Biblioteca:Senofonte, Anabasi, Libro II

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[In che modo venne raccolto per Ciro l'esercito greco al tempo in cui muoveva contro il fratello Artaserse, che cosa fece durante la marcia verso l'interno, come la battaglia ebbe luogo, come morì e in che modo i Greci ritornati al campo si riposarono, credendo di aver vinto su tutti i fronti e che Ciro fosse ancora vivo, è esposto nel racconto precedente.]
All'alba gli strateghi, riunitisi, si meravigliavano che Ciro non mandasse qualcuno a indicare il da farsi o che non venisse di persona. Decisero allora di preparare i bagagli, di armarsi e di muovere in avanti fino a ricongiungersi con Ciro.
Erano ormai sul piede di partenza, al levar del sole, quando giunse Procle, il governatore della Teutrania, discendente di Damarato il lacone, accompagnato da Glu, figlio di Tamo. Dicevano che Ciro era morto e che Arieo, fuggito, si trovava con gli altri barbari nel campo da cui erano partiti il giorno precedente. Arieo asseriva che per quel giorno li avrebbe aspettati, se la loro intenzione era di raggiungerlo, ma il giorno dopo sarebbe partito, aggiungeva, alla volta della Ionia da dove era venuto.
Appena appresero la notizia, gli strateghi e gli altri Greci caddero in un profondo sconforto. Clearco disse: Fosse ancora vivo Ciro. Ma ormai è morto, perciò riferite ad Arieo che noi abbiamo battuto il re e, come vedete, nessuno ci affronta in campo aperto; e se non fosse stato per la vostra venuta, avremmo puntato contro il re. Promettiamo ad Arieo che, se ci raggiunge, lo porteremo sul soglio regale: a chi vince la battaglia spetta il diritto di comandare.
Detto ciò, rimanda indietro i messaggeri, accompagnati da Chirisofo il lacone e Menone il tessalo, per desiderio di Menone stesso, legato com'era ad Arieo da vincoli di amicizia e ospitalità..13
Quelli andarono e Clearco restò ad aspettare. L'esercito si cibava come poteva con le bestie da soma, uccidendo buoi e asini. Quanto alla legna, bastava fare pochi passi, a partire dal campo dove si era svolta la battaglia: là c'erano molte frecce - i Greci avevano costretto i disertori del re a gettarle - nonché scudi di vimini e di legno, questi ultimi degli Egizi. C'era anche da portar via un gran numero di scudi di cuoio e carri vuoti. Servendosi di tutto ciò, bollirono la carne e mangiarono, per quel giorno.
Era ormai l'ora in cui il mercato è pieno di gente, quando arrivarono, da parte del re e di Tissaferne, alcuni araldi, tutti barbari, tranne uno, Falino, un greco che si trovava alle dipendenze di Tissaferne e godeva di grandi onori perché faceva mostra della sua competenza nella tattica e nell'uso delle armi.
Si fecero avanti e domandarono dei capi greci; quindi dissero che il re, forte della sua condizione di vincitore e dell'uccisione di Ciro, ingiungeva ai Greci di consegnare le armi e di recarsi alle sue porte, per trovare, non era escluso, clemenza.
Così si espressero gli araldi del re. I Greci li ascoltarono con irritazione; tuttavia Clearco disse qualcosa del genere: non spettava ai vincitori cedere le armi. Però, aggiunse, sta a voi, o strateghi, fornire la risposta più bella e dignitosa. Io sarò sùbito di ritorno. Lo aveva chiamato, infatti, un servo, per controllare le viscere estratte: stava compiendo un sacrificio.
Allora Cleanore l'arcade, il più anziano, rispose che sarebbe morto piuttosto che consegnare le armi. E Prosseno il tebano: O Falino, sono sorpreso e mi domando se il re ci chieda le armi in qualità di vincitore oppure come dono d'amicizia. Se pensa di essere il vincitore, che bisogno ha di chiederle? Perché non viene a prendersele? Se invece ci vuole persuadere, dica che cosa ne verrà ai soldati, se lo vorranno compiacere.
A tali parole Falino ribatté: "Il re ritiene sua la vittoria, perché ha ucciso Ciro. Chi è in grado di contendergli il regno? E considera anche voi in suo potere, perché vi tiene in pugno nel cuore del suo paese tra fiumi non guadabili e può scatenare contro di voi una tale moltitudine di uomini, che non potreste ucciderli neppure se ve ne desse licenza".
Dopo di lui intervenne Teopompo l'ateniese: "Falino, adesso, come vedi, tutto è perduto fuorché le armi e il valore. Finché abbiamo le armi, crediamo di poterci servire anche del valore; ma se le consegnamo, perderemo anche la vita. Togliti quindi dalla testa che vi consegneremo i soli beni che ci restano; anzi, con questi combatteremo anche per strapparvi i vostri".
Nell'udire tali parole, Falino sorrise e disse: "Sembri davvero un filosofo, ragazzino, e pronunci parole non prive di grazia. Ma sei un povero insensato, sappilo, se pensi che il vostro valore possa aver ragione della potenza del re".
Altri, si dice, cominciavano a vacillare e a sostenere che, come erano stati fedeli a Ciro, così potevano ora diventare preziosi alleati del re, se chiedeva amicizia. Voleva servirsi di loro per qualche scopo o per una spedizione contro l'Egitto ? Bene, potevano cooperare alla conquista.
In quel mentre, ritornò Clearco e domandò se avevano dato già la risposta. Falino di contro: "Clearco, sostengono chi una cosa, chi un'altra. Dicci piuttosto che cosa ne pensi tu".
L'altro rispose: "Mi fa piacere averti visto, Falino, come fa pure piacere, credo, anche a tutti gli altri. Sei greco, come tutti noi che tu qui vedi. In un frangente simile chiediamo a te che fare, riguardo alla proposta di cui sei latore.
Al cospetto degli dèi, dacci il suggerimento che ritieni più bello e dignitoso e che ti recherà onore nel tempo a venire, ogni qual volta sarà menzionato: Falino un giorno, inviato dal re per intimare ai Greci la consegna delle armi, richiesto di un parere, consigliò così. Lo sai, in Grecia si parlerà del tuo suggerimento, è inevitabile".
Clearco induceva sottilmente questi motivi, perché voleva che proprio l'uomo inviato come emissario dal re li consigliasse di non consegnare le armi, perché i Greci avessero buone speranze.
E invece Falino, elusivo, disse contro le sue aspettative: "Se tra migliaia di speranze ne aveste una sola di salvarvi muovendo guerra al re, vi suggerirei di non cedere le armi; ma se non c'è nessuna speranza di salvezza contro l'ostilità del re, allora il mio consiglio è di salvarvi nell'unico modo che vi rimane".
