano entrambi immagini irreali.
Se per caso, da sveglio e non dormendo
riesci a vedere tali meraviglie,
c'è speranza nei sogni, ma il tuo pesce
ricercalo di carne, se non vuoi
morir di fame coi tuoi sogni d'oro.