Clearco ribatté: "La pensi così, allora! Va' piuttosto a riferire al re la nostra ferma convinzione: se dobbiamo essere amici, saremo molto più degni del suo rispetto se terremo le nostre armi e non se le consegneremo ad altri; se poi sarà il caso di combattere, è meglio lottare con le armi piuttosto che averle cedute".
Falino ancora: "Riporterò le tue parole. Ma il re mi ha incaricato di comunicarvi che, finché rimanete qui, vi sarà garantita tregua; ma se vi muovete, per avanzare o ritirarvi, sarà guerra. Fateci sapere, al riguardo, se rimarrete e ci sarà tregua oppure se dovrò riferire guerra da parte vostra".
Clearco disse: "Comunica allora, su questo punto, che anche noi ci atteniamo alla proposta del re". "Che cosa significa?", ribatté Falino. Clearco: "Se rimaniamo, tregua; se ci ritiriamo o avanziamo, guerra".
E l'altro incalzò: "Annuncerò tregua o guerra?". Clearco ripeté le stesse parole: "Tregua, se rimaniamo; ma se ci ritiriamo o avanziamo, guerra". Ma non rivelò che cosa intendesse fare.

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1 Falino se ne andò con il suo séguito. Dal campo di Arieo erano rientrati Procle e Chirisofo. Menone era rimasto da Arieo. I due riferirono le parole di Arieo, secondo cui c'erano molti Persiani, più nobili di lui, che non avrebbero tollerato l'idea di un suo avvento al trono. "Se intendete partire insieme a lui, invita a raggiungerlo durante la notte; in caso contrario domani all'alba dice che se ne andrà".
2 Clearco rispose: "Va bene, se andremo si farà come dite; altrimenti regolatevi pure come meglio credete". Che cosa volesse fare, però, neppure a loro lo disse.
3 Dopo di che, ormai al calar del sole, convocò gli strateghi e i locaghi e si espresse nei termini seguenti: "Mentre celebravo il sacrificio, o uomini, sull'ipotesi di marciare contro il re gli auspici non erano favorevoli. Ed era naturale che non lo fossero: ho saputo or ora che tra noi e il re scorre il Tigri, un fiume navigabile, ma non lo potremmo varcare senza imbarcazioni. E imbarcazioni non ne abbiamo. Né è possibile rimanere qui, perché non c'è modo di rifornirci di viveri. Gli auspici erano invece del tutto propizi in merito all'ipotesi di riunirci con gli amici di Ciro.
4.14 Bisogna dunque agire così: ritiriamoci e ceniamo, ciascuno con quel che ha; poi, quando il corno darà il segnale del riposo, preparate i bagagli; al secondo squillo, caricateli sulle bestie da soma; al terzo, accodatevi all'avanguardia, tenendo le bestie sul lato del fiume e gli opliti all'esterno".
5 Allora gli strateghi e i locaghi si allontanarono e seguirono le indicazioni. E nei giorni successivi le cose non sarebbero cambiate: lui comandava e gli altri obbedivano. Non lo avevano eletto, ma in lui solo vedevano la tempra del vero capo, mentre gli altri erano privi di esperienza.
6 [La lunghezza della strada percorsa in totale da Efeso nella Ionia fino al campo di battaglia è novantatré tappe, cinquecentotrentacinque parasanghe, ossia sedicimilacinquanta stadi. Il campo di battaglia distava da Babilonia, dicevano, trecentosessanta stadi.]
7 Quando ormai erano scese le tenebre, Miltocite il trace, con i cavalieri al suo séguito - una quarantina - e con più o meno trecento fanti traci, da qui defezionò passando al re.
8 Clearco guidava gli altri secondo le direttive impartite, il resto dell'esercito lo seguiva. Giungono alla prima tappa, da Arieo e dalle sue truppe, verso mezzanotte. I soldati deposero le armi ma rimasero nei ranghi, mentre gli strateghi e i locaghi greci si riunirono con Arieo. I Greci e Arieo con i più influenti personaggi che erano con lui giurarono reciprocamente di non tradirsi e di rimanere alleati. I barbari promisero inoltre di guidarli senza inganni.
9 Così giurarono, dopo aver sgozzato un toro, un cinghiale e un montone su di uno scudo: i Greci vi immersero una spada, i barbari una lancia.
10 Una volta scambiati i pegni di fedeltà, Clearco disse: "Su, Arieo, ora che ci attende un'impresa comune, esponi il tuo parere sulla direzione da tenere: seguiremo la via percorsa all'andata oppure hai in mente una strada migliore?".
11 E lui rispose: "Se ci incamminiamo per la via già seguita, non c'è scampo, moriremo di fame. Già ora non abbiamo più viveri. Nelle ultime diciassette tappe, per venire fin qui, non abbiamo trovato nulla da prendere, e quel poco che c'era l'abbiamo consumato durante il nostro passaggio. La nostra idea adesso è di intraprendere un altro cammino, più lungo, sì, ma i viveri non ci mancheranno.
12 Le prime tappe devono essere le più lunghe possibili, per distanziare al massimo l'esercito regio. Una volta guadagnati due o tre giorni di vantaggio, il re non riuscirà più a raggiungerci. Con un esercito piccolo non oserà incalzarci, con un esercito numeroso non avrà modo di affrettare il passo. E forse ha anche penuria di viveri. Ecco", disse, "il mio parere".
13 Un piano del genere non prevedeva altro che la ritirata o la fuga. La sorte però ne concepì uno più dignitoso.
Sul fare del giorno si misero in marcia, tenendo il sole alla propria destra: al tramonto, calcolavano, sarebbero giunti ad alcuni villaggi della regione di Babilonia. E infatti non si sbagliarono.
14 Quando ancora si era nel primo pomeriggio, credettero di avvistare dei cavalieri nemici. I Greci che non erano nei ranghi correvano a riprendere il loro posto; Arieo - viaggiava su carro, perché era stato ferito - scese e indossò la corazza, come pure i suoi.
15 Mentre si stavano armando, le vedette mandate in avanscoperta rientrarono e dissero che non si trattava di cavalli, ma di bestie al pascolo. Sùbito tutti capirono che da qualche parte, nelle vicinanze, si era attendato il re. Tanto più che nei villaggi, non lontano, si vedeva del fumo.
16 Clearco non mosse contro i nemici: sapeva che i soldati erano stanchi, affamati. E ormai era anche tardi.
Comunque non cambiò direzione, badando bene a non dar l'impressione di una fuga, anzi procedette in linea retta fino al calar del sole. Si accampò così con l'avanguardia nei primi villaggi: da qui l'esercito regio aveva strappato perfino le parti in legno delle abitazioni.
17 L'avanguardia comunque si accampò alla bell'e meglio; quanto agli uomini della retroguardia invece, giunti ormai con le tenebre, ciascuno prese posto come capitava. Per chiamarsi a vicenda lanciavano grida così alte, che giunsero perfino alle orecchie dei nemici: quelli di loro che si trovavano nei pressi, addirittura fuggirono dalle tende.
18 Lo si poté vedere con chiarezza il giorno seguente: non si scorgevano più, nelle vicinanze, né animali da soma né accampamento né fumo da nessun lato. A quanto pare, anche il re rimase colpito dall'arrivo dell'esercito. Ne diede prova il suo comportamento nel giorno successivo.
19 Nel corso della notte, in realtà, anche i Greci furono presi da paura e si verificò trambusto e scompiglio, come è naturale che capiti quando s'insinua il pànico.
20 Clearco, che aveva con sé il miglior araldo del tempo, Tolmide di Elide, gli diede ordine di imporre il silenzio e di notificare il proclama dei comandanti: chi denunzierà
l'uomo che si è lasciato scappare l'asino nell'accampamento, riceverà una ricompensa di un talento.
21 Una volta divulgato il proclama, i soldati compresero che vano era il timore e che i comandanti erano al sicuro. All'alba Clearco trasmette l'ordine ai Greci di prendere posto nello schieramento, secondo la disposizione già assunta in battaglia.

3
1 Che il re, come ho scritto, fosse rimasto colpito dall'arrivo, è chiaro anche da quanto segue: mentre il giorno prima aveva inviato emissari per esigere la consegna delle armi, adesso, al sorgere del sole, mandò a trattare la tregua.
2 Gli inviati, non appena giunsero agli avamposti, chiesero dei capi. Quando le sentinelle ne diedero notizia, Clearco stava passando in rassegna le truppe schierate, per cui disse alle sentinelle di invitare gli araldi ad attendere che avesse tempo.
3 Quando ebbe disposto l'esercito in modo che su ogni lato la linea risultasse ben serrata, senza che nessuno degli opliti uscisse dai ranghi, convocò i messaggeri e lui stesso mosse in avanti, scortato dai soldati meglio armati e di più bell'aspetto tra i suoi, facendo cenno agli altri comandanti di imitarlo.
4 Vicino che fu ai messi, domandò che cosa volessero. Erano venuti, dissero, per una tregua, con la mansione di riferire le richieste del re ai Greci e quelle dei Greci al re.
5 E lui rispose: "Riferitegli allora che prima dobbiamo combattere: noi non abbiamo, infatti, di che pranzare. E chi oserebbe parlare di tregua ai Greci senza procurar loro il pranzo?".
6 Alle sue parole i messi si allontanarono e.15 ritornarono poco dopo, per cui si capì che lì nei dintorni c'era il re o chi per lui avesse ricevuto il compito di trattare. Gli emissari dissero che le loro richieste erano sembrate ragionevoli al re e che erano ritornati con delle guide che, in caso di tregua, li avrebbero condotti dove potevano trovare i viveri.
7 Clearco chiese se la tregua valesse solo per chi teneva i contatti nella trattativa oppure anche per gli altri. Gli emissari: "Per tutti quanti, finché non vengono comunicate al re le vostre condizioni".
8 Alla fine del discorso Clearco li fece allontanare e tenne consiglio: l'opinione generale era di concludere sùbito la tregua, per andare a rifornirsi di viveri in tutta tranquillità.
9 Clearco disse: "Sono anch'io dello stesso avviso. Ma non voglio comunicare sùbito la risposta, anzi tirerò per le lunghe, fin tanto che i messaggeri non temeranno un nostro rifiuto. Ho il sospetto però, disse, che getteremo la stessa paura nell'animo dei nostri soldati". Quando gli sembrò venuto il momento, annunciò che accettavano la tregua e immediatamente chiese che lo portassero ai viveri.
10 Allora i messi lo guidarono e Clearco, una volta conclusa la tregua, si mosse con l'esercito in formazione, tenendosi nella retroguardia. Si imbatterono in fossi e canali pieni d'acqua, tanto che non si potevano varcare senza ponti. Prepararono il guado con i tronchi di palme che trovarono: alcuni già a terra, altri li abbatterono.
11 Nella circostanza Clearco diede un saggio delle sue doti di comando: teneva nella sinistra la lancia, nella destra un bastone. Se qualcuno degli uomini comandati ai lavori gli dava l'impressione di fiacchezza, prendeva da parte il responsabile e lo percuoteva; al contempo dava una mano in prima persona, coi piedi nel fango, per cui ognuno provava un senso di vergogna a non collaborare.
12 Erano stati adibiti ai lavori i trentenni. Quando videro l'impegno di Clearco, si prestarono anche i più anziani.
13 Ancor più si dava da fare Clearco, perché immaginava che i fossi non dovessero essere sempre così pieni d'acqua: non era, infatti, la stagione adatta per l'irrigazione dei campi. Al contrario, sospettava che il re avesse allagato la pianura, allo scopo di instillare nei Greci la convinzione che la via fosse irta di difficoltà.
14 Percorso un certo tratto, giunsero ai villagi in cui, secondo le indicazioni delle guide, dovevano trovare i rifornimenti. C'era cibo in abbondanza, vino di palma e aceto bollito, sempre ricavato dalla stessa fonte.
15 Ai servi sono destinati i frutti delle palme come quelli che si possono vedere in Grecia, mentre ai padroni sono riservati i frutti scelti, straordinari per bellezza e grossezza: il loro aspetto è del tutto simile all'ambra. Alcuni, lasciati seccare, vengono riposti come leccornie. La bevanda che da essi si ricava è gradevole, ma procura mal di testa.
16 In quell'occasione i soldati mangiarono, per la prima volta, anche il midollo della palma; la maggioranza rimase favorevolmente sorpresa dall'aspetto e dal particolare sapore. Ma anch'esso provocava forti cefalee. Tra l'altro, l'albero di palma da cui veniva estratto il midollo seccava completamente.
17 Qui rimasero tre giorni. Dal campo del gran re era giunto Tissaferne insieme al fratello della moglie del re e ad altri tre Persiani, con uno stuolo di servi. Quando gli strateghi greci mossero loro incontro, Tissaferne prese per primo la parola e con l'aiuto di un interprete disse:
18 "Greci, io abito in un paese vicino alla Grecia e, poiché vi ho visti dibattere in difficoltà gravi e senza via di uscita, ho escogitato un rimedio, per ottenere dal re la facoltà, se mai mi riuscisse, di riportarvi sani e salvi in Grecia. Penso che non mi mancheranno né la vostra gratitudine né quella della Grecia.
19 Con tale proposito mi sono rivolto al re, sostenendo che aveva validi motivi per concedermi quella grazia: sono stato io il primo ad annunciargli la spedizione di Ciro contro di lui, e insieme alla notizia gli ho portato il mio aiuto; sono stato il solo, tra tutti gli uomini schierati di fronte alle truppe greche, a non fuggire, anzi ho sfondato le vostre linee e mi sono riunito a lui nel vostro accampamento, dove il re era giunto dopo aver ucciso Ciro e incalzato i barbari di Ciro, insieme a questi uomini ora qui ai miei ordini, fedelissimi al re.
20 Mi promise che avrebbe riflettuto, ma intanto mi ha ordinato di venire qui e di domandarvi perché avete intrapreso una spedizione contro di lui. Vi consiglio di rispondere con tono misurato, per facilitare il mio compito, se mai mi riuscisse di ottenere per voi qualche beneficio da parte sua".
21 Dopo di che, i Greci si allontanarono e tennero consiglio; poi risposero, tramite Clearco: "Non siamo venuti qui per portare guerra al re né ci dirigevamo contro di lui; Ciro ha trovato un'infinità di pretesti, come anche tu ben sai, per cogliere impreparati voi e condurre qui noi.
22 A dire il vero, quando l'abbiamo visto in grave difficoltà, abbiamo provato un senso di vergogna di fronte agli dèi e agli uomini: non potevamo tradirlo, noi che in precedenza avevamo goduto dei suoi favori.
23 Ora che Ciro è morto, non avanziamo pretese nei confronti del re né c'è ragione per cui vogliamo devastare il suo territorio, e men che mai abbiamo intenzione di ucciderlo; al contrario, ci metteremmo volentieri sulla strada di casa, se nessuno ce lo impedisse. Ma se qualcuno ci attacca, cercheremo con l'aiuto degli dèi di difenderci. Se poi qualcuno ci accorderà la sua benevolenza, allora, per quanto sta nelle nostre forze, non saremo da meno nel ricambiarlo".
24 Così parlò; dopo averlo ascoltato, Tissaferne disse: "Riferirò al re le tue parole e di nuovo a voi la sua risposta. Fino al mio ritorno, continui la tregua. Intanto vi consentiremo l'accesso al mercato".
25 Il giorno successivo non si presentò, per cui i Greci rimasero in ansia. Ma due giorni dopo giunse e disse che aveva ottenuto dal re licenza di salvare i Greci, anche se davvero molti avevano obiettato che non era degno di un re lasciar andare impunito chi aveva marciato contro di lui.
26 Infine soggiunse: "Adesso potete ricevere da parte nostra l'impegno che certamente passerete in una regione amica e che vi si condurrà senza inganni verso la Grecia, consentendovi l'accesso al mercato. Dove non abbiate modo di comprare i viveri vi permetteremo di prenderli dal territorio. 27 Voi però dovete giurarci che passerete come attraverso un paese amico senza arrecar danni, prendendo cibo e bevande solo quando non vi potrete rifornire al mercato; in caso contrario, avrete i viveri solo a pagamento".
28 La proposta fu approvata: Tissaferne e il fratello della moglie del re giurarono, porsero la destra agli strateghi e ai locaghi greci e ricevettero la loro. 29 Dopo di che, Tissaferne esclamò: "Ora ritorno dal re; quando avrò sbrigato i miei impegni, sarò di nuovo qui, pronto a ricondurvi in Grecia e a rientrare nel mio dominio"..16

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1 Quindi i Greci e Arieo attesero Tissaferne per più di venti giorni, accampati gli uni vicini all'altro. Nel frattempo si recano da Arieo i fratelli e altri parenti, mentre i componenti del suo séguito ricevono la visita di alcuni Persiani. Portavano rassicurazioni e, a taluni, garanzie formali da parte del re che non avrebbe serbato loro rancore per la spedizione al fianco di Ciro né per alcun altro episodio del passato.
2 Nel corso di tali contatti gli uomini di Arieo ebbero visibilmente meno riguardi per i Greci, altro motivo per cui non andavano a genio alla maggior parte dei Greci; anzi, a più riprese avvicinarono Clearco e gli altri strateghi, dicendo:
3 "Che aspettiamo? Non abbiamo forse la certezza che il sovrano vuole ucciderci a ogni costo, come monito per gli altri Greci a non compiere spedizioni contro il gran re? Anche adesso ci suggerisce di aspettare qui, perché il suo esercito è frazionato, ma lasciate solo che lo riunisca di nuovo e ci attaccherà, non c'è scampo.
4 Forse scava fossati o erige mura, chi sa dove, per sbarrarci il cammino. Non certo con il suo benestare ci permetterà di rientrare in Grecia a proclamare che noi, un pugno di uomini, abbiamo vinto il re a un passo da casa sua e ce ne siamo andati dopo averlo beffato".
5 A chi parlava così, Clearco rispose: "Io pure ho nell'animo tutti questi pensieri, ma considero un fatto: se ora ci allontaniamo, sembrerà un atto di guerra e una violazione della tregua. Poi, punto primo, nessuno più ci permetterà l'accesso al mercato, non sapremo dove trovare i viveri e inoltre non avremo una guida. E al tempo stesso, se agiremo così, Arieo si staccherà sùbito da noi: non ci rimarrà nessun alleato, anzi, anche chi prima era dalla nostra, ci diventerà nemico.
6 E se ci tocca ancora attraversare qualche altro fiume, non lo so, ma di sicuro ci attende l'Eufrate, che, lo sappiamo, non si può varcare, se un nemico sbarra il passo. In caso di battaglia poi non abbiamo cavalleria alleata, mentre i cavalieri nemici sono numerosi e nessuno è pari a loro in valore. Perciò, se vinciamo, chi uccideremo? Con una sconfitta invece nessuno avrà modo di salvarsi.
7 D'altra parte, se il re, che ha tanti alleati, davvero volesse sterminarci, non capisco perché mai avrebbe dovuto far promessa solenne e darci la sua destra, per poi spergiurare di fronte agli dèi e screditare i suoi pegni di fede agli occhi dei Greci e dei barbari". E più volte andava ripetendo molti discorsi dello stesso tenore.
8 A questo punto giunse Tissaferne con il suo séguito, come se si accingesse a tornare in patria; Oronta aveva con sé i suoi. Lo accompagnava anche la figlia del re, che aveva in moglie.
9 Da qui si misero in marcia: Tissaferne era alla testa e provvedeva al mercato. Anche Arieo, con il contingente barbarico al séguito di Ciro, si era mosso insieme a Tissaferne e Oronta e con loro si accampava.
10 I Greci, che nutrivano sospetti nei loro confronti, procedevano seguendo le proprie guide. E ogni volta mettevano il campo alla distanza di una parasanga o più gli uni dagli altri. Si sorvegliavano a vicenda, come se fossero nemici, per cui ben presto si instaurò un clima di sospetto.
11 In alcuni casi erano capitati nello stesso luogo in cerca di legna o foraggio o altre cose del genere e avevano alzato le mani: anche questo creava ostilità.
12 Percorse tre tappe, raggiunsero il cosiddetto muro della Media e lo passarono. Si trattava di una costruzione in mattoni cotti, poggiati su bitume, larghezza venti piedi, altezza cento. La lunghezza, si diceva, era di venti parasanghe. Non distava molto da Babilonia.
13 Da qui, in due tappe, avanzarono di otto parasanghe. Varcarono due canali, l'uno su ponti, l'altro legando insieme sette barche. Si trattava di canali derivati dal Tigri, dai quali poi erano stati scavati fossati per irrigare il terreno, prima ampi, poi sempre più stretti fino a diventare rigagnoli, come quelli che in Grecia attraversano i campi di miglio.Quindi giungono al Tigri, nei pressi di una città grande e popolosa di nome Sittace, distante dal fiume quindici stadi.
14 I Greci si attendarono nelle vicinanze, accanto a un grande e bel parco e a un bosco con piante d'ogni sorta. I barbari invece varcarono il Tigri: non erano più neppure in vista.
15 Dopo cena Prosseno e Senofonte stavano passeggiando dinnanzi all'accampamento, quand'ecco che si avvicinò un uomo e chiese alle sentinelle dove potesse trovare Prosseno o Clearco. Non cercava Menone, sebbene venisse da parte di Arieo, che a Menone era legato da vincoli di ospitalità.
16 Prosseno esclamò: "Sono io quello che cerchi". Allora l'uomo parlò in questi termini: "Mi hanno mandato Arieo e Artaozo, gente fedele a Ciro e che sta dalla vostra parte. Vi invitano a guardarvi da un attacco notturno dei barbari: un grande esercito è appostato nel parco vicino.
17 Vi esortano anche a mandare un corpo di guardia al ponte del Tigri, perché Tissaferne ha in mente di distruggerlo durante la notte, se gli riesce; così non potrete passare sull'altra sponda, ma rimarrete in trappola, tra fiume e canale".
18 Appena udite le sue parole, lo portano da Clearco e gli illustrano ciò che dice. Clearco, appena sente la notizia, rimane sconvolto e impaurito.
19 Ma un giovane, uno dei presenti, dopo aver riflettuto, disse che le idee di un attacco e di una distruzione del ponte erano incongruenti. "Un attacco ovviamente", diceva, "deve portare a una vittoria o a una sconfitta. Perciò, se vincono, che bisogno hanno di distruggere il ponte? Neppure se avessimo a disposizione migliaia di ponti, potremmo trovare salvezza nella fuga.
20 Se invece vinciamo noi, saranno loro a non avere una via di scampo, una volta tagliato il ponte. E per quanti rinforzi dovessero avere al di là del fiume, nessuno potrà accorrere, una volta abbattuto il ponte".
21 Ascoltata l'osservazione, Clearco domandò al messo quale fosse l'estensione del territorio racchiuso tra il Tigri e il canale. "Grande", rispose, "con villaggi e città numerose e importanti".
22 Allora si capì che l'avevano mandato i barbari, nel timore che i Greci tagliassero il ponte e si stabilissero nell'isola di territorio, difesi su un lato dal Tigri, sull'altro dal canale; quanto ai viveri, avrebbero potuto rifornirsi nella zona centrale, che era vasta e fertile e per di più abitata da gente laboriosa. Tra l'altro, poteva diventare un rifugio per chi avesse voluto ribellarsi al re.
23 Dopo di che, andarono a riposare; al ponte inviarono lo stesso un corpo di guardia, ma non si registrò nessun assalto da nessun fronte, nessuno dei nemici si avvicinò al ponte, almeno secondo il rapporto delle sentinelle.
24.17 Quando venne l'alba, passarono il ponte formato da trentasette barche, con la massima cautela: alcuni emissari di Tissaferne avevano detto, infatti, che al momento del passaggio i Greci avrebbero subito un attacco. Ma anche questa informazione si rivelò falsa. Durante la traversata, a dire il vero, avvistarono Glu che, insieme con alcuni altri, controllava se varcassero il fiume; ma non appena ebbe presa visione, si allontanò a spron battuto.
25 Dal Tigri, in quattro tappe, avanzarono di venti parasanghe fino al fiume Fisco, larghezza un pletro: c'era un ponte. Qui sorgeva una città grande, Opi. Qui vicino, si imbatté nei Greci il fratellastro di Ciro e Artaserse, che proveniva da Susa ed Ecbatana, con un nutrito contingente in appoggio al re. Fermò il proprio esercito e rimase a osservare il passaggio dei Greci.
26 Clearco guidava le truppe disposte su due file, procedeva a tratti e a tratti si fermava. E quanto tempo l'avanguardia rimaneva ferma, altrettanto doveva necessariamente sostare il grosso dell'esercito. Perciò, la colonna doveva sembrare enorme anche ai Greci, oltre che colpire il Persiano che assisteva.
27 Da qui, attraverso la Media, proseguirono nel deserto per trenta parasanghe, in sei tappe, fino ai villaggi di Parisatide, la madre di Ciro e del re. Come gesto di irrisione verso Ciro, Tissaferne consentì ai Greci il saccheggio, ma non di rendere schiavi gli abitanti. C'era cibo in quantità e bestiame e altri beni.
28 Da qui, in quattro tappe, proseguirono nel deserto, per venti parasanghe, tenendo il Tigri sulla sinistra. Nel tratto della prima tappa, sulla sponda opposta sorgeva una città grande e ricca, di nome Cene: da qui i barbari, mediante zattere formate con otri di cuoio, portarono pane, formaggio, vino.

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1 Dopo di che, giungono al fiume Zapata, largo quattro pletri. Si trattengono tre giorni, durante i quali rimangono in sospetto, senza che però si verificasse nessun atto di ostilità evidente.
2 Clearco decise di incontrarsi con Tissaferne e di porre fine, se possibile, alla diffidenza prima che sfociasse in guerra. Mandò un messo a chiedere un incontro.
3 Tissaferne lo invita prontamente a recarsi da lui. Durante l'incontro, Clearco parla così: "Io, o Tissaferne, so che abbiamo giurato e stretto le nostre destre, a garanzia di non danneggiarci a vicenda. Ma vedo che tu te ne stai in guardia, come se fossimo nemici, per cui anche noi, a nostra volta, stiamo all'erta.
4 Bene, è un po' che ti tengo d'occhio, ma non riesco a trovare prove che tu cerchi di nuocerci; da parte mia ti posso assicurare che noi non abbiamo in mente nulla di tutto ciò. Allora mi è sembrato il caso di avere un confronto con te, per spazzar via, se possibile, la diffidenza reciproca.
5 So che in altre circostanze alcune persone, vuoi per calunnia, vuoi per sospetto, l'una in preda al timore dell'altra, sono arrivate a compiere l'irrimediabile, solo per non essere anticipate nello sferrare il colpo, eppure gli altri non avevano affatto cattive intenzioni.
6 Incomprensioni del genere, credo, si possono cancellare senz'altro con il confronto diretto; perciò eccomi qui, pronto a dimostrarti che non hai motivo di diffidare di noi.
7 Punto primo, ed è il più importante, i giuramenti divini ci impediscono di essere nemici. Chi è cosciente di violarli, non credo che potrà mai aver felicità. Non so fuggendo dove e con quanta rapidità qualcuno potrebbe evitare la guerra degli dèi, né in quale tenebra potrebbe nascondersi, né in quale luogo fortificato potrebbe ritirarsi. Dovunque tutto è soggetto al divino e su tutto allo stesso modo gli dèi governano.
8 Ecco come la penso sui giuramenti e sugli dèi, depositari del nostro patto di alleanza. Quanto alla sfera umana, al momento ti considero il nostro bene più prezioso.
9 Con te ogni via diventa transitabile, possiamo varcare ogni fiume, i viveri non ci mancano. Senza di te ogni strada è avvolta da tenebra - non la conosciamo - ogni fiume un ostacolo insormontabile, la gente una fonte di paura, ma un vero terrore sarebbe il deserto: è irto d'ogni genere di ostacoli.
10 Supponiamo che, in un accesso di follia, ti uccidessimo: che cosa avremmo ottenuto, eliminato il nostro benefattore, se non chiamare in campo quel possente atleta di riserva, il re? Ma sai di quante e di quali speranze mi priverei, se volessi il tuo male? Te lo voglio dire.
11 Io ho cercato l'amicizia di Ciro, perché allora lo consideravo capace di far del bene a chi volesse, più di chiunque altro. Ma tu, vedo, ora hai nelle tue mani la potenza di Ciro e le sue terre, inoltre hai conservato il tuo dominio e in più hai alleata la potenza del re, alla quale Ciro era ostile.
12 Stando così le cose, chi potrebbe essere tanto pazzo da non voler dare a te la sua amicizia? E non solo: ti dirò i motivi per cui, spero, anche tu vorrai darci la tua.
13 So che i Misi vi danno dei fastidi: penso che, con l'esercito di cui ora dispongo, potrei metterli ai vostri piedi. So anche dei Pisidi. E sento parlare pure di molti altri popoli: potrei farli smettere di arrecare sempre molestia alla vostra prosperità. E gli Egizi? So che sono soprattutto loro a suscitare le vostre ire. Non vedo su quale forza alleata potreste contare per punirli, se non sui soldati ai miei ordini.
14 E poi, i popoli confinanti, se tu offrissi loro il tuo appoggio, dove potrebbero trovare un alleato più forte? Al contrario, se qualcuno ti molestasse, potresti farla da padrone contando sul nostro aiuto. E noi non rimarremmo alle tue dipendenze solo per la paga, ma per un senso di gratitudine, che giustamente avremmo, per essere stati salvati da te.
15 Quando penso a tutto ciò, mi sembra così strano che tu non ti fidi di noi, tanto che vorrei proprio sapere chi sa trovare parole così dannatamente persuasive, da convincerti che tramiamo ai tuoi danni". Clearco parlò così. Tissaferne replicò:
16 "Mi compiaccio, Clearco, di sentire le tue parole sensate. Lo riconosco anch'io: preparare insidie contro di me vorrebbe dire ritorcerle contro te stesso. Ma, sappilo, neppure voi avete motivo di dubitare del re o di me. Ascolta tu, ora.
17 Se decidessimo di uccidervi, credi che ci farebbe difetto il numero di cavalieri, fanti o opliti? Non potremmo forse colpirvi senza correre alcun rischio?
18 Posti adatti per tendervi imboscate pensi che ce ne mancherebbero? Non vedete pianure così grandi che voi le attraversate con molta fatica, anche non incontrando ostilità? I monti che dovete valicare, li avete dinnanzi agli occhi: non potremmo occuparli prima di voi e sbarrarvi l'accesso? E i fiumi così numerosi? Sulle loro rive non potremmo decidere con quanti di voi vogliamo combattere? E ce ne sono alcuni che non.18 riuscireste mai a varcare se noi non vi lasciassimo via libera.
19 E ammettiamo pure di aver la peggio in tutti questi casi, ci rimane pur sempre il fuoco, che è più forte dei frutti della terra: noi potremmo spargere incendi e mettere in campo al nostro fianco la fame, e voi non potreste combatterla, neppure con tutto il vostro valore.
20 Ma come? Abbiamo tutti questi mezzi per farvi guerra, nessuno dei quali ci comporta rischi, e tra tutte le varie possibilità dovremmo proprio scegliere l'unica empia di fronte agli dèi, l'unica turpe agli occhi degli uomini?
21 Chi è senza via di uscita, senza mezzi e nella morsa della necessità, e per di più è d'animo ignobile, decide di agire così, commettendo spergiuro nei confronti degli dèi e tradendo la fiducia degli uomini. No, Clearco, non siamo così irragionevoli o stupidi.
22 Perché, se potevamo uccidervi, non l'abbiamo fatto? Il mio desiderio, sappilo bene, è di essere leale verso i Greci. Con questi uomini Ciro ha marciato verso l'interno fidando nel soldo della paga, con gli stessi uomini io marcerò verso la costa forte della vostra riconoscenza.
23 Le occasioni in cui potete dimostrarmi la vostra utilità, in parte le hai menzionate tu stesso, ma la principale la conosco io: la tiara può tenerla dritta in testa solo il re, ma forse con il vostro appoggio potrebbe facilmente portarla anche un altro, che ora la tiene sul cuore".
24 Le sue parole parvero sincere a Clearco. Rispose: "Allora, se così salde sono le ragioni della nostra amicizia, chi cerca di spargere calunnie per renderci nemici non merita forse la fine più atroce?".
25 "Io, per parte mia almeno", disse Tissaferne, "se voi, strateghi e locaghi, volete venir qui, dirò apertamente i nomi di chi mi va sussurrando che tramate contro di me e il mio esercito".
26 "E io", ribatté Clearco, "te li porterò tutti e ti svelerò da chi vengono le voci sul tuo conto".
27 Dopo tali discorsi Tissaferne mostrò nella circostanza la sua cortesia, lo invitò a rimanere e lo ebbe come commensale. Il giorno successivo Clearco, al suo ritorno al campo, si mostrò convinto dell'amichevole disposizione di Tissaferne e riferì le sue parole. Le persone invitate da Tissaferne - sosteneva - dovevano recarsi da quest'ultimo e, una volta appurato chi tra i Greci avesse sparso calunnie, doveva essere punito come traditore e nemico della patria.
28 Sospettava che le voci le avesse messe in giro Menone, perché sapeva che insieme ad Arieo si era incontrato con Tissaferne, tramava una sedizione e contro di lui, Clearco, macchinava allo scopo di trascinare l'esercito dalla sua parte e di diventare alleato di Tissaferne.
29 Certo che Clearco voleva per sé tutte le simpatie dell'esercito, eliminando gli oppositori. Ci furono dei soldati che contraddissero il suo parere: non bisognava inviare tutti i locaghi e gli strateghi né fidarsi di Tissaferne.
30 Ma Clearco tenne duro, finché non riuscì a ottenere che partissero cinque strateghi e venti locaghi. Li seguivano, con la scusa di recarsi al mercato, anche altri soldati, circa duecento.
31 Quando erano alle porte di Tissaferne, vennero chiamati all'interno gli strateghi: Prosseno il beota, Menone il tessalo, Agia l'arcade, Clearco il lacone, Socrate l'acheo. I locaghi rimasero ad aspettare alle porte.
32 Non passò molto che, a un segnale unico, chi era all'interno venne preso, chi all'esterno massacrato. Poi alcuni cavalieri barbari si lanciarono in scorrerie per la pianura, ammazzando tutti i Greci che trovavano sulla loro strada, schiavi o liberi che fossero.
33 I Greci che dall'accampamento assistevano all'incursione rimasero sbigottiti, senza capire che cosa stesse accadendo, finché non arrivò Nicarco l'arcade che, fuggito, era ferito al ventre e teneva le viscere tra le mani. Fu lui a raccontare ogni cosa.
34 Allora i Greci corsero alle armi, tutti, sconvolti e convinti che da lì a poco i nemici sarebbero piombati sull'accampamento.
35 Non vennero tutti, ma solo Arieo, Artaozo e Mitradate, fedelissimi di Ciro. L'interprete greco sostenne di aver visto e riconosciuto insieme a loro anche il fratello di Tissaferne. Li seguivano anche altri Persiani, più o meno trecento, coperti di corazze.
36 Non appena furono vicini, chiesero che si facesse avanti qualcuno dei Greci, uno stratego o un locago, per comunicare le disposizioni del re.
37 Allora tra i Greci uscirono dal campo, guardinghi, gli strateghi Cleanore di Orcomeno e Sofeneto di Stinfalo, seguiti da Senofonte l'ateniese, che voleva notizie di Prosseno. Chirisofo si trovava lontano, in un villaggio, insieme ad altri in cerca di rifornimenti.
38 Quando furono a una distanza tale da poter udire, Arieo disse: "Clearco, o Greci, si è dimostrato uno spergiuro, ha violato la tregua, perciò ha pagato ed è morto. Prosseno e Menone, per aver svelato le sue trame, godono di grandi onori. A voi il re chiede le armi. Dice che sono sue, perché erano di Ciro, suo suddito".
39 Risposero i Greci, portavoce Cleanore di Orcomeno: "Tu Arieo, l'essere più spregevole sulla faccia della terra, e voi altri che eravate amici di Ciro, non provate vergogna né di fronte agli dèi né agli uomini? Avete giurato di dividere con noi amici e nemici e ora ci avete tradito passando a Tissaferne, che non ha rivali nell'empietà e nell'intrigo. Avete ammazzato proprio gli uomini a cui avevate giurato lealtà, tradendoci tutti, e ora, con il nemico, venite contro di noi".
40 Arieo replicò: "Clearco, ne abbiamo le prove, tramava contro Tissaferne e Oronta e contro tutti noi che siamo con loro".
41 A tali parole intervenne Senofonte: "Se Clearco davvero ha violato la tregua contro gli accordi, ha avuto ciò che meritava: è giusto, infatti, che muoiano gli spergiuri. Ma se Prosseno e Menone, nostri strateghi, si sono guadagnati la vostra riconoscenza, rimandateli qui. Se sono nostri comuni amici, cercheranno, è evidente, di consigliare entrambi per il meglio".
42 Al che, i barbari discussero a lungo e poi se ne andarono senza risposta.

6
1 Gli strateghi così presi prigionieri furono condotti dal re e decapitati. Di loro uno solo, Clearco, era considerato unanimemente da tutti quelli che l'avevano conosciuto un uomo estremamente esperto e appassionato di guerra.
2 Finché fu in corso il conflitto degli Spartani contro gli Ateniesi, rimase in patria; stipulata la pace, convinse la sua città che i Traci danneggiavano i Greci. Tanto fece che ottenne il consenso degli efori e veleggiò per portar guerra ai Traci che abitano al di là del Chersoneso e di Perinto.
3 Poi, com'è come non è, gli efori cambiarono idea e lo.19 richiamarono in patria dall'Istmo quando già l'aveva superato. Da quel momento non obbedì più e si diresse con le navi verso l'Ellesponto.
4 Di conseguenza venne condannato a morte dai magistrati spartani per insubordinazione. Ormai esule, si reca da Ciro. Con quali parole lo abbia persuaso l'ho già scritto altrove: comunque sia, Ciro gli dà diecimila darici.
5 Lui li prese, ma non si volse all'ozio, anzi, con la somma raccolse un esercito e cominciò a guerreggiare coi Traci, li vinse in battaglia e quindi saccheggiò e fece prigionieri, senza mai deporre le armi finché Ciro non ebbe bisogno dell'esercito. Allora partì, ma sempre per combattere, al fianco di Ciro.
6 Scegliere lo scontro quando si può rimaner in pace senza vergogna e danno, pur di combattere cercar le fatiche anche quando si può rimanere in ozio, preferire la guerra e veder diminuire i propri averi quando si ha modo di mantenerli senza rischi: a me sembra che si comporti così, forse, solo chi ha la guerra nel sangue. Come [altri] per i fanciulli amati o in piaceri diversi, lui era pronto a spendere tutto per la guerra.
7 Tanto la amava. Ma si vedeva anche che ne era un profondo conoscitore. Gli piaceva il pericolo, di giorno e di notte incalzava i nemici; nelle situazioni più drammatiche rimaneva lucido, come confermano tutti quelli che lo accompagnavano sempre.
8 Si diceva che, più di chiunque, fosse nato per il comando, a causa del suo temperamento. Era capace, come nessun altro, di preoccuparsi che non mancassero all'esercito i viveri e di procurarli; era capace di infondere in chi stava attorno a lui la convinzione che bisognava obbedire a Clearco.
9 Lo otteneva con la severità. Anche l'aspetto era cupo, la voce roca; puniva con durezza, talvolta in preda a uno scatto d'ira, tanto da pentirsene in certi casi.
10 Ma puniva per un preciso motivo: un esercito indisciplinato, pensava, non serviva a nulla. Diceva - raccontano - che il soldato doveva temere il suo comandante più dei nemici, se si voleva che osservasse i turni di guardia, che non arrecasse danni ai popoli amici o che muovesse contro il nemico senza addurre pretesti.
11 Nei momenti più delicati i soldati erano disposti ad ascoltare soprattutto lui e non gli preferivano altri. In quelle occasioni il suo viso così rude manifestava serenità, la sua durezza sembrava un segno di forza quando erano di fronte ai nemici, e appariva un'àncora di salvezza, non più una fonte di paura.
12 Ma quand'erano fuori pericolo e avevano facoltà di passare sotto un altro capo, molti lo lasciavano: non era certo un uomo amabile, ma sempre duro e spietato. Con lui i soldati si comportavano come gli scolari col maestro.
13 Non ebbe mai gente che lo seguisse per amicizia e benevolenza. Chi era sotto di lui, o per ordine della propria città o per bisogno o per qualche altra necessità, gli doveva obbedienza assoluta.
14 Ma quando al suo fianco cominciarono a piegare i nemici, erano ormai chiari i motivi che rendevano i suoi dei veri soldati: avevano indomito coraggio di fronte ai nemici e il timore delle sue punizioni garantiva la disciplina.
15 Ecco le sue caratteristiche di comandante. Ma a sottostare agli ordini degli altri non era proprio disposto, dicono. Quando morì, era sui cinquant'anni.
16 Prosseno il beota fin da ragazzo aveva l'ambizione di diventare un uomo capace di grandi cose. Questo desiderio lo spinse a pagare per le lezioni di Gorgia di Leontini.
17 Dopo averlo frequentato, pensò di essere ormai in grado di comandare e di ricambiare in larga misura i benefici dei potenti, se ne diventava amico. Perciò si unì alle imprese di Ciro, credendo così di farsi un gran nome e di acquisire notevole potenza e ingenti mezzi.
18 Sebbene desiderasse con forza queste cose, era chiaro che non era disposto a raggiungere le sue mete con mezzi illeciti, ma era convinto che bisognasse ottenerle solo con la correttezza e l'onestà, altrimenti no.
19 Sapeva comandare sulle persone perbene, ma non era capace di infondere nei soldati né rispetto né soggezione; anzi, si sentiva in difficoltà più lui dinnanzi ai soldati che i suoi subordinati di fronte a lui. Ed aveva più paura lui, era chiaro, di attirarsi l'ostilità della truppa di quanto ne avesse la truppa di disobbedire ai suoi ordini.
20 Credeva che per essere e sembrare un vero capo bastasse lodare chi agiva bene e non elogiare chi si macchiava di colpe. Ragion per cui, tra i suoi uomini, quelli onesti e buoni gli erano devoti, mentre i disonesti agivano alle sue spalle, perché era troppo malleabile. Quando morì, era sulla trentina.
21 Menone il tessalo, lo si vedeva, desiderava avidamente la ricchezza, desiderava il comando per avere di più, desiderava gli onori per guadagnare di più. Voleva l'amicizia dei più forti per commettere soprusi senza mai pagare per le proprie colpe.
22 Per raggiungere i propri scopi pensava che la via più breve passasse per lo spergiuro, la menzogna e l'inganno, e che la semplicità e il vero equivalessero a stupidità.
23 Non amava nessuno, era evidente, e se si professava amico di qualcuno, significava che contro di lui stava tramando qualcosa. Di nessun nemico si prendeva gioco, di tutti i compagni parlava sempre con tono derisorio.
24 Sulle sostanze dei nemici non posava mai gli occhi: riteneva difficile, infatti, potersi impossessare dei beni di chi sta in guardia; gli averi degli amici invece credeva di essere il solo a sapere che è facilissimo prenderli, perché non custoditi.
25 Chiunque vedesse pronto allo spergiuro e all'immoralità, lo temeva come persona ben armata; cercava di sfruttare quelli onesti e leali, stimandoli privi di virilità.
26 C'è chi si vanta del proprio rispetto per la religiosità, la verità, la giustizia; Menone andava fiero della propria capacità di ingannare, di forgiar menzogne, di deridere gli amici. Chi non era pronto a tutto lo considerava sempre nel novero dei non evoluti. E se voleva essere il primo nelle grazie di qualcuno, credeva di poter raggiungere il proprio scopo sparlando di chi lo precedeva.
27 Quanto al mantenimento della disciplina tra i soldati, si ingegnava di ottenerlo partecipando alle loro malefatte. Esigeva di essere servito e riverito, per dimostrare che, volendo, era capace di compiere azioni immorali. Quando qualcuno lo lasciava, gli ricordava un grande beneficio: era stato ai suoi ordini e lui non lo aveva ammazzato.
28 Sulla sua vita privata è possibile dire inesattezze, ma ci sono cose che tutti sanno: poiché era ancora nel fiore degli anni riuscì a ottenere da Aristippo il comando delle truppe straniere, e [ancor giovane] era intimamente legato ad Arieo, un barbaro, perché a quest'ultimo piacevano i bei ragazzi, e poi lui stesso imberbe aveva per amante il barbuto Taripa.
29 Quando i suoi colleghi strateghi erano stati uccisi, per essersi uniti a Ciro nella spedizione contro il re, lui, benché avesse agito nell'identico modo, non fu messo a morte. Dopo l'uccisione degli altri strateghi, fu punito dal re con la pena capitale, ma non morì decapitato, come Clearco e gli altri - sembra il tipo di morte.20 più rapido - al contrario rimase in vita, si racconta, per un anno; fu trattato orrendamente e poi incontrò una fine da malfattore.
30 Agia l'arcade e Socrate l'acheo furono uccisi anch'essi. Nessuno ebbe mai modo di deriderli come vili in guerra né di biasimarli per il loro comportamento verso gli amici. Erano entrambi sui trentacinque anni